Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
MAI STATE IN SINTONIA, ORA FANNO FRONTE COMUNE… GRILLO SI TIENE LONTANO, MA E’ STUFO DELLA STRATEGIA DELLA TERZA VIA
È difficile trovare un ordine nel caos che governa il Movimento 5 stelle. Eppure, c’è un filo rosso che riesce a dare una visione più ampia della rivolta.
Un filo che unisce il progetto politico “Eco” di Lorenzo Fioramonti, il documento dei senatori per defenestrare i vertici, e che arriva a sfiorare anche il Campidoglio di Virginia Raggi. Questo filo si stringe intorno a Roma.
Nella Capitale si annidano infatti i più forti antagonisti di Luigi Di Maio, tutti legati da stretti rapporti personali. E tali legami, tassello dopo tassello, svelano un’architettura complessa della dissidenza, che va ben oltre gli attacchi di singoli cani sciolti e ha invece obiettivi comuni: portare il Movimento al dialogo con il campo progressista, picconare la strategia della “terza via” di Di Maio, togliere il partito dalle mani del cerchio magico di Pomigliano.
A guidare questa manovra ci sono due donne, le più potenti del mondo grillino: Paola Taverna e Roberta Lombardi.
Per la prima volta, si trovano allineate e il loro asse potrebbe spostare gli equilibri agli Stati generali di marzo.
Lontano dalla polveriera c’è Beppe Grillo. «Non vuole entrare in queste dinamiche — dice chi l’ha sentito in questi giorni —. Ma è stufo di questa strategia della “terza via” che Di Maio continua a difendere. Essere equidistanti non è più possibile e Grillo non sa più come farglielo capire».
Un episodio andato in scena giovedì pomeriggio a Palazzo Madama, durante l’assemblea dei senatori M5S, offre uno scorcio della rete che si sta intessendo. Esce dall’aula, a riunione in corso, il capogruppo Gianluca Perilli, romano, considerato molto vicino a Paola Taverna.
Dietro le porte della commissione Difesa, dove sono riuniti i senatori, si sta presentando il documento in cui si chiede la defenestrazione di Di Maio e Casaleggio e la loro sostituzione con organi collegiali.
Quando i cronisti chiedono a Perilli di anticiparne il contenuto, il capogruppo chiama fuori dall’aula uno dei tre senatori che ha lavorato al documento: Emanuele Dessì. Anche lui romano, in ottimi rapporti con Taverna e con Lombardi, la capogruppo in regione Lazio che per prima appoggiò l’idea di un governo con il Pd.
Perilli e Dessì sotto braccio, uno capogruppo e l’altro dissidente, spiegano ai cronisti i 5 punti del documento più duro mai prodotto contro i vertici M5S. Scena inusuale, quasi incredibile, eppure sono lì, insieme, mentre in assemblea, Taverna plaude all’iniziativa che al primo punto — non a caso — chiede la costruzione di un «dialogo con tutte le forze progressiste».
Taverna e Lombardi non sono mai state in piena sintonia, ma si trovano oggi su un fronte comune. La prima decisa a riportare il Movimento tra la gente, lontano dai Palazzi, l’altra a piantarlo saldamente nel campo progressista, lontano dalla Lega.
Sulla stessa strada, quasi per caso, hanno incontrato l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, romano della periferia di Tor Bella Monaca. Il suo nuovo progetto politico “Eco”, ecologista e di sinistra, nasce da una scissione graduale del Movimento. L’ultimo ad aver lasciato i 5S per passare con Fioramonti è il deputato Massimiliano De Toma. Neanche a dirlo, romano.
Non uno qualunque, perchè — come scrive il Messaggero — ha un rapporto più che privilegiato con Marcello De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina. Attraverso questo canale diretto, una pattuglia di cinque consiglieri romani potrebbe staccarsi e andare a formare un gruppo autonomo che faccia riferimento alla creatura di Fioramonti. E De Vito è considerato un ex fedelissimo di Lombardi. L’operazione però viene messa in stand-by fino a primavera.
Sempre in primavera Lombardi vuole vedere la piega che prenderanno gli Stati generali di marzo. Con Taverna, spera di riuscire a spostare gli equilibri interni per sostituire il ruolo del capo politico con un organo collegiale ampio di cui potrebbero entrambe far parte. Proprio come scritto nel documento.
I senatori hanno iniziato ieri a raccogliere le firme a sostegno della loro iniziativa. Un modo per dare forza alla loro richiesta. E se le cose dovessero andare male, per contarsi. Così nascono, di solito, le correnti.
(da “La Stampa”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
“ORMAI SIAMO UNA STRUTTURA VERTICISTICA, IL CAPO POLITICO NON DEVE ESSERE UN UOMO SOLO AL COMANDO”
Giulia Grillo, ex ministra della sanità del Conte One che non prese benissimo la decisione di non riconfermarla da parte di Luigi Di Maio, oggi rilascia un’intervista al Mattino in cui va all’attacco del Capo Politico del MoVimento 5 Stelle: «O si cambia impostazione oppure lascerò il M5s perchè serve una svolta. Ci ho già pensato in passato a lasciare, ma ora siamo al redde rationem: o si cambia o non ha più senso restare». Cosa imputa la Grillo a Giggetto?
«Ormai siamo una struttura verticistica senza pesi e contrappesi. All’inizio il capo politico doveva essere una figura marginale e invece si è data un’interpretazione del ruolo come se dovesse essere l’uomo solo al comando».
Di Maio dovrebbe farsi da parte?
«Glielo dico sinceramente: non voglio proprio passare come tanti altri per quella che fa la guerra personale a Luigi. Con lui ho avuto anche scontri, ma l’affetto e l’amicizia nei suoi confronti restano. Il problema è cosa vogliamo che sia il Movimento e quindi va riformato lo statuto adeguandolo allo spirito originario di ciò che eravamo: nasciamo come un insieme di persone che lavorano su alcuni progetti»
Qualcuno ora dirà che lei è contrariata perchè non è più ministro. Non teme critiche?
«Ma no, se pongo ora queste questioni è perchè avrei trovato ridicolo occuparmene mentre ero ministro quando avrei dovuto pensare a ben altre cose. Semplicemente abbiamo rodato un sistema, che tra l’altro io ho votato, ma abbiamo visto che non funziona più. Quindi è giusto cambiare».
Ci saranno gli Stati Generali del Movimento. Se ne parlerà ?
«Può essere una grande occasione se non sarà una kermesse inutile. Prendiamoci il tempo necessario, facciamoci affiancare anche da esperti, ma creiamo un nuovo statuto più partecipato. Così non fosse dovrò trarre le mie conclusioni, posso anche lasciare».
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
E IN EMILIA-ROMAGNA QUALCUNO DOVREBBE VOTARE PER UNA PRESTANOME
Matteo Salvini ama così tanto la sua candidata alla presidenza della Regione Emilia-Romagna che la cancella in 37 comizi su 42.
Sarah Buono sul Fatto Quotidiano ha fatto i conti dei comizi del Capitano e della senatrice, “scoprendo” che la strategia del leader della Lega prevede l’oscuramento dell’aspirante governatrice:
Nel giro di un mese Matteo Salvini ha partecipato a una quarantina di eventi in Emilia-Romagna, il doppio della candidata a governare quel territorio.
L’ex ministro in campagna elettorale permanente oscura la “sua” Borgonzoni anche nei numeri: 42 a 23, questi i dati aggiornati dal primo dicembre all’ll gennaio inclusi.
Il “Capitano” dai primi giorni di dicembre non perde occasione per girare l’ex regione rossa: da solo o al massimo accompagnato da qualche eletto del territorio.
Lucia lontana, spesso dalla parte opposta della Regione.
È possibile che l’aspirante presidente stia facendo anche molti incontri privati o comunque non pubblicizzati sui social, ma a colpire è il confronto con la massiccia presenza di Salvini, concentrato negli stessi giorni anche sulla Calabria dove pure si voterà il 26 gennaio.
Solo cinque gli incontri politici o eventi pubblici tenuti dai due senatori insieme: l’ultimo in ordine temporale il 9 gennaio scorso.
Si sono visti a pranzo in un ristorante in provincia di Reggio Emilia. Un break tra “colleghi” e poi via di nuovo separati.
Un’altra differenza che balza agli occhi è che Borgonzoni limita, gran parte dei suoi appuntamenti a Bologna e comuni limitrofi, lasciando la provincia emiliano-romagnola a Salvini.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
DENUNCIATO DA DUE NAPOLETANI PER IL CORO “NAPOLETANI COLEROSI” DURANTE PONTIDA 2009, SALVINI E’ STATO CONDANNATO A A PAGARE 5.700 EURO
Tra gli atti del processo di Torino che vedono imputato Matteo Salvini per vilipendio della magistratura è emersa una condanna per razzismo a carico del leader leghista. A renderlo noto il quotidiano Cronaca Qui.
Al leader del Carroccio, infatti, era stata imposta un decreto penale con una sanzione pecuniaria di circa 5.700 euro — senza passare per processo — per aver violato la legge Mancin
La condanna è stata dovuta ad alcuni cori discriminatori contro i napoletani, intonati a Pontida nel 2009 da Salvini, all’epoca capogruppo al Comune di Milano dell’allora Lega Nord, nonchè neo — eurodeputato del Parlamento Europeo.
I fatti risalgono al 13 giugno 2009, quando Matteo Salvini intonò alcuni cori discriminatori contro i napoletani. Il fatto venne ripreso con i cellulari e pubblicato online e si vede e sente il leader del Carroccio intonare «Senti che puzza, scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani», ma anche «O colerosi, terremotati… Con il sapone non si sono mai lavati».
Ma quasi nessuno era a conoscenza di questa condanna, sino a quando il procuratore aggiunto Emilio Gatti ha chiesto di poter acquisire quel decreto penale che, nel processo torinese che vede imputato Salvini per vilipendio dell’ordine giudiziario, «potrebbe aiutare a far luce sulla personalità dell’imputato». Una richiesta accolta dal giudice Roberto Ruscello.
Due cittadini napoletani hanno sporto una querela finita alla procura di Bergamo, che ha iscritto Salvini nel registro degli indagati per diffamazione e violazione della legge Mancino, che punisce “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
L’accusa, ritenendo che l’indagato potesse subire soltanto una pena pecuniaria, ha chiesto e ottenuto dal giudice l’emissione del decreto penale di condanna finito adesso agli atti del processo torinese.
Il decreto penale di condanna è un procedimento speciale il cui scopo è quello di saltare sia l’udienza preliminare sia il dibattimento.
(da agenzie)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
SALVINI PRIMA HA DATO LA NOTIZIA ALLA STAMPA E POI L’HA INVITATA CON UN MESSAGGIO PERSONALE
Matteo Salvini ha invitato la senatrice a vita Liliana Segre a un convegno sull’antisemitismo, che si svolgerà il 16 gennaio nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.
Un’occasione a cui il leader leghista teneva molto, tanto da preoccuparsi di firmare personalmente gli inviti. L’idea, secondo i giornali, è stata del suo “stratega” Giancarlo Giorgetti (colui che con un meraviglioso giro di parole cercava di far dimenticare a tutti di aver votato il pareggio di bilancio). Ma la Segre ha graziosamente rifiutato l’invito adducendo altri impegni per quella data.
Troppi impegni già presi da tempo nel mese di gennaio, il mese dedicato alla Memoria, nell’anniversario della liberazione di Auschwitz, il campo di sterminio dove venne deportata a 14 anni, assieme al padre, che da lì non fece più ritorno.
Ma anche, probabilmente, un certo stupore per questa occasione di cui è stata avvisata dopo che la notizia è apparsa sulla stampa.
Spiega Zita Dazzi su Repubblica:
La senatrice ha ricevuto infatti ieri mattina l’invito, tramite un messaggio personale del leader del Carroccio. Allora si è presa qualche ora di tempo per pensare al modo migliore per dare una risposta calibrata, ben sapendo che materialmente non avrebbe avuto modo di essere a Roma per l’evento. A Salvini, nel pomeriggio la senatrice ha voluto rispondere con un messaggio, arrivato poi anche alle agenzie di stampa.
«Purtroppo non potrò partecipare – si legge in quelle righe di ringraziamento per l’invito – perchè una serie di impegni legati al Giorno della Memoria mi tratterranno a Milano tutto il mese».
Ma il nucleo del messaggio è nella seconda parte, dove Segre non rinuncia a ricordare a Salvini che, organizzando una riflessione su un tema così importante, è bene tenere presente che «la lotta all’antisemitismo» non deve e non può essere «disgiunta dalla ripulsa del razzismo e del pregiudizio». Concetti e obiettivi che non erano fra quelli messi al centro del convegno voluto da Salvini.
Segre lo spiega diffusamente nel messaggio recapitato a Salvini per gli stessi canali con cui era arrivato l’invito al convegno: «Questa visione – si legge nel testo della senatrice pubblicato ieri sera dall’AdnKronos – mi pare tanto più necessaria in questa fase storica, in cui le condizioni di disagio sociale spingono tanti ad indirizzare la propria rabbia verso un capro espiatorio, scambiando la diversità per minaccia».
Un argomento che non può non far tornare in mente anche il decreto penale di condanna che Matteo Salvini ha ricevuto dalla procura di Bergamo per il famigerato coro contro i napoletani raccontato ieri da Cronaca Qui con il pagamento di una pena pecuniaria di 5.700 euro per il famoso coro razzista contro i napoletani “colerosi e terremotati”
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
CRESCONO CONTE E ZINGARETTI, CALA ANCHE RENZI
Luigi Di Maio perde 10mila fans in due mesi. Su Facebook, dove conta 2.206.920 di utenti iscritti alla pagina ed è secondo in Italia solo dietro a Matteo Salvini, da mesi ormai si trova a che fare con la fuga dei like.
Racconta oggi Simone Canettieri sul Messaggero che flotte di utenti a cui piaceva da settimane hanno deciso di non seguirlo più: da quando è partito il governo giallorosso ha perso 31.071 followers. E l’emorragia si è accelerata negli ultimi due mesi.
Lo scorso dicembre in un mese Di Maio — che praticamente come tutti i leader politici vive su Facebook — ha perso circa 7.600 fans.
Discorso simile anche su Instagram, piattaforma in forte espansione che usa per dirette e rimbalzi su Fb, con-1500. Flussi a dir poco preoccupanti.
L’ eclissi del suo consenso passa dunque da qui: una diminuzione drastica della «fanbase» e, cosa mai successa prima, delle interazioni. In poche parole sta franando il sistema di mi piace/commenti/condivisioni (chiamato engagement). Addirittura attualmente su 220 profili di politici italiani (con più di 30mila seguaci monitorati su Facebook) è penultimo.
Scorrendo il suo profilo, infatti, sempre più raramente un post di Di Maio riesce a superare i 10mila like. Al contrario, sulla sua bacheca sono sempre di più i commenti negativi.
Possibile che sia solo tutta opera della Bestia di Matteo Salvini? Il paragone con gli altri leader parlano chiaro: crescono (quasi) tutti. Nei mesi di novembre e dicembre, mentre Di Maio perdeva la base su Facebook, il resto dei big della coalizione se la passavano più che bene. Dal premier Giuseppe Conte (+4021) al segretario del Pd Nicola Zingaretti(+1841) fino a Roberto Speranza, capo di Leu (+2337). In controtendenza, insieme al capo dei grillini, risultava (ed è così tuttora) Matteo Renzi, fondatore di Italia Viva (-1.615).
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
CON LO SBARRAMENTO AL 5% SI ESCLUDEREBBE IL 9% DI VOTI… CON IL 48% IL CENTRODESTRA UNITO OTTERREBBE IL 54% DEI SEGGI IN PARLAMENTO
Se si va al voto con il proporzionale il centrodestra è in prima fila per portare a casa il 50% dei seggi.
Attualmente sul tavolo del parlamento c’è una bozza di legge elaborata dalla maggioranza, con la parziale opposizione di Leu, che ruota intorno ad un ritorno al proporzionale, ma con sbarramento al 5%.
Questo significa che i voti per le liste che ottengono meno del 5% a livello nazionale vengono esclusi dai conteggi consentendo ai partiti più votati di ottenere più deputati di quanti ne avrebbero in un proporzionale puro.
Ma, spiega oggi Diodato Pirone sul Messaggero, il centro-destra pur non raggiungendo il 50% dei voti potrebbe ugualmente ottenere la maggioranza dei seggi nella nuova Camera.
I sondaggi, infatti, danno in testa il centro-destra (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) con il 48% dei consensi. Lo sbarramento del 5% però potrebbe neutralizzare una parte dei voti indirizzati ai piccoli partiti.
Di conseguenza — come si vede nella simulazione in alto che esclude dalla distribuzione dei seggi il 9% dei voti con il 48% dei consensi il centro-destra potrebbe ottenere il 54% dei deputati pari a ben 211 seggi (più 4 esteri probabili) sui 400 previsti dalla riforma costituzionale (anch’essa non ancora in vigore, che comunque ne assegna 9 alla valle d’Aosta e all’estero).
Il punto è che con il proporzionale ogni partito corre per sè a scapito della governabilità .
Fuor di metafora: pur con una maggioranza di seggi del centro-destra, Forza Italia (che con il 7% dei voti potrebbe ottenere 32 seggi e non 27 su 391 “nazionali” se il proporzionale fosse “puro”) sarebbe determinante per la formazione della maggioranza ma difficilmente potrebbe votare le misure drasticamente sovraniste propugnate da Lega e Fratelli d’Italia. Ovviamente analoghe considerazioni varrebbero per i vari partiti delcentro-sinistra.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
RELAZIONE CNEL: L’ITALIA E’ IL PAESE EUROPEO CON LE PIU’ GRANDI DIFFERENZE TRA REGIONI
Il Messaggero oggi riporta alcuni dati sulla sanità che si trovano nella relazione 2019 del Cnel a Governo e Parlamento sui livelli e la qualità dei servizi pubblici offerti dalle amministrazioni centrali e locali a imprese e cittadini:
Negli ultimi anni non a caso si è registrato un calo della mortalità tra i 30 e i 69 anni per tumori maligni, diabete e malattie cardiovascolari. Ma non per tutti e non dappertutto. L’Italia — si evidenzia — è il paese europeo «con le più grandi differenze tra regioni». Forte il «peso delle disparità nell’offerta di servizi, nei tempi di attesa e nelle differenze territoriali».
Un esempio su tutti: si sa che l’obesità è uno dei grandi fattori di rischio per la salute. Ebbene: il 40% dei bambini obesi è meridionale con un’alta percentuale tra le famiglie che hanno le maggiori difficoltà economiche. Risultato: le fasce ricche della popolazione del Nord hanno una speranza di vita di 10 anni maggiore rispetto alle fasce povere della popolazione del Sud.
E il divario esiste anche sull’offerta di asili nido, «che — tranne pochi casi virtuosi — sono ancora sottodimensionati rispetto alle reali esigenze delle famiglie e vedono diminuire gli investimenti, rappresentando anche uno dei maggiori ostacoli alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro delle donne».
In media solo un bambino su quattro (24%) ha accesso all’asilo nido pubblico, ma mentre in Val d’Aosta il dato sale al 44,7%, in Campania è di appena il 7,6%. Insomma, gli asili nido sono insufficienti sia al Nord che al Sud (solo il 55% dei Comuni offre questo servizio per un costo medio a bambino di 6.467 euro l’anno), ma ovviamente al Sud la situazione è nettamente peggiore. Il report, sarà presentato nella sua interezza mercoledì 15 gennaio a Roma, alla presenza della ministra Fabiana Dadone.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 12th, 2020 Riccardo Fucile
IL SOLE 24 ORE: 500 EURO ANNUI IN MEDIA IN PIU’ IN BUSTA PAGA … PER LA FASCIA TRA 26.600 EURO E 35.000 EURO DI REDDITO AUMENTO DI 80 EURO
Il taglio del cuneo fiscale potrebbe salire oltre i 35mila euro di reddito, con una maggiorazione della dotazione di un miliardo rispetto a quanto preventivato dal governo (da 5 a 6 nel 2021, 3 miliardi per il 2020).
Lo fa sapere il Sole 24 Ore che spiega che l’intervento per portare nelle tasche dei lavoratori 500 euro in media è in dirittura d’arrivo e per venerdì i sindacati saranno convocati a Palazzo Chigi dal governo che illustrerà la misura.
Il quotidiano di Confindustria spiega che lo strumento che dovrà dare il via all’operazione è un decreto attuativo, da definire d’intesa con i sindacati.
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è intenzionato a fare presto, e pubblicare il provvedimento entro questo mese per consentire a tutti, datori di lavoro in primis, di adeguarsi alle nuove disposizioni. La vera novità dell’operazione “taglia-cuneo”, targata Conte 2, riguarda i circa 4,5 milioni di lavoratori che guadagnano tra i 26.600 euro e i 35mila euro.
A costoro infatti verranno estesi, totalmente o parzialmente gli 80 euro, introdotti dal governo Renzi, considerato che oggi non li percepiscono.
Qui però potrebbe esserci una novità . L’esecutivo, forte delle prime elaborazioni che si stanno facendo al Mef, starebbe pensando di allargare la platea dei beneficiari oltre i 35mila euro di reddito.
Una scelta dettata dalla necessità di creare un decalage più morbido per evitare “scalini” troppo rigidi e penalizzanti per i lavoratori, che guadagnano poco di più.
Al momento, infatti, secondo le intenzioni iniziali, gli 80 euro in più vanno a salire da 26.600 euro fino a redditi di circa 34mila euro, per poi ridursi — esattamente come accade adesso per il bonus Renzi — fino alla soglia limite dei 35mila euro. Una discesa però considerata troppo veloce, e quindi da ammorbidire.
Sarà il confronto con il sindacato a indicare dove si fermerà la nuova asticella. Secondo gli ultimi dati del Mef (dichiarazioni redditi 2017) tra 35mila e 40mila euro di redditi si trovano 901mila lavoratori.
Per la fascia, quindi, da 26.600 a 35mila (o dove si collocherà il nuovo “tetto”) si prevede di riconoscere nello stipendio un’ottantina di euro in più al mese.
Ad avvantaggiarsi dell’operazione “taglia-cuneo” saranno pure i circa 9,4 milioni di lavoratori oggi compresi tra gli 8.200 euro e i 26.600 euro, che attualmente prendono gli 80 euro.
(da “NextQuotidiano”)
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