Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
SORPASSO CINQUESTELLE SUI DEM E DI FORZA ITALIA SULLA LEGA… IL NO SUPERA DI 3 PUNTI IL SI’
Per la prima volta il Movimento 5 Stelle supera il Partito Democratico.
Lo rileva il sondaggio di Emg condotto per il Tg di La7 condotto da Enrico Mentana. Nell’ultima settimana i grillini hanno guadagnato lo 0,9 per cento nei consensi arrivando così al 31,2%.
Dal canto loro i democratici in sette giorni hanno perso lo 0,3 per cento, fermandosi così al 30,6%.
Forza Italia guadagna lo 0,3 per cento arrivando così al 12% mentre la Lega Nord perde lo 0,3 per cento con l’11,4%.
Stabile Fdi al 4%, in lieve ripresa Sinistra Italiana e Ncd.
All’eventuale ballottaggio il M5S batte il Pd, il centrodestra perde da tutti.
Non solo: la rilevazione evidenzia che in vista del referendum, il No è sempre in vantaggio con il 37,6% ma perde lo 0,2 rispetto alla settimana precedente.
Il Sì però non ne trae beneficio, fermandosi al 34,7%, invariato rispetto a sette giorni fa.
Aumenta quindi la quota degli indecisi.
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
ATTESA PER IL GIUDIZIO DEL TRIBUNALE DI MILANO SUL QUESITO
Una volta ancora una decisione della magistratura potrebbe cambiare il corso della politica italiana.
In queste ore il Tribunale civile di Milano sta esaminando il ricorso dell’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida e al termine potrebbe emettere un’ordinanza con la quale si rimanda alla Consulta la decisione sul possibile «spacchettamento» dei quesiti referendari.
L’effetto dell’ordinanza sarebbe clamoroso: il rinvio a data da destinarsi del referendum costituzionale già fissato per il 4 dicembre.
La Corte costituzionale, salvo una irrituale e frettolosa auto-convocazione immediata, finirebbe per pronunciarsi in primavera
Naturalmente il Tribunale di Milano potrebbe decidere diversamente, rigettando il ricorso, ma è sintomatico che l’approssimarsi della decisione e l’infittirsi di richieste esplicite di rinvio del referendum per l’emergenza-terremoto abbiano indotto il presidente del Consiglio ad intervenire sul tema: «Il rinvio della data è una cosa che per quello che mi riguarda non esiste. Il referendum si tiene il 4 dicembre come abbiamo fissato, nessuno ci ha chiesto peraltro di fare il contrario. E’ una boutade giornalistica»
Ovviamente il governo si tira fuori dalla questione giuridica. Ma è altrettanto vero che – da tempo e in modo informalissimo – in tutti i Palazzi romani, si ragiona sulle possibili conseguenze dell’ accoglimento di un ricorso, la cui fondatezza non è stata mai sottovalutata dagli addetti ai lavori, in quanto presentato da un giurista autorevole e certamente non sprovvisto di intelligenza politica.
L’effetto immediato del rinvio alla Corte Costituzionale sarebbe il corposo slittamento di un referendum che, stando a quanto rilevato da tutti gli istituti di sondaggi, a 35 giorni dal voto nelle intenzioni di voto vede in testa il No.
Dunque, al momento – anche non potendo affatto escludere un recupero del Sì e dando per buoni i sondaggi – il rinvio potrebbe aiutare Matteo Renzi, che comunque sarebbe chiamato ad «attrezzarsi» per la fase nuova che si aprirebbe
Ecco perchè già da tempo, a palazzo Chigi e non solo, si studia un «piano B».
La prima mossa sarebbe quasi scontata: il presidente del Consiglio aprirebbe immediatamente il cantiere della riforma elettorale.
E d’altra parte Renzi lo ha detto con grande chiarezza anche in occasione della recente manifestazione del Pd a sostegno del Sì: «Penso che questa legge elettorale vada bene. Ma compito di chi fa politica è ascoltare tutti. Noi non è che abbiamo aperto, abbiamo spalancato ad un accordo».
Per fare un accordo che vada bene a tutti – a Grillo e a Berlusconi ma anche a Salvini e ad Alfano e a Bersani – a palazzo Chigi sanno che c’è una via maestra: legge proporzionale con sbarramento alto e – ecco la novità – sfiducia costruttiva.
La seconda mossa, da quel che trapela, potrebbe riguardare il partito: ferma restando l’intangibilità dello Statuto del Pd che prevede il doppio incarico per una stessa persona- segretario del partito e presidente del Consiglio – Renzi potrebbe aprire alla minoranza interna, prevedendo – tra le altre ipotesi – una «reggenza» del partito affidata a due «vice»: un esponente renziano e uno della minoranza interna.
Ad esempio Gianni Cuperlo che in queste settimane ha svolto un ruolo di «garanzia»
Ma il possibile slittamento del referendum è legato alla decisione del giudice della prima sezione civile di Milano Loreta Dorigo su due ricorsi, in particolare su quello presentato da Onida, che ha chiesto di sollevare davanti alla Consulta l’eccezione di legittimità della legge istitutiva del referendum laddove non prevede l’obbligo di scissione del quesito.
L’eterogeneità dei temi violerebbe la libertà di voto dell’elettore, chiamato a decidere su «un intero pacchetto senza poter valutare le sue diverse componenti».
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
ULTIMATUM ALL’ISIS: “ARRENDETEVI O MOZZEREMO LA TESTA AL SERPENTE”… PROSEGUONO SANGUINOSI COMBATTIMENTI
Le forze irachene sono entrate nella periferia di Mosul e hanno preso il controllo della vecchia torre tv a Gagjali, il primo quartiere a est del centro della città .
In questo modo le truppe hanno messo piede, dopo due settimane di offensiva, per la prima volta nell’area urbana.
I miliziani jihadisti «hanno arretrato la propria ridotta difensiva, attestandosi nel cuore di Mosul». Lo sostengono gli attivisti anti-Isis dalla città , secondo i quali l’esercito di Baghdad sono penetrate per «5 chilometri» all’interno della città .
«Il quartiere di Kharama è deserto, la popolazione aspetta l’arrivo dei liberatori». Dall’inizio dell’offensiva, 16 giorni fa, i cacciabombardieri della Coalizione «hanno sganciato 3.000 bombe sulla città », ha riferito il portavoce, Colonnello John C. Dorian.
Il successo arriva dopo che il premier iracheno Haider al-Abadi ha lanciato questa mattina l’ultimatum ai combattenti dell’Isis a Mosul: “Non avete scelta, o la resa o la morte. Ci avviciniamo da tutti gli angoli e – a Dio piacendo – mozzeremo la testa del serpente. Non avete via di scampo nè via di fuga”.
Autobombe suicide
Ieri le forze speciali irachene avevano preso il controllo definitivo del villaggio di Bazwaia, l’ultimo sulla strada Erbil-Mosul, l’accesso più diretto alla capitale dello Stato islamico, e il punto in cui le truppe più si sono avvicinate in modo stabile. Secondo l’Intelligence dei Peshmerga curdi l’Isis ha cercato di contrattaccare con autobombe suicide ma è stato bloccato da missili anti-tank.
Secondo i Peshmerga a karama c’è stato anche un tentativo di sollevazione da parte della popolazione locale. Nell’area di Mosul a Est del fiume Tigri vive ancora una importante minoranza curda.
Speranze di una sollevazione
I curdi e il governo di Baghdad annunciano da giorni la sollevazione della popolazione di Mosul, uno sviluppo che renderebbe molto più agevole l’assalto al centro urbano, densamente popolato e fortificato, difeso da 6-7 mila jihadisti: un ostacolo molto più ostico rispetto ai villaggi in gran parte cristiani e curdi, quasi del tutto spopolati, che sono stati riconquistati finora.
Rischio di un’altra Aleppo
All’assalto di Mosul partecipano circa 50 mila uomini fra esercito, Peshmerga curdi, e forze sciiti, i cosiddetti comitati di difesa popolare, Hashd al Sha’abi.
Il comandante della Badr, la milizia più potente e filo-iraniana, Hadi al-Amiri, ha annunciato la partecipazione dei suoi uomini all’offensiva.
Secondo i piani dovrebbero avanzare verso Ovest, su Tall Afar, per completare l’accerchiamento. Ma gli sciiti potrebbero anche essere coinvolti nei combattimenti in città , al 90 per cento sunnita. L’idea di un lungo e sanguinoso assedio è stata paventata dallo stesso Al-Amiri: “Temiamo che Mosul possa diventare un’altra Aleppo, anche se speriamo che non succeda”.
(da “La Stampa“)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
IL PIANO PER RIENTRARE AL GOVERNO E QUELLO PER ROTTAMARE I GRUPPI DI FORZA ITALIA
“La faccia in tv ce la metto solo se tra venti giorni il vantaggio del No sarà ancora consistente, e irrecuperabile, allora la vittoria sarà anche una mia vittoria”.
Se così invece non sarà – sostiene Silvio Berlusconi nelle conversazioni private coi pochi dirigenti fidati che ancora lo sentono – meglio non rischiare e dileguarsi in una prudente dissolvenza mediatica. Salvini lo sa e alza il tiro.
Anche perchè non è solo mediatica l’incertezza che lascia trapelare sul referendum costituzionale il quartier generale di Villa San Martino.
La clessidra corre veloce verso il 4 dicembre e il nodo ormai è politico. Tanto più dopo l’incontro al Quirinale con Sergio Mattarella di giovedì, nel corso del quale il leader di Forza Italia, pur ribadendo la linea del No, ha preannunciato che in ogni caso non chiederebbe le dimissioni automatiche di Renzi e che il suo partito darà comunque il suo contributo sulle riforme.
Che avrà voluto dire? Si prepara a un sostegno esterno, a nuove larghe intese?
I dirigenti da allora sono sperduti e in mezzo al guado. Mentre il Cavaliere non si decide a fare la mossa che tutti attendono, a spendersi nell’unico modo in cui sa essere ancora incisivo: comparire in tv e imprimere una linea davvero marcata anti Renzi sul referendum.
Gli annunci per il No limitati ai comunicati stampa e le accuse di Matteo Salvini alle tv Mediaset (“Peggio della Rai, schierate per il Sì”) hanno alimentato il caos nel mondo berlusconiano.
Con l’eccezione del governatore Giovanni Toti, sempre più filo leghista, di Renato Brunetta e pochi altri.
Non poco avrà pesato il fatto che Fedele Confalonieri non lascia trascorrere giorno senza invitare l’amico Silvio a “lasciar perdere la campagna per il No”, a “non mettersi sullo stesso piano di Salvini e Grillo”, perchè la vittoria del No e “l’instabilità successiva non farebbe bene alle nostre aziende”.
Tutti i presentatori di talk e i direttori di tg hanno recapitato a Villa San Martino regolare invito. Il leader per ora prende tempo.
Tutto dipenderà dai sondaggi dopo il 20 novembre. Quel che Berlusconi ha già dato per certo è che non accetterà l’invito (ancora informale) de La7 per un faccia a faccia con Matteo Renzi.
“Non cado nella trappola” è stata la spiegazione fornita dal Cavaliere in privato ai suoi collaboratori. “Tanto per cominciare, in Italia non funzionano più i talk di politica, fatta eccezione per quello della Gruber” primo elemento.
“E poi non cado nel tranello di Renzi, che cerca icone da abbattere, prima Zagrebelsky, poi il vecchio De Mita”.
Berlusconi ha guardato con attenzione proprio il confronto con lo statista dc della scorsa settimana, raccontano. E ha anche apprezzato l’efficacia del sindaco di Nusco, “ma era tutto orchestrato per contrapporre il vecchio con il nuovo”.
E lui gli abiti del “vecchio” fantoccio a beneficio del premier, spiega, non vuole proprio indossarli.
Resta il fatto che la sua mancata “discesa in campo”, tra le file forziste, è un caso. “Aggravato dal fatto che il capo per noi è diventato ormai una figura ieratica, impenetratibile, ci è finita peggio che ai tempi del cerchio magico” racconta nello sconforto un ex ministro berlusconiano.
Il problema confessato da parecchi dirigenti è che il “capo” appunto è ormai blindato dalle due fedeli “ombre” Valentino Valentini e Sestino Giacomoni, i quali su mandato dei figli impediscono l’accesso anche solo telefonico.
“Il risultato è che non sappiamo più che pesci prendere, quale sia la linea reale, cosa pensi lui” si sfoga un altro anonimo senatore forzista di lungo corso.
Preoccupazioni diffuse e ampliate tra le file parlamentari soprattutto dopo che venerdì è andata in scena a Villa Gernetto la prima di una serie di nuovi talent scouting.
Una trentina di sconosciuti e giovani volti (per lo più consiglieri e assessori under 40) selezionati per essere spediti in tv e fra 1-2 anni forse alle Camere.
Più che un campanello d’allarme, una vera e propria sirena per deputati e senatori con più legislature sul groppone.
L’astio nei confronti delle teacher convocate per tenere lezione su come si sta in tv e sul referendum, ha fatto il resto: Annamaria Bernini e Nunzia De Girolamo. Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, assenti per impegni, recupereranno alle prossime occasioni.
Perchè la selezione continua. In settimana Berlusconi terrà invece a rapporto le “sentinelle del voto” reclutate da Simone Furlan.
È il “nuovo che avanza” dentro Fi. Spauracchio che sta facendo meditare la fuga a molti insospettabili
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
“SCOMPARE UN BAGAGLIO CULTURALE UNICO, IL SIMBOLO DI TUTTO QUELLO CHE DI MERAVIGLIOSO HA L’ITALIA”
Gli edifici non sono persone. Miracolosamente il terremoto di questi giorni in Italia non sembra avere causato morti.
Eppure il dolore per la distruzione di chiese, torri, palazzi e intere cittadine è lo stesso enorme, non soltanto per gli italiani o per solidarietà nei confronti di decine di migliaia di senza tetto, ma per la perdita arrecata all’umanità intera dalla scomparsa di un patrimonio culturale unico.
È l’opinione espressa stamane da un columnist del Guardian, Jonathan Jones, che aggiunge la sua voce ai tanti editoriali, reportage e servizi dedicati dai media di tutto il mondo alla nuova tragedia sofferta dal nostro paese.
“Il terremoto dell’Italia ci riguarda tutti”, si intitola l’articolo del quotidiano londinese, “perchè la ricchezza culturale italiana è senza eguali”. Ed è profondamente triste, afferma il commentatore, quando la natura distrugge una storia tanto ricca.
“Non posso fare a meno di sentirmi a lutto per la basilica di Norcia”, scrive Jones. “E dire che non l’ho nemmeno mai visitata. Ma sono in preda alla tristezza perchè quella chiesa simboleggia tutto quello di meraviglioso che ha l’Italia. Da nessun’altra parte sul nostro pianeta esiste una ricchezza artistica e culturale come nella penisola italiana. È ammissibile che io mi senta rattristato dal danno subìto dall’Italia più che da ogni altro?”.
La grandezza culturale italiana, spiega il columnist del Guardian, sfida la sua instabilità geologica.
“Dalla cattedrale di Orvieto alle strette, ripide stradine di Siena, questa è una terra di gente che ha costruito sulla sommità di colline, montagne e precipizi. È una terra in cui puoi sentire il passato medievale, avvertire la presenza di generazioni dopo generazioni. La vita stessa è incastonata nelle pietre d’Italia”.
Certo, conclude Jones, i disastri naturali non sono una novità per gli italiani, come rammentano Pompei ed Ercolano, sommerse dall’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo.
“Da Pompei a Norcia, le genti d’Italia hanno convissuto con le catastrofi per millenni”, scrive il commentatore inglese, “e da quella instabilità hanno tirato fuori la bellezza. Perciò ogni perdita di quel magnifico tessuto umano è una perdita per tutti”. Un pensiero conclusivo che sembra riecheggiare l’Hemingway di Per chi suona la campana.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
IL MEDIEVALISTA: “RICOSTRUIRE LA CHIESA DI SAN BENEDETTO E’ UN ATTO DOVUTO, RIGUARDA LE NOSTRE RADICI”
«Ricostruire la Basilica di San Benedetto a Norcia? Mi sembra fuori discussione: è un atto dovuto, oltre che dal punto di vista religioso, direi soprattutto nella prospettiva civile, identitaria dell’Italia. Riguarda le nostre radici».
Franco Cardini è medioevalista, saggista, storico delle Crociate e dei movimenti religiosi del Medioevo.
A suo avviso la ricostruzione di San Benedetto è un impegno che lo Stato deve assumere al più presto.
Perchè è un luogo così importante per la nostra storia?
«Ricordo che quell’area è significativa da ben prima di Benedetto. La montagna tra Norcia e Ascoli Piceno era sede di un culto preistorico, poi della Sibilla Picena, una divinità semiumana che dominava una sorta di ingresso agli Inferi. Infatti terremoti e fenomeni vulcanici sono alla base del mito. Una tradizione ancora viva in epoca medioevale, ne parla il trovatore Andrea da Barberino nel suo “Guerrin Meschino”».
Proprio qui Benedetto da Norcia fonda il monachesimo.
«Papa Gregorio Magno, Pontefice tra il Vi e il VII secolo, nei suoi “Dialoghi” ci descrive la figura di Benedetto, personaggio del VI secolo, emerso in quella zona storica di confine tra l’età gota e l’età longobarda. Benedetto è un uomo del suo tempo che ragiona da cittadino romano e da fervente cristiano. Capisce che è arrivato il momento di organizzare un luogo comune di preghiera e di lavoro per chi compie una scelta di vita religiosa. Benedetto crea l’asse fondamentale del monachesimo occidentale ideando una regola molto precisa e dando il via alla civiltà dei grandi monasteri che spesso, come Montecassino, erano anche fortezze in cui si pregava, si produceva agricoltura, si spargeva il sapere tra la gente comune e all’occorrenza ci si difendeva, vista la durezza dei tempi».
Possiamo dire che senza Benedetto il cristianesimo e il cattolicesimo non sarebbero oggi gli stessi?
«Senza alcun dubbio. Benedetto è l’ideatore e il fondatore del primo grande ordine monastico occidentale. Poi, nei secoli, la regola base di Benedetto si arricchisce di aggiunte locali con le diverse congregazioni: cassinese, cluniacense, cistercense. Ciascuna insiste su un tema, più la preghiera o più il lavoro. Ma sono tutte fioriture sull’albero principale».
Qual è la «scoperta» culturale di Benedetto che riguarda anche la cultura laica?
«Benedetto vuole che sia i monaci che abbiano fatto i voti sacerdotali sia la maggioranza dei “laici” vivano insieme, lavorino insieme e insieme acculturino le popolazioni locali, quelle stabili e quelle nomadi dei Goti e dei Longobardi. Un capitolo essenziale della nostra storia. E una scelta completamente diversa dal monachesimo orientale che, nella tradizione bizantina e russa, è composta da eremiti e anacoreti che vivono isolati nelle loro celle e in comune hanno solo alcuni servizi e obblighi cristiani. Benedetto fonda una vita comune che influenza l’intera civiltà occidentale, e non solo religiosa. Per questo la Basilica dev’essere ricostruita, è un simbolo troppo importante».
Paolo Conti
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
FUGGITI A MIGLIAIA DALLA GERMANIA NAZISTA ORA CHIEDONO DI RIENTRARE A BERLINO CON IL PASSAPORTO DELLA REPUBBLICA FEDERALE
Ai discendenti degli ebrei fuggiti dalla Germania nazista la prospettiva della Brexit proprio non piace.
E allora appellandosi al diritto che è loro concesso di ritornare in possesso della cittadinanza tedesca stanno cominciando il percorso inverso: nonni e genitori arrivarono a Londra per sfuggire all’Olocausto; figli e nipoti chiedono ora di rientrare a Berlino con passaporto non più britannico ma della Repubblica Federale.
Effetti del referendum del giugno scorso. Nonchè incertezza sul futuro.
Le trattative per l’addio all’Europa partiranno in primavera, saranno lunghe e tormentate anche perchè sul tavolo c’è il nodo immigrazione: quale sarà lo status degli europei che vivono e lavorano nel Regno Unito? Quali e quanti permessi saranno necessari?
Le recenti polemiche sulla balzana idea di qualche ministro che ha proposto l’obbligo per le aziende di schedare i dipendenti stranieri, compresi quelli dell’Unione, hanno allarmato diverse comunità .
Molti irlandesi ormai con passaporto britannico hanno avviato le pratiche per riottenere il documento dello Stato di origine.
Molti italiani (si parla di migliaia), residenti da oltre cinque anni in Gran Bretagna e col diritto acquisito di ottenere la cittadinanza britannica, stanno facendo l’opposto.
E l’intento è chiaro: si cerca di sfuggire alle possibili limitazioni negli ingressi.
Per gli italiani che già hanno occupazione e casa a Londra o altrove ottenere il passaporto britannico significa uscire dalla prospettiva del «numero chiuso» alle frontiere.
Il caso degli ebrei, con famiglia scappata dalla Germania, è molto particolare e significativo.
Il Guardian lo ha riportato ieri nella sua prima pagina. Michael Newman, presidente della Associazione degli Ebrei Rifugiati, ha segnalato che al momento le richieste sono 400 ma che altre centinaia sono in arrivo.
Tendenza confermata dall’ambasciata di Berlino. È un passaggio, quello del rientro nella patria dei nonni o dei genitori, che ha e può avere profonde implicazioni.
Il passato non si cancella dalla memoria.
«Richiedere la cittadinanza a un Paese che prima e durante la guerra ha perseguitato i tuoi genitori e i tuoi parenti è una sfida psicologica da non sottovalutare». Eppure è ciò che sta accadendo.
Lo stesso Michael Newman ha compiuto il passo. «È per certi versi ironico che la nostra Associazione impegnata per decenni ad aiutare gli ebrei, a farli naturalizzare in Gran Bretagna, adesso si trovi nella situazione di assistere persone che intendono acquisire cittadinanza e passaporto tedesco o austriaco». Che la Brexit abbia rimescolato sentimenti generazionali è fuori di dubbio.
Il Guardian riporta l’esperienza di Oliver Marshall, storico delle Migrazioni.
I nonni fuggirono nel 1941 dai nazisti e trovarono ospitalità nel Regno Unito. «Mia nonna Clara ha odiato la Germania tutta la vita e non avrebbe approvato ciò che stiamo chiedendo oggi».
La mamma, 93 anni, è invece favorevole e il suo unico commento è: «Sono le ruote della storia che cambia». Oliver Marshall è fra i 400 che hanno ottenuto il passaporto tedesco. Glielo consente la legge costituzionale della Repubblica Federale: qualsiasi discendente di perseguitati dal regime nazista ha il diritto alla cittadinanza.
L’uscita dall’Unione Europea porta con sè implicazioni che non sono soltanto economiche e finanziarie. Ogni cittadino europeo che risiede nel Regno Unito la vive con pensieri e storie diversi. Oliver Marshall, inglese figlio di ebrei della Germania, sintetizza così il suo stato d’animo: «La Brexit significa chiudere le porte, ottenere il passaporto tedesco significa per noi riaprirle».
In un contesto assai imprevedibile, come dargli torto?
Fabio Cavalera
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
MORTA A 89 ANNI TINA ANSELMI, PRIMA DONNA MINISTRO IN ITALIA… STAFFETTA PARTIGIANA A 17 ANNI, PIU’ VOLTE DEPUTATA DC
E’ morta la scorsa notte nella sua casa di Castelfranco Veneto Tina Anselmi, prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica: fu nominata nel luglio del 1976 titolare del dicastero del lavoro e della previdenza sociale in un governo presieduto da Giulio Andreotti. Tina Anselmi, eletta più volte parlamentare della Democrazia Cristiana, aveva 89 anni.
È stata prima in tutto: staffetta partigiana a 17 anni nella brigata Cesare Battisti, prima ministra donna nella storia italiana nel 1976, primo politico coraggioso a cercare di chiarire il groviglio di interessi e opacità della loggia P2.
A lei è dedicato il francobollo emesso il 2 giugno giorno della festa della Repubblica.
Tina Anselmi, figlia di antifascisti, da ragazza entrò nella Resistenza operando da staffetta partigiana con il nome di “Gabriella” e si iscrisse alla Democrazia Cristiana nel 1944.
Da sindacalista, prima con la Cgil e successivamente, dal 1950, con la Cisl, si è occupata dei lavoratori del tessile e della scuola, e nel 1959 entrò nel consiglio nazionale della Dc, di cui è stata deputata dal 1968 al 1992.
Dopo aver ricoperto la carica di ministro del Lavoro, Tina Anselmi fu ministro della Sanità nel quarto e quinto governo Andreotti e legò il suo nome alla riforma che introdusse il Servizio Sanitario Nazionale
Nel 1981, nel corso dell’ottava legislatura, fu nominata presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2, che termina i lavori nel 1985.
I funerali saranno celebrati venerdì 4 novembre nel Duomo di Castelfranco Veneto.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 1st, 2016 Riccardo Fucile
ANCHE IL SONDAGGIO REUTERS-IPSOS DA’ 44% ALLA CLINTON CONTRO 39% TRUMP
A una settimana dal voto che decreterà il prossimo presidente degli Stati Uniti, Hillary Clinton resta in testa nella sfida con il candidato repubblicano Donald Trump, ma il suo vantaggio si riduce a poco più di cinque punti. Secondo un sondaggio di Huffington Post, Hillary ha il 45,9% delle preferenze, mentre il tycoon è al 40,3 per cento.
Lo stesso trend viene registrato da un sondaggio Reuters-Ipsos: Clinton al 44%, Trump al 39% per cento.
Le rilevazioni sono state condotte fra il 26 e il 30 ottobre, a cavallo dell’annuncio dell’Fbi. La settimana precedente Clinton aveva un vantaggio di sei punti.
Mancano soltanto una manciata di giorni all’election day negli Usa e la gara è di nuovo e più che mai aperta, con Donald Trump che recupera e corre in un serrato testa a testa con Hillary Clinton fino a anche a superarla in Florida, Stato cruciale e indispensabile per il tycoon che aspira alla Casa Bianca.
E proprio dal ‘sunshine State’ Hillary ha ribadito a gran voce che no, non è il momento di distrarsi, che l’importante è rialzarsi, ogni volta.
Ma i responsabili della sua campagna sono furibondi e insistono: il direttore dell’Fbi James Comey deve spiegare quella decisione “senza precedenti” – ha ribadito John Podesta – con cui di fatto ha annunciato la riapertura dell’inchiesta sulle mail a soli 11 giorni dal voto, consegnando una nuova speranza a Trump.
Mentre emerge che sono 650mila la mail da spulciare, un’impresa che durerà settimane se non di più, ben oltre la chiusura delle urne l’8 novembre.
Eppure stando ai primi sondaggi condotti dopo la ‘sorpresa di ottobre’ piombata sulla corsa di Hillary Clinton, il 63% dell’elettorato ritiene che le nuove indagini dell’Fbi circa le mail della ex segretario di Stato non cambieranno la loro decisione sul voto.
(da “Huffingtonpost”)
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