Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
RIACE, BAOBAB, LODI: C’E’ UN ACCANIMENTO CONTRO GLI ULTIMI
Assalto a Baobab, uno dei pochi presidi dove si fa solidarietà vera in una capitale a guida grillina che si è allineata a Salvini nella caccia e nella criminalizzazione degli stranieri, soprattutto con la pelle nera
Poi la mensa di Lodi, la caccia alle Ong fatte passare come responsabili di chissà quali traffici illeciti
Le navi regalate alla Guardia Costiera libica nella quale rimandare i poveracci raccolti nel mare pur sapendo che sarebbero finiti in pasto ai mercanti di uomini.
L’assalto a Riace e l’attacco a qualsiasi possibile integrazione.
Un decreto ‘sicurezza’ in grave contrasto all’articolo 10 della Costituzione che di fatto rende quasi impossibile l’accoglienza e trasformerà decine di possibili immigrati regolari in illegale e clandestini spingendoli verso la disperazione.
I sindaci di sedicente destra (e non solo) che in nome del decoro ostacolano la solidarietà e multano i poveri colpevoli di essere poveri e di non avere un posto dove andare.
Volevano abolire la povertà per decreto.
Hanno capito che si fa prima e si ha più consenso se si aboliscono i poveri.
Sono così antiestetici…
(da Globalist)
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Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
CORSA ALLA SOLIDARIETA’ NELLA ZONA ROSSA: “PER CHI COME NOI NON HA PIU’ UNA CASA E’ UN ONORE AIUTARE CHI SI E’ RITROVATO FUORI DALLA SUA CASA”
Che cosa volete che siano questo sudore e questa fatica, per chi ha attraversato il deserto e
poi il mare rischiando la vita per riprendersi una vita.
Hanno nomi impronunciabili, sono loro a scriverli sul nostro taccuino, in stampatello: Bright Kyei Baffou e Abul Gaffar.
Hanno 20 anni e più nessuno a casa, solo una sorella, la sorella di Abul, che è rimasta in Ghana, da dove arrivano entrambi.
Qui al Bic, il magazzino di Filse messo a disposizione per dare dimora ai beni recuperati dagli sfollati nelle loro case, aiutano il corpo militare della Croce rossa a scaricare i furgoni in arrivo dalla zona rossa.
Nel piccolo italiano che stanno ancora imparando a scuola raccontano che «per chi come noi non ha più casa è un onore aiutare chi si è ritrovato fuori dalla sua casa».
Di solito sono in sei, stamattina qui sono in due perchè gli altri sono a scuola di italiano.
«Stiamo qui dalle 9 alle 19, ma non tutti i giorni: ci alterniamo con gli altri. Tante ore sì, ma ci hanno chiesto se volevamo farlo e abbiamo detto di sì, perchè la solidarietà è giusta».
Sorridono: anche loro sono sfollati, in fondo, no? Dopo esser scappati dalla loro casa nel 2016 sono ospiti della Croce Rossa, «la nostra nuova famiglia», a Villa Marina a Quarto.
(da “il Secolo XIX”)
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Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL NEO-PRESIDENTE DELLA RAI DI REGIME FA RETROMARCIA DI FRONTE ALLA QUERELA
Marcello Foa, primo estratto: «Tutta la delegazione di europarlamentari del Pd ha ricevuto finanziamenti da George Soros».
Marcello Foa, secondo estratto: «Naturalmente essere considerati vicini, come scriveva quel rapporto, è cosa ben diversa dall’essere finanziati».
Il presidente della RAI nominato da Salvini e Di Maio ha deciso di fornire un’interpretazione molto personale del concetto di “super partes” che aveva giurato di rispettare, e ieri proprio per questo è finito nel vortice delle minacce di querela da parte della delegazione parlamentare del Partito Democratico a Bruxelles.
Cosa è successo?
È successo che in un’intervista ad Haaretz mentre a Tel Aviv, ospite dell’Istituto di cultura italiana, per una lezione proprio sulle “fake news” (!) ha sostenuto che tutta la delegazione di europarlamentari del Partito Democratico abbia ricevuto finanziamenti da George Soros, ovvero quel tizio che ha finanziato Viktor Orbà n, come direbbe Foa se avesse un altro avversario politico.
Peccato che, mentre la seconda affermazione è indiscutibilmente vera, la seconda sia stata rettificata — a modo suo — dallo stesso Foa sulla sua pagina Facebook:
La rettifica non è stata accompagnata da una correzione della frase originale nè dalle scuse agli europarlamentari del Partito Democratico. Anzi, Foa per soprannumero linka anche un post sul suo blog del Giornale:
Dunque, perchè? Non ho risposte certe, solo ragionevoli dubbi, ad esempio apprendendo che Open Society di Soros può contare su 226 europarlamentari “affidabili” per promuovere i propri progetti di diffusione dei migranti in tutta Europa. Di questi, 14 sono italiani, quasi tutti del Pd (trattasi di Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti). Più Barbara Spinelli, della lista Tsipras, ex inviata speciale di Repubblica.
La fonte che Foa indica è un rapporto della Kumquat Consulting per la stessa Open Society, che si intitola “Reliable allies in the European Parliament (2014 — 2019)” e non si parla di soldi, come ha successivamente ammesso lo stesso Foa.
Salvatore Margiotta, senatore Pd e componente della commissione di Vigilanza, chiede: «Come può il megafono delle fake news dei sovranisti fare il presidente della Rai?», gli eurodeputati del Pd annunciano una querela: «Abbiamo deciso di portare Foa davanti ad un tribunale: dovrà rispondere in sede penale con relativo risarcimento danni».
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
L’IMPATTO NEGATIVO SU BANCHE, IMPRESE E CONSUMATORI SI RIVERSERA’ SULL’ANDAMENTO DELL’ECONOMIA
Ieri sera Moody’s ha declassato il rating sul debito sovrano dell’Italia a Baa3 da Baa2,
appena un gradino sopra il livello «spazzatura», mentre l’outlook è stato giudicato stabile e non negativo.
Gli analisti della società di rating hanno legato il giudizio «al cambio concreto della strategia di bilancio con un aumento significativo del deficit», che manterrà anche il debito a un livello prossimo al 130% del Pil, invece che scendere come l’agenzia stimava in precedenza.
E non condividono nemmeno l’ottimismo del governo sugli effetti della manovra per il Pil: manca — scrivono — «una coerente agenda di riforme per la crescita», con implicazioni negative sul fronte della «crescita nel medio termine».
La decisione era ampiamente attesa e l’outlook stabile è un segnale positivo perchè significa che l’agenzia di rating non si aspetta ulteriori peggioramenti nel breve periodo.
La decisione è arrivata a mercati chiusi e con il week end in mezzo, ma lunedì a cascata verrà anche tagliato il rating delle banche e dei grandi gruppi quotati alla Borsa di Milano.
Ieri la crescita dello spread ha ripiegato dopo il picco di 340 ma l’inizio della settimana riserverà altri rally. La decisione arriva mentre secondo il Bollettino economico della Banca d’Italia prosegue la fuga degli investitori esteri dal nostro debito con gli investitori non residenti che nei primi otto mesi hanno ridotto le loro consistenze di titoli di portafoglio italiani di 42,8 miliardi: i disinvestimenti hanno riguardato soprattutto i titoli pubblici (24,9 miliardi) e le obbligazioni bancarie (12,4 miliardi).
Cosa succede dopo il declassamento di Moody’s?
Il taglio del rating sovrano porta automaticamente al declassamento delle banche, e questo a cascata porterà maggiori difficoltà nell’approvvigionamento di capitale; c’è poi il problema dei titoli di Stato in pancia agli istituti di credito, che vengono svalutati con effetti importanti sul patrimonio, tanto che Credit Suisse ha pronosticato che con lo spread a 400 gli istituti di credito sarebbero costretti ad aumenti di capitale. C’è poi il problema del debito pubblico, che crescerà ulteriormente perchè le nuove emissioni dovranno pagare interessi più elevati ai sottoscrittori.
Effetti sono attesi anche su mutui e prestiti.
Una stabilizzazione dello spread a livelli elevat costringerebbe le banche ad alzare un altro spread, quello che compone, insieme ai parametri di mercato, il tasso«chiavi in mano» di prestiti e finanziamenti.
Il peggioramento interesserebbe solo i nuovi mutui e non quelli in essere. Morya Longo sul Sole 24 Ore spiega che secondo le stime di Goldman Sachs se l’Italia venisse declassata a «junk», le vendite sui BTp potrebbero arrivare a 100 miliardi. Morgan Stanley calcola che a un tale declassamento del rating italiano sarebbero sensibili investitori nazionali che attualmente detengono 436 miliardi di BTp e internazionali che hanno 405 miliardi.
Commerzbank, limitando l’analisi alle sole società di gestione del risparmio, stima che i BTp siano in mano ai fondi investment grade europei per 250 miliardi e non europei per 80. Per non parlare degli Etf.
Il problema è questo: i fondi dedicati ai bond “sicuri” (dunque investment grade) non possono “tradire” i sottoscrittori tenendo in portafoglio titoli «junk».
Qualora un Paese o una società venga declassata su questo livello, i fondi hanno solitamente 6-12 mesi di tempo per sbarazzarsene.
L’effetto più pericoloso del combinato disposto di spread e declassamento, in attesa che arrivi quello delle altre agenzie di rating, è il restringimento del credito da parte delle banche a cittadini e imprese.
Perchè quello che succede dopo di solito è un effetto a cascata classico. Spiega oggi Roberto Rho su Repubblica:
Siccome lo spread non è un indicatore virtuale, la sua ascesa su su fin oltre i 300 punti si traduce quasi automaticamente in maggiori spese per lo Stato.
L’aumento dei tassi ha poi un doppio effetto sulle banche. Il primo: l’aumento del costo di approvvigionamento del denaro. Le banche, cioè, pagheranno di più i soldi che chiedono in prestito e che a loro volta presteranno a imprese e consumatori. Ovviamente più sarà alto il costo di approvvigionamento e più cresceranno i tassi su prestiti e mutui.
Il secondo effetto: la caduta dei valore dei Btp in portafoglio (se salgono i tassi scendono i prezzi) appesantirà i bilanci delle banche.
Quasi tutte sono gonfie di titoli di Stato: per quelle più esposte l’aumento dei tassi rischia di essere uno choc. L’uno e l’altro effetto rischiano di innescare il “credit crunch”, cioè la chiusura dei cordoni della borsa da parte degli istituti di credito, che lascerebbe le imprese senza carburante.
Da qui è tutto in discesa: gli impatti sulle banche, sulle imprese e sui consumatori (senza finanziamenti si acquistano meno case, auto, mobili, elettrodomestici…) avrebbero un effetto negativo sull’andamento dell’economia: il Pil crescerebbe assai meno dell’1,5% previsto dal governo.
Andrebbero rivisti tutti i calcoli su deficit e debito.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
MOODY’S CI DECLASSA E BOCCIA TOTALMENTE LA MANOVRA: FA DEFICIT MA SENZA CRESCITA… LE POSSIBILITA’ DI ADDIO ALL’EURO POTREBBERO AUMENTARE
L’agenzia Moody’s taglia il rating dell’Italia a Baa3, ultimo gradino prima del livello “spazzatura”, da Baa2 con outlook stabile.
La decisione di Moody’s di tagliare il rating dell’Italia è legata a un “cambio concreto della strategia di bilancio, con un deficit significativamente più elevato “rispetto alle attese”.
Alla base della decisione di Moody’s di tagliare il rating dell’Italia c’è la “mancanza di una coerente agenda di riforme per la crescita”, e questo “implica” il prosieguo di una “crescita debole nel medio termine”, si legge nella nota, sottolineando che i piani del governo non rappresentano un “coerente programma di riforme” che può spingere “la mediocre performance della crescita su base sostenuta”.
Le possibilità di un’uscita dell’Italia dall’euro sono al momento “molto basse”, ma potrebbero aumentare “se le tensioni fra il governo italiano e le autorità europee” sulla manovra e sugli impegni sui vincoli bilancio “dovessero subire una ulteriore escalation”, scrive ancora Moody’s.
Il reddito di cittadinanza, il rilancio dei centri dell’impiego e la riforma della legge Fornero sulle pensioni da sole, costeranno uno 0,8 per cento del Pil per ognuno dei prossimi tre anni. Mentre un altro 0,7 del Pil sarà depresso dal mancato aumento dell’Iva.
Alla base del declassamento di un notch del rating italiano, scrive Moody’s, “un indebolimento della politica fiscale con un deficit di bilancio più alto per i prossimi anni che l’agenzia aveva assunto in precedenza”.
Il debito pubblico italiano, spiega, si stabilizzerà in rapporto al Pil intorno all’attuale 130% nei prossimi anni piuttosto che iniziare la fase discendente come era atteso. Inoltre il trend del debito pubblico è soggetto alla debolezza delle prospettive economiche che potrebbe alla fine comportare un ulteriore aumento del debito stesso dal già alto livello attuale.
Le stime del governo italiano sulla crescita sono “ottimiste”: il debito “non calerà concretamente nei prossimi anni”, rimanendo stabile attorno al 130% del pil.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
CHI HA COPERTO I RESPONSABILI DELLA SUA MORTE? DOCUMENTI MODIFICATI, REGISTRAZIONI SPARITE E POI RICOMPARSE, DEPISTAGGI, TESTIMONI RIDOTTI AL SILENZIO
C’è una nuova indagine che punta a svelare la catena di omertà tra gli alti gradi dei
carabinieri che ha coperto i responsabili della morte di Stefano Cucchi.
Documenti modificati. Registrazioni sparite e poi ricomparse. Depistaggi per insabbiare le indagini. Testimoni ridotti al silenzio. E militari promossi dopo i fatti. Chi ha protetto i carabinieri colpevoli delle violenze su Stefano Cucchi?
Da chi è partito l’ordine di cambiare in corso d’opera le annotazioni sull’arresto del geometra romano?
Interrogativi che agitano i vertici dell’Arma di allora e di oggi, nonostante il comandante generale Giovanni Nistri sostenga la linea dura nei confronti degli imputati e bolli come illazioni i sospetti sulle indebite pressioni ricevute dai testimoni chiave.
Di certo chi sta provando a ricostruire la filiera di responsabilità è la procura della Repubblica di Roma.
Tenterà di illuminare le zone d’ombra del caso Cucchi con una nuova inchiesta che punta sui responsabili delle manomissioni. L’indagine procede parallela al processo bis di primo grado sulla morte di Cucchi, che vede imputati cinque carabinieri coinvolti a vario titolo nel fermo avvenuto la notte del 15 ottobre 2009. Per tre di loro l’accusa è omicidio preterintenzionale.
Nel servizio pubblicato da L’Espresso si descrive come troppi sono ancora i nodi da sbrogliare.
Per esempio la scomparsa dei cd con le registrazioni delle comunicazioni con la sala operativa effettuate la notte dell’arresto. Erano depositati sia in corte d’Appello sia in corte d’Assise.
Più che un danno, alla fine, si è rivelato una beffa, perchè la procura ha richiesto, ottenendole, delle nuove copie.
Un’altra questione da chiarire riguarda la telefonata al 118 quando Cucchi si trovava nella cella di sicurezza a Tor Sapienza. L’appuntato sentito al processo sostiene di essere stato solo in quegli istanti. Ma dalle registrazioni delle chiamate in sottofondo si sentono altre due voci. Possibile? E perchè tanto mistero rispetto all’ipotetica presenza di altri due colleghi?
Insomma, in questi nove anni di inchieste e processi c’è stata la presenza costante di una mano invisibile che ha fatto di tutto per rallentare o peggio annacquare le prove. Il caso Cucchi, intorbidito dalle menzogne di chi, invece, dovrebbe battersi per garantire la sicurezza e il rispetto delle leggi.
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 20th, 2018 Riccardo Fucile
LEOPOLDA STRACOLMA, CONGRESSO APPESO ALLE AGENZIE DI RATING
“Ritorno al futuro”, è scritto sui muri. In verità è ritorno a Renzi. A prescindere.
La signora Giuseppina, appena vede il taccuino, si avvicina: “Veniamo da Palermo, in tanti. Siamo qui perchè crediamo in lui. Lo scriva, per favore, che questo popolo è suo e non può abbandonarlo. Suo”. Si fa un capannello. E diventa un coro.
“Noi siamo quelli che restano in piedi e barcollano sui tacchi che ballano”, le note della toccante canzone accompagnano il tripudio dell’uomo solo al comando: Renzi sindaco, a palazzo Chigi, con Obama e Michelle. Ovazione.
Leopolda numero 9, la prima senza governo e potere, nell’Italia sovranista che danza sullo spread.
Stracolma, anche nel torpore del venerdì sera, con le prenotazioni raddoppiate nell’ultima settimana. Alle otto e mezza di sera fuori c’è ancora un ingorgo di macchine di gente che sta arrivando.
Popolo e iscritti, parecchi iscritti, accorsi per la grande esibizione muscolare del renzismo. Orgoglio, voglia di dimostrare che non è finita. E preoccupazione. È un coro nei capannelli: “Questi sono matti, fatelo capire anche voi. Stanno facendo saltare il paese”.
Anche l’affluenza è una notizia, dopo una sconfitta epocale e mesi di afonia: “Feriti sì, siamo feriti ma non morti — dice Erasmo D’Angelis, ex direttore dell’Unità — del resto siamo passati in breve tempo dalle stelle alle stalle e in tanti si chiedono ‘ora che si fa?'”.
Già , il che fare. Il sindaco di Cava dei Tirreni, con proverbiale ironia campana, dice: “Ritorno al futuro è un classico di quando non sai che dire. Stringi stringi, è sempre il ritorno di Renzi”.
Parliamoci chiaro, chi è qui, è innanzitutto qui per lui. Prima ancora che per il Pd, per il congresso, per le alleanze se e quando ci saranno.
Ettore Rosato è circondato da una selva di giovani: “Volevamo sapere — dice una di loro — se rimanere nel Pd, qui siamo per Matteo ma nessuno ha rinnovato la tessera, perchè il partito in Calabria è inagibile”.
L’ex capogruppo: “Se non trovate spazio lì, fate un comitato, Renzi li annuncerà domenica. Fate un gruppo di persone, dove potete discutere liberamente”.
Dopo dieci minuti Rosato è riuscito a percorrere sì e no dieci metri, preso d’assalto dalla richiesta di selfie: “Beh — dice una ragazza — è uno dei pochi che ci è rimasto. Di dirigenti intendo”.
Ecco, Leopolda più stretta politicamente perchè si è disarticolato il renzismo, nel senso di Gentiloni, Franceschini, etc, etc.
Aleggia lo spettro del tradimenti dei tanti cuori ingrati: “Chi ha avuto finge — urla Renzi in apertura – di non ricordarselo. Chi ha dato è ancora qui perchè era per un ideale non per un interesse”.
C’è tutto il favoloso mondo di Renzi sul palco: il finanziare Davide Serra, Marco Fortis, l’economista “ottimista”, già collaboratore di Tremonti, molto inserito nel mondo che conta tra finanza e industria sin da quando iniziò a collaborare con Carlo Sama, il famoso “Carlo il bello”, ex manager del gruppo Montedison e cognato di Raul Gardini.
Arriverà , molto probabilmente, dicono gli organizzatori anche Paolo Bonolis. Per evitare l’effetto reducismo, dopo avere ricordato i risultati del suo governo, Renzi simbolicamente inserisce l’elenco in una macchina del tempo, perchè è arrivato il momento di pensare al futuro, non al passato.
Torna, in questa coreografia, il tormentone sul partito di Renzi. Chissà . Per ora è tornato in forse il congresso del Pd. O quantomeno è appeso al giudizio delle agenzie di rating.
Lo spiega una battuta rilasciata da Renzi a Fanpage, in mattinata: “Con rispetto per il Pd, non è il congresso la cosa più importante. Quando ci saranno i candidati sceglieremo, ma il paese rischia di andare a sbattere. Davvero uno pensa che il problema sia scegliere tra Minniti e Richetti?”.
È la famosa variabile esogena: se ci sarà l’Apocalisse sui mercati e il declassamento dell’Italia, sarà facile, per tutti quelli che la conta l’hanno sempre voluta evitate, sostenere le ragioni del rinvio. Altrimenti il candidato è Marco Minniti.
Il quale, non essendo nato ieri, aspetta di capire cosa accadrà prima di candidarsi a una competizione che magari non sarà mai giocata.
Le oscillazioni dello spread avvolgono la Leopolda. Anche la conferenza stampa con l’ex ministro Padoan sulla “contro-manovra” è tutta sulla rassicurazione dei mercati perchè “stiamo rischiando l’osso del collo”.
Tetto del 2,1 nel rapporto deficit-Pil che “dimezzerebbe lo spread”, misure ragionevoli, coperture certe.
Raccontano i ben informati che Renzi avrebbe osato di più perchè, in fondo, è solo una proposta dell’opposizione “si può fare anche il 2,4 per fare investimenti e non spesa improduttiva”. Ma Paodan è stato granitico.
C’è stata una animata discussione, nelle stanze di Palazzo Giustiniani. Come se uno fosse ancora ministro in carica. E l’altro ancora premier. Un ritorno al passato.
(da “Huffingtonpost”)
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