Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
CRESCONO LE FUGHE DAL PAESE: + 3,3%…. IN MAGGIORANZA UOMINI, MA ANCHE FAMIGLIE… LA LOMBARDIA PRIMA REGIONE… DESTINAZIONE EUROPA E AMERICA LATINA
Non sono solo i giovani a lasciare l’Italia.
Tra coloro che sono partiti nel 2017 (oltre 128 mila persone con un aumento del 3,3% sull’anno precedente), il 37,4% ha tra i 18 e i 34 anni, un quarto ha tra i 35 e i 49 ma il dato che sorprende è l’aumento degli espatriati over 50.
È quanto emerge dal Rapporto Migrantes 2018 sugli italiani all’estero presentato oggi, da cui risulta una crescita del 20,7% nella classe 50-64 anni, del 35,3% nella classe 65-74, del 49,8% in quella tra 75 e 84 anni e del 78,6% tra gli over 85.
Come leggere questo dato? “Sicuramente ci si trova davanti alla necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani con più di 50 anni rimasti disoccupati e privi di prospettive in patria, i cosiddetti ‘migranti maturi disoccupati’ — si legge nel Rapporto — Si tratta di persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che devono mantenere la famiglia”.
Ma non solo : ci sono anche i “migranti genitori-nonni ricongiunti” ovvero i genitori-nonni che inizialmente trascorrono periodi sempre più lunghi all’estero con figli o nipoti e poi finiscono per trasferirsi del tutto o per buona parte dell’anno.
E ancora i “migranti di rimbalzo” ovvero chi dopo anni di emigrazione è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia in Italia ma rimasto vedovo/a e con figli nati e cresciuti all’estero torna nel Paese che lo ha accolto per tanti anni da migrante e che gli assicura un futuro migliore.
Infine, ci sono i “migranti previdenziali” ovvero di chi sceglie di passare gli anni della pensione all’estero: il trasferimento non è determinato solo da motivi economici ma anche dall’humus culturale e dalla possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza.
Le mete principali in quest’ultimo caso sono Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania.
Gli iscritti all’Aire.
Negli ultimi anni la mobilità degli italiani verso l’estero è aumentata del 64,7% passando dai poco più di 3,1 milioni di iscritti nel 2006 agli oltre 5,1 milioni del 2018 (+2,7% sul 2017).
Più della metà degli iscritti ha indicato come motivazione l’espatrio o la residenza all’estero, poco più di 2 milioni sono iscritti per nascita, il 3,4% sono acquisizioni di cittadinanza.
Nel 2017 si sono iscritti all’Aire 243 mila italiani, di cui il 52,8% per espatrio (+3,2%).
A livello continentale è l’Europa ad accogliere il nmero più alto di cittadini italiani (54,1%) mentre in America si registra una percentuale del 40,3% con una maggiore concentrazione nel Centro-Sud.
Le realtà nazionali più numerose sono Argentina, Germania, Svizzera: nel 2017 il Brasile ha superato numericamente la comunità italiana in Francia. Circa la metà dei residenti all’estero è di origine meridionale.
Per quanto riguarda le differenze di genere, le italiane sono il 48,1%. Più della metà sono celibi/nubili, il 37% è sposato mentre i divorziati/e e i vedovi/e sono rispettivamente il 2,5% e il 2,4%. I minori sono oltre 765 mila (pari al 15%, di cui il 6,8% ha meno di 10 anni), il 22,2% ha tra i 18 e i 34 anni, il 23,4% tra i 35 e i 49. Gli over 65 sono il 20,3% ovvero poco più di un milione
Le partenze.
Nel 2017 si sono iscritti all’Aire per espatrio 125.193 italiani con un aumento del 3,2% rispetto all’anno precedente. Gli uomini sono più di 70 mila (55%) ma si rileva un importante peso dei nuclei familiari: lo dimostrano i 24.570 minori (il 19,2% del totale). Il 37,4% di chi parte ha tra i 18 e i 34 anni (quasi 48 mila persone), i giovani adulti (35-49) sono un quarto del totale (+2,8% sul 2016) ma cresce l’incidenza delle fasce più mature: nel 2018 è pari al 7,1 per cento.
Le donne sono meno degli uomini in tutte le classi di età , tranne che tra gli over85 e tra i 15-17 anni. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime 5 città di partenza, la prima regione è la Lombardia da cui sono espatriate quasi 22 mila persone, seguono a distanza Emilia-Romagna, Veneto, Sicilia e Puglia.
Dove sono andati? In 193 località del mondo di ciascun continente, ma soprattutto in Europa (70%), in primis in Germania che torna a essere la destinazione preferita, e in America, in particolare in Brasile e Argentina.
Da segnalare la diminuzione di partenze per il Regno Unito che registra un -25,2% e l’incremento del Portogallo che fa segnare un +140,4%. “Incrociando le classi di età con le destinazioni si mette in luce che i minori seguono i genitori e soprattutto in località europee — si legge nel Rapporto — e quest’anno la Francia è la nazione che ha visto, più di tutte, l’arrivo di nuclei famigliari giovani dall’Italia. D’altra parte, è evidente quanto coloro che partono in età adulta lo fanno per seguire figli e nipoti o per tornano in quei Paesi dove avevano già sperimentato un primo percorso migratorio”.
(da Globalist)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
UNA MISTERIOSA LAUREA IN INGEGNERIA CONSEGUITA PRESSO UNA UNIVERSITA’ DEL NICARAGUA, POI FATTA SPARIRE DAL CURRICULUM… E’ SEMPLICEMENTE UN PERITO INDUSTRIALE
L’eurodeputato leghista Angelo Ciocca è diventato famoso ieri per il suo gesto di protesta contro la decisione della Commissione Europea che ha chiesto all’Italia di presentare una nuova manovra entro tre settimane.
Con sommo sprezzo del pericolo e dimostrando grande spirito di abnegazione alla causa del sovranismo italico al termine della conferenza stampa, quando ormai la diretta televisiva era stata interrotta, l’onorevole Ciocca si è alzato e si è diretto verso il tavolo dove erano seduti fino a pochi istanti prima erano seduti Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis quindi si è tolto una scarpa e dopo averla mostrata ai giornalisti ha imbrattato con la suola i documenti del commissario.
Una scena che solo nel gesto ricorda la protesta di Nikita Krusciov durante la famosa Assemblea delle Nazioni Unite.
Sui social Ciocca non ha mancato di ribadire che l’azione di protesta è stata portata a compimento «con una suola Made in Italy».
La repentina fama a cui è assurto Ciocca (sono lontani i tempi in cui veniva soprannominato “il Brad Pitt della Lega”) però ha portato molti ad interrogarsi su chi sia e quale siano le sue competenze.
Sappiamo che prima di ascendere all’Europarlamento Ciocca è stato assessore ai lavori pubblici nel Comune di San Genesio ed Uniti (dal 2001 al 2010) e successivamente, dal 2006 a febbraio 2010, è stato Assessore alle Attività Produttive, al Commercio, al Lavoro e alla Formazione della Provincia di Pavia.
Inoltre è stato consigliere regionale per due legislature.
Sul sito dell’Europarlamento però le informazioni sono scarse e non è stato caricato il curriculum.
Il curriculum pubblicato sul sito del Comune di San Genesio aggiunge qualche informazione: scopriamo così che l’onorevole Ciocca esercita la professione di perito industriale in qualità di esperto di sicurezza industriale e di tutte le materie riguardanti i rischi sui luoghi di lavoro.
Come segnala su Facebook il professor Riccardo Puglisi però circolano in Rete attestati di formazione risalenti al 2003 e rilasciati dallo Studio Ciocca nei quali il direttore del corso si firma Dottor Angelo Ciocca.
Ora potrebbe essere anche un caso di omonimia ma dai curricula di Ciocca non si evince che sia laureato nè in cosa sia laureato.
Si scopre così che in passato l’allora consigliere Ciocca fu suo malgrado protagonista di una polemica riguardante proprio il suo curriculum.
A scatenarla una lettera aperta inviata al sito Il Mondo di Pavia dove si insinuava che Ciocca non fosse laureato in ingegneria, come invece all’epoca sembrava di evincere da alcune informazioni reperibili in Rete.
Nella missiva si faceva riferimento al fatto che in un vecchio verbale dell’Università di Roma Tre veniva menzionato un certo «Ciocca Angelo laureato in Ingegneria Edile L.M. presso l’Università Paulo Freire in Nicaragua».
Di nuovo, si tratta di omonimia?
Nella risposta alla lettera Ciocca non chiarisce la vicenda della”laurea in Nicaragua” ma si limita ad attaccare il direttore del periodico, colpevole di buttare fango sulla Lega e sui suoi militanti.
Da allora però non risulta che Ciocca si sia fregiato del titolo di dottore.
Magari ora che usa scarpe made in Italy per fare politica potrà chiarire una volta per tutte la questione della laurea made in Nicaragua?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
UNA VOLTA FINITE LE SCORTE DI MAGAZZINO (OVVERO I SOLDI STANZIATI) NIENTE PIU’ AIUTI… E LE RISORSE NON CORRISPONDONO AGLI AVENTI DIRITTO
Nicola Lillo sulla Stampa fa sapere oggi che per il reddito di cittadinanza e quota 100 nella Manovra del Popolo sono per ora previsti fondi a esaurimento.
Ovvero: una volta terminate le risorse non sarà più possibile erogare gli aiuti, a meno che non vengano rifinanziati in corso d’opera, ovvero durante l’annualità :
Su questi due provvedimenti però non si va nel dettaglio, visto che verranno inseriti in disegni di legge collegati, che in tutto dovrebbero essere ben 12.
Sul reddito voluto dai grillini comunque è prevista la creazione di un fondo con una dotazione di 9 miliardi all’anno. Per la riforma della Fornero invece sono previste risorse per 6,7 miliardi nel 2019 e 7 nel 2020.
Anche in questo caso si tratta di un fondo: questo significa che una volta terminate le risorse non sarà più possibile erogare gli aiuti o consentire a chi risponde ai requisiti di quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) di andare in pensione in anticipo.
I fondi comunque sono interconnessi, con la possibilità di compensazione tra uno e l’altro in caso di risparmi da una parte o di maggiore spesa dall’altra.
La manovra è infatti di circa 37 miliardi, 21 dei quali in deficit, sempre che dopo la bocciatura della Commissione Ue il governo non intenda rivedere il deficit al 2,4%, riducendo la spesa o cercando altre entrate.
I due partiti di maggioranza hanno per ora inserito nella legge di Bilancio aumenti della tassazione su banche e assicurazioni, già comunicati all’Europa, e aggravi fiscali su sigarette e giochi.
Un apporto importante arriva dall’asta delle frequenze 5G che, seppur spalmato in più annualità , ha garantito un gettito quasi triplo rispetto alle attese, arrivando a 6,5 miliardi rispetto ai 2,5 preventivati.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
“PROCEDURA ESEGUITA SECONDO LE REGOLE EUROPEE E GLI ACCORDI CON LA POLIZIA ITALIANA”
La Francia smentisce di aver respinto migranti minorenni verso l’Italia nella notte tra il 17 e il 18 ottobre, episodio denunciato sui social network dal ministro degli Interni Matteo Salvini.
La prefettura delle Alte Alpi, in una nota, ricorda che i minori non accompagnati, che vengono inseriti in elenchi comunicati dalla Francia alle autorità italiane “sono sistematicamente affidati alle strutture dipartimentali di accoglienza per i minori e non consegnati alle autorità italiane”.
Questo è il caso dei due minorenni del 18 ottobre, si legge nel comunicato della prefettura che ha precisato come i due non fossero stati respinti alla frontiera tra Monginevro (Francia) e Clavière (Italia), come affermato invece da Salvini ma “affidati alle strutture del consiglio dipartimentale delle Alte Alpi per essere portati al sicuro”.
Le verifiche effettuate dalla prefettura hanno permesso di stabilire che, in quel giorno, una lista “di una ventina di persone non ammesse sul territorio francese è stata trasmesse alle autorità italiane dalla polizia di frontiera francese, secondo la procedura abituale”, ha sottolineato la prefettura.
Il reppresentante del governo francese interviene anche sull’episodio di sconfinamento della gendarmerie documentato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini sui social network: “Il video mostra una procedura di non ammissione alla frontiera in tutto conforme alla pratica approvata per la polizia francese e quella italiana così come nella legge europea”.
Lo afferma in un comunicato, la prefettura francese di Hautes-Alpes che ha sede a Briancon, a proposito del video pubblicato da Salvini, il 19 ottobre, nel quale si vedono tre migranti scaricati, a Claviere, da un’auto della Gendarmerie francese.
Secondo la prefettura di Briancon, città che si trova a una dozzina di chilometri da Claviere, “contrariamente alla pratica su altri segmenti del confine franco-italiano, la polizia italiana non è in grado di prendere in carico le persone non ammesse, così le forze di sicurezza francesi riconducono queste persone fino al punto di deposito visibile sul video (quello pubblicato dal ministro Salvini, ndr), che è il solo posto sicuro nella prossimità immediata della linea di confine”.
“I poliziotti francesi – spiega ancora la nota della Prefettura di Briancon – si assicurano sistematicamente che le persone non ammesse prendano bene il passaggio protetto che li porta verso la località situata dalla parte italiana”.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
IL PM: “SUL FALSO ARRIVARONO ORDINI DALL’ALTO”… INDAGATO UN ALTRO UFFICIALE
Negli atti depositati oggi dal pm Giovanni Musarò durante l’udienza per il processo sulla morte del geometra romano spuntano intercettazioni: così Vincenzo Nicolardi parlava di Stefano il giorno dopo l’arresto.
E otto giorno dopo il decesso ci fu una riunione “tipo alcolisti anonimi” al Comando provinciale dei carabinieri di Roma
“Magari morisse, li mortacci sua”. Con questa frase shock, secondo quanto riportato negli atti depositati dal pm Giovanni Musarò durante il processo sulla morte di Cucchi, uno dei 5 carabinieri imputati, Vincenzo Nicolardi, parlava di Stefano il giorno dopo l’arresto.
Nel documento vengono riportate intercettazioni di comunicazioni radiofoniche e telefoniche avvenute tra le 3 e le 7 del mattino del 16 ottobre del 2009, tra il capoturno della centrale operativa del comando provinciale e un carabiniere la cui voce è stata ricondotta dagli inquirenti a quella di Nicolardi, oggi a processo per calunnia.
Nella conversazione si fa riferimento alle condizioni di salute di Cucchi, arrestato la sera prima: “Mi ha chiamato Tor Sapienza – dice il caportuno della centrale operativa -. Lì c’è un detenuto dell’Appia, non so quando ce lo avete portato, se stanotte o se ieri. E’ detenuto in cella e all’ospedale non può andare per fatti suoi”. Il carabiniere risponde: “E’ da oggi pomeriggio che noi stiamo sbattendo con questo qua”.
Non solo. Sempre secondo quanto emerge dalle carte depositate oggi dall’accusa alla I Corte d’Assise del Tribunale di Roma, otto giorni dopo la morte di Stefano Cucchi, il 30 ottobre 2009, ci fu una riunione “tipo gli alcolisti anonimi” al comando provinciale di Roma, convocata dall’allora comandante, generale Vittorio Tomasone, con i vari carabinieri coinvolti a vario titolo nella vicenda della morte del geometra romano.
Lo afferma Massimiliano Colombo, comandante della stazione dei Carabinieri di Tor Sapienza parlando con il fratello Fabio.
“Il 30 ottobre, la mattina ero di pattuglia con Colicchio. Soligo mi chiama, mi chiede: ‘Fammi subito un appunto perchè poi dobbiamo andare al comando provinciale perchè siamo stati tutti convocati, ‘cioè quelli dall’arresto di Cucchi a chi lo aveva tenuto in camera di sicurezza. Tu che sei il comandate della stazione, anche se non hai fatto nulla, il comandante della compagnia Casilina, il maggiore Soligo, comandante di Montesacro, il comandante del Gruppo Roma, stavamo tutti quanti. Ci hanno convocato perchè all’epoca il generale Tomasone, che era il comandante provinciale, voleva sentire tutti quanti. Abbiamo fatto tipo, hai visto ‘gli alcolisti anonimì che si riuniscono intorno ad un tavolo e ognuno racconta la sua esperienza, così abbiamo fatto noi quel giorno dove però io non ho preso parola perchè non avevo fatto nessun atto e non avevo fatto nulla”.
Colombo ha chiarito la vicenda anche durante l’interrogatorio tenuto la scorsa settimana davanti al pm Giovanni Musarò.
A quella riunione presero parte anche “il comandate del Gruppo Roma, Alessandro Casarsa, il comandate della compagnia Montesacro, Luciano Soligo, il comandante di Casilina maggiore Unali, il maresciallo Mandolini e tre-quattro carabinieri della stazione Appia.
Da una parte c’erano il generale Tomasone e il colonello Casarsa, mentre gli altri erano tutti dall’altra parte. Ognuno a turno si alzava in piedi e parlava spiegando il ruolo che avevano avuto nella vicenda Cucchi. Ricordo che uno dei carabinieri di Appia, che aveva partecipato all’arresto, aveva un eloquio poco fluido, non era molto chiaro.
§Un paio di volte intervenne il maresciallo Mandolini per integrare cosa stava dicendo e per spiegare meglio, come se fosse un interprete. Ad un certo punto Tomasone zittì Mandolini dicendogli che il carabiniere doveva esprimersi con le sue parole perchè – ha concluso Colombo – se non fosse stato in grado di spiegarsi con un superiore certamente non si sarebbe spiegato con un magistrato”.
Intanto un altro ufficiale dei carabinieri è stato iscritto nel registro degli indagati: si tratta del colonnello Francesco Cavallo, all’epoca dei fatti numero due del gruppo Roma.
(da agenzie).
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
IL PROF ALTOMONTE DELLA BOCCONI: “NON POTREMO CHIEDERE I MECCANISMI DI SOSTEGNO DEL FONDO SALVA STATI”
Fino a dicembre non cambierà nulla. A parte le inevitabili turbolenze sui mercati, aggravate dal possibile taglio del rating anche da parte di Standard & Poor’s.
Le prossime tre settimane saranno all’insegna del “confronto” e del “dialogo” tra Roma e la Commissione europea, che ha bocciato il Documento programmatico di bilancio italiano chiedendo di modificarlo entro il 13 novembre.
Ma se il governo gialloverde deciderà di proseguire sul percorso deciso a settembre — più spesa in deficit nella speranza di stimolare la crescita tanto da far comunque scendere il rapporto debito/pil — a fine anno o al più tardi nei primi mesi del 2019 il conto arriverà .
Il mancato rispetto degli impegni presi aprirà la strada a una procedura di infrazione, che può sfociare in sanzioni fino a un massimo di 9 miliardi, e alla possibile perdita di accesso al programma di acquisto di titoli di Stato della Bce, che il prossimo anno concluderà il quantitative easing ma continuerà a reinvestire i proventi dei bond che vanno a scadenza per comprarne altri.
“L’Italia rischia di perdere l’accesso a ogni rete di sicurezza rispetto alle turbolenze dei mercati”, spiega Carlo Altomonte, docente di Economia dell’integrazione europea alla Bocconi.
La bocciatura della manovra e la procedura per deficit eccessivo
La manovra per il 2019 non rispetta gli impegni sulla riduzione del deficit strutturale (cioè la differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto degli effetti del ciclo economico): lo aumenta dello 0,8% invece che ridurlo dello 0,6% come prevedevano le raccomandazioni approvate a giugno e sottoscritte anche dal premier Giuseppe Conte.
Per questo la Commissione l’ha rigettata e ha chiesto a Roma di inviare un nuovo Documento programmatico di bilancio entro tre settimane. In assenza di modifiche, ha anticipato il vicepresidente Valdis Dombrovskis, Bruxelles dovrà rivalutare anche la decisione presa lo scorso maggio di non aprire una procedura per deficit eccessivo sul bilancio italiano del 2018.
La Penisola infatti era stata solo rimandata perchè, pur essendo inadempiente sulla regola del debito che impone di tenerlo sotto il 60% del pil, era in regola con gli obblighi di riduzione del deficit strutturale. Ora invece è colpevole di una “deviazione significativa“, per cui le conclusioni cambiano.
Decisione al più tardi a febbraio. Sanzioni fino a 9 miliardi
La prima tappa, nel caso l’Italia resti ferma nell’intenzione di non modificare i saldi, sarà un nuovo rapporto sull’evoluzione del debito ex articolo 126/3 dei Trattati. Su quella base la Commissione, che si riunisce il 3 e 4 dicembre, potrà raccomandare al Consiglio di aprire una nuova procedura per disavanzo eccessivo come quella da cui siamo usciti nel 2013.
Già a dicembre, o più probabilmente a febbraio, l’organo legislativo dell’Unione sarà il via libera alla procedura. A quel punto partirà il balletto delle “raccomandazioni” seguite, se il Paese continua a non far nulla per ridurre il disavanzo, dalla richiesta di versare in un deposito infruttifero presso l’Unione una cifra pari allo 0,2% del pil, circa 3,6 miliardi. A questa ammenda può essere aggiunta una componente variabile fino a un tetto complessivo dello 0,5% del pil, vale a dire 9 miliardi.
Il docente: “Il Paese potrebbe perdere la rete di sicurezza sui mercati”
Poi ci sono le conseguenze indirette che si farebbero sentire attraverso il canale del rifinanziamento del debito pubblico sul mercato. Per comprare titoli di Stato di un Paese sotto procedura di infrazione gli investitori chiedono ovviamente rendimenti più alti. E nel caso la situazione sui mercati precipitasse, la procedura di infrazione ci precluderebbe l’accesso all’ultima rete di sicurezza disponibile nell’Eurozona. “Perderemmo l’accesso a ogni rete di sicurezza perchè non potremmo chiedere l’attivazione dei meccanismi di sostegno del Fondo salva Stati“, spiega il professor Altomonte, docente di Economia dell’integrazione europea all’Università Bocconi. “Compreso il piano Omt“, quello — annunciato da Mario Draghi nel 2012 e mai utilizzato — che prevede acquisti illimitati di titoli da parte della Bce per aiutare Stati in grave e conclamata difficoltà di finanziamento. Non solo: se nel frattempo tutte e quattro le maggiori agenzie di rating (S&P, Moody’s, Fitch e Dbrs) tagliassero il merito di credito dell’Italia sotto il livello investment grade, l’Eurotower non potrebbe l’anno prossimo continuare ad acquistare i nostri Bot e Btp reinvestendo i proventi dei titoli che vanno a scadenza. Uno scenario “che ci spinge un po’ di più verso il rischio di instabilità finanziaria”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
MENTRE I SICARI DEL POPOLO ITALIANO PENSANO DI LUCRARE SULL’IGNORANZA DELLA GENTE, I COSTI DEL DELIRIO SOVRANISTA RICADRANNO SUI CITTADINI: CON LO SPREAD A 300 BUTTATI GIA’ 3 MILIARDI
Chi paga per la lite tra il governo e la Commissione Europea sulla Manovra del Popolo? Stamattina Matteo Salvini faceva sapere che la lettera firmata da Moscovici e Dombrovskis gli faceva venire voglia di “dare più soldi agli italiani”.
Il dato di fatto è che da quando il governo si è insediato gli italiani ci hanno perso molti più soldi di quelli che Salvini potrebbe “dare”, come un sovrano assoluto che fa l’elemosina al popolo: è salita la spesa per interessi dei titoli piazzati sul mercato dal ministero dell’Economia, per chi investe in Borsa le perdite virtuali ammontano già a 300 miliardi di euro e le banche hanno già cominciato a far pagare alla clientela maggiori interessi sui nuovi prestiti.
Per questo è importante precisare che a pagare per la lite tra governo e Unione Europea non saranno i politici che oggi dichiarano guerra a Bruxelles mentre si avvicinano le elezioni europee, ma i cittadini, le imprese e le banche che sono coinvolti, loro malgrado, nell’effetto domino scatenato dalla tempesta perfetta che si sta scatenando sui conti italiani e, di conseguenza, sullo spread.
L’Autunno Caldo che pareva dimenticato dopo le dichiarazioni rassicuranti di Di Maio e Salvini sui vincoli europei è tornato prepotentemente d’attualità .
E le prossime scadenze promettono ulteriori scintille: dopo il declassamento di Moody’s, la settimana scorsa, venerdì è atteso il giudizio di Standard & Poor’s e il 2 novembre la pubblicazione degli stress test delle banche dell’Eba con il verdetto sulle banche italiane ammaccate dalla perdita di valore dei Btp che hanno in portafoglio.
Al netto della procedura d’infrazione e dei rischi di una multa in arrivo (ma tra qualche mese, il tempo necessario per votare) così come della paventata (da Moody’s) patrimoniale che potrebbe rimettere a posto i conti in caso di emergenza, l’effetto spread sta contagiando l’intera economia italiana.
E solo quella, visto che i rischi paventati di un contagio per l’intero Vecchio Continente, attraverso una nuova crisi dello spread come quella del 2011, ad oggi paiono difficili da realizzarsi: il problema, per ora, rimane soltanto italiano. E questo è lo scenario peggiore.
La prima conseguenza che si osserva è quella sul prodotto interno lordo. La Banca d’Italia stima per il terzo trimestre una crescita dello 0,1 per cento e il quarto sarà molto probabilmente uguale a zero. In queste condizioni sarà difficile per il governo centrare gli obiettivi di crescita stimati nella NADEF e nel DPB, e questo non è un argomento da sottovalutare visto che anche dalla crescita del PIL dipende il rapporto deficit/PIL.
E se non si cresce quanto il governo ha previsto ciò non costituirà solo uno smacco per le previsioni del MEF ma anche un pericolo per il programma di governo, visto che l’esecutivo ha ammesso che in caso di minore crescita è pronto a tagliare la spesa, con una manovra pro-ciclica che tecnicamente contribuirebbe a peggiorare la situazione.
In cima a tutto lo spread: un aumento di 100 punti, a quota 400, porterebbe per il prossimo anno un peso di 2 miliardi in più alla spesa per interessi, con i 3 miliardi già totalizzati con quota 300 si arriva a 5 miliardi.
Questi non sono soldi “dello Stato”, ma nostri: i prestiti vengono fatti in nome del popolo italiano e su di esso ricadono.
Chi dice il contrario racconta balle.
L’aumento dello spread porta a una riduzione del valore dei BtP, che oggi costituiscono parte del capitale delle banche italiane: se il capitale si riduce gli istituti di credito possono ricapitalizzare (ipotesi esclusa) oppure devono ridurre i prestiti a imprese e cittadini facendo tornare il paese nella spirale del credit crunch.
Secondo un’analisi di Antonio Forte del Cer citata oggi da Repubblica dal primo trimestre di quest’anno il Cet1 ratio, cioè l’indice di solidità del sistema, è sceso di 70 punti base.
In parole povere significa che le banche, per ripristinare il livello di solidità , devono reintegrare il capitale di 7 miliardi oppure possono decidere di ridurre l’attivo, quindi anche i prestiti a famiglie e imprese, per 53 miliardi.
Se le banche chiedono maggiori interessi per prestare alle imprese (o semplicemente negano il prestito), giocoforza talune di esse rinunceranno al credito e quindi a quello che volevano fare con i soldi presi in prestito: gli investimenti prima di tutto.
Questo può portare a una caduta della produzione industriale e quindi del prodotto interno lordo, mentre una contrazione del credito nei confronti dei cittadini porterà a minori mutui per l’acquisto di case e/o a una contrazione dei consumi per far fronte alla stretta del credito o ai maggiori interessi da pagare sullo stesso.
E così, mentre la politica probabilmente lucrerà sullo scontro con Bruxelles facendo il pieno di voti tra pro e contro Europa, c’è chi rimarrà con il cerino acceso in mano: noi.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
MA E’ INUTILE SCANDALIZZARSI, LA PROSSIMA VOLTA STAMPATEGLI L’IMPRONTA DELLE SUOLE SUL CULO, E’ L’UNICO RIMEDIO EFFICACE
Parlamento Europeo. Siamo alla fine della conferenza stampa in cui la Commissione Europea annuncia la bocciatura della manovra italiana. I commissari europei Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis si alzano dalle loro sedie, un uomo si avvicina al tavolo e raccoglie le carte di Moscovici.
Lo stesso Moscovici dirà più tardi che pensava si trattasse di un funzionario del parlamento. L’uomo si toglie una scarpa e la mostra platealmente ai giornalisti, quindi imbratta con la suola i documenti del commissario che tenta di riprenderseli. Quell’uomo si chiama Angelo Ciocca ed è un europarlamentare della Lega.
Si potrebbe pensare al gesto di un cafone che ha perso momentaneamente il controllo di sè in un impeto di rabbia.
Non è così, l’europarlamentare Ciocca scrive un delirante tweet in cui si vanta della sua maleducazione, sottolineando di avere usato una sovrana scarpa made in Italy per calpestare la montagna di bugie che Moscovici avrebbe scritto contro il nostro paese. Rivendica quindi più rispetto per l’Italia e invita a non abbassare la testa.
Infine, dopo un discorso così vigoroso, conclude il tweet come un bambino in cerca di approvazione e chiede: “Ho fatto bene?”.
Perchè Angelo Ciocca non ce l’ha una coscienza che possa rispondere alla sua domanda, gli basta l’approvazione del popolo bue, il popolo che affolla il Colosseo e si eccita di fronte alla brutalità e alla prepotenza.
Non è una gag di Crozza, è successo davvero.
Ci sono episodi che fanno ridere e altri che non fanno ridere. L’atto è inqualificabile, volgare e intrinsecamente violento (calpesteremo i nostri nemici). Nessuno tenti di farlo passare per una provocazione futurista o una trovata fuori dagli schemi.
Siamo di fronte a livelli di insolenza istituzionali preoccupanti. Mentre il suo leader da pubblicamente dell’ubriacone al presidente della commissione, il piccolo cafoncello Ciocca chiede applausi ai suoi fan su Twitter per la sua impudenza.
Ci stiamo abituando a considerare l’educazione, la diplomazia e il rispetto come un inutile ornamento nei rapporti tra le istituzioni.
Ci stiamo lasciando affascinare dal richiamo atavico della forza e della ruvidezza fini a se stessi. Chiunque di noi di fronte ad un figlio che strappasse dalle mani della maestra il compito con un brutto voto per calpestarlo, gli rifilerebbe probabilmente due schiaffoni di quelli buoni.
Il cafoncello Angelo Ciocca ha fatto molto peggio, rappresenta l’Italia all’Europarlamento, e, oltre ad essere palesemente indegno di questo ruolo, ha esposto il nostro paese a una figuraccia mondiale da repubblica delle banane.
Il cafoncello Ciocca ha agito al riparo di un governo che ne ha legittimato il comportamento, mostrando ogni giorno la stessa infantile insolenza e aggressività . Attenzione non è un gioco, la politica e i rapporti internazionali non sono discussioni tra giovani virgulti al bar sotto casa.
Queste cose si pagano.
Si pagano perchè anche per questi atteggiamenti passa la credibilità di un paese e della sua classe dirigente. Si pagano perchè alla lunga la forma nei rapporti ne determina la sostanza. Si pagano persino con lo spread (che per molti commentatori nostrani è una specie di fissa di pochi paranoici).
Ci stiamo abituando a toni, modi e azioni che non sono accettabili nel consesso dei paesi civili. Ci stiamo facendo affascinare da quel “vaffanculo” a tutto e a tutti che ha fatto la fortuna di un comico genovese che ha perso ormai ogni contatto con la realtà . Stiamo sdoganando una rabbia e un odio profondi, giustificandoli con immaginari torti subiti e siamo proprio convinti di averli subiti quei torti e di avere il diritto di vendicarci (contro chi o che cosa non si sa).
Il tutto avviene nell’indifferenza di una classe giornalistica immobile e affascinata, quando non compiaciuta, di fronte a questo spettacolo raccapricciante.
Stiamo vivendo un grande carnevale collettivo, convinti che alla fine delle feste tutto si rimetterà a posto senza troppe conseguenze, tanto vale sfogarsi e fare casino finchè dura. Siamo ipnotizzati da pifferai magici che ci stanno dando un riscatto emozionale al posto di quello economico e sociale che non potranno mai darci.
Se non ci sveglieremo in tempo, come i topini della favola, annegheremo senza neanche esserci resi conto di come sia potuto accadere.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 24th, 2018 Riccardo Fucile
COSA STA SUCCEDENDO NEL NORD-EST
Massimo Doris, amministratore delegato di Mediolanum, qualche giorno fa aveva rivelato che i clienti della sua banca si presentano spesso agli sportelli per chiedere di conoscere modi legali per portare i soldi all’estero.
Il Gazzettino racconta oggi cosa sta succedendo nel Nord-Est, terra di risparmiatori piuttosto attenti a chi pagherà per la lite tra governo e UE concentrando in particolare l’attenzione su Sillian, villaggio austriaco di 2.046 abitanti, ai piedi delle Dolomiti di Lienz e a cinque chilometri dal confine italiano.
È lì che ha sede la Raiffeisenbank della Val Pusteria, banca regionale autonoma che fa parte dell’omonimo gruppo nazionale e che è l’equivalente transalpino di una cassa rurale.
Un istituto talmente sensibile ai capitali nostrani da citare i propri dipendenti italofoni, 7 su un totale di 53, tra i dati-chiave del proprio bilancio: offre consulenza su risparmio e investimenti direttamente in lingua e questo non può che costituire un vantaggio per chi ha necessità di decidere presto e bene cosa fare con i propri soldi.
I depositi italiani nelle istituzioni finanziarie monetarie (e non) austriache hanno da tempo abbondantemente superato il miliardo di euro ma da giugno, picco più alto del 2018, a settembre sono calati.
Eppure il sessantenne trevigiano che sotto la garanzia dell’anonimato accetta di parlare con Angela Pederiva non si preoccupa della controtendenza: «Non mi fido più dell’attuale sistema italiano. Non mi riferisco all’apparato bancario, ma all’assetto politico. Dopo le elezioni del 4 marzo, ho cominciato a sentire sempre più spesso battute e annunci di questo o quel ministro riguardanti l’addio all’euro e il ritorno alla lira, il che a mio avviso sarebbe disastroso e comporterebbe un drastico ridimensionamento del valore dei miei risparmi, frutto di tanti anni di lavoro».
E allora perchè proprio in Austria?
«Me l’ha consigliato un amico, che si era trovato molto bene e mi ha passato il contatto. Ma fondamentalmente perchè quella banca si trova appena cinque chilometri dopo il confine, dunque dalla provincia di Treviso è raggiungibile in un’ora e mezza di macchina o poco più».
Bawag Psk, Unicredit Bank Austria, Erste Bank, Tiroler Sparkasse e ora la Raiffeisenbank: la grande fuga degli euro dall’Italia è iniziata. In attesa dell’uscita dall’euro dell’Italia, i gialloverdi al governo si accontenteranno?
(da “NextQuotidiano”)
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