Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
SI ALZANO I MUGUGNI INTERNI MENTRE LA MELONI PASSA ALL’INCASSO PER LE PROSSIME REGIONALI
Da domani non basteranno le citofonate ma serviranno i contenuti per riempire la lunga traversata nel deserto che attende Matteo Salvini.
E non basterà nemmeno l’onnipotenza da leader monarchico della coalizione che pone veti sui candidati altrui, cerca di imporre profili marcatamente leghisti e oscura gli alleati di sempre.
Ecco, il dato politico della tornata elettorale di ieri ci consegna un re leghista, ridimensionato, ammaccato, senza più la corona.
Che non solo è stato sconfitto in quella che aveva definito la partita della vita, vale a dire l’Emilia Romagna, ma ora è messo sotto processo dagli storici compagni di coalizione, Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Non a caso la pasionaria Giorgia Meloni avverte: “Ora si dia l’idea di squadra”. Che è un modo per ridiscutere tutte le candidature delle regionali della primavera prossima, dalla Toscana alla Puglia, dalla Campania alle Marche.
Eccezion fatta, per Liguria e Veneto dove il centrodestra schiererà gli uscenti Giovanni Toti e Luca Zaia.
Sia come sia, è vero che il Capitano leghista, in una surreale conferenza stampa di circa sessanta minuti, dissimula, rispolvera l’importanza del gruppo e della coalizione e porge l’altra guancia quando appunto sottolinea che “mi sono alzato soddisfatto, abbiamo fatto quello che è stato possibile”. Perchè l’Emilia Romagna è la regione rossa per antonomasia, ed è già un risultato essersela giocata al fotofinish. Come dire, una sconfitta ci può stare, anche perchè “siamo alla ottava vittoria su nove”.
Un attimo dopo però l’ex ministro dell’Interno ritorna in sè e si proietta già in campagna elettorale, puntando tutte le fiches sulla tornata della primavera prossima quando si voterà in sei regioni.
Ma se questa è la superficie di un racconto, la dichiarazione ufficiale da diffondere alla stampa, poi c’è la realtà con cui scontrarsi.
E ora, appunto? Può essere ancora una volta il terreno della campagna elettorale la strategia di questo leader che gioca da solo, che oscura la sua candidata governatrice, che accentra tutto su di sè, e che si immagina presto, molto presto Palazzo Chigi?
A via Bellerio, manco a dirlo, ufficialmente sono tutti con l’ex ministro dell’interno e nessuno osa pubblicamente mettere in discussione una leadership che ha consentito al fu Carroccio di veleggiare ora al 30 per cento di media nazionale. Trattasi di un partito leninista.
Poi però ci sono i mugugni, i punti sulle i, che vengono a galla una volta che ci si ritrova davanti alla prima sconfitta vera, definitiva. E all’errore di aver reso il match emilian-romagnolo un referendum su sè stesso.
Eccolo allora il fronte interno. Quando i taccuini si chiudono alcuni uomini vicini a Giancarlo Giorgetti confidano che occorrerebbe aprire una riflessione per gli errori commessi nel corso di questo ultimo mese e mezzo.
Dal citofono alla drammatizzazione sul caso Gregoretti. Una propaganda che ha spaventato l’elettorato moderato dell’Emilia Romagna
Eppure c’è chi assicura che la resa dei conti si celebrerà al consiglio federale di venerdì quando qualcuno proverà a sollevare il polverone, cercando di far riflettere un leader abile a non passare la palla e a prendere qualsiasi decisione confrontandosi con la famosa Bestia di Luca Morisi.
Ad esempio, i nodi su cui ragionano alcuni fedelissimi dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio rimandano non solo alla debolezza di una candidata, Lucia Borgonzoni, “attorno alla quale bisognava almeno mettere in piedi una squadra più forte”, ma soprattutto alla selezione della classe dirigente.
“Ad oggi la Lega non è strutturata per andare oltre il 34 per cento, ma con il 34 per cento non si va da nessuna parte perchè si governa con il 50 per cento più”.
E per arrivare a quel numero non solo è necessario riconsiderare gli snobbati alleati Meloni e Berlusconi, che gli hanno consentito di vincere un’altra regione, la Calabria. Dove primeggia appunto Jole Santelli, la fedelissima del Cavaliere, grazie al traino di una ritrovata Forza Italia e a una serie di liste civiche di stampo moderato.
Stando alle osservazioni che giungono da alcuni leghisti, “Matteo dovrebbe fermarsi, coinvolgere il gruppo dirigente nelle decisioni, abbassare i toni per intercettare quel mondo di centro che oggi ci manda e ci è mancato alle regionali in Emilia Romagna”. In sintesi, parlare ai moderati.
Da qui in avanti se la dovrà vedere con un fronte interno che parla sottovoce ma comincia a rumoreggiare e con un fronte esterno, coalizionale, ringalluzzito dalla performance calabrese.
“Il modello è quello calabro”, spiega Ignazio Larussa, fedelissimo della pasionaria di Fratelli d’Italia. “A sua tempo Giorgia aveva fatto delle obiezioni sulla Borgonzoni”.
E allora qual è la strategia per provare a vincere le sei regioni che torneranno al voto in primavera? Di certo, gli alleati chiedono di sedersi al tavolo e discutere ogni singolo candidato.
Non ci saranno più profili imposti da via Bellerio. D’altro canto, insiste Larussa, “resta il dubbio nel caso dell’Emilia Romagna che con una campagna elettorale meno esposta a livello del binomio candidato/partito di appartenenza e di certe esternazioni forse il trend sarebbe stato diverso. Non recrimino sul passato, ci serva da valutazione del futuro”.
Insomma, gli alleati oggi battono i pugni. Non accettano la monarchia salviniana. Ma ora tocca solo comprendere se l’ex ministro dell’Interno ha imparato la lezione, o se continuerà a ballare da solo. Questa volta, però, senza più la corona.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL PREMIER CONFIDA: “IN EMILIA AVREI FATTO VOTO DISGIUNTO”… MA IL M5S E’ ALLO SBANDO
“Il bipolarismo fra Lega e 5 stelle è finito. Da alleato mi auguro ne prendano atto”, dice Nicola Zingaretti.
“Dobbiamo rinforzare un ampio fronte progressista. Auspico un’area innovatrice dove trovi spazio anche il Movimento”, commenta Giuseppe Conte.
Se tra le due affermazioni trovate consonanze e affinità è perchè ce ne sono. Il segretario del partito democratico e il presidente del Consiglio preparano armi e bagagli per entrare nella fase 2 del governo.
Una corrispondenza di politici sensi che arriva al suo apice quando il premier risponde alla domanda di Lilli Gruber su come avrebbe votato in Emilia Romagna: “Mi sarei affidato al voto disgiunto”. Poi aggiunge di corsa: “Ma non dico quale”.
Senza voler fare all’avvocato del popolo un processo alle intenzioni, il solo voto disgiunto di cui si è parlato e che ha preso una certa consistenza nelle urne è quello di coloro i quali hanno votato la lista M5s e come presidente il democratico Stefano Bonaccini. L’equazione è presto fatta.
I due consoli marciano spediti verso un cronoprogramma che, idealmente, li accompagnerà per i prossimi tre anni.
Ma devono fare i conti con un avversario temibile: la crisi del Movimento. I 5 stelle si trovano al cospetto di uno dei guadi più pericolosi della loro pur breve vita senza una guida.
Luigi Di Maio si è trincerato dietro un rumorosissimo “no comment”. “Ha provato in tutti i modi a dire che non si doveva correre”, dice un parlamentare a lui molto vicino. E aggiunge: “Ha fatto poi ben presente che a seguito di questa decisione le responsabilità sarebbero state di tutti”.
L’interim è assunto da Vito Crimi, che i suoi definiscono “un perfetto uomo macchina”, ma non è di certo lui alla guida.
Le due anime della creatura di Beppe Grillo sono lacerate tra chi vorrebbe dare seguito alle parole di Conte, e iniziare un percorso di avvicinamento all’area riformista, e chi continua a perseguire la via dell’isolazionismo come tattica e strategia, dal ministro degli Esteri ad Alessandro di Battista, con tutte le sfumature del caso.
Un guado dal quale non si sa quando si potrà uscire, visto che gli stessi Stati generali sono a rischio, con un probabile slittamento di alcune settimane, a dopo il referendum sul taglio dei parlamentari fissato per il 29 marzo.
Una situazione confusa e limacciosa, dalla quale Conte in tandem con Zingaretti cercano di uscire ancor prima di esservi entrati.
Il vicesegretario Dem Andrea Orlando ha chiesto un “riequilibrio” dell’agenda di governo alla luce dei risultati elettorali. Un modus operandi che al presidente del Consiglio non piace. “Conte sta lavorando sui temi da mettere al centro da ben prima di Natale — spiegano dal suo staff — Per lui non ci sono proposte del Pd o proposte M5s. Tutti gli spunti interessanti e le idee valide troveranno terreno fertile”.
Il premier ai suoi interlocutori parla della “necessità di un nuovo slancio”, in pubblico spiega che “non bisogna essere ingenerosi con i 5 stelle”.
La verità è che in questo tempo di sede vacante il premier vuole cogliere l’opportunità da un lato di inchiodarsi sulle spalline i galloni di trait d’union fra il mondo pentastellato e quello del centrosinistra, operazione per la quale in passato è già stato oggetto delle critiche dei fedelissimi dell’allora capo politico:
“Solo in quel ruolo ha una minima probabilità di futuro politico”. Dall’altro pensa a un’accelerazione sulle cose da fare come miglior viatico possibile per superare questa fase piena di insidie.
Ancora le modalità del tagliando non sono state definite. Si partirà con tutta probabilità la settimana prossima, con uno o più incontri tra i vertici e, forse, a seguire alcuni tavoli tematici.
Operazione sulla quale il capo del governo trova sponda fertile in Zingaretti. L’approccio del segretario del Pd è cauto e punta a lavorare ai fianchi l’alleato. Al centro i temi del lavoro, dell’equità sociale, della distribuzione della ricchezza.
Il Nazareno non ha nessuna intenzione di piantare le rivendicazioni sui decreti sicurezza, sullo ius soli o sulla prescrizione in faccia all’alleato.
Vuole arrivarci, sì, ma attraverso quella politica dei piccoli passi che ha condotto fino al post regionali, fino a una situazione per la quale l’opzione progressista è diventata non solo digeribile, ma anzi auspicabile per un buon pezzo dei 5 stelle.
Un bacino che Zingaretti punta ad ampliare per stabilizzare il nuovo ma vecchi quadro bipolare tra destra e sinistra.
Crimi ha già risposto “picche”, usando la più consueta (e un po’ logora) argomentazione dei pentastellati: “Parliamo di temi, non della nostra collocazione”. Difficile nascondersi dietro un dito. Di questo si sta parlando.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
QUELLI CHE SONO PASSATI DA “SALVINI GENIO” A “SALVINI CHE NON CAPISCE LA GENTE” NELL’ARCO DI UNA NOTTE: “ECCESSI DI PROPAGANDA CHE SUPERANO IL BUON SENSO”
Emilia-Romagna il giorno dopo.
Il titolo del film che i sovranisti si apprestavano a vedere probabilmente suonava più come Emilia-Romagna Anno Zero, intendendo come il primo anno della liberazione della regione rossa dal governo dei sinistri e dei comunisti dopo settant’anni.
È finita con diversi sovranisti di grido e di fama costretti a poderose marce indietro, giustificazioni, spiegazioni e curiose analisi della sconfitta.
Partiamo da Annalisa Chirico, la giornalista del Foglio è stata una delle grandi sostenitrici di Matteo Salvini di questi ultimi mesi. È la stessa Annalisa Chirico che in un intervento a L’Aria che Tira sostanzialmente paragonava Salvini a Marco Biagi (perchè deve girare con la scorta), e lodava la scelta di Lucia Borgonzoni di parlare di “ospedali aperti anche di notte modello Veneto”.
L’avevamo lasciata a rispondere a Fabio Volo per spiegare che Salvini «avrebbe citofonato tale e quale pure a un camorrista. Lui fa così».
Ma ha citofonato solo ad un ragazzino al Pilastro che per la Chirico è «un quartiere abbandonato dallo Stato», non a camorristi o ‘ndranghetisti. E sì che in Calabria ci è andato spesso in questi mesi.
Inutile poi far notare che il messaggio non è «la signora disperata che ha perso un figlio per overdose» (perchè malato di Sla) ma la gogna contro una famiglia di “tunisini”.
La troviamo oggi a promuovere il suo ultimo libro e a spiegarci che «a Bibbiano, al Papeete e al Pilastro la Lega perde. Gli eccessi di propaganda che superano il senso comune e talvolta il buon senso non premiano mai. La gente vuole essere rassicurata, non esasperata».
Proprio lei che lodava Salvini parlando del fatto che il capo del Carroccio “ha un rapporto quasi carnale con la folla” e apprezzava il suo essere «autentico, la gente percepisce il suo essere vero, sincero, genuino».
Altre signore del sovranismo televisivo invece oggi tacciono.
È il caso dell’ex giornalista RAI Maria Giovanna Maglie che il giorno prima del voto scriveva che il voto in Emilia-Romagna era «la madre di tutte le battaglie e non una elezione regionale qualunque da ascrivere fingendo disinvoltura nell’elenco ormai lunghissimo delle perdite del centro-sinistra» rivendicando il suo ruolo profetico nell’indicare nel voto di ieri la prova cruciale per il governo nato a settembre «a dispetto dell’ articolo 1 della Costituzione».
Prima di salutare i suoi lettori “a lunedì” la Maglie indicava un lungo elenco di soprusi dei poteri forti contro il Popolo, dalla pronuncia della Cassazione sull’arresto di Carola Rackete alla sentenza della Corte Costituzionale sul quesito del referendum per la legge elettorale promosso dalla Lega (e scritto da Calderoli) passando per le Sardine «il movimento clonato dall’alto a suon di milioni di euro come non accadeva dai tempi del minculpop o dai tempi dei progetti maoisti di pianificazione della società cosiddetta civile».
I presagi, i segni del cielo, tutto congiurava per una vittoria di Lucia Borgonzoni. Oggi è lunedì e stiamo raccontando di quella di Stefano Bonaccini.
Il professor Marco Gervasoni, già autore su Libero, ci spiega invece che è inutile prendersela con Lucia Borgonzoni per aver perso: «come se non sapessimo che il centro destra poteva candidare anche Roosevelt, lo stesso la sinistra avrebbe fatto di tutto per non farlo vincere».
Ora a parte che Roosevelt — tra le altre cose — fu quello che alzò le tasse ai ricchi mentre Salvini e la Lega sono quelli che vogliono ridurle, è curioso che si accusi il centro sinistra di aver fatto di tutto per non perdere.
Cosa doveva fare Bonaccini, arrendersi alla candidatura della Borgonzoni e sventolare bandiera bianca? Fino a prova contraria a far vincere Bonaccini sono stati gli elettori, se qualcuno sa di brogli o altro forse è meglio andare a denunciare in Procura.
C’è poi il complotto. Perchè ad un certo punto dello spoglio ieri notte i dati sui risultati pubblicati sul sito del Ministero e quelli dati in televisione non combaciavano. La differenza ovviamente è che il Ministero pubblica i dati certi mentre le televisioni, anche per ragioni di spettacolo, si affidano alle proiezioni statistiche sui dati fino a quel momento raccolti in alcuni seggi “campione” ma non ancora comunicati al Viminale e quindi resi pubblici.
C’è anche quello che guardando i risultati ufficiali, che riguardavano poche sezioni in alcune province, ha festeggiato con un certo anticipo. È il caso del senatore Alberto Bagnai che ieri notte a mezzanotte e mezzo ha cinguettato “OPS”. Ma perchè ha scritto OPS? Forse perchè i “dati veri” e quelli delle proiezioni non dicevano la stessa cosa (segnatamente i primi davano in vantaggio la Borgonzoni)? Giammai. Come ha spiegato poco fa quell’OPS in realtà era un tweet «dedicato all’ingresso di un vecchio amico di Goofynomics».
Perchè tutti quando un amico entra da qualche parte lo salutiamo esattamente così: OPS. Alcuni esempi sono “OPS come stai? Da quanto tempo!” oppure “OPS vecchio amico mio, bentrovato!”.
Solo un caso che poco prima Bagnai avesse condiviso un tweet che metteva in risalto la “discrepanza” su quanto veniva detto in quei momenti in televisioni e sembrava avessero vinto sia Bonaccini che la Lega.
Ma il nostro si è ripreso subito retwittando un post in cui si rosicava per la vittoria di Bonaccini (ormai un dato di fatto) dicendo che «aveva solo l’appoggio dei media, del Governo, dei preti, di uno degli avversari e di un “movimento spontaneo” che sarà costato milioni».
Manca qualcosa? Certo: il voto di quei 1.195.742 elettori che in base alle regole di quella cosa chiamata democrazia con il loro appoggio hanno fatto vincere Bonaccini.
Il caso più curioso è senz’altro quello di Giorgio La Porta, assistente dell’europarlamentare leghista Antonio Rinaldi che oggi con un certo orgoglio rivendica un successo personale: «Qual’è la prima cosa che fa Bonaccini da nuovo presidente della Regione? Viene sul mio Twitter a ‘salutarmi’».
A parte che qual è si scrive senza apostrofo è vero: Bonaccini ha risposto così ad un tweet di La Porta «Buongiorno. Sono il Presidente della @RegioneER Un consiglio: sia più prudente nelle previsioni. Per evitare brutte figure. Ci vedremo presto a Bruxelles. In ogni caso, buon lavoro» il quale nei giorni scorsi (come tutti i sostenitori del centrodestra) aveva previsto una vittoria a valanga della Borgonzoni.
C’è da dire che quello non è l’unico sassolino che Bonaccini si è tolto dalle scarpe via Twitter e il povero La Porta non è stato nemmeno il primo. Questa mattina alle 4 Bonaccini ha sfottuto l’account Grande Cocomero che preannunciava una vittoria leghista. Altre “vittime” della fury del Presidente: la giornalista Silvia Sciorilli Borelli e altri selezionati fortunati vincitori della lotteria dei tweet.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
SI E’ RIVELATA UN BOOMERANG: AL PILASTRO IL PD AUMENTA I CONSENSI, LA LEGA PERDE TRE PUNTI E MOLTI ITALO-TUNISINI INCAZZATI SONO ANDATI A VOTARE
La mattina dopo il voto in Emilia-Romagna e Calabria deve essere stato un momento di riflessione per la Lega. Metabolizzare la dèbà¢cle in entrambe le regioni sarà sembrato al segretario Matteo Salvini un processo scomodo ma quanto mai necessario.
Perchè l’esame di realtà avrà toccato sia la sconfitta al Nord, dove il governatore uscente Stefano Bonaccini è stato riconfermato alla guida della sua Emilia-Romagna, con un ampio scarto di voti, più di quanto i dem potessero sperare.
Ma l’amara verità è che anche in Calabria, pur potendo festeggiare insieme all’azzurra Jole Santelli, che si è presa la vittoria senza problemi, la Lega non poteva fare a meno di Forza Italia, che ha condotto il centrodestra verso il trionfo.
Eppure doveva essere sembrata una buona idea forzare la mano e compiere un gesto dimostrativo che ha pericolosamente ricordato modalità da ‘rappresaglia’ dei regimi totalitari.
Qualcuno, come il giurista Gustavo Zagrebelsky, ha anche azzardato un parallelismo, purtroppo fin troppo calzante, con la tragica notte dei cristalli, che sfociò nel pogrom contro gli ebrei nella Germania del 1938.
Stiamo parlando naturalmente del tentativo di incursione di Salvini al quartiere Pilastro, periferia di Bologna, nell’abitazione di una famiglia di tunisini, indicata all’ex ministro — da una comune cittadina — come il ‘covo’ degli spacciatori di zona.
Le circostanze che hanno condotto Salvini a voler verificare di persona la presenza di eventuali pusher nella palazzina sono poco chiare. Quel che è certo è che nel farlo Salvini, non soltanto potrebbe aver commesso una serie di reati, come vi abbiamo spiegato qui, ma ha esposto alla gogna un minorenne, stando ben attento a sottolinearne la nazionalità , sulla base di semplici dicerie, e di fatto sostituendosi alle forze dell’ordine.
Un episodio gravissimo che rischia di portare anche conseguenze a eventuali indagini sullo spaccio in zona, oltre a compromettere irrimediabilmente la reputazione del giovane.
Ma i cittadini questa volta non gliel’hanno perdonata.
Proprio nella zona infatti la gente si è ribellata alla retorica razzista e al sostanziale disinteresse di Salvini verso le più banali regole del vivere in comunità : i ‘pilastrini’, come vengono chiamati gli abitanti del quartiere, hanno votato in massa per il Pd e Stefano Bonaccini e tolto alla Lega preferenze, rispetto alle Europee.
Il Pd ha agganciato e superato le percentuali delle ultime Europee passando dal 40% al 42-43%. Stefano Bonaccini qui è arrivato al 54%.
Il centrodestra si è fermato al 35%, con la Lega che ha perso dai 2 ai 3 punti passando dal 27% delle Europee al 24-25%, nonostante abbiano votato più persone.
FdI, nonostante i voti portati dal candidato Marco Lisei, consigliere comunale, che li ha tolti a FI, è rimasto stabile al 4-5%”.
Il blitz di Salvini si è rivelato insomma un boomerang per Salvini, e ha portato alle urne molti cittadini italiani di origine tunisina che forse non sarebbero andati a votare.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
DA PRIMO A TERZO PARTITO, DAL 22.6% DI UN ANNO FA AL 12,2%
Ieri Matteo Salvini, che evidentemente aveva voglia di andare a letto presto, è intervenuto per primo a commentare i risultati elettorali in Emilia-Romagna e in Calabria vantandosi del grande risultato ottenuto dalla Lega nelle due regioni: “Siamo il primo partito”.
Non era vero. In Emilia-Romagna, quando gli scrutini non sono ancora completati, il PD è avanti rispetto alla Lega.
Ma soprattutto in Calabria il Carroccio è crollato rispetto alle elezioni europee di otto mesi fa (!).
Dopo le politiche 2018 in cui aveva raccolto il 5,6%, nella regione la Lega era arrivata al 22,6% alle Europee del 2019. Oggi, quando lo scrutinio è ancora da completare, la Lega è al 12,3% e ha quasi dimezzato i suoi voti rispetto a otto mesi fa. Non solo: per ora è addirittura sopravanzata da Forza Italia, che sta sopra al Carroccio per qualche punto decimale.
La candidata di Berlusconi Jole Santelli supera il 50% dei voti e non è un caso che nella regione, a differenza che in Emilia, Salvini non abbia fatto show con i citofoni in favore di telecamere: è evidente che il popolo del centrodestra ha espresso una preferenza precisa e specifica.
(da agenzie)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
SPOPOLA SU TWITTER UNA FOTO DELLA MELONI DAVANTI AL CARTELLO DI BIBBIANO DA DOVE LEI AVEVA DETTO CHE SAREBBE STATA L’ULTIMA AD ANDARSENE
“Il voto a Bibbiano? Non ne dubitavo, sta in provincia di Reggio Emilia, una provincia rossa. Ma sono stata la prima ad andare e sarò l’ultima ad andare via”.
Non ne dubitava Giorgia Meloni. Eppure, su Bibbiano lei e Salvini ci hanno costruito un’intera campagna elettorale. Hanno fatto gli avvoltoi su una storia dolorosa, hanno messo un intero paese sul loro altare sacrificale e nonostante tutto hanno perso.
Oggi per gli avversari è il giorno della rivalsa e sfottono chi sperava di ‘prendersi l’Emilia-Romagna’. E lo fanno su internet, dove spopola una Giorgia Meloni con un cartello in mano: “Nun è che me venite a riprendere?” chiede la paladina di Bibbiano. Che di Bibbiano, checchè ne dica, non vorrà più sentire parlare.
(da agenzie)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
LE RESPONSABILITA’ SONO ANCHE DEGLI ITALIANI A CUI PARE INTERESSARE SOLO IL CONTINGENTE, SENZA UNA VISIONE DEL FUTURO DEL PAESE
Al termine di una tornata elettorale le “dinamiche” sono sempre le stesse, insomma: chi vince si “batte il petto”. Chi perde, “inventa favolette”.
Non è stata una bellissima campagna elettorale, anzi…
I “leader” fanno sempre più fatica a comprendere che la “personalizzazione” della propaganda è deleteria, sia perchè per persone, più che seguire un individuo, vorrebbero seguire le idee ed un progetto serio (magari la “più audace, la più originale e la più mediterranea delle idee”), sia perchè, soprattutto in questa lunga fase politica così “fluida, confusa e superficiale”, “non esistono più gli uomini per tutte le stagioni”.
La Lega e FdI hanno avuto un buon riscontro in termini di voti, ma la battaglia non l’hanno vinta, anzi. Le sinistre, grazie al decisivo contributo delle Sardine, hanno retto, ma a quale prezzo? FI è quasi del tutto scomparsa…
Lo scenario è dei peggiori, insomma. Le sinistre non sono credibili ed hanno avuto soltanto il pregio di aver contrastato uno dei centrodestra più brutti della storia Repubblicana. Il “centro” è una mera illusione, proprio come una politica a trazione liberale (i grandi sconfitti, sia del novecento che del nuovo secolo). I grillini – e giustamente, mi sentirei di aggiungere! – hanno subito una “sonora bastonatura”.
Forse, l’epoca del sovranismo e del populismo, queste “scatole vuote” intrise soltanto di sterile propaganda al ribasso, è finito. E, forse, inizia a finire anche la fase della “politica fluida e liquida”. Lo si spera, almeno.
Perchè un paese, per poter immaginare di averlo un futuro (e, possibilmente, prospero), non può basarsi sulla mera “programmazione contingente”, ma ha l’obbligo – e la necessità ! – di disegnare ed immaginare scenari complessi da dispegare nel tempo (se un’azienda impiega anni per “portare a regime” un investimento, non si vede per quale ragione lo Stato possa prescindere dalle più elementare regole economiche, insomma).
Ma per fare questo, occorrerebbe, da parte del popolo, l’intrasingente rifiuto delle “poltiche vuote” o di mera sopravvivenza, e da parte della classe politica, la capacità di saper andare oltre la mera demagogia.
Mi sovviene un ricordo scolastico. Un “piccolo quesito” che è stato – e che permane – alla base della Teoria Economica e delle successive ipotesi teoriche ad essa avverse e/o integrative (con tutte le varie speculazioni sulla prevalenza dell’effetto reddito o di quello “retribuzione”, delle regole causali e del rapporto tra gruppi sperimentali e non): “i numeri ci raccontano la realtà per come essa è, o possono essere letti anche sulla scorta di altre variabili?”
Io propendo per la seconda e, forse, sarebbe il caso che lo si facesse in tanti, perchè il “politichese” al quale vorrebbero relegarci è soltanto per chi non ha talento, per chi non ha fame della conoscenza e per chi non ha l’umiltà per ricercare la verità . E di immaginare che possiamo fare meglio, non smetterò mai.
Salvatore Totò Castello
Right Blu – La Destra liberale
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
GLI AVVERSARI NON SE L’ASPETTAVANO, RESTANO SPIAZZATI E ALLA FINE SI CONGRATULANO
Stefano Bonaccini ha vinto le elezioni in Emilia-Romagna e sarà governatore per altri cinque anni. Ha quindi tempo per cazzeggiare sui social network e quindi non possiamo che approvare il passatempo a cui si è dedicato ieri dopo che la vittoria è diventata sicura: ha cominciato a rispondere ai tweet che in questi giorni lo sfottevano o pronosticavano la vittoria di Lucia Borgonzoni.
Uno dei primi a prendersi la sveglia è stato l’account GrandeCocomero, che si vantava del clamoroso trionfo a Bettola, cittadina in provincia di Piacenza famosa per aver dato i natali a Pierluigi Bersani.
Poi Bonaccini è andato a rispondere al professor Stefano Longagnani, che invece in quanto alfiere del cambiamento voleva che vincesse il più vecchio partito presente oggi sulla scena politica italiana (la Lega):
Poi il presidente dell’Emilia-Romagna è andato a rispondere a Giorgio La Porta, che aveva pronosticato la vittoria di Borgonzoni.: “Buongiorno. Sono il Presidente della @RegioneER. Un consiglio: sia più prudente nelle previsioni. Per evitare brutte figure. Ci vedremo presto a Bruxelles. In ogni caso, buon lavoro”.
La Porta ha preso molto sportivamente la randellata su Twitter, dove sapeva che Bonaccini avrebbe ricevuto la reply:
Nei giorni scorsi Bonaccini aveva anche chiesto al leghista ed ex membro del governo Conte Claudio Durigon di sostanziare le sue accuse sul sistema della sinistra.
Ma Durigon ha improvvisamente perso la password di Twitter. Cose che capitano.
Nei giorni scorsi Bonaccini aveva anche risposto in modo chiaro a una persona che lo accusava di non meglio precisate nefandezze.
Purtroppo a quel punto il proprietario dell’account è stato colto da improvvisa indisposizione.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 27th, 2020 Riccardo Fucile
LA CLASSIFICA DELLE MIGLIORI ESCORT DI UN SITO PER ADULTI SULLA FACCIATA DELLA REGIONE E NESSUNO SA CHI L’HA AUTORIZZATA… POLEMICHE SUI SISTEMI DI SICUREZZA
L’immagine delle tre migliori escort del 2019 e la classifica finale votata direttamente da oltre 2,1 milioni di utenti di un sito proiettata su una delle facciate principali della sede della Regione Lombardia.
Con tanto di foto e hashtag con il motto #lombardiaaltop. Il filmato promozionale è stato pubblicato sul profilo su Twitter di un sito specializzato, in cerca di pubblicità .
Il consigliere regionale Pietro Bussolati ne chiede conto direttamente al governatore Attilio Fontana. “Sul Pirellone abbiamo visto le scritte pro Family day, non ci aspettavamo certo di vedere su Palazzo Lombardia la pubblicità delle escort . È vero che il presidente Fontana aveva detto in un’intervista alla Zanzara di Radio 24 di essere favorevole alla legalizzazione della prostituzione e di voler chiedere su questo tema autonomia da Roma, e forse questo è il primo atto concreto”.
Subito dopo Bussolati lascia da parte l’ironia, va all’attacco e aggiunge: “Battute a parte, il fatto è davvero increscioso e vogliamo sapere se la proiezione era stata in qualche modo autorizzata e se qualcuno aveva il dovere di verificare il contenuto del materiale che sarebbe stato proiettato. Peggio ancora sarebbe se la Regione avesse ottenuto una contropartita economica. Mi auguro che non sia così, comunque depositeremo un’interrogazione “.
Sembra improbabile che si tratti di una sponsorizzazione o di un contratto pubblicitario, ma anche se si fosse trattato di un blitz per promuovere una campagna pubblicitaria è sorprendente che la Regione non se ne sia accorta, visto il contenuto delle immagini proiettate su una sede delle istituzioni.
La Lombardia è per importanza la terza assemblea elettiva e legislativa dopo il Senato e la Camera. Resta da chiarire anche come sia potuto accadere un fatto del genere che non ha precedenti. Tenendo conto delle telecamere di sicurezza che sono installate all’esterno e all’interno del Pirellone bis e del personale di sicurezza che controlla la sede della Regione ventiquattr’ore su ventiquattro.
Quanto è accaduto proverebbe che ci sarebbe stata una falla nei controlli e quindi anche un problema di sicurezza.
A differenza del Pirellone, sede ufficiale del Consiglio regionale, il palazzo della Regione non è mai stato illuminato o utilizzato per campagne pubblicitarie, a eccezione del logo di Expo a lettere cubitali esposto dietro alle vetrate del trentanovesimo piano del Pirellone bis in occasione della promozione dell’Esposizione universale del 2015 insieme alla scritta ‘Lombardy feeding for future, now’ sulla facciata del palazzo. Mai, invece, per lanciare prodotti e tantomeno siti per adulti.
(da agenzie)
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