Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
SEMPRE CONTROCORRENTE E ROMPISCATOLE, IRRIVERENTE E REVISIONISTA, LIBERO E INDIPENDENTE
Giampaolo Pansa è morto. Il giornalista e scrittore italiano, noto per i suoi libri e le sue rubriche giornalistiche, è venuto a mancare oggi, domenica 12 gennaio 2020, a Roma. Stava poco bene da alcuni mesi, ed era ricoverato in una clinica romana.
Al suo fianco fino all’ultimo Adele Grisendi, ben più di una (seconda) moglie: una compagna per la vita.
Pansa aveva scritto per Epoca, L’Espresso, Repubblica, La Stampa, Il Giorno, Il Messaggero, il Corriere della Sera e Panorama. Da quest’ultimo era stato allontanato nell’estate del 2019
Controcorrente. Rompiscatole. Cinico. Amaro. Spietato e irriverente. Traditore e revisionista. Libero e sempre indipendente
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
CHI LA DENUNCIA E’ LA SECONDA VOLTA CHE CI PROVA E NELLA PRIMA NON SONO STATE RAVVISATE IRREGOLARITA’… LA “TESI” NON E’ UNA TESI DI LAUREA MA UNA RELAZIONE DI FINE TIROCINIO…LA MINISTRA REPLICA: “NE’ TESI DI LAUREA NE’ PLAGIO, SALVINI NON HA MAI STUDIATO, COMPRENSIBILE CHE NON SAPPIA DI COSA PARLA”
Secondo quanto riporta un dettagliato articolo di Repubblica, scritto da un linguista e critico letterario, la neoministra all’Istruzione, Lucia Azzolina, nella tesi svolta all’università di Pisa nel 2010 presso la Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario della Toscana, di 41 pagine, avrebbe riprodotto, copiato, passi di testi specialistici. Addirittura quattro le citazioni riprese pari pari da testi scientifici e fatte proprie.
Il professore sarebbe arrivato a fare questo confronto come spesso si fa, digitando su Google alcune parole. La gravità sta anche nel fatto che la tesi serviva per l’abilitazione all’insegnamento alle scuole superiori.
“Non fatevi prendere in giro, non è nè una tesi di laurea, nè un plagio. Ho sentito tantissime sciocchezze in queste ore, d’altra parte non mi stupisce che Salvini non sappia distinguere una tesi di laurea da una relazione di fine tirocinio Ssis (scuola di specializzazione all’insegnamento secondario). Non ha mai studiato in vita sua e sarebbe strano se le distinguesse”. ha replicato da Auschwitz la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, alla richiesta di dimissioni del leader della Lega.
“D’altra parte – ha concluso Azzolina – l’anno scorso il ministro leghista Bussetti non si è presentato (al Viaggio, ndr) e a maggior ragione era importante che io fossi qui oggi”
La ministra si riferisce alla carriera universitaria del leader della Lega. Salvini, dopo il diploma al liceo classico, si è iscritto alla facoltà di Scienze Politiche, per poi passare a quella di Storia e lasciare gli studi nel 2008 a cinque esami dalla laurea (a 35 anni, circa 12 fuoricorso)
Il linguista autore dell’articolo ha già pubblicato altri interventi su Repubblica che hanno avuto come oggetto l’attuale Ministro. Infatti, da presidente della Commissione che ha presieduto l’esame dell’Azzolina, aveva evidenziato uno scivolone sull’informatica (domanda relativa ad una formula di Excel) e sulla padronanza della lingua inglese)
Per capirci non è la prima volta che se la prende con la ministra, ma nel primo caso è stato provato dalla graduatoria che la Azzolina, pur prendendo un voto basso in informatica (che incideva poco sul punteggio totale) aveva ottenuto ottimi voti nelle materie base e quindi il punteggio finale la faceva rientrare tra quelle “promosse”.
Lui stesso era presidente di quella commissione ma non aveva denunciato irregolarità , quindi non si comprende la polemica.
Ora ritorna ad accusare la Azzolina con grande risonanza mediatica e destando qualche perplessità , dato che le sue accuse finiscono nel tritacarne politico per un’operazione di linciaggio nei confronti di una ministra che ha anche il diritto di fornire le sue spiegazioni.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
COME MAI IN QUESTI DUE ANNI CHE HA RIVESTITO UN RUOLO DI PRIMO PIANO NEL M5S NON HA MAI DENUNCIATO LA COSA ? QUANDO ALTRI (COMPRESO NOI) LO FACEVANO, LUI DOV’ERA?
“Luigi Di Maio secondo me non si dimette (dalla guida di M5S, ndr) e farà di tutto per tenersi appiccicato a questo potere. E’ nella natura stessa di Di Maio, un trentenne che dice e pensa di aver raggiunto per merito proprio quella posizione e non la vuole lasciare”: Gianluigi Paragone, senatore espulso dal M5S, a Mezz’Ora in Più su Rai Tre ha dato spettacolo contro il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle, tirando in ballo anche i compagni di scuola e di paese del leader M5S “piazzati nei ministeri”.
A chi si riferisce Paragone? La frase completa è “tutti sanno che i compagni di scuola e di paese di Di Maio sono stati piazzati nei ministeri, il MoVimento non può fare questa cosa”.
In particolare Paragone chiama in causa Dario De Falco, ex capo della segreteria politica di Luigi Di Maio. L’ex punta di diamante del sontuoso staff made in Pomigliano di Luigi Di Maio anche condannato in due occasioni per diffamazione e oltraggio: nel primo caso, il giudice Sebastiano Napolitano lo ha condannato a 6.750 euro di multa per aver «offeso la reputazione» di una società che lavorava con il Comune, e nell’altra il giudice Daniela Critelli lo ha condannato a pagare mille euro per «aver offeso l’onore e il prestigio del consiglio comunale di Pomigliano».
Ma ciò nonostante De Falco si è accasato a dicembre nello staff del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, come è stato raccontato qualche tempo fa:
Il contratto è stato registrato il 5 settembre scorso, giorno del giuramento del Conte bis. Ma solo due giorni fa, sul sito della presidenza del Consiglio, sono stati pubblicati tutti gli incarichi dei consulenti (111) dell’esecutivo giallorosso. De Falco, pomiglianese e amico d’infanzia del capo politico dei Cinque stelle, è stato il primo a essere“salvato” dal navigator Di Maio nel passaggio dal Conte 1 al Conte 2.
Lo stipendio non è ancora noto: il decreto che stabilisce il compenso è in fase di registrazione. Dario De Falco sarà consulente del sottosegretario Riccardo Fraccaro per le questioni istituzionali. E sarà soprattutto l’occhio(vigile) di Di Maio a Palazzo Chigi: tra il leader dei Cinque stelle e De Falco c’è un forte legame. Dovrà marcare stretto il premier Conte e gli alleati del Pd.
Nello staff di Di Maio alla Farnesina invece c’è Carmine America, ex compagno di Di Maio ai tempi del liceo Imbriani di Pomigliano d’Arco, già con lui al Mise. America è stato chiamato come «Esperto questioni internazionali sicurezza e difesa» con lo stipendio annuale di 80mila euro.
Fino a qualche tempo fa in lista c’era anche Assunta “Assia” Montanino, 27enne originaria di Pomigliano d’Arco, chiamata da Luigino come «Segretario particolare del Ministro» (si candidò anche a Pomigliano nel 2015). È rimasta al Mise, con la qualifica di «Capo della Segreteria del Ministro dello sviluppo economico».
Sempre al MISE c’è Enrico Esposito, originario di Acerra, ex compagno di università di Luigino, da lui chiamato a Roma come capo del legislativo, anche lui equiparato ad un dirigente con 150mila euro di stipendio.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
IL LEADER DELLE SARDINE A MEZZ’ORA IN PIU’: “SUI DECRETI SICUREZZA SEMBRA DI ESSERE TORNATI AL CONFLITTO DI INTERESSI AI TEMPI DI BERLUSCONI, QUANDO LA SINISTRA AL GOVERNO NON FACEVA LA LEGGE”
“Il Governo Conte? Non è nato in una condizione facile, partendo ad agosto con una finanziaria difficile da fare, ma non si nota discontinuità rispetto al modo gretto di fare politica sulla sicurezza di Salvini, secondo il ‘sentiment’ che sento in giro e che posso riferire. Sembra di essere tornati a quando la sinistra non faceva la legge sul conflitto di interessi di Berlusconi, una volta andata al governo”. Lo ha detto il leader delle Sardine Mattia Santori a Mezz’Ora in Più su Rai Tre.
“Il Pd si è messo in discussione e gli va dato atto. E’ il partito che ci ha dato più ascolto e mostra un’apertura vera verso di noi. Per noi è troppo presto per capire se partecipare a questa fase, noi siamo in fase di gestazione. Anche il Pd deve capire come presentarsi in questo processo di rinnovamento. Sicuramente ci ha fatto riflettere l’idea di Zingaretti, è positivo”, ha aggiunto il leader delle Sardine Mattia Santori parlando del prossimo congresso del Pd in vista del quale il segretario Pd ha aperto le porte alla partecipazione delle Sardine.
Un feeling generazionale con il M5S? “C’è una differenza genetica. Noi abbiamo una componente che è contro l’antipolitica. Noi chiediamo di riconoscere la buona politica”.
“Dopo 20 anni di berlusconismo vogliamo 20 anni di salvinismo o vogliamo che in Emilia Romagna si inizi una strada nuova? Questa è una prova per noi Sardine, dobbiamo abituarci a leggere la società che abbiamo davanti. Il risultato delle elezioni ci farà capire se l’abbiamo saputa leggere oppure no, se siamo pronti a fare politica anche nella difficoltà . Se vince Salvini bisogna vedere se siamo pronti a fare politica, non solo a criticare i politici”.
(da Huffingtonpost”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
CHE STRANO, TUTTI RICORDEREBBERO DI AVER DOVUTO PAGARE 5.700 EURO DI AMMENDA
“Il decreto di condanna penale per razzismo al processo di Torino? Ho calcolato 12 inchieste e processi aperti a mio carico, dal vilipendio all’abuso d’ufficio fino all’istigazione all’odio e al sequestro di persona, poi non ricordo ancora altro.”: così Matteo Salvini ha risposto in merito all’episodio del 2009 a Pontida e alla condanna a una pena pecuniaria per aver violato la legge Mancino.
Il giornale torinese Cronaca Qui ha raccontato sabato una notizia che è emersa nelle carte del processo per vilipendio della magistratura che Matteo Salvini sta affrontando — e nel quale ha invocato il legittimo impedimento in un’occasione, senza che il tribunale glielo abbia riconosciuto — per le frasi contro i giudici pronunciate per difendere Edoardo Rixi: il Capitano ha ricevuto un decreto penale di condanna da un giudice di Bergamo con il pagamento di una pena pecuniaria di 5.700 euro per il famoso coro razzista contro i napoletani “colerosi e terremotati”.
Due cittadini napoletani hanno sporto una querela finita alla procura di Bergamo, che ha iscritto Salvini nel registro degli indagati per diffamazione e violazione della legge Mancino, che punisce “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. L’accusa, ritenendo che l’indagato potesse subire soltanto una pena pecuniaria, ha chiesto e ottenuto dal giudice l’emissione del decreto penale di condanna finito adesso agli atti del processo torinese.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
IL TWEET DI DON PIRRI SULLA MANIA CHE HA IL LEGHISTA DI BACIARE QUALSIASI COSA GLI CAPITI A TIRO, DAL ROSARIO ALLA COPPA
Don Pino Pirri è parroco presso la Parrocchia della Madonna della Speranza di San Benedetto del Tronto e stamattina un suo tweet molto ironico su Salvini ha riscosso successo.
Centro del tweet la ‘mania’ che ha Salvini ultimamente di baciare tutto quello che gli capita a tiro: dal rosario alla forma di parmigiano, fino alla forma di coppa.
Il parroco, mettendo vicino questi tre momenti in cui Salvini bacia cose, ha solo commentato ‘il passo è breve’.
Divertiti (ma anche nauseati) i commenti: “Pare che la fase orale, per Freud, sia la “prima fase dello sviluppo psicosessuale, in cui il piacere è derivato dalle labbra e dalla bocca, come nell’atto di succhiare al seno della madre”, pare che qualcuno non riesca a superarla” scrive qualcuno, altri: “Ma che sindrome ha ? Bacia tutto quello che gli capita a tiro, chissà se esiste una cura”
(da Globalist)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
VIAGGIO SULLE STRADE CON I CARABINIERI, RITIRATE 23 PATENTI, 16 PERSONE DENUNCIATE
Alle 5 e mezza del mattino arrivano gli insulti. Gratuiti. Ingiustificati. Da un’auto che sfila via lentamente, senza che i carabinieri l’abbiano fermata. I pneumatici di una «gazzella» del Radiomobile stridono in partenza sotto il tunnel di viale Don Sturzo. Passano un paio di minuti. La macchina dei militari rientra da via Melchiorre Gioia, seguita da una Toyota arancione. La ragazza al volante viene fatta accomodare all’etilometro: 0,66. Non molto, ma sopra il limite.
Perchè da quell’auto abbiano sputato veleno sui carabinieri nessuno lo spiega: resterà un pezzetto del teatro ebbro in cui si trasforma ogni notte di controlli in strada fuori dalle discoteche di Milano.
«Bisognerebbe che tutti capissero che qui non stiamo facendo repressione – riflette il maggiore Carmine Elefante, comandante del Nucleo radiomobile – ma è prima di tutto un lavoro di prevenzione, prevenzione di qualche disgrazia legata a queste persone che guidano ubriache».
Birilli, torce sull’asfalto, bastoni luminosi. Due posti di controllo. La prima metà della nottata davanti al cimitero Monumentale, la seconda nel tunnel che da stazione Garibaldi s’inoltra sotto Porta Nuova.
Buona parte di chi esce in macchina dalle discoteche di corso Como passa da qui. All’alba il bilancio del servizio sale a 23 patenti ritirate, sei auto sequestrate, 16 persone denunciate con un tasso d’alcol nel sangue superiore a 0,8 (il limite è 0,5), 7 multate perchè nella fascia tra 0,5 e 0,8 (in questo caso il procedimento è amministrativo, e non penale). Ragazze in pelliccia che provano a giustificarsi: «Uso medicine a base d’alcol. Guido io perchè la mia amica è morta, guardate come sta» (abbandonata sul sedile passeggero, l’alito che anche a distanza conferma la «diagnosi» dell’amica).
L’uomo che non si scompone anche se il suo tasso è sopra l’1 e appena un mese fa gli hanno restituito la patente.
La ragazzina che alla richiesta se abbia bevuto tira fuori un paio di grammi di marijuana. Infine l’uomo, 35 anni, mai un problema con la giustizia, che a bordo della sua Fiat Panda rallenta come per fermarsi di fronte ai carabinieri. Sono le 2,40 sul piazzale del cimitero Monumentale e la Panda ri-accelera all’improvviso, urta la paletta dei militari, aumenta la velocità sul vialone e corre verso via Cenisio, dove tocca un paio di macchine e si schianta con una terza di passaggio.
Due auto dei carabinieri lo avevano di fatto già raggiunto. Etilometro: 1,26. Denuncia (penale) per il codice della strada. Arresto per resistenza. Notte in caserma in attesa della «direttissima» in Tribunale. Fa una chiamata al padre. L’auto deve venire a riprendersela lui nel cuore della notte.
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
PERSONAGGI CHE PASSANO DA SINISTRA A DESTRA, INDAGATI, RICICLATI: LA MAGGIOR PARTE NELLA LISTA DELLA SANTELLI, DI FDI E LEGA
Trasformisti all’arrembaggio. C’è di tutto nelle liste in Calabria: ad esempio, c’è chi da Rifondazione comunista in un amen si è ritrovato nel centrodestra. E’ Vito Pitaro, di Vibo Valentia, un trascorso da consigliere comunale del fu partito fondato da Fausto Bertinotti, e oggi folgorato da Jole Santelli, che della raccolta indifferenziata di personale politico ne ha fatto uno dei punti del programma.
Con un dettaglio di non poco conto: Pitaro è finito nelle carte della mega inchiesta “Rinascita-Scott”, condotta dal Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, che ha travolto la regione con 334 arresti denunciando la commistione fra politica, massoneria e ‘ndrangheta.
Si tratta insomma di comparse e figuranti per la gioia dell’eterna farsa politicante. Dove essere campioni del trasformismo o possedere nel curriculum un’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa rappresenta una nota di merito.
Ecco allora voltagabbana di professione, riciclati, pluri-indagati, e poi i “travestiti”, una nuova categoria della politica calabrese, vale a dire chi è in lista al posto dei loro padrini politici.
Si comincia da questi ultimi che sono la novità di questa folle campagna elettorale. Orlandino Greco, natio di Castrolibero (in provincia di Cosenza), classe ’71, una laurea in ingegneria civile, formatosi nel Fronte della Gioventù, ma poi entrato nelle logiche locali al punto da farsi eleggere sindaco del suo Paese fino al grande salto al consiglio regionale con la lista “Oliverio Presidente” con oltre 7 mila preferenze.
Dopo questa escalation, Greco finisce nella black list di Pippo Callipo. Il motivo? Il re del tonno, nonchè candidato governatore del centrosinistra, fa il repulisti di indagati e condannati.
Peccato che “Orlandino” da Castrolibero è finito sotto i riflettori della Dda di Catanzaro per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’accusa i successi elettorale di Greco sarebbero stati ottenuti grazie al sostegno di denaro ricevuto dalla cosca guidata da Michele Bruni, alias “Bella Bella”, e dal clan “Rango-Zingari”.
Va da sè che Greco non ci sta, batte i pugni,”quali sarebbero queste colpe?”, si sgola davanti ai cronisti locali. Ma non c’è niente da fare. E’ fuori. Punto.
E allora decide con il suo movimento chiamato “Idm”, acronimo che sta per “Italia del Meridione”, che sosterrà un candidato della lista dell’Udc, vale a dire Rosolino Cerra. Non a caso circola una battuta nel cosentino: “Se gratti Cerra trovi il faccione di Greco”. Lo stesso si può dire del trasformista, ex rifondarolo, Pitaro, oggi candidato nella lista “Santelli presidente”, dietro cui si nasconde il nome di Bruno Censore, ex parlamentare del Pd, che non è stato voluto da Callipo.
Certo poi ci sono gli evergreen.
Inamovibile è Tonino Scalzo. Eletto nel 2014 al consiglio regionale fra le fila del Pd con circa 13 mila preferenze, a un certo punto Scalzo si stacca, fa nascere una stampella dal titolo evocativo “i moderati per la Calabria”, che circa un anno fa lascia la maggioranza di centrosinistra e decide di approdare nel centrodestra. E oggi Scalzo è una delle punte di diamante dell’Udc a sostegno, manco a dirlo, di Jole Santelli. Stesso destino per Franco Sergio, anche lui “compagno” di Scalzo nel gruppetto consiliare “Moderati per la Calabria”, e a sua volta eletto nel 2014 nella lista “Oliverio presidente”. Ma non importa. Perchè passare dalla sinistra alla destra in Calabria non scandalizza. E’ la prassi, si direbbe. Sergio allora rimodula uno dei principi cardini del doroteo Bisaglia che ripeteva a ogni piè sospinto: “Stare sempre in maggioranza”.
E così, convinto dell’exploit del centrodestra o destracentro, si ritrova nella lista “Santelli presidente”. Anche Mauro D’Acrì proviene dal centrosinistra. Nel “lontano” 2014 D’Acrì era uno dei centravanti di sfondamento della lista dell’ex governatore di centrosinistra Mario Oliverio. All’epoca raccolse nella circoscrizione Nord della Calabria 6.561 preferenze, non certo due noccioline. Ma è passata un’eternità da quel dì.
Ora Oliverio è fuori dai giochi, non è in campo, e allora il nostro, per non essere da meno, ha portato in dote alla Santelli, che non rifiuta nessuno, oltre 6 mila preferenze. E’ infatti candidato nel cartello “Santelli presidente”.
Eppure, scorrendo le molteplici liste che affollano il centrodestra, c’è un nome che salta all’occhio: Giuseppe Neri. Quest’ultimo, classe ’72, di origini canadese, proviene dal centrosinistra, ed è cognato di quel Nico D’Ascola, già senatore Pdl, poi alfaniano al punto da seguire Angelino nelle fallimentari esperienze del Nuovo Centrodestra e di Alternativa popolare.
Ma dicevamo di Neri. Il quale è stato infatti eletto nel 2014 con i Democratici e Progressisti raggranellando oltre 5 mila preferenze. Poi un passaggio nei moderati per la Calabria, cartello che stava a metà fra la destra e la sinistra, a seconda del sentiment, infine l’ultimo salto della quaglia il passaggio con la destrissima Giorgia Meloni che lo ricandida al consiglio regionale.
In Fratelli d’Italia Neri ritroverà un altro campione del trasformismo come Domenico Creazzo, sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, indicato dal centrosinistra come vicepresidente del Parco nazionale d’Aspromonte. Lo scorso 27 dicembre Creazzo ha vergato un post su facebook dove ha ufficializzato la sua discesa in campo con il partito della pasionaria Meloni: “Mi approccio a questa nuova avventura con l’entusiasmo di sempre”. Non abbiamo alcun dubbio.
Come non lo avremo di tal Demetrio Marino, altro volto di un centrosinistra che si è fatto centrodestra, consigliere metropolitano di Reggio Calabria con delega all’Istruzione in quota progressisti, al quale oggi ha aperto le porta di Fratelli d’Italia.
Eppure, raccontano fonti qualificate, che il nostro è stato in dubbio fino all’ultimo. Era indeciso se sposare la Lega, ritornare a Forza Italia, dove c’era già stato nel 2014, oppure sedersi al tavolo di Fd’I.
Un destino assai simile a quello di Francesco De Nisi, nato a Filadelfia, un cinquantenne ingegnere in cerca d’autore o di poltrona. Di estrazione cattolica, De Nisi milita inizialmente nel fu Partito popolare. Poi fa il giro di tutto il centrosinistra, fin quando nel 2008 è eletto presidente della Provincia di Vibo Valentia.
Nel 2012 vuole fare il grande salto nella politica di serie A e prova a farsi eleggere a Palazzo Madama. Niente da fare. Poi ci riprova alle elezioni regionali del 2014, sempre in quota Pd. Il risultato è buono, ma non basta aver conseguito 9 mila preferenze. Adesso, come se nulla fosse, è uno degli animatori della lista di Fratelli d’Italia. Obiettivo unico: conquistare uno scranno alla regione.
Va detto che in questo viaggio nel trasformismo calabrese non si possono non annoverare Nicola Paris, che ha lasciato i democratici per approdare nell’Udc, e Vincenzo Pasqua, uscito dalla maggioranza di centrosinistra nel corso della legislatura, e ora frontman della lista “Santelli presidente”.
Per non parlare di Alessia Bausone, oggi con la casacca del Movimento Cinquestelle, ma con una storia tutta a sinistra, essendo fino a poco tempo fa non solo tesserata del Nazareno ma anche ex coordinatrice della mozione Boccia all’ultimo congresso dei democratici.
Come ogni competizione che si rispetti ci sono anche gli indagati o comunque chi, come Antonio Daffinà , è stato scelto da Forza Italia come pezzo da novanta ma compare nel verbale del pentito Andrea Mantella. Va detto che Daffinà non è indagato ma, stando alla deposizione di Mantella, viene inserito nella lista dei “massoni vibonesi” che “avevano rapporti con la ‘ndrangheta, nel senso che gli chiedevano dei favori e loro si mettevano a disposizione, per ottenere provvedimenti amministrativi e autorizzazioni, favori in ospedale, posti di lavoro”.
Di più: Daffinà in qualità di commissario straordinario dell’Aterp (Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica) è coinvolto con tanto di rinvio a giudizio sull’utilizzo dei fondi ex Gescal per acquistare la sede dell’ente. Ed è lambito dalla stessa vicenda un campione delle preferenze come Pino Gentile, volto assai noto della politica cosentina, nonchè fratello di quel Tonino, sottosegretario dei governi Renzi e Gentiloni. Ecco Pino è candidato con la “Casa della Libertà ”, una lista nostalgica che ricorda gli anni d’oro del berlusconismo. Gli azzurri del Cavaliere schierano anche Maria Grazia Pianura, moglie di Pasquale Farfaglia, ex primo cittadino di San Gregoria di Ippona, comune sciolto per infiltrazioni mafiose.
E va da sè che in questo contesto grava come un macigno l’inchiesta “Rinascita-Scott” sui rapporti tra mafia e politica della Procura guidata da Nicola Gratteri che lo scorso dicembre ha portato all’arresto di 334 persone, il più grande blitz dopo il maxi processo di Palermo.
E se Giuseppe Scopelliti, l’ex governatore della Calabria condannato in Cassazione a 4 anni e 7 mesi nel processo sui conti del comune di Reggio Calabria, non può essere della partita per causa di forza maggiore, le sue truppe hanno trovato casa all’interno della Lega di Salvini.
Il Capitano leghista mette in campo il consigliere regionale Tilde Minasi e l’editore reggino Franco Recupero. Senza dimenticare Caterina Capponi, moglie del medico Antonino Alberti, gran maestro regionale della Gran Loggia Regolare d’Italia.
Eppure, in questa carrellata di nomi il guinness dei primati viene assegnato d’ufficio ad Alfio Baffa, personaggio che è stato già raccontato dall’Huffington Post. Baffa è un trasformista di professione. E’ stato tutto: berlusconiano, verdiniano, persino cinquestelle. Alla fine però ha dovuto cedere alla sirene di Matteo Salvini.
E’ lui il primo al traguardo della farsa con tanto di video in cui il nostro, nudo, immerso nella vasca da bagno – idromassaggio va da sè – con il sigaro e un bicchierozzo di whisky, saluta i suoi amici del gruppo whatsapp “revenge porn”.
Come quei malavitosi che si atteggiano a Vito Corleone, dopo essersi sciroppati mille repliche del Padrino, così questo sgangherato candidato si fa caricatura di una già logora caricatura: quella di Cetto La Qualunque, il personaggio che ha reso celebre Antonio Albanese. Il suo motto la dice tutta sul personaggio: “Insieme per una svolta”. Praticamente ogni volta, una giravolta. E non è la sola di questa folle campagna elettorale calabrese.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
“IN PRATICA RESTITUIAMO FONDI A UN PARTITO TRAMITE ASSOCIAZIONI PRIVATE”
La senatrice Elena Fattori è stata per anni uno dei punti di riferimento del Movimento 5 Stelle. Unica “big” a fronteggiare Luigi Di Maio nella corsa a capo politico del Movimento nel 2017, venne sospesa dai grillini per non aver preso parte alla votazione in Parlamento sul caso Diciotti. Non aveva risparmiato critiche in passato durante il periodo di militanza, ma da ex è ancora più agguerrita e da novembre 2019 descrive Davide Casaleggio come un “lobbista”.
Fattori commenta a TPI le ultime espulsioni di alcuni parlamentari tacciati di aver violato lo statuto del Cinque Stelle, il malcontento rispetto alla leadership di Di Maio e il futuro del Movimento. E fa accuse pesanti rispetto all’uso controverso delle restituzioni dei fondi dei parlamentari
Allora Fattori, la devo chiamare ex o si sente ancora grillina?
Eheh (sorride). Non mi sento più grillina, no, ormai sono una ex.
È vera questa voce che Di Maio se ne andrà ?
È una manovra mediatica per bloccare le scissioni e le fuoriuscite. Tutti quelli insoddisfatti oggi dicono: ‘Ora se ne va’ quindi questa voce gli fa gioco, è un modo per arginare gli abbandoni. Non credo comunque che Luigi se ne andrà .
Proprio sicura?
Beh, chiunque potesse avere leadership lui lo ha eliminato. De Falco e Fico sono stato emarginati, persino zittiti. Ma nemmeno Di Battista se ci pensa ha trovato spazio. La figura di Luigi è stata costruita per anni ad hoc. Non c’è alcuna contendibilità reale. C’è una classe dirigente auto-nominata che decide un po’ tutto: sono circa 10 persone, volendo esagerare.
Il tema dei rimborsi sta facendo vacillare la credibilità del Movimento…
Quello dei rimborsi è un tema molto serio. Le discussioni vanno avanti da due legislature. L’obiettivo originale era ridurre gli stipendi dei parlamentari. In attesa di una legge in tal senso abbiamo rinunciato a parte del nostro salario da parlamentari, l’intento era quello di creare una classe politica che non fa politica perchè ha super stipendi ma perchè ci crede.
E cosa è andato storto?
All’inizio tutto bene. Riduciamo gli stipendi e versiamo solo a micro-crediti, fondi pubblici, per restituire alla collettività .
E poi?
Con la scusa dei furbetti, cioè coloro che ritiravano all’ultimo secondo i bonifici effettuati, è stato creato un fondo intermedio.
Nulla di male fin qui…
Il fatto è proprio questo: a chi è intestato il fondo intermedio? Per tentare di superare questa sfiducia, si arrivò persino a fare un comitato per le rendicontazioni… (ride, ndr)
Perchè le viene da ridere?
Perchè è un controsenso. Al momento i gestori sono Di Maio e i capi gruppo Patuanelli e D’Uva. Senza avere riscontro, controllano loro, dovremmo fidarci e basta, secondo loro. Ma non mi fido. Io infatti ho continuato a restituire i soldi alla protezione civile…
E loro cosa hanno detto?
Nulla, mi hanno lasciato fare. Il punto è che ora è possibile mantenere in cassa parte dei fondi restituiti, e quel residuo è interesse di chi gestisce il conto che vada a finire nel Movimento… Praticamente restituiamo fondi a un partito tramite associazioni private, e il fondo cassa finisce direttamente a Rousseau.
Mi spieghi meglio
La svolta è avvenuta quando sono state inserite tre novità dal comitato di rendicontazione: 1. Che i fondi restituiti andassero sia a enti pubblici che privati, e non più solo pubblici e gestiti da una banca trasparente (oggi non è così); 2. La gestione dei fondi residui è utilizzabile, e quindi si lascia sempre qualcosa in cassa affinchè si possa poi utilizzare parte di quei soldi; 3. I fondi sono utilizzabili anche per il M5S e questa è la cosa più grave di tutte.
Ne ha prova?
Ad aprile dichiararono di aver svuotato il fondo, ma non era vero (parliamo di 4 milioni di euro). A luglio versarono circa 700-800 mila euro in due fondi, sta di fatto però — e io lo so — che il 4 novembre c’erano in cassa 4.3 milioni di euro. Dato pubblicato sul Blog delle stelle.
Mi scusi, però alla fine sono sempre soldi che tornano in casa…
No, manco per nulla, Rousseau non è il M5S. E se si fossero sciolte le camere del Parlamento in quel momento, quei milioni di euro sarebbero andati alla associazione Rousseau. Ci pensa? Io ho promesso in campagna elettorale che i soldi sarebbero tornati ai cittadini, chiunque ma non a Rousseau. Questo è sempre stato il senso del fondo restituzioni.
Ma è proprio sicura che Rousseau ormai non sia il M5S in tutto e per tutto?
Beh, se dici alla gente ‘sono francescano, vado scalzo’, ma poi ti arricchisci con Rousseau, la gente si arrabbia.
Fattori, sembra davvero aver perso fiducia nei valori fondanti del Movimento
Questi che hanno ammutinato il Movimento sono un’altra cosa, i veri 5 Stelle sono una roba seria. Qui la cosa grave è che i soldi non li restituiscono ai cittadini, ma li tengono nel partito. Quando Di Maio fu eletto capo politico, il Movimento era ancora il Movimento: la figura del capo era diversa, era solo portavoce, oggi è cambiato.
Come?
A dicembre 2017 — ed ormai questa è la storia del Movimento — c’è stato un punto di svolta; fu fondata una seconda associazione con dentro Davide Casaleggio. Cambiarono le regole disciplinari. Chi era stato eletto all’epoca con il primo Movimento non poteva e non può tuttora essere espulso, come oggi Marcello De Vito, mentre chi era passato al secondo Movimento si è messo un vero cappio al collo.
Così il Movimento è morto?
L’immagine del Movimento viene studiata a tavolino: chi mandano in tv, come farli parlare, viene detto tutto dall’ufficio comunicazione. C’è un controllo totale.
Quindi altri se ne andranno presto?
Sento continuamente che c’è malcontento e di gente che vuole andarsene, ma non le posso dire i nomi.
Ora che ci aspetta?
Presumo una nuova organizzazione del Movimento: l’esempio più chiaro sono i cosiddetti facilitatori regionali, indicati online ma scelti dal capo politico. Ancora una volta, però, siamo di fronte a un controsenso. Serve qualcuno che fa capire ai vertici ciò che non va. Qualcuno che ti va contro da dentro. Se ti ostini a voler governare dall’alto, il Movimento si svuota.
(da TPI)
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