Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
VUOLE UN’AULA DI TRIBUNALE “BELLA GRANDE” PER CONTENERE I SUOI FANS? OTTIMA IDEA, COSI’ POTRANNO ENTRARE ANCHE MIGLIAIA DI ITALIANI CHE I SEQUESTRATORI DI PERSONA LI VOGLIONO VEDERE IN GALERA
“Se mi processeranno perchè ho difeso i confini del mio paese sarò la persona più orgogliosa del mondo”. Lo ha detto Matteo Salvini durante un comizio elettorale a Tornolo (Parma) in vista delle Regionali del 26 gennaio.
Peraltro Salvini ormai ripete a macchinetta gli stessi slogan: perchè oltre ad andare ‘a testa alta’, il Capitano batte sul fatto che ‘insieme a lui processano tutto il popolo italiano’: “dovranno preparare un Tribunale bello grande, perche’ con me ci saranno tanti italiani”.
Ma balza agli occhi una evidenza: se uno vuol farsi processare per difendersi “nel procedimento giudiziario” non scappa o piagnucola.
Si limita, come ha fatto in passato qualche politico, a dare indicazione ai suoi parlamentari di votare a favore dell’autorizzazione a procedere, si presenta in giudizio e si difende, dimostrando le proprie ragioni.
Questo fanno tutti i cittadini italiani che non godono di privilegi e impunità . Poi ci sono i vigliacchi che cercano ogni modo per sottrarsi al processo.
Non esistono sentenza già scritte, siamo un Paese (per ora) dove vige l’indipendenza della magistratura ( non come nei Paesi sovranisti alla Orban)
Salvini poi annuncia ogni giorno che “sevirà un’aula di tribunale grande” per contenere i milioni di italiani che “si faranno processare con lui”.
A parte che la storia insegna che farebbe bene a non farsi troppe illusioni sul “sostegno” popolare (il popolo è volubile), forse gli sfugge un piccolo dettaglio: sarebbero molti di più in piazza quei patrioti italiani che non amano che un sequestratore di persone impedisca a una nave della marina militare italiana di svolgere i propri compiti detttati dalla legge internazionale e nazionale.
E statene certi, di fronte a migliaia di patrioti veri davanti al tribunale, le truppe dei leoni da tastiera razzisti preferiranno restare a casa a contare i soldi che hanno evaso al fisco e che tengono nascosti nel materasso.
Provare per credere.
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
GRASSO E GIARRUSSO SONO IN MISSIONE CON LA COMMISSIONE ANTIMAFIA FINO A SABATO E I MAGGIORDOMI DI SALVINI TENTANO IL COLPO (NEL CASO DI DIECI CONTRO DIECI, PROPOSTA RESPINTA)
I senatori della maggioranza hanno abbandonato in blocco la Giunta per le immunità del Senato, oggi riunita per discutere sulla richiesta di autorizzazione a procedere da parte del tribunale dei ministri di Catania contro Matteo Salvini nel caso Gregoretti, per cui l’ex ministro dell’Interno è accusato di sequestro di persona.
Il senatore del Movimento Cinque Stelle Mattia Crucioli, parlando di un “colpo di mano”, ha spiegato alla stampa le ragioni della protesta.
“Si è approfittato dell’assenza di due senatori della maggioranza, Pietro Grasso (LeU) e Mario Giarrusso (M5s), per programmare per domani, martedì 14 gennaio, l’ufficio di presidenza che deciderà sulle tempistiche del voto sull’autorizzazione al processo contro il leader leghista: una tematica su cui da giorni si concentrano le polemiche.
In un primo momento, il verdetto (dall’esito abbastanza prevedibile visti i numeri delle forze di maggioranza) era fissato per il prossimo 20 gennaio, ma poi la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha deciso per la chiusura dei lavori parlamentari dal 20 al 24 gennaio a causa delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria.
La maggioranza ha quindi chiesto di rinviare anche il voto della Giunta dopo le regionali, temendo che Salvini potesse utilizzare la vicenda a scopo di propaganda elettorale, dipingendosi come la vittima del caso, processato per aver difeso gli interessi degli italiani. Tuttavia, oggi la Giunta ha rimesso a domani la decisione sulle tempistiche, convocando l’ufficio di presidenza sul caso Gregoretti: una scelta presa in assenza dei senatori Grasso e Giarrusso, che si trovano impegnati in missione con la commissione Antimafia.
“Non era mai accaduto che una istanza presentata per poter giudicare nel merito una vicenda delicata come questa venisse respinta. Con un colpo di mano, approfittando dell’assenza dei senatori Grasso e Giarrusso in missione con la commissione Antimafia, hanno anche convocato l’ufficio di presidenza per domani alle 19”, ha detto Crucioli. Per poi aggiungere: “l momento del voto erano presenti venti senatori, dieci della maggioranza e dieci dell’opposizione. La votazione sull’istanza istruttoria è finita in parità e quindi, a norma di Regolamento, è stata respinta”.
La capigruppo del M5s nella Giunta, Elvira Evangelista, uscendo dalla riunione sul caso Gregoretti ha detto alla stampa: “Tutta la maggioranza ha ritenuto di abbandonare questa riunione della Giunta perchè il presidente Gasparri, che fino a ieri ha detto che questo è un organo giurisdizionale e imparziale, si è comportato in maniera più politica degli altri, perchè ha messo al voto una istanza istruttoria molto importante per valutare i documenti sulla salute dei migranti soprattutto dopo lo sbarco. La richiesta è finita a parità di voti e lui ha ritenuto di respingerla, votando anche lui con una parte politica ben precisa. Sto accusando Gasparri di non essere stato un presidente imparziale”.
Quando Casellati aveva annunciato la chiusura dei lavori parlamentari, il senatore forzista aveva criticato la decisione affermando che un organismo di natura giurisdizionale non dovrebbe adeguarsi al calendario parlamentare e proponendo quindi che il verdetto rimanesse fissato al 20 gennaio.
Per ora rimane convocato a domani l’ufficio di presidenza che deciderà su un eventuale rinvio del voto sulla richiesta del via libera a procedere contro Matteo Salvini: dal momento che anche domani mancheranno Grasso e Giarrusso, in missione fino a sabato, la maggioranza non avrebbe i numeri per imporre uno slittamento del voto a dopo le elezioni.
Tuttavia, la decisione ultima potrebbe spettare a Casellati, che sospendendo i lavori renderebbe obbligato il rinvio.
(da “Fanpage”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL SENATORE E’ FIRMATARIO DEL DOCUMENTO ANTI-DI MAIO… “O SI CAMBIA O IL MOVIMENTO MUORE, DI BATTISTA E PARAGONE DESTABILIZZANTI”
Documento sul tavolo. Tre pagine scritte fitte fitte insieme ai senatori Emanuele Dessì e Mattia Crucioli per chiedere un cambiamento radicale del Movimento 5 Stelle. Il senatore
Primo Di Nicola è seduto dietro la scrivania del suo ufficio di Largo Toniolo e non ha dubbi sull’iniziativa attorno alla quale cominciano “a fioccare adesioni” tra i parlamentari e non solo.
I parlamentari, nel momento di maggiore crisi dei pentastellati, chiedono una ristrutturazione radicale. Il leader Di Maio viene attaccato da dentro e da fuori, per la prima volta insieme alla figura di Davide Casaleggio: “Se vuole ricoprire un ruolo politico deve concorrere”.
In pratica va messa la parola fine anche all’ambiguità che vi è tra il presidente dell’associazione Rousseau e il Movimento. L’iniziativa, contrastata dai vertici M5s, viene sentita da tanti grillini come un’ultima occasione “per non perire”.
Senatore Di Nicola, ha l’impressione che nel Movimento ci sia un liberi tutti?
Questa è l’impressione che se ne può ricavare, in realtà penso che sia la manifestazione del dibattito interno che si sta sviluppando. Al di là delle posizioni personali, il grande problema sono I temi politici e organizzativi che a questo punto vanno affrontati se si vuole davvero rilanciare il movimento.
Quali temi politici?
Per quanto ci riguarda abbiamo spiegato che il nostro sostegno al governo è fuori discussione. In un anno e mezzo abbiamo fatto cose eccellenti, a cominciare dal reddito di cittadinanza, spazzacorrotti, quota cento. Tante altre cose importanti restano da fare. Questo esecutivo ha la credibilità per farle, lo dobbiamo ai cittadini.
In discussione c’è invece la leadership di Luigi Di Maio?
Bisogna essere chiari, non è un problema di persone. Di Maio ha meriti indiscutibili, ha portato il Movimento a risultati elettorali straordinari e a riforme che I cittadini aspettavano da decenni. La questione, come dicevo, sono gli assetti organizzativi e le regole. Confrontandoci con senatori, consiglieri regionali, iscritti nelle assemblee degli attivisti sono emerse richieste di cambiamento indifferibili che noi abbiamo pensato di sintetizzare nel famoso documento. Quella della gestione collegiale è una delle più sentite. Un organismo allargato democraticamente eletto che sostituisca la figura del capo politico è ormai necessario.
Quindi nel Movimento non deve più esistere la figura del capo politico?
Il superamento di questa figura mi sembra la cosa più saggia e più in linea con le richieste di cambiamento che arrivano dalla base.
Dopo la presentazione del documento avete sentito Di Maio?
Personalmente no, non ci sono state occasioni.
Però Di Maio ha già detto che non farà alcun passo indietro, quindi le vostre richieste sono nei fatti inascoltate?
Il nostro è un documento politico aperto, sottoposto a emendamenti da parte di tutti gli iscritti. Lo stesso Di Maio ha suggerito di portarlo agli Stati Generali ed è quello che abbiamo intenzione di fare se ce ne sarà data la possibilità .
Ripeto, Di Maio ha già detto che rimarrà capo politico. In questo caso che si fa dopo gli Stati generali?
Si fa quello che normalmente succede in un Movimento democratico. Ci sarà un confronto e sulla base delle decisioni e del voto degli iscritti, il Movimento deciderà il proprio destino.
E se resta tutto com’è?
In questo caso I rischi sono grandi. Gli assetti attuali e la mancanza di una riforma interna hanno favorito l’esodo dei parlamentari e cosa più grave quella di tanti iscritti che sul territorio dopo aver reclamato il cambiamento si sono tirati indietro. Ora c’è la grande occasione di coinvolgerli nuovamente rimuovendo le maggiori criticità . Ma se così non sarà il Movimento si espone, secondo me, al rischio di ridimensionarsi come forza inclusiva e di governo.
Quindi se Di Maio non accoglie le richieste di cambiamento il Movimento rischia l’implosione?
Il rischio c’è e sono sicuro che sia chiaro anche a Di Maio che a questo punto potrebbe accogliere e patrocinare queste istanze di cambiamento e di riforma. E raccogliere quello che in tanti diciamo: ‘Cambiare per non perire’.
Gli Stati Generali dovrebbero essere un nuovo inizio, in questo modo non rischiano di essere invece la fine del Movimento?
Dipende da come saranno organizzati. Spero che non restino confinati nei limiti del movimento ma che si aprano all’esterno lanciando anche un appello alle migliori risorse politiche e intellettuali di cui questo Paese è fortunatamente ricco. E che hanno ancora voglia di battersi per migliorarlo.
Alessandro Di Battista e Gianluigi Paragone sono destabilizzanti per il Movimento?
Stanno facendo le loro scelte. Legittime, anche se personalmente non condivido molte delle loro posizioni.
E la questione Casaleggio-Rousseau?
La piattaforma Rousseau è un formidabile strumento di comunicazione all’interno del Movimento. È un fatto che venga però da tanti iscritti sentito quasi un corpo estraneo. Si tratta di portare la sua gestione totalmente all’interno e sotto la responsabilità di quell’organo collegiale di cui abbiamo parlato.
E Casaleggio che ruolo dovrebbe avere nel nuovo Movimento? In teoria è una figura esterna.
Ha meriti straordinari, a comunicare dallo sviluppo della piattaforma. Nel Movimento che verrà spetta a lui decidere per quale ruolo vuole concorrere.
In che senso concorrere?
Se decide di assumere un ruolo politico, penso dovrà farlo proponendosi agli iscritti, sottoponendosi al voto come fanno tutti. Se lo riterrà opportuno.
Quante adesioni avete ricevuto attorno al documento?
Fino ad ora abbiamo deciso di non raccogliere adesioni, ma a questo punto il documento è disponibile per tutti e chi vorrà sottoscriverlo potrà farlo inviando una mail a questo indirizzo: documento.agora.m5s@gmail.com
Chiedete anche la separazione tra le cariche interne al Movimento e quelle di governo. Quindi Di Maio dovrebbe rinunciare a una delle due?
Anche qui il problema non è la persona, ma la regola. La commistione di questi incarichi causa problemi non solo nel buon funzionamento del governo e del Movimento ma rende problematica anche la linea politica perchè in certi casi non si capisce bene chi è che la elabora. Peraltro questa sovrapposizione in Italia ha portato tradizionalmente sfortuna a chi l’ha praticata, a cominciare da Bettino Craxi e per finire con Matteo Renzi.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
“MANDEREMO A CASA ANCHE PIZZAROTTI”… MA IL SINDACO E’ GIA’ AL SECONDO MANDATO E NON E’ RICANDIDABILE
A forza di dire stupidaggini a ruota libera non capisce dove è il confine tra la propaganda e la menzogna. Come quando dice che tutti gli italiani saranno processati con lui o quando ha invitato i beoti che lo applaudono ad auto-denunciarsi per la Gregoretti. Tutte fesserie.
Del resto la sua candidata ombra sta diventando famosa per non sapere di cosa parla o di proporre leggi che già esistono in Emilia Romagna.
Mica la poteva lasciare sola. E stavolta che ha detto? “Se si vince, come si vince, vi prometto che ci rivediamo perchè dopo Bonaccini il prossimo che mandiamo a casa è Pizzarotti e diamo a Parma un sindaco come si deve”
Lo ha detto a Parma il leader della Lega Matteo Salvini, durante un comizio.
Peccato che Pizzarotti sia al secondo mandato a non possa ricandidarsi.
Ma intanto l’importante è aver dato fiato alla bocca.
(da Globalist)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
MA LE DONAZIONI ALLA POLITICA RAPPRESENTANO SOLO IL 3% DELLE SCELTE DEI CONTRIBUENTI
E’ il Partito Democratico a fare il ‘pieno’ con il 2 per mille dell’Irpef che i contribuenti possono destinare ai partiti politici.
Con le dichiarazioni dei redditi 2019, relative ai redditi 2018, i dem incassano 8.437.932 euro da 572.686 scelte ovvero il 42,17% delle scelte del 2 per mille, che corrispondono però ad appena l′1,39%% dei contribuenti.
Al secondo posto la Lega per Salvini Premier che mette in cassa 3.091.083: a scegliere il Carroccio 274.512 contribuenti, il 20,21% di quanti hanno destinato quota Irpef ai partiti e lo 0,67% del totale.
Via Bellerio però può contare anche su Lega Nord per l’Indipendenza della Padania che porta a casa 809.273 euro.
Al terzo posto Fratelli d’Italia, con 1.168.061 euro e 93.815 scelte, che corrispondono al 6,91% delle destinazioni e lo 0,23% dei contribuenti. In totale dal 2 per mille arrivano ai partiti 18.053.664 euro.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
600 EURO DI MULTA A RINO GIACALONE… AL CAPOMAFIA DI MAZARA DEL VALLO IL VESCOVO AVEVA RIFIUTATO I FUNERALI
Una storia controversa, perchè la diffamazione va giudicata anche in base alla storia e alle azioni del presunto diffamato. E cosa è la mafia?
Il giornalista Rino Giacalone è stato condannato per diffamazione per aver etichettato come “pezzo di merda” il capomafia di Mazara del Vallo Mariano Agate, pluricondannato, in occasione della sua morte
La sentenza è stata emessa dai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Palermo, che gli hanno inflitto 600 euro di multa, oltre che il pagamento delle spese di tutti i gradi di giudizio; il pg Francesca Lo Verso aveva chiesto la condanna del giornalista a 4 mesi
“Aspetteremo le motivazioni della sentenza e presenteremo ricorso in Cassazione contro questa decisione che riteniamo inaccettabile”, ha detto l’avvocato Domenico Grassa, legale di Giacalone che alla lettura del dispositivo si è detto “frastornato, ma non cambio idea”
Il procedimento era scaturito dalle denunce di Rosa Pace, vedova di Mariano Agate, capomafia di Mazara del Vallo (Trapani) deceduto per cause naturali nell’aprile 2013. In primo grado il giornalista era stato assolto dal Tribunale di Trapani, ma su ricorso presentato dalla procura (pm Franco Belvisi), il provvedimento venne annullato dalla Corte di Cassazione nel novembre 2017
Nell’udienza Giacalone è tornato a rendere spontanee dichiarazioni. “L’ho fatto – com’è evidente – citando Peppino Impastato, attraverso il ricorso alla figura retorica della sineddoche: per criticare la mafia nella sua interezza, ho fatto incidentale riferimento a un suo componente”, ha detto il giornalista dinanzi la Corte presieduta dal giudice Dario Gallo
Il processo ha ripercorso il curriculum criminale di Agate, membro della cosiddetta commissione regionale di Cosa nostra, condannato all’ergastolo per mafia, attivo nella raffinazione e nel traffico di sostanze stupefacenti ed iscritto alla nota loggia massonica Iside 2.
In seguito al decesso il questore di Trapani ne aveva vietato i funerali pubblici ed anche il Vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero aveva rifiutato i funerali religiosi
In quei giorni Giacalone, attraverso un articolo pubblicato sul portale Malitalia.it, aveva ricostruito i trascorsi di Mariano Agate concludendo che come la sua morte togliesse alla Sicilia la presenza di “un gran bel pezzo di merda”.
(da Globalist)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
C’E’ CHI STUDIA, CHI STA AI FORNELLI, CHI RIGENERA MACCHINE PER IL CAFFE’… SONO RETRIBUITI CON QUALCHE CENTINAIA DI EURO
C’è chi studia, chi sta ai fornelli, chi risponde al centralino del call center, chi rigenera macchine per caffè: dopo aver diviso più volte l’Italia tra innocentisti e colpevolisti, quei detenuti che per settimane o mesi, fino alla condanna definitiva, hanno “resistito” sulle prime pagine dei quotidiani vivono ora la reclusione impegnandosi in attività lavorative che consentono loro di mantenere un ponte con la società .
Sono retribuiti con la mercede (così si chiama lo stipendio dei reclusi), da poche centinaia di euro e in qualche caso fino a mille euro: denaro che alcuni riservano per sè, altri destinano alle loro famiglie.
Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi (Garlasco, 13 agosto 2007), è impegnato nella casa di reclusione di Bollate (Milano), modello avanzato di struttura penitenziaria, come centralinista: opera al call center di una nota compagnia telefonica, che ha stipulato una convenzione con la “Bee4 altre menti”, impresa sociale fondata nel 2013, che offre opportunità di riscatto a persone che hanno incontrato il carcere.
Allo stesso call center aspira Salvatore Parolisi, che ha scontato quasi metà della pena a 20 anni di reclusione inflittagli per l’omicidio della moglie Melania Rea (Civitella del Tronto, 18 aprile 2011).
L’ex caporalmaggiore sta frequentando, sempre a Bollate, uno stage di formazione e presto siederà accanto agli altri centralinisti.
A Bollate è detenuto pure Massimo Bossetti, “fine pena mai” per l’omicidio di Yara Gambirasio (Brembate di Sopra, 26 novembre 2010). L’ex muratore di Mapello lavora per conto di un’azienda che, insieme a Bee4, ha creato il progetto Second Chance (seconda possibilità ): rimettere a nuovo macchine per caffè espresso ormai rovinate, in fase di demolizione, che vengono rigenerate dai detenuti, i quali così, a loro volta, hanno una “seconda chance” di vita.
Anche i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba (11 dicembre 2006) sono detenuti lavoratori: il primo è ai fornelli nel centro clinico del carcere di Milano-Opera, la seconda è inserviente nella casa di reclusione di Bollate, ma è impegnata anche nella creazione di borse e accessori di cuoio per una cooperativa che sostiene progetti in favore dei bambini in Africa.
Taglio e cucito, invece, per Cosima Serrano Misseri e la figlia Sabrina Misseri, ergastolane anche loro, recluse nella casa circondariale di Taranto per l’omicidio di Sarah Scazzi (Avetrana, 26 agosto 2010): entrambe svolgono attività di volontariato per la sartoria istituita nella sezione femminile. Un altro ergastolano, Angelo Izzo, condannato per la strage del Circeo (29 settembre 1975) fa saltuari lavori nel carcere di Velletri.
Veronica Panarello, 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlio Lorys (Santa Croce Camerina, 29 novembre 2014) frequenta nel carcere di Torino un corso per operatore dei servizi sociali.
Agli studi ha deciso di dedicarsi anche Michele Buoninconti, condannato a 20 anni per l’omicidio della moglie Elena Ceste, la donna di Costigliole d’Asti scomparsa da casa il 24 gennaio 2014 e trovata morta il successivo 18 ottobre. L’ex vigile del fuoco fa il tutor universitario: studente accademico, mette la sua esperienza al servizio di altri detenuti-studenti che hanno bisogno di sostegno.
Non lavorano, invece, due detenuti eccellenti, entrambi condannati all’ergastolo: Renato Vallanzasca, il bel Renè, superboss della mala milanese negli anni settanta-ottanta, recluso a Bollate; e Cesare Battisti, l’ex terrorista rosso trasferito lo scorso anno nel carcere di Oristano dopo una lunga latitanza all’estero.
Sono temporaneamente “disoccupati” anche Antonio Logli, condannato a 20 anni per l’omicidio della moglie, Roberta Ragusa, sparita nel nulla nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, che sta scontando la pena nel carcere di Massa; e Manuel Foffo, detenuto nel carcere di Rebibbia, a Roma, 30 anni di reclusione per l’omicidio di Luca Varani (Roma, 4 marzo 2016).
I due hanno svolto per un periodo lavoro a rotazione con altri detenuti e sono in attesa di “nuova occupazione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
SI PERDONO POSTI DI LAVORO E SI BRUCIANO PROGETTI D’IMPRESA
Una crisi economica e culturale. Da ogni lato la si prenda, la notizia delle 2300 librerie chiuse in 5 anni in Italia è una brutta, bruttissima notizia. A denunciarlo è il Presidente dell’Associazione Librai Italiani, Paolo Ambrosini, che di fronte all’ennesima chiusura di una libreria, la Feltrinelli International di Roma, ha dato i numeri relativi allo stato del settore librario.
Aggiungendo poi una severa critica nei confronti del governo e della maggioranza parlamentare, considerato che dall’estate scorsa è ferma al Senato una proposta di legge sulla promozione della lettura e dei libri su cui in tanti, soprattutto tra i piccoli e medi librai, avevano poggiato un bel po’ di aspettative
L’inizio del 2020, in questo senso, ha già visto manifestarsi una vera e propria “Caporetto” della cultura. Tanti, come ad ogni inizio anno, gli esercizi commerciali che chiudono i battenti, ma l’emorragia nel settore librario davvero sembra stagliarsi con maggiore evidenza. A Milano ha chiuso la libreria all’interno dell’ospedale Niguarda, a Ragusa la libreria Paolino, a Torino la libreria Comunardi.
C’è poi il caso-Roma. A fine novembre, dopo il secondo incendio, La Pecora Elettrica ha deciso di non riaprire la sua serranda. Nello stesso mese è arrivato anche l’annuncio della chiusura della storica Libreria del viaggiatore che a partire dal 31 dicembre è rimasta chiusa. Proprio nella Capitale il 2020 è iniziato nel peggiore dei modi perchè Roma perde un altro caposaldo della cultura letteraria: La Feltrinelli International.
Da Nord a Sud, insomma, non sembra esserci pace per le librerie italiane. Ed è per questo che la denuncia di Paolo Ambrosini sulla proposta di legge di promozione dei libri e della lettura è ancor più un atto di denuncia grave dell’immobilismo dei nostri governanti, incapaci di reagire alla vera e propria ecatombe culturale e stretti dalle pressioni dei grandi gruppi editoriali e dai colossi distributivi dell’on line.
Risale al giugno scorso il testo licenziato dalla commissione cultura della Camera il testo della “legge sul libro” per promuovere la lettura nel nostro Paese. Con cui si proponeva di ridurre gli sconti massimi applicabili dal 15% al 5% per sostenere le librerie e la messa a punto di una card cultura per i meno abbienti e sostenerne i consumi culturali, dal teatro alla musica.
La legge, che pure aveva visto la reazione non positiva dei grandi operatori, è al momento ferma in Senato. In una nota, infatti, il Presidente dell’Associazione Librai Italiani ha dichiarato:
“Slitta ancora l’approvazione del dl lettura al Senato, perchè il ministero dell’Economia e delle Finanze non ha ancora dato il parere favorevole al dl, Il governo chiarisca una volta per tutte se condivide il dl e lo faccia rilasciando il parere perchè le dichiarazioni rilasciate sin qui non hanno prodotto alcun effetto. E intanto le librerie chiudono, si perdono posti di lavoro e si bruciano progetti d’impresa.”
(da Fanpage)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
DATI ABBANDONO SCOLASTICO DOVREBBERO INTERROGARE LA POLITICA… PIU’ MASCHI CHE FEMMINE E PIU’ AL SUD CHE AL NORD… 62.000 CERVELLI IN FUGA OGNI ANNO
Se nel 2018 sono stati circa 62.000 i ‘cervelli in fuga’ che hanno lasciato l’Italia per andare all’ estero, per contro, 598.000 giovani tra i 18 e i 24 anni hanno abbandonato precocemente la scuola.
E’ quanto rileva l’ufficio studi della Cgia di Mestre secondo la quale, sebbene negli ultimi anni ci sia stata una contrazione del fenomeno, un alto numero di giovani continua a lasciare prematuramente la scuola, anche dell’obbligo, concorrendo ad aumentare la disoccupazione giovanile, il rischio povertà ed esclusione sociale.
Una persona che non ha un livello minimo di istruzione è in genere destinata ad un lavoro dequalificato, spesso precario e con un livello retributivo basso.
Le cause che determinano l’abbandono scolastico – più i maschi che le femmine – sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con uno scarso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di non finire il percorso di studi.
Nonostante la fuga dalla scuola sia in calo in tutta Europa, nel 2018 l’Italia è al terzo posto tra i 19 paesi dell’Area dell’euro per abbandono scolastico (in età compresa tra 18 e 24 anni) con il 14,5% (circa 598mila giovani).
Solo Malta (17,4%) e Spagna (17,9%) hanno risultati peggiori. La media Ue è all’11%. Tra il 2008 e il 2018 la contrazione del fenomeno in Italia è scesa del 5,1%, pressochè in linea con la media Ue (-5,3%).
E’ il Sud Italia ad avere i livelli più alti di abbandono. Nel 2018 in Sardegna è stato del 23%, in Sicilia del 22,1% e in Calabria del 20,3%.
Preoccupa la situazione di quest’ultima regione che rispetto a quasi tutte le altre è in controtendenza rispetto al dato relativo al 2008: l’abbandono scolastico in questi ultimi 10 anni è salito dell’1,8%. Trentino A.A. e Friuli V.G. (entrambe con il 8,9%), Abruzzo (8,8%) e Umbria (8,4%) sono le regioni più virtuose.
Nel complesso è il Nordest l’area che soffre meno di questo fenomeno sia per incidenza percentuale di abbandono scolastico (10,6%) che per il più basso numero di “uscite” premature
“Premesso che perdere oltre 60 mila giovani diplomati e laureati ogni anno costituisce un grave impoverimento culturale per il nostro Paese – spiega Stefano Zabeo -, è ancor più allarmante che quasi 600 mila ragazzi decidano di lasciare gli studi anticipatamente. Un numero, quest’ultimo, 10 volte superiore al primo. Un problema, quello degli descolarizzati, che stiamo colpevolmente sottovalutando, visto che nei prossimi anni, anche a seguito della denatalità in atto, le imprese rischiano di non poter contare su nuove maestranze sufficientemente preparate professionalmente. Un problema che già oggi comincia a farsi sentire in molte aree produttive, specie del Nord”.
Stando alle indagini condotte dall’Unioncamere e dall’Anpal sarebbero stati oltre 1 milione i posti di lavoro di difficile reperimento nel 2018 a causa del disallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro; sebbene in Italia la disoccupazione giovanile superi il 25% e le imprese denuncino molte difficoltà a reperire personale, soprattutto con competenze digitali.
Le cause sono molteplici ma, per la Cgia, non va dimenticato che in tutta l’Ue si sta verificando una forte polarizzazione del mercato del lavoro.
Le imprese, infatti, se da un lato cercano con sempre maggiore insistenza del personale con alta specializzazione tecnica-professional, dall’altro necessitano anche di figure caratterizzate da bassi livelli di competenze e di specializzazione.
Tutto ciò, legato al calo demografico e alle difficoltà di far dialogare il mondo della scuola con quello del lavoro, ha reso molto difficile il reperimento da parte delle imprese di molte professionalità di alto profilo e dall’altro la copertura dei mestieri più duri e faticosi dal punto di vista fisico è stata garantita, almeno in parte, grazie alla disponibilità degli immigrati.
Ora, se il numero degli descolarizzati non è destinato a ridursi drasticamente, nei prossimi anni sarà sempre più difficile per le aziende trovare personale qualificato, anche perchè si sta riducendo, a causa del calo demografico, la platea dei giovani che entreranno nel mercato del lavoro.
Per contro, questi giovani, che non dispongono di una adeguata preparazione professionale, saranno difficilmente collocabili nel mercato del lavoro, anche perchè rischiano di perdere in partenza la competizione con gli stranieri nell’ occupare i posti di lavoro poco qualificati.
(da agenzie)
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