Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
MODIFICA ALLO STATUTO: ANDRANNO AL FONDO PER LA MICROIMPRENDITORIALITA’, COME RICHIESTO DA MOLTI PARLAMENTARI CRITICI CON DI MAIO E CASALEGGIO
Andranno al fondo per la microimprenditorialità e non più all’associazione Rousseau i residui dei fondi diretti al Comitato per le rendicontazioni e rimborsi del M5s. Lo prevede una modifica allo Statuto del Comitato registrata venerdì scorso, 10 gennaio.
L’atto, sottoscritto — come i precedenti — davanti al notaio Luca Amato, prevede che «tutte le somme ricevute dal Comitato dovranno essere versate al Fondo appositamente costituito per il Microcredito o agli enti e soggetti individuati dagli iscritti al M5s previa consultazione on line».
La durata del Comitato è prevista per statuto fino al «noventesimo giorno successivo al termine della XVIII legislatura, coincidente con lo scioglimento delle Camere e comunque sino all’integrale utilizzo dei fondi impegnati».
Con la modifica del regolamento entrano a far parte del direttivo del Comitato, insieme al presidente Luigi Di Maio, anche i capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa e Gianluca Perilli che sostituiscono gli ex capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli.
Il “comitato rimborsi” è un organo centrale creato proprio per «curare attivamente l’organizzazione, l’amministrazione, il coordinamento, la disciplina, la rendicontazione e la gestione delle restituzioni degli stipendi e dei rimborsi» percepiti dai parlamentari del Movimento 5 Stelle.
L’atto costitutivo del comitato aveva stabilito che nel caso in cui, allo scioglimento dell’organo, «dovessero restare fondi a disposizione, questi verranno devoluti all’associazione Rousseau», presieduta da Davide Casaleggio e con sede a Milano.
Il trattamento economico dei parlamentari eletti, comprensivo delle quote da “restituire”, è uno dei cavalli di battaglia del M5s ed è disciplinato dallo statuto del Movimento. La doppia regola della restituzione aveva già generato proteste e malumori.
La notizia, già un anno fa, era diventata un caso dentro il M5s. «È chiaro infatti — protestavano allora alcuni parlamentari — che si tratta di soldi che servirebbero di più al M5s che a Rousseau», verso cui gli eletti M5s destinano già una quota delle loro indennità .
In linea generale, il regolamento prevede che i portavoce M5s debbano restituire mensilmente un importo minimo pari a 2mila euro a cui si devono sommare «le eccedenze dei rimborsi non spesi per gli eventi ufficiali del Movimento 5 Stelle e quelle dell’esercizio del mandato (collaboratori, consulenze, eventi, convegni)».
(da Open)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
DATE CARTA BIANCA ALLA LAMORGESE CHE SA COSA FARE E SE A DI MAIO NON VA BENE TORNI A FARE LO STUDENTE FUORICORSO … ALTRO CHE RIDURRE LE MULTE, ALLE ONG DOVETE DARE UNA MEDAGLIA PERCHE’ FANNO QUELLO CHE I GOVERNI VIGLIACCHI NON HANNO LE PALLE DI FARE: RISPETTARE LE LEGGI INTERNAZIONALI
Nicola Zingaretti ha annunciato in un tripudio di dejà -vù lo scioglimento del Partito Democratico: intende fondare un nuovo partito, o un soggetto politico “vasto e plurale”, come abbiamo sentito in tante occasioni, che “accolga le istanze della società civile”, come abbiamo sentito in tante occasioni, ma “non un nuovo partito ma un partito nuovo”, come abbiamo sentito in tante occasioni.
Ma quello che al PD sembra sfuggire (da anni…) è che cambiare il nome senza cambiare politica non serve a niente.
Il segretario si era buttato nell’alleanza con il MoVimento 5 Stelle chiedendo discontinuità sul nome di Conte: non solo non è stato accontentato, ma poi ha cambiato idea e l’ha incoronato punto di riferimento del centrosinistra.
Ha chiesto poi discontinuità su reddito di cittadinanza e quota 100 ed è andata come è andata.
Ora che del governo Conte Bis sono rimasti solo i decreti sicurezza il governo cincischia e cazzeggia anche su quelli.
E allora a cosa serve stare nell’esecutivo?
Spiega oggi Alessandra Ziniti su Repubblica che l’ambizione della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è quella di arrivare a un intervento legislativo che ripensi profondamente anche i tagli all’accoglienza voluti da Salvini pur senza arrivare ad un ripristino totale della protezione umanitaria abolita dal primo decreto sicurezza.
Ma per il momento l’impasse politica della maggioranza sulla questione immigrazione obbliga il Viminale a limitarsi a mettere pezze solo quando e dove si può.
Non firmare più i divieti di ingresso in acque territoriali per le navi umanitarie si può, impedire a un prefetto di applicare una legge dello Stato che si dice di voler cambiare ma che e però pienamente in vigore non si può.
E così, al Viminale, la Lamorgese è alle prese con gli effetti indesiderati di quei decreti sicurezza, ultimo la maximulta da 300 mila euro al comandante Claus Peter Reisch che, con la sua Marie Eleonor, il primo settembre scorso è stato l’ultimo capitano di Ong che si è visto sequestrare la nave in un porto italiano.
Il testo delle modifiche ai decreti sicurezza è pronto ormai da due mesi dicono fonti del Viminale ma il necessario incontro politico tra i capi delle delegazioni di governo che dovrà portare ad un accordo e decidere il punto di caduta delle modifiche annunciate non si è mai svolto:
A dicembre la finanziaria, a gennaio le regionali in Emilia Romagna e in Calabria e il caso Cregoretti di mezzo. Troppo scivoloso il tema delle modifiche al decreto sicurezza per affrontarlo in momenti in cui la tenuta della maggioranza giallo-rossa è considerata prioritaria.
Anche se, almeno a parole, sul procedere secondo la strada indicata dal presidente della Repubblica Mattarella, e dunque innanzitutto riportando le multe per le Ong disobbedienti alle cifre originarie (da 1.000 a 10.000 euro), inserendo una chiara indicazione sulle tipologie delle navi e ripristinando il requisito della recidiva per la confisca, si dicono tutti d’accordo. Così come sulla reintroduzione della particolare tenuità del fatto e della distinzione delle categorie nelle norme che puniscono l’oltraggio e la resistenza al pubblico ufficiale.
Abrogare le norme sarebbe il segno della vera discontinuità con il precedente governo giallo-verde. E anche un messaggio verso quegli interlocutori esterni che cerca Nicola Zingaretti.
Le piazze delle Sardine hanno pochi punti programmatici ma uno di questi è certamente una diversa politica dell’accoglienza. Eppure il governo è ancora fermo. Ed è fermo perchè al suo interno c’è il MoVimento 5 Stelle che non vuole dare un alibi a Salvini per attaccarlo. E l’ala cosiddetta “di sinistra” del M5S, spiega oggi Goffredo De Marchis su Repubblica, è silente:
Non si è alzata una voce nè da Roberto Fico, nè da chi ha espresso dubbi e mal di pancia a suo tempo come i deputati Sarli e Sportiello. «Non c’è una sensibilità simile alla nostra», ammette Delrio.
Luigi Di Maio è per il «minimo sindacale», cioè si accolgono le osservazioni del Quirinale e stop. Ma questa posizione, se accettata dal Pd, può spegnere all’origine l’allargamento immaginato dal suo segretario. Mattia Santoni, leader delle Sardine, ieri ha criticato l’immobilismo: «Manca discontinuità , è come quando la sinistra ai tempi di Berlusconi non faceva la legge sul conflitto di interessi».
L’equilibrio del governo, già molto fragile, rischia di spezzarsi su questo terreno incandescente. Lo ha capita bene Matteo Renzi che infatti rinuncia ad aprire un altro fronte dopo la prescrizione. «Bisogna avere almeno la decenza di ascoltare il capo dello Stato. Poi aspettiamo le valutazioni del governo».
La partita, prima ancora che in Parlamento, si gioca in Consiglio dei ministri dove il titolare dell’Interno Luciana Lamorgese deve portare la sua proposta di revisione.
E dove i 5 stelle sarebbero chiamati a cambiare la loro posizione sui migranti in maniera radicale.
Quello che Zingaretti non sembra ancora aver capito è che non otterrà nulla continuando a piegare la testa con l’alleato di governo. E che ci si aspetta da lui e dal suo partito quella discontinuità che lui a parole voleva.
Adesso è il momento di muoversi. Le rivoluzioni nel partito potranno solo seguire. O essere inutili senza i fatti.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
PERCHE’ NON SPIEGA COME MAI GLI EURODEPUTATI FDI DUE MESI FA HANNO VOTATO CONTRO LA RATIFICA DELLA CONVENZIONE DI ISTANBUL CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE DOPO CHE FDI AVEVA INVECE VOTATO A FAVORE IN PARLAMENTO?… LA UE HA PROPOSTO UN EMBARGO ALLE ARMI NON UN BLOCCO NAVALE, LA MELONI NON CONOSCE NEANCHE LA DIFFERENZA
Ieri sera la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni era da Massimo Giletti a Non è l’Arena. Tra le tante cose di cui ha parlato due meritano di essere ricordate.
La prima è il commento sulla partecipazione di Rula Jebreal al Festival di Sanremo. La seconda è la questione del “blocco navale” che l’Unione Europea ha proposto di mettere in atto nei confronti della Libia.
Iniziamo con la prima importantissima questione che ha tenuto banco nelle ultime settimane: Rula Jebreal a Sanremo. Alla fine la giornalista italo-israeliana ci andrà , nonostante le proteste dei sovranisti. La Meloni è una di questi, perchè sostiene che la Jebreal ancorchè «donna bellissima» sia troppo politicizzata.
Un conto sarebbe se andasse al Festival ad annunciare i cantanti e gli artisti in gara, un altro invece — per la Meloni — è il fatto che vada a fare un monologo «senza contraddittorio».
Vale a dire quello che fanno tutti i politici quando vanno in televisione, che siano su reti private o su canali del servizio pubblico.
L’unico modo per uscirne è quello di inventarsi uno scenario immaginario «se durante il governo di centrodestra noi avessimo dato 30 mila euro a Mario Giordano per fare dieci minuti di monologo sarebbero arrivati i caschi blu dell’ONU».
E se nessuno ha mai proposto a Mario Giordano di partecipare a Sanremo un motivo ci sarà . E la ragione non è perchè Rula Jebreal è una donna bellisisma. Il motivo è che Mario Giordano — che i suoi monologhi senza contraddittorio li fa già nel suo programma televisivo — di cosa avrebbe parlato a Sanremo? Di un’inchiesta ancora aperta come quella di Bibbiano? Delle zucche di Halloween? Delle “risorse di Laura Boldrini” che hanno ucciso Cerciello-Rega?
Se Giordano non è mai stato chiamato a Sanremo magari la ragione è che non garantisce abbastanza introiti pubblicitari e quindi un guadagno per il servizio pubblico? Rula Jebreal a Sanremo invece dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) parlare di violenza sulle donne.
Non un discorso “politico” nel senso a favore di una data parte politica ma un discorso di civiltà su un argomento delicato e importante.
Un tema che oltretutto è assai caro a Fratelli d’Italia e a Giorgia Meloni (che notoriamente è una donna, mamma e cristiana). Nel 2013 la Meloni votò a favore della ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.
Quindi è senz’altro sensibile sull’argomento. Anche perchè il 25 novembre 2019 FdI ribadiva il suo «no alla violenza sulle donne e no ad ogni forma di violenza sulle donne». Quattro giorni dopo, il 29 novembre, gli eurodeputati di Fratelli d’Italia hanno votato contro la ratifica di quella stessa Convenzione da parte del Parlamento Europeo. Chissà se Rula Jebreal lo ricorderà dal palco dell’Ariston.
Ma se c’è un tema sul quale la Meloni è ferratissima è quello del blocco navale. Ieri era molto soddisfatta perchè «l’Unione Europea oggi parla di blocco navale, quando lo proponevo io mi si rispondeva che non si poteva fare». Ed è vero: Giorgia Meloni da tempo sostiene che la soluzione al problema dell’immigrazione sia il blocco navale, in modo da impedire le partenze dei barchini e dei gommoni dalle coste della Libia.
La soluzione sbagliata: perchè si tratta di un atto di guerra unilaterale contro il governo libico e perchè presuppone che lo Stato che ha sancito il blocco navale possa catturare le imbarcazioni che lo violano.
Di conseguenza l’Italia dovrebbe catturare barchini e barconi e — non potendo portare i migranti in Libia a causa del blocco navale (ve li immaginate i libici che vedono arrivare la nave della Marina Militare?) — se li dovrebbe portare in Italia.
Queste sono le due ragioni per cui un blocco navale non serve a fermare le rotte migratorie. Aggiungete che la Meloni è quella che da qualche anno ci racconta del complotto della Francia per deporre Gheddafi e bombardare la Libia, dimenticando di aver votato a favore della guerra in Libia nel 2011 e il gioco è fatto.
Perchè abbiamo quella che era contro la guerra in Libia (ma che l’aveva votata) che propone un atto di guerra contro la Libia.
Ma non è finita qui, perchè l’Unione Europea non ha proposto un blocco navale ma un embargo che è cosa ben diversa.
Perchè l’embargo — come tanti altri in atto nei confronti di altri paesi — non impedisce alle navi di uscire e soprattutto riguarda solo alcuni specifici prodotti. Nel caso della Libia si tratta di un embargo alla vendita di armi, che non devono necessariamente essere trasferite via mare.
A dirlo è l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell che ha dichiarato «ci concentreremo sul monitoraggio del cessate il fuoco, su un embargo e su altre misure di sicurezza sulla scorta di Sophia» con la presenza di personale di controllo in Libia.
Un embargo sulle armi — quello delle Nazioni Unite — peraltro esiste già ed è stato costantemente violato. Giorgia Meloni, nell’ansia di dire “ve l’avevo detto” io non si accorge che la UE ha proposto un embargo e non un blocco navale.
E che la misura non serve a fermare “l’invasione di clandestini” ma l’afflusso di armamenti sul teatro libico.
Tant’è che contestualmente si parla di un ritorno di una missione come EUNAVFOR MED (Missione Sophia) che non fermava “i clandestini”.
Embargo e blocco navale misure differenti: il primo non è un atto di guerra ma si tratta di un modo di imporre sanzioni economiche, il secondo sì.
E basta questo per capire il livello delle proposte sovraniste.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIERE COMUNALE DI FORZA NUOVA PER GIUSTIFICARE LE SUE VOLGARITA’ OMOFOBE: “SONO UNO SCARICATORE DI PORTO”… I PORTUALI: “NON GETTI DISCREDITO SULLA NOSTRA CATEGORIA, NOI SAPPIAMO COSA E’ IL RISPETTO DEL PROSSIMO, PARLI PER SE'”
Fabio Tuiach, l’imbarazzante consigliere comunale di Trieste in quota Forza Nuova che non sapeva che Gesù fosse ebreo, di recente è tornato agli onori (si fa per dire) della cronaca per una dichiarazione in cui “scopriva” il sesso omosessuale.
Sabato, poi, ha fatto il giro di alcune trasmissioni locali per ribadire il concetto scusandosi però per la volgarità : “Beh, sì, volgare è volgare (quello che ho detto), però ripeto sempre che sono uno scaricatore di porto da generazioni…”.
E qui arriva il capolavoro: il coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste manda un comunicato stampa per dissociarsi dalle parole di Tuiach:
Il Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste, che rappresenta una buona parte dei lavoratori del Porto Franco Internazionale di Trieste, desidera precisare che i lavoratori portuali sono certamente schietti e sinceri, anche rudi, ma molto lontani dall’immagine che cerca di accreditare Tuiach per giustificare le sue inqualificabili sparate.
“I portuali non hanno alcun bisogno di corsi sul rispetto — continua la nota stampa -, anche perchè sono tra le poche categorie di lavoratori in cui è ancora molto vivo il senso di fratellanza con tutti i colleghi, al di la di appartenenze locali, nazionali o di altro tipo. La responsabilità di quanto dice e fa il consigliere Tuiach è tutta sua ed il fatto, del tutto casuale, che sia un dipendente di una impresa portuale non c’entra assolutamente nulla. Lo invitiamo perciò a evitare di gettare ancora discredito su tutta una categoria di lavoratori”.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
PRIMA DEPOTENZIANO LE STRUTTURE PUBBLICHE, POI FANNO ENTRARE I PRIVATI: E’ LA POLITICHE DELLE MARCHETTE CHE PAGANO I CONTRIBUENTI ITALIANI PERCHE’ AUMENTANO SOLO I COSTI
In Piemonte governa il centrodestra, e il modello che la giunta di Alberto Cirio (ex Lega Nord ora Forza Italia) sembra voler importare è quello della Lombardia.
Due giorni fa infatti l’assessore alla Sanità Luigi Icardi (Lega) ha dichiarato di essere disposto ad aprire il servizio di Pronto Soccorso ai privati, come già avviene nella regione governata da Lorenzo Fontana.
«Abbiamo aperto un tavolo con i privati — ha detto l’assessore leghista — sulla base di un nuovo rapporto basato innanzitutto sulla fine di un’ipocrisia: quella che in tutti questi anni ci ha portato a ricorrere a loro solo in occasione delle emergenze. Mentre bisogna avere l’onestà di ammettere che il pubblico, da solo, non può più farcela».
Il giorno precedente era stata l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP) del Piemonte a far sapere di essere pronta ad accogliere la sfida. «Confermo: come Aiop siamo interessati ad aprire pronto soccorso, compatibilmente con le dimensioni e i volumi di attività delle nostre strutture», ha dichiarato il presidente di AIOP Giancarlo Perla.
Che poi ha precisato che non si tratterebbe di pronto soccorso generalistici ma di strutture “specialistiche” come potrebbero essere cardiologia, ortopedia o traumatologia.
A patto naturalmente che la Regione aumenti in maniera proporzionale all’offerta (e i conseguenti costi, visto che si tratta di avere specialisti a disposizione h24) gli stanziamenti per la sanità privata convenzionata.
«Pubblico e privato non sono in competizione ma devono collaborare», ha detto l’assessore Icardi.
I medici però non la pensano così. Anaao Assomed Piemonte ha fatto il punto della situazione attuale: in Piemonte «l’offerta ospedaliera dei posti letto per acuti è per l’88,5% pubblica e per l’11,5% privata accreditata; quest’ultima costa al SSR 221.410.142 euro, ovvero il 13,2% del totale della Spesa Pubblica per i ricoveri per acuti».
Al tempo stesso però la sanità privata non avendo un servizio di Pronto Soccorso (l’unico in Piemonte è il Gradenigo a Torino) non ha accessi diretti dei pazienti dal PS (il 97,5% degli accessi in PS grava sugli ospedali pubblici), che è il servizio «economicamente più oneroso, più pesante per gli operatori, di complessa gestione per gli amministratori, di durata ed impegno imprevedibile».
Il problema è duplice: gli accessi dal Pronto Soccorso non possono essere “selezionati” e spesso si tratta di casi «di pazienti più complessi dal punto di vista clinico, più anziani e dunque con aumentato rischio di complicanze e maggiori problematiche assistenziali». Ed è giusto che sia il pubblico ad occuparsene visto che questo è il ruolo del SSN.
Aprire ai privati il servizio di Pronto Soccorso, secondo ANAAO non è di per sè un problema a patto che «eroghi anche prestazioni non sempre economicamente vantaggiose e possieda i requisiti organizzativi equiparati al pubblico: chiediamo che si doti dei servizi di emergenza urgenza». L’alternativa migliore sarebbe invece quella di «valorizzare gli ospedali pubblici, che offrono servizi essenziali alla popolazione, che si occupano dei casi che nessuno vuole, che affrontano le emergenze senza badare a quanto costano, se non in termini di coinvolgimento emotivo».
Invece che pensare di allargare l’offerta privata (con i contributi dei soldi pubblici) non sarebbe più semplice potenziare il servizio sanitario pubblico, che c’è già e che già si occupa di curare i pazienti del Pronto Soccorso?
Ma al governo in Piemonte c’è la Lega, il partito di quel Giorgetti che qualche tempo fa diceva che dei medici di famiglia se ne poteva tranquillamente fare a meno. Un partito che sembra voler spingere sempre più verso il settore privato.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LA RIVOLTA DEI PARLAMENTARI E I SOSPETTI DI CONFLITTO DI INTERESSI TORNA IN BALLO LA GESTIONE DEL BLOG DELLE STELLE
L’ipotesi la fa il Messaggero in un articolo a firma di Simone Canettieri e sarebbe già di per sè deflagrante: Luigi Di Maio pensa ad allentare o addirittura a tranciare i legami con Davide Casaleggio per riprendersi il MoVimento 5 Stelle.
E in ballo torna la gestione del Blog delle Stelle:
Obiettivo: scrollarsi di dosso i sospetti di conflitto d’interessi che periodicamente spuntano fuori quando si parla della società privata di consulenza.
I deputati e i ministri a lui più vicini gli ricordano gli ultimi casi che hanno creato scompiglio interno. A dicembre la decisione di nominare Enrica Sabatini, socia di Rousseau, nel team del futuro con il centrale ruolo di responsabile dell’organizzazione, è stato motivo di scontro — mai emerso — tra Davide e Luigi.
Ma il figlio di Gianroberto ha avuto la meglio, mentre al capo politico sono arrivate solo le critiche per aver nominato una dirigente «poco riconosciuta dalla base»
Per non parlare delle polemiche di quando sempre Casaleggio andò a parlare all’Onu, per l’Italia, di democrazia digitale. Fatti che ritornano in mente a Di Maio e che ora «per salvarsi» e rimanere alla guida del Movimento lo costringeranno a una svolta. D’altronde il documento dei senatori pentastellati, oltre a dividere i ruoli di partito da quelli di governo, mette alla berlina proprio il sistema Rousseau: dalla quota fissa di 300 euro al mese che devono versare i parlamentari fino all’obbligo anche per il personale tecnico-amministrativo dei gruppi di essere iscritti alla piattaforma.
Intanto una scelta nel solco del «distaccamento» dalla casa madre di Milano è stata già presa: i disavanzi delle restituzioni non andranno più all’associazione.
Un primo segnale inviato appunto a Casaleggio, percepito come «un corpo estraneo» dalla maggioranza delle truppe.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL SOLITO TITOLO BUFALA SPERANDO CHE NESSUNO LEGGA L’ARTICOLO
Chi si è recato in edicola questa mattina, lunedì 13 gennaio 2020, e ha buttato un occhio sullo ‘stendino’ si sarà accorto di quel titolo sulla prima pagina de Il Giornale: «Toh, la sardina fa affari con l’immigrazione».
Una notizia imperdibile che, lanciata con un titolo simile, non può che essere letta e creare un acceso dibattito. Una volta spesi quegli 1,50 euro, però, si rimarrà delusi dal contenuto dell’articolo scritto da Carmelo Caruso e che si esaurisce a pagina 7.
Si parla, infatti, dell’intervista di Mattia Santori da Lucia Annunziata, in cui si è toccato anche il tema dei decreti sicurezza.
Aprendo Il Giornale, e arrivando alla pagina dedicata all’articolo, ci si accorge che il titolo interno già cambia il proprio tiro e il proprio obiettivo: «La sardina fa l’anti Salvini solo per aiutare gli affari della cooperativa amica». Parole forti che, seppur più smussate, sembrano indicare un vero e proprio scandalo alla luce del sole.
Chi lo legge, infatti, si aspetta grandi affare fatti da questi amici di Mattia Santori con i migranti. Insomma, il classico ‘business’ di cui i sovranisti accusano la sinistra.
Ma il climax discendente, tocca un picco ancor più basso nel leggere il contenuto dell’articolo pubblicato su Il Giornale. Le tesi sostenute dal titolo in prima pagina e da quello a pagina 7, infatti, vengono smontate dal pezzo stesso a firma Carmelo Caruso.
Si parla, infatti, dell’impatto sull’occupazione (ovviamente negativo) provocato dai decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini e dalla Lega. E, infatti, si legge questo:
Sconvolto dalla perturbazione economica e dagli effetti che questi decreti hanno causato alle cooperative impegnate nel sociale («Abbiamo una cooperativa sociale che per noi ha costruito le famose sardine solidali…»), Santori ha illustrato i guasti della stagnazione salviniana, la scomparsa di numerosi posti di lavoro: «Faccio l’esempio di questa cooperativa e dei loro lavoratori assunti. Con questi decreti sono stati costretti ad andare via perchè sono venuti meno il permesso di soggiorno e le garanzie di rimanere. Adesso fanno parte di quel mare, il mare di quelli che sono diventati invisibili».
Per poi proseguire con una spiegazione ben dettagliata, citando due cooperative (che, tra l’altro, non si occupano solamente di integrazione dei richiedenti asilo) di cui parla lo stesso Mattia Santori nella sua intervista a Lucia Annunziata. E poi il colpo di scena che smentisce i titoloni in prima pagina de Il Giornale stesso.
Non si vuole dire,come banalmente troppi scrivono, che le cooperative che lavorano con i migranti siano tutte caverne di profitti e magazzini di carne umana. E però, da Santori, che venne spinto a furor di piazza, era quella di San Giovanni a Roma, e coperto di fischi, a mutare la richiesta («Chiediamola modifica. Piano, piano! Avete ragione, non la modifica, ma l’abolizione dei decreti sicurezza…») ci si attendeva la domanda di abolizione per disumanità , anzichè la cancellazione per rilanciare il Pil, l’accoglienza come capitale.
Insomma, il tema portato avanti nel discorso fatto da uno dei fondatori del movimento delle Sardine, era ben diverso e più articolato e faceva riferimento ai posti di lavoro che sono venuti meno per via di questi decreti sicurezza. Un aspetto da non sottovalutare ed esposto con titoli strillati alla piazza sovranista.
Per poi sperare che, probabilmente, nessuno approfondisca il contenuto dell’articolo stesso.
(da “Giornalettismo”)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
UN MAESTRO IN POLITICA ESTERA MA UN AMMINISTRATORE SCADENTE
Il nuovo anno segna per Putin una data importante. Rappresenta il ventennale della sua ascesa al potere in Russia. È dunque il momento, secondo molte testate internazionali, di tirare le somme di questi venti anni.
Associated Press, ad esempio, titola Putin weighs future options as he marks 20 years in power (Putin considera le opzioni future mentre celebra i 20 anni al potere), l’Harvard Gazzette invece opta per Analysts discuss the 20-year rule of Vladimir Putin (Gli analisti discutono i 20 anni di governo di Putin).
Infine, Bloomberg sceglie di declinare questo tema in forma interrogativa Putin’s Russia Is 20 Years Old and Stronger Than Ever. Or Is It? (La Russia di Putin compie 20 anni ed è più forte che mai. O no?).
I lati principali di questa discussione sono due:
Relazioni internazionali. Durante il ‘regno’ di Putin, la Russia è tornata a rivestire un ruolo di grande potenza tra le nazioni del mondo. Gli avvenimenti recenti mostrano come le famose parole di Obama secondo cui la Russia è solo una “regional power”, e cioè una potenza regionale e dunque minore, come riportava il Guardian nel 2014, si siano rivelate sbagliate.
Putin ha infatti giocato un ruolo da protagonista assoluto in molti eventi di politica estera. Alcuni esempi dei suoi successi sono l’invasione e poi annessione della Crimea nel 2014 ed il suo recente sostegno ad Assad in Siria, due avvenimenti che dimostrano l’abilità della Russia di pesare enormemente nello scacchiere internazionale.
Come nota il New York Times la Russia di Putin è capace di fare quello che in inglese si chiama punch above its weight, e cioè di farsi valore anche quando si è relativamente piccoli.
Si noti, ad esempio, che il valore della spesa della Russia in armamenti, 66,3 miliardi di $, non è neppure comparabile con gli Stati Uniti, i quali devolvono alla spesa militare 610 miliardi di $ (dati relativi al 2017 elaborati da Stockholm International Peace Research Institute).
Nonostante questa evidente disparità , Putin è riuscito a posizionare la Russia al centro di moltissime dispute e problemi geopolitici, intervenendo con le sue forze armate.
Secondo i dati elaborati dalla Banca Mondiale, il Pil nominale russo si aggirava nel 2018 attorno ai 1.3 trilioni di $, mentre era all’incirca 259 miliardi di $ nel 2000. Questo dato rappresenta un miglioramento sostanziale nel tempo; ma quando lo stesso dato è messo in prospettiva con gli altri paesi, la fragilità strutturale della Russia sul piano economico emerge con molta chiarezza.
La Russia, infatti, non rientra nemmeno nella top 10 dei paesi con il Pil più grande del mondo.
Inoltre, dall’invasione dell’Ucraina in avanti è sottoposta a pesanti sanzioni economiche, oltre che l’espulsione dal G7.
Come riportava il New York Times a suo tempo, questi due eventi avrebbero limitato la capacità della Russia di far crescere la sua economia al pari degli altri paesi industrializzati, previsione rivelatasi largamente corretta.
Per questi motivi, ad oggi la Russia di Putin rimane in paese povero e con grandi sbilanciamenti in ambito economico: l’1% della popolazione controlla oltre il 74% della ricchezza del paese, mentre 1 russo su 8 guadagna meno di 200 $ al mese, come sottolineano The Indipendent e The Times.
In conclusione, durante questi 20 anni al potere Putin si è rivelato un vero e proprio maestro per quanto riguarda la politica estera ma un cattivo amministratore dell’economia russa.
Il che rappresenta un problema non di poco conto per la sua Russia negli anni a venire. Il potere economico, infatti, si traduce quasi automaticamente in effettivo potere sullo scacchiere internazionale, come scrive il famoso storico inglese Paul Kennedy in The Rise and Fall of Great Powers.
Quando la ricchezza e prosperità economica di paese declina, allora anche il suo status di grande potenza è a rischio. La Russia di Putin, in altre parole, è molto più fragile di quanto si pensi e questo nonostante i suoi evidenti successi in politica estera.
(da “Business Insider“)
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Gennaio 13th, 2020 Riccardo Fucile
L’AGENTE DELLO SPETTACOLO RACCONTA LE CONFIDENZE DELLE OLGETTINE: “BERLUSCONI CI PAGAVA PER MENTIRE NEI PROCESSI”
Ad Arcore in “una stanza buia a turno le ragazze ‘cavalcavano’ il presidente”. Così Francesco Chiesa Soprani, agente dello spettacolo, ha raccontato in aula nel processo milanese ‘Ruby ter’ le confidenze soprattutto di Barbara Guerra, ma anche di altre ‘olgettine’ sui rapporti sessuali tra Silvio Berlusconi e le giovani, spiegando anche che queste ultime, aveva saputo, venivano “remunerate per mentire nei processi”. Seconda la testimonianza di Chiesa Soprani, anche Ruby gli disse che aveva avuto rapporti con l’allora premier.
Sul banco dei testi, infatti, nel processo a carico di Berlusconi e di altri 28 imputati, e con al centro i versamenti alle ‘olgettine’ per il silenzio o la reticenza negli altri due procedimenti sul caso Ruby, è salito Chiesa Soprani, già sentito nelle indagini e più volte intervistato sulla vicenda delle cene ad Arcore, anche perchè fu l’agente di alcune delle ragazze ospiti a villa San Martino e ha conosciuto nel suo lavoro anche Lele Mora, Emilio Fede e Fabrizio Corona.
Guerra, ha raccontato il testimone rispondendo alle domande del pm Luca Gaglio, “mi disse di aver partecipato a queste cene, mi ha parlato di rapporti sessuali con Berlusconi e di essere stata pagata per non dire la verità sul sesso e poi di rapporti a turno in una stanza buia, perchè lui forse non voleva farsi vedere”.
E ancora: “Mi disse ‘la Trevaini (anche lei imputata, ndr) ha preso 1,8 milioni, la Minetti 5 milioni’ e quindi lei voleva più soldi di quei 2.500 euro al mese che riceveva e avrebbe chiesto tramite un avvocato 500mila euro più una casa e c’era stata la disponibilità di Berlusconi, ma poi non so se li abbia ricevuti”.
Quando Guerra (“venne messa al reality ‘la Fattoria’ su decisione di Berlusconi”) gli faceva queste confidenze “poco prima del 2013″, c’era anche Alessandra Sorcinelli, anche lei imputata per falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari, “che ascoltava e confermava”. Il teste, che fu anche arrestato e poi prosciolto nel caso ‘Vallettopoli’ nel 2007, ha spiegato ancora di aver raccolto racconti di questo tenore anche da “Cinzia Molena e Nadia Macrì”. E ha aggiunto: “Non mi fu mai detto di orge o minorenni, ma di rapporti sessuali”
Ha spiegato ancora, poi, di aver parlato, anche dopo la morte di Imane Fadil, con Marysthell Polanco: “Mi ha detto ‘dirò la verità sui rapporti sessuali nelle cene e che venivamo pagate per mentire con soldi e case’, non so se cambierà idea (anche lei è imputata, ndr)”.
Poi, le “due occasioni” in cui avrebbe incontrato Ruby (“di lei se ne occupava Mora e Berlusconi la manteneva”) quando era ancora minorenne, non lontano dall’ufficio di Mora. “Anche lei mi disse di avere fatto sesso ‘col Presidente’, io sapevo già che le gemelle Ferrera e altre ragazze erano amanti del presidente e quindi non mi stupivo”. E dei rapporti tra Ruby e il leader di FI avrebbe avuto conferma “anche da Corona”.
Trevaini, infine, stando sempre alla versione di Chiesa Soprani, gli disse che “sapeva che in quelle cene c’erano rapporti sessuali e che proprio di conseguenza faceva la giornalista, ossia per questo aveva avuto un contratto”.
(da “Huffingtonpost”)
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