Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
LA REAZIONE DEI TITOLARI: UN EVENTO PUBBLICO PER DIMOSTRARE CHE NON SI SPACCIA: “DOMENICA CAFFE’ E CIOCCOLATA GRATIS A TUTTI, SIAMO GENTE CHE LAVORA E ILLUMINIAMO UN ANGOLO BUIO DELLA CITTA'”
Nella giornata di ieri, vi abbiamo parlato della storia di Matteo Salvini che, in tour elettorale a Modena, si era recato in un negozio di viale Crispi (al civico numero 38) per segnalare — su istigazione dei residenti dell’area, o meglio di alcuni di loro — una presunta attività di droga all’interno dello stesso esercizio commerciale.
Nel video veniva dichiarato che nel negozio c’erano nigeriani che spacciavano, che il luogo era già stato oggetto di un servizio di Striscia la Notizia e che le autorità cittadine sarebbero dovute intervenire per fare qualche chiusura e per compiere qualche operazione di sicurezza.
Tuttavia, vi abbiamo anche raccontato che i titolari delle mura del negozio e dell’attività sono italiani e che lo stesso esercizio commerciale di Modena è oggetto di una operazione di compravendita.
Pertanto, il video di Matteo Salvini — che ha dato origine all’equivoco sulla proprietà e sulle attività illecite che vengono compiute al suo interno — avrebbe danneggiato i titolari della struttura. A tal punto che questi ultimi si sono già rivolti a un legale per tutelare la propria immagine.
Del resto, non è l’unica attività a cui i proprietari si sono dedicati.
Domenica 26 gennaio, quando a Modena come in altre città dell’Emilia-Romagna si andrà a votare per le elezioni regionali, l’Openshop 24 ha organizzato un evento aperto al pubblico che si intitola #iospacciocaffè.
I titolari offriranno il caffè a tutti (a partire dalle ore 10) e la cioccolata calda ai bambini.
Nella descrizione dell’evento che è stato pubblicato anche su Facebook, i titolari dell’iniziativa hanno affermato: «Vogliamo mostrare a tutti che: crediamo nel lavoro, crediamo nel dialogo e nel confronto tra le persone, cerchiamo di illuminare uno degli angoli più bui della città , siamo convinti che le strade siano di chi le abita e le vive, e — infine — non spacciamo droga!».
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
SCONFITTO E SBUGIARDATO: “INFORMAZIONI VERIFICATE E DOCUMENTATE”
Matteo Salvini e la Lega battuti in tribunale dai giornalisti de L’Espresso. Nella giornata di venerdì 24 gennaio è stata depositata la sentenza con cui i giudici del tribunale di Velletri assolvono i cronisti della testata accusata di diffamazione per le notizie riportate nell’inchiesta sulla sulla maxi-truffa dei rimborsi elettorali del Carroccio: ad essere pubblicati sono stati solo «fatti documentati».
«Matteo Salvini è stato sconfitto dall’Espresso e sbugiardato dai giudici sullo scandalo dei 49 milioni confiscati alla Lega ma in gran parte spariti»: con queste parole L’Espresso annuncia la sentenza a suo favore .
I cronisti della testata erano stati accusati di diffamazione da Matteo Salvini per quanto pubblicato sulla truffa dei 49 milioni di rimborsi elettorali. Nel verdetto dei giudici, che hanno assolto i giornalisti, viene scritto che quanto è stato pubblicato costituiva informazioni «verificate» e «documentate», di «indubbio interesse pubblico» ed esposte «con correttezza»: criteri che proteggono i giornalisti dalle accuse di diffamazione.
Non solo: i giudici hanno anche elogiato nella sentenza depositata oggi il lavoro di «giornalismo d’inchiesta», considerato come «l’espressione più alta e nobile dell’attività d’informazione» già dalla Cassazione quando lo scorso giugno venne richiesta dai Pm l’archiviazione giudicando infondate tutte le ipotesi di pretesa diffamazione.
«La sentenza di assoluzione dell’Espresso è importante per tutta la stampa italiana, perchè riconferma i principi sanciti dalla Cassazione sul giornalismo d’inchiesta» conclude l’articolo de L’Espresso firmato da Paolo Biondani.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
DUE GIORNI FA ALLE SARDINE E’ STATA TOLTA LA PIAZZA PRINCIPALE DI BIBBIANO PERCHE NON ERANO UN PARTITO, ORA GLIELA TOLGONO PERCHE SONO UN PARTITO? … PROTESTE SUI SOCIAL
E’ Mattia Santori a dare l’annuncio: “Ci è arrivata la comunicazione dalla questura di Ravenna: non siamo autorizzati a fare il nostro bagno davanti al Papeete perchè rientra nei termini di un comizio elettorale di propaganda diretta o indiretta. Dopo che ci è stata tolta la piazza di Bibbiano perchè non eravamo un partito e dopo che non ci è stata data la formula della manifestazione culturale a Bologna perchè non eravamo un partito, oggi scopriamo che invece non è così: ogni tanto siamo considerati un partito. Ci dispiace solo perchè il Comune di Cervia ci aveva dato una gran mano a organizzare e a gestire” l’evento.
Il movimento è così costretto a rinunciare al tuffo nella spiaggia dove Matteo Salvini ad agosto scorso si era fatto selfie e aveva folleggiato con le cubiste.
Un flash mob ironico e antipopulista nella spiaggia di Milano Marittima diventata “presidio” leghista alla vigilia del voto di domenica in Emilia Romagna: questo il senso dell’evento.
Ora negato in nome di una indiretta propaganda al voto. Lo ha deciso il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Le Sardine si ritroveranno comunque al ristorante per il pranzo che era previsto dopo il bagno. “Per domani niente prova costume. Le Sardine si misureranno coi cappelletti e il sangiovese” ironizzano nel dare l’annuncio.
Ma lo sdegno per una decisione che pare non comprensibile corre nei social: “Una scelta molto strana, oggi scopriamo che quando gli fa comodo siamo assimilabili a un partito, altre volte no”. E ancora, tra i commenti: “Sono partito o semplice movimento a sentimento della questura…”.
Il riferimento è al caso di Bibbiano dove la Questura di Reggio Emilia ha tolto la piazza prenotata dalle Sardine prima della Lega in nome delle regole elettorali che danno la precedenza ai partito. Nel caso del Papeete non era previsto nemmeno un comizio concorrente.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
DA CHE PULPITO VIENE LA PREDICA SUI “POLTRONISTI”
Prima di fare ironia si dovrebbe conoscere la storia. Se non quella di tutti, almeno quella personale.
E, invece, Giorgia Meloni ha voluto irridere il ricordo del Movimento 5 Stelle — quella cravatta Di Maio che l’ex capo politico si è simbolicamente tolto nell’annunciare il proprio passo indietro — sottolineando (su Twitter) come al fianco di quella immagine manchi quella della ‘poltrona’.
Eppure la leader di Fratelli d’Italia, in passato, è stata maestra del ‘dissenso’ (dichiarato postumo) senza abbandonare la propria poltrona. E lo dice la sua storia.
Partiamo dalla fine. Sul profilo Twitter del Movimento 5 Stelle è stata pubblicata, nella giornata di giovedì 23 gennaio, l’immagine di quella cravatta Di Maio. Quel simbolo di un disimpegno da un ruolo di primo piano posto sopra ‘lo scrigno’ che conteneva la prima card del reddito di cittadinanza.
Insomma, un ricordo romantico accompagnato dalla scritta: «Pezzi della nostra storia che ci proiettano verso il futuro. Avanti tutta». E Giorgia Meloni ha ironizzato: «Manca la poltrona».
Eppure la storia recente, con tanto di confessione fatta qualche settimana fa da Lilli Gruber a Otto e Mezzo, era stata la stessa leader di Giorgia Meloni a ripercorrere una tappa fondamentale della propria carriera. Quel voto di fiducia al governo Monti che, poi, ha iniziato a contestare. Ma il suo via libera a quell’esecutivo tecnico ci fu e servì per non tornare alle urne e, magari, rischiare di perdere la poltrona.
Parlò di vincolo di mandato, che non esiste, per giustificare il fatto che lei — all’epoca deputata con Il Popolo delle Libertà — fu costretta a votare la fiducia al governo Monti e la legge Fornero.
Insomma, ammise che la poltrona andava portata in salvo, come l’antico vaso di una nota pubblicità di un altrettanto noto amaro.
Ora, però, la sua fedina parlamentare vuole apparire pulita e ironizza sulla cravatta Di Maio. Certo, si può fare, ma il pulpito da cui viene una predica dovrebbe esser sempre lindo e pinto.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
CRIMI PARLA DA LEADER: “NON SONO UN TRAGHETTATORE”…ASSE FICO, PATUANELLI, FRACCARO E TAVERNA
“Mi dicono che sono la persona giusta per condurre il Movimento in questo momento di crescita, alla luce della mia lunga esperienza. Ma non farò nessuno strappo, lavorerò in continuità con il percorso che Luigi ha avviato e che io devo portare avanti alla luce delle criticità rilevate”.
Esordisce così, in un’intervista al Corriere della Sera, Vito Crimi, 47 anni, la nuova guida politica dei 5 Stelle succeduta per anzianità al vertice del Movimento dopo le dimissioni di Luigi Di Maio.
Quanto alla sua leadership, afferma: “Non ci poniamo il problema dei tempi o dei poteri, ma di guidare il M5S nella riorganizzazione. In ogni caso, da capo politico ho tutti i poteri previsti dallo statuto”.
Crimi dice di sentire comunque “una grossa responsabilità ” ma anche di aver avuto “tantissimi attestati di stima” e che “attivisti e colleghi si sentono rassicurati. Quanto alla crisi del Movimento, che da un consenso al 32% che ora secondo i sondaggi appare dimezzato, Crimi risponde così: “E’ più importante il consenso a tutti i costi o far bene per il Paese? Noi non abbiamo aiutato i potenti, ma i poveri. Una categoria che non influenza le masse”.
Su come sarà il Movimento a guida Crimi, se di piazza o di governo, con la Ue o contro, per i porti chiusi o aperti, la nuova guida risponde che i 5 Stelle non sono “mai stati contro l’Europa” perchè questa semmai “va rifondata” e che “con il nuovo governo stiamo contribuendo a migliorarla, tanto che la redistribuzione dei migranti è passata da 11 persone al mese a 98E e che questi risultati sono il frutto “di una gestione integrata del fenomeno, le chiacchiere le lasciamo ad altri”. “Non è sui porti che bisogna ragionare, ma sulle partenze” chiosa poi Crimi.
Cosa accadrà ora nel Movimento?
Secondo la Stampa, “sembra ormai inevitabile che si andrà verso un organo al vertice con un tasso più o meno ampio di collegialità ”. Si tratterà di una “segreteria, come sembra volere Di Maio, strutturata sui facilitatori e il team del futuro? e una figura sopra tutti?”. Oppure assumerà altre forme?
Per la Stampa si va verso la creazione di un asse tra 4 big, guidato da Paola Taverna, e con il ministro Stefano Patuanelli, Roberto Fico e l’ex fedelissimo di Di Maio Riccardo Fraccaro.
Sarebbe questa la mossa per frenare i desiderata dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle che, secondo diversi giornali, starebbe invece guardando alla sindaca di Torino come successore.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
SE VUOLE CONTINUARE A FARE DANNI, BASTA DIRLO
Luigi Di Maio ha un piano per la sua successione che prevede che lo scettro del comando vada ad Alessandro Di Battista e Chiara Appendino.
Lo scrive oggi Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano, spiegando che l’ex Capo Politico ora ha voglia di fare il regista:
Così ha deciso di dirigere il gioco un po’più da dietro, nel nuovo M5S che nei suoi piani non dovrà più avere un solo capo, un leader massimo, ma una diarchia, con un uomo e una donna. E assieme a loro,una ristretta segreteria politica, “un cordone di protezione” come riassume un altro dimaiano doc.
Però si deve partire dal vertice, dai due nomi che il fu leader vorrebbe lassù. E il primo è già uscito ovunque, è quello della sindaca di Torino Chiara Appendino, che però nutre molti dubbi, e lo ha già detto allo stesso Di Maio nell’incontro della scorsa settimana a Palazzo Chigi, in cui il ministro le ha spiegato il suo progetto.
L’altro vertice invece sarebbe Alessandro Di Battista, proprio l’ex deputato a cui mercoledì il ministro, senza citarlo, ha riservato un passaggio al cianuro, quello contro “chi è stato nelle retrovie senza prendersi responsabilità ”. Così l’hanno interpretato tutti e ieri, a pomeriggio inoltrato, lo staff di Di Maio ha emanato l’ennesima smentita delle ultime due settimane, “smentendo categoricamente” che quelle parole fossero per Di Battista, “che Di Maio considera un amico”. Non è così.
Però l’ex capo non può fare a meno di Di Battista per il progetto che ha in testa, quello di un Movimento come polo equidistante dal centrodestra come dal centrosinistra. “Un M5S stile 2013” riassumono, fortemente identitario, barricadero quando servirà . A cui serve come l’ossigeno Di Battista per ricompattare attivisti ed elettori storici.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
LE BALLE DI SALVINI SULLA VILLA CHE “HA FATTO ABBATTERE”: NON HA FATTO UNA MAZZA, ERANO SEI ANNI CHE ERA STATA SEQUESTRATA E IL MERITO E’ DELLA REGIONE LAZIO, LUI E’ ANDATO ALLA DEMOLIZIONE PER FARSI UN SELFIE
Quando Salvini non sa cosa dire tira fuori i Casamonica Le balle di Salvini sulle ville dei Casamonica
Matteo Salvini che citofona a degli sconosciuti chiedendo «scusi lei spaccia?» e proponendosi di «riabilitare il buon nome della famiglia» è una scena già abbastanza ridicola di suo.
Se a questo aggiungete la dichiarazione da tribunale speciale del popolo sul non essere garantista nei confronti di chi è accusato di spacciare la faccenda diventa ancora più assurda. Ma guai a rimproverare all’ex ministro dell’Interno di non prendersela con quelli della sua stazza. Perchè il leader della Lega ha la risposta (preconfezionata) sempre pronta.
A chi gli diceva che forse avrebbe potuto combattere lo spaccio di droga o che non avrebbe avuto il coraggio di andare a citofonare a casa di mafiosi e ‘ndranghetisti Salvini ha ricordato che lui è stato minacciato di morte dai Casamonica «non perchè ho citofonato, ma perchè ho dato la prima mazzata con la ruspa ad una loro villa».
Non è la prima volta che Salvini tira fuori i Casamonica per far vedere che lui è un uomo che non si fa spaventare da nulla. Qualche tempo fa aveva dichiarato «dopo Carola Rackete, mi querela la signora Cucchi? Nessun problema, sono tranquillissimo, dopo le minacce di morte dei Casamonica e i proiettili in busta, non è certo una querela a mettermi paura».
In un’altra occasione aveva detto che le minacce delle sardine non gli facevano paura, perchè appunto era stato minacciato dai Casamonica.
La prima volta che Salvini parlò di queste minacce era il novembre del 2018 quando disse «stamattina sono stato nel quartiere La Romanina, dove verrà buttata giù una Villa confiscata ai Casamonica e dove nascerà un giardino per bambini. Questi signori hanno detto che ‘mi sparano’, io gli ho detto che se pensano di intimorire qualcuno hanno scelto la persona sbagliata. ‘So de coccio’, chi mi conosce lo sa». È passato più di un anno ma il leader della Lega ancora continua con la storia delle minacce dei Casamonica.
Più passa il tempo più la storia diventa epica. A Porta a Porta Salvini tornando sulle critiche di Fabio Volo per la citofonata al Pilastro ha detto «mentre facevo abbattere quella villa, forse Fabio Volo scriveva un altro libro che gli ha fatto guadagnare dei bei soldini».
Ma l’ordine di abbattere quella villetta, una delle tante dei Casamonica, non è stato dato da Salvini. L’allora ministro dell’Interno diede solo il primo colpo di benna. Un atto simbolico con il quale si appropriò mediaticamente dell’operazione.
Ma la storia di quella villetta va ben oltre Salvini.
Era il 21 giugno 2018 quando il ministro dell’Interno si presentò davanti alla villa confiscata nel 2009 (perchè era un abuso edilizio) al clan dei Casamonica alla Romanina (il loro feudo) assieme alla prefetta di Roma Paola Basilone e al presidente del Lazio Nicola Zingaretti per annunciarne l’abbattimento.
Il titolare del Viminale avrebbe voluto essere il primo a mettere in moto le ruspe. In una diretta dell’11 ottobre aveva infatti dichiarato «È questione di giorni. Entro ottobre guiderò personalmente la ruspa che abbatterà la villa abusiva dei Casamonica a Roma». Quella villa — sequestrata dalla Regione in collaborazione collaborazione con l’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC) — è stata abbattuta il 26 novembre 2018.
Ma dentro non c’era ovviamente nessuno. Scriveva Repubblica che la villetta era stata sgomberata nel 2013, e che successivamente l’immobile era finito nelle disponibilità del Demanio in capo al quale era rimasta fino a giugno 2018, quando entrò nel patrimonio immobiliare della Regione Lazio che aveva avviato le pratiche con l’agenzia dei beni confiscati a gennaio di quell’anno, quando Salvini non era ancora ministro.
La casa e il terreno sono diventati così della Regione Lazio che ha stanziato 250mila euro per abbatterla (essendo stata vandalizzata negli anni non era più possibile riutilizzarla) e per creare un parco pubblico.
Salvini era davvero orgoglioso del lavoro svolto, al punto da tenere il conto di tutte le ville abbattute mentre era ministro. Dimenticando che l’abbattimento è solo l’atto finale di una lunga trafila di provvedimenti iniziata diversi anni prima, quando lui al Ministero non ci aveva ancora messo piede.
Ma sequestri, abbattimenti e demolizioni si facevano anche prima di lui e si sono sempre fatti. All’epoca Francesco Rutelli aveva ricordato che nel dicembre del 1993 fece abbattere alcune costruzioni abusive sulla Casilina e che nel quadrienno 1993-1997 vennero eseguiti 300 ordini di abbattimento.
E c’è anche chi ha denunciato come per colpa di una circolare emanata da Salvini la lotta alla mafia è diventata più difficile. Ma niente paura, al senatore della Lega basta andare su un palco e dire che «la ‘Ndrangheta è una merda» per diventare l’eroe dell’antimafia, magari mentre un’inchiesta dell’Espresso rivelava curiosi legami tra il suo partito e le cosche calabresi oppure quando ad Avellino la Lega faceva eleggere come consigliere comunale il figlio del boss Amedeo Genovese, fondatore del clan Partenio, recluso con fine pena mai al 41 bis per omicidio e associazione camorristica.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
“PARLI TANTO, SEI STATO MINISTRO DELL’INTERNO PER 15 MESI, PERCHE’ NON HAI PROPOSTO TU IL TAGLIO DELLE TASSE?
“Salvini fa della facile ironia. A lui dico: sei stato ministro dell’Interno per 15 mesi, perchè non hai proposto tu il taglio delle tasse? Indossi la felpa per cercare i facili consensi, perchè non hai portato proposte per pagare gli stipendi arretrati ai vigili e alle forze di sicurezza?”.
Lo ha detto il premier Giuseppe Conte parlando con i giornalisti ad Assisi del decreto attuativo della manovra economica in cui “abbiamo stanziato tre miliardi già quest’anno a beneficio dei lavoratori in busta paga”.
Conte ha parlato anche delle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria: il voto di domenica alle regionali “non riguardano la sopravvivenza del governo, nè la mia. Non è un voto sul governo, sarebbe assolutamente improprio pensare che la votazione delle comunità emiliano-romagnola e calabrese possa essere un voto sul governo”.
E ancora: “Bisogna allontanarsi dalle polemiche politiche, anche se adesso siamo in piena campagna elettorale, per due importanti appuntamenti elettorali. Non dobbiamo mai distrarci da quella che è la direzione più ampia di sviluppo dell’azione politica che è il bene comune, gli interessi veri. Le polemiche politiche, spesso affidate a linguaggi aggressivi, distraggono e non fanno bene ai cittadini, li prendono in giro”, ha detto Conte ad Assisi.
E infine: La politica deve mettere a centro “l’uomo, le urgenze dei cittadini, le urgenze del Paese. Bisogna allontanarci dalle polemiche politiche. Non dobbiamo mai distrarci da quella che e’ la direzione più ampia di sviluppo dell’azione politica che deve essere quella del bene comune. Le polemiche politiche, spesso affidate a linguaggi aggressivi, distraggono e non fanno bene ai cittadini, prendono in giro i cittadini, questo sì”.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2020 Riccardo Fucile
“AL PAPEETE HAI PERSO IL GOVERNO, AL PILASTRO HAI PERSO LE ELEZIONI”
Dopo la citofonata di Matteo Salvini lo scorso martedì a casa di una famiglia tunisina del quartiere Pilastro di Bologna, la vita del 17enne ha già subito i primi effetti, come lui stesso racconta.
«Fino a 3 giorni fa mi chiamavano Yaya la ‘cartola’ (espressione bolognese che significa personaggio simpatico e brillante, ndr), adesso mi chiamano Yaya lo spacciatore, è stata una brutta botta».
Il ragazzo ha partecipato a un presidio spontaneo organizzato da residenti e associazioni del rione bolognese: «per reagire all’odio che si è scatenato», dicono gli organizzatori. Assieme al 17enne c’era il suo legale, Cathy La Torre.
In strada, davanti al cippo che ricorda i tre carabinieri uccisi nel 1991 dalla banda della Uno Bianca, sono scesi in tanti, oltre 300 persone. Tra loro anche il sindaco Virginio Merola, il presidente del quartiere San Donato-San Vitale, Simone Borsari, e il senatore di Leu, Vasco Errani. «La nostra comunità è stata ferita — ha detto Borsari — da uno che è venuto qui e ha esposto a pericoli una famiglia, con un minorenne, che è stato messo alla gogna, e ha fomentato l’odio tra vicini di casa. Noi vogliamo dire che il Pilastro è altro, è diverso».
Non ci sono bandiere di partito, nè slogan elettorali, ma non mancano i cartelloni contro Salvini. Uno di questi, il più fotografato, recita: «Al Papetee hai perso il Governo, al Pilastro hai perso le elezioni. Salvini grazie».
«Non ci facciamo strumentalizzare da nessuno — ha detto Merola — a questo ospite (Salvini ndr) noi diciamo che non ci faremo dividere, andiamo avanti uniti per fare il bene della nostra comunità ».
(da Open)
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