Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
IL TIMORE DI MOLTI: CHE DI MAIO SI RICANDIDI… GLI ORTODOSSI SI ORGANIZZANO
Il primo vero congresso dei 5Stelle eccolo qui. Almeno secondo i più speranzosi, secondo i detrattori di Luigi Di Maio, per non girarci troppo intorno.
Ed è una bomba ad orologeria pronta a esplodere a marzo, quando sono in programma gli Stati generali. Continuare con la figura del capo politico o creare un direttorio? Intanto la corsa alla successione è iniziata ancora prima che il ministro degli Esteri comunicasse le sue dimissioni da capo politico.
È iniziata nei messaggi che i parlamentari si sono scambiati per tutto il giorno, nelle telefonate, nelle discussioni più o meno animate.
È un tutti contro tutti, tra timori e organigramma da comporre.
“Guida collegiale”, è il leitmotiv delle ultime ore. Non più un capo politico, ma più persone con gli stessi poteri in una sorta di direttivo o gran consiglio, con la super visione del garante Beppe Grillo.
“Con ogni probabilità si troverà una via di mezzo. Non più una sola persona ma neanche otto, per intenderci”, racconta una fonte che ha sottomano le regole.
Ma per arrivare a questo, a una gestione condivisa, bisognerebbe cambiare lo Statuto del Movimento e non è detto che Davide Casaleggio e il fondatore del Movimento siano d’accordo.
La proposta parte dai parlamentari più vicini a Roberto Fico, presidente della Camera che nel mondo pentastellato ha un suo seguito e in passato ha fatto da contro altare a Di Maio.
A parlare è il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia, che chiede “un nuovo modello di gestione” con un “comitato eletto dagli iscritti, che abbia la fiducia del garante”. Gli ortodossi, insomma, si stanno organizzando.
In pratica deve scomparire la figura del capo politico, ma nello stesso tempo a taccuini chiusi molti parlamentari non nascondono il timore che quello di Di Maio possa essere “nient’altro che un bluff”. E che quindi possa chiedere la riconferma a marzo durante gli Stati generali.
Un altro deputato, mentre ascolta l’intervento dell’ormai ex capo politico, risponde al telefono: “A suo modo, Luigi vuol dimostrare che senza di lui si va a picco e spera nella riconferma, magari con un tandem. Ma la verità è che siamo già andati a picco”.
C’è chi appunto pronuncia la parola “tandem”. Il riferimento è ad Alessandro Di Battista. Visto ormai, da molti parlamentari, come fumo negli occhi.
Le chat interne sono impazzite, ci si organizza per correnti, per documenti, come quello proposto da Di Nicola, Dessì con l’appoggio anche di Luigi Gallo, altro deputato tra i fedelissimi di Roberto Fico.
Ma al momento — come fa notare più di qualcuno — non ci sono neanche le regole per gli Stati generali e quindi si brancola nel buio. In caso di tandem, uno dei due capi non deve essere dimaiano.
E mentre l’ex capo politico punta il dito contro “i nemici interni, che lavorano al proprio tornaconto”, piovono ancora le critiche contro di lui.
C’è anche chi, come Federico D’Incà , ministro di Rapporti con il Parlamento, fedelissimo anche lui di Fico, osserva che “la scena del balcone non l’avrei mai fatta”. È da lì che sono iniziate le disgrazie per Di Maio.
Il sentimento comune, come si è detto, è di allargare la gestione del Movimento, di fatto con quello che si potrebbe definire gran consiglio.
Ma i piani dei vertici grillini potrebbero essere altri. Se lo Statuto resta così com’è, in pole per la successione ci sarebbe il nome di Stefano Patuanelli, attuale ministro dello Sviluppo economico, molto apprezzato all’interno del Movimento e soprattutto dai capi.
Per adesso la “reggenza” del Movimento viene assunta da Vito Crimi. Il viceministro agli Interni, infatti, è il membro più anziano del Comitato di garanzia pentastellato e lo Statuto prevede che la guida del Movimento passi a lui.
A Crimi potrebbero essere poi affiancati altri esponenti M5s, in vista degli Stati generali in programma a marzo. Ma solo in un questa fase transitoria. Ed è probabile che si tratti dei sei componenti del team del futuro.
Saranno loro a traghettare il Movimento verso gli Stati generali. Il problema però sarà il dopo, il salto nel buio. Adesso, per Carlo Sibilia, voce molto critica all’interno del Movimento, “la strada più naturale è quella di un comitato composto da alcune persone, in grado di essere riconosciute da garante e iscritti”.
Le polemiche si moltiplicano di ora in ora.
Per Dalila Nesci “il vero problema è la mancanza di strumenti di democrazia interna nel M5s”, accusa su Facebook la deputata. La verità , per la Nesci, è che “non si sono mai voluti creare i presupposti di una successione a Di Maio” e “anche le sue modalità di uscita di scena non prefigurano consapevolezza dei problemi strutturali del M5s”.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che mancano pochissimi giorni alle elezioni regionali e i pentastellati potrebbero arrivare a numeri a una sola cifra.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
AL FUNERAL PARTY NEANCHE UN’AUTOCRITICA (E PROMETTE GIA’ IL RITORNO)… QUANDO LA PRESUNZIONE NON HA CONFINI
È il passaggio di Luigi Di Maio all’età adulta. È quando dopo i quaranta minuti del discorso delle dimissioni si toglie simbolicamente la cravatta che sancisce la fine di un’era. Per quanto lo riguarda, almeno. Per il Movimento 5 stelle si vedrà .
Il ragazzo di Pomigliano arrivato in fretta e furia sulla sommità del Palazzo esce dal fortino, si libera dai sacchetti di sabbia quotidianamente portati dai suoi per difendere la trincea, e si butta nel mare aperto e incognito del confronto politico.
Nella centralissima piazza di Pietra a Roma, dentro al Tempio di Adriano, il pretesto che riunisce tutti i big pentastellati è la presentazione dei facilitatori regionali. È un segreto di Pulcinella. Tutti gli accorsi, ministri, staff, parlamentari plaudenti, stampa, sono lì per le dimissioni del capo.
La scenografia è quella ormai consueta per i 5 stelle, linee semplici, colori netti, slogan d’ordinanza e il solito tentativo neolinguista, tra “facilitatori” e “team del futuro”.
Il dimissionario arriva un’ora dopo. Lima fino all’ultimo il discorso: “Per la sua importanza ho deciso di leggerlo. Ci ho iniziato a lavorare un mese fa”.
Un parlamentare ridacchia: “Ma se praticamente l’ha costretto Grillo”.
L’attesa è ingannata da un simpatico video che racconta gli altri partiti in una dinamica tra capi-latifondisti e militanti-mezzadri e i 5 stelle quali giardinieri, e vabbè.
Si alternano sul palco alcuni membri della segreteria, da Paola Taverna a Enrica Sabatini. Emilio Carelli in veste di presentatore non si nasconde dietro un dito, parla chiaramente del passo indietro.
Quasi immediatamente tutto si trasforma in una sorta di funeral party, con una salva di applausi alla memoria.
“Guardali — commenta un uomo vicino al ministro degli Esteri — Sono tutti contenti. Ora applaudono, poi vorranno un selfie. Sepolcri imbiancati”.
“Ho portato a termine il mio compito”, esordisce Di Maio. Una scelta sofferta, una voce che trema. Davide Casaleggio è a Roma dalla sera prima. Con il figlio del fondatore l’ultimo brainstorming. I ministri sono in seconda fila, accanto a Vito Crimi, che assumerà la reggenza a interim. “Non è finito qualcosa, è appena cominciato”, un tasto sul quale il capo politico uscente batte spesso, quasi per autoconvincersi.
Ha confermato domenica la scelta a Giuseppe Conte, a Berlino, durante un lungo faccia a faccia. Entrambi all’unisono dicono che non ci saranno ripercussioni nel governo. Dentro il Movimento, al contrario, le ripercussioni sono imponderabili.
Di Maio non pronuncia una parola sul perchè del gesto, se non legandolo flebilmente alla conclusione del percorso di riorganizzazione. Non c’è accenno all’autocritica.
Non una parola sulle accuse di cesarismo che lo hanno sfibrato al punto di arrivare alle dimissioni. A un certo punto il giovane diventato in fretta adulto prende coraggio. La voce tremolante si fa stentorea.
Il discorso prende una piega quasi livorosa. “I peggiori nemici li abbiamo all’interno”, attacca. Non è un sassolino fuori dalle scarpe, è una pietraia che rotola in sala, a quanto pare su nessuno dei presenti, che si spellano le mani.
“C’è chi non lavora per il gruppo, ma per la propria visibilità . Tante battaglie le abbiamo perse per le fughe di notizie. Ci sono sempre state divisioni su ogni argomento, anche su quelli definiti chiaramente nel programma. Farci apparire litigiosi e pasticcioni è stato il miglior modo di combatterci. E alcuni si sono prestati a questo gioco, per profonda immaturità personale e politica. Così il rumore di pochi ha sovrastato il lavoro di tanti”.
È un vero e proprio martellamento. Che sembra non finire mai: “C’è chi è sempre stato nelle retrovie, e è venuto al fronte solo per pugnalare alle spalle. C’è chi ha sempre messo il Movimento davanti a se stesso, e chi ha fatto l’opposto. Ho visto nostri eletti nei collegi uninominali, e quindi calati dall’alto, chiedere che le regole non fossero calate dall’alto; nemmeno il pudore hanno”.
È uno stillicidio, un j’accuse profondo e destinato a non rimanere senza conseguenze. Emanuele Dessì, tra i grandi contestatori, osserva in silenzio sul lato destro del palco. A marzo si terrà un vero e proprio congresso fondativo della terza fase dei 5 stelle. Che dopo il carisma fondativo di Beppe Grillo oggi mette fine alla stagione del capo politico che li ha portati al governo.
Di Maio ringrazia Conte, ringrazia i due co-fondatori. Conclude togliendosi la cravatta, outfit che ne ha contraddistinto tutte le uscite pubbliche sin dal 2013, come gesto simbolico di addio.
C’è tutto lo staff del premier. Rocco Casalino segue il discorso accanto ad Augusto Rubei, il braccio destro e sinistro del ministro degli Esteri. Entrambi mentre l’ex leader si slaccia il nodo e partono le note di una musica di sottofondo hanno gli occhi lucidi. Così come Stefano Patuanelli, il ministro dello Sviluppo economico tra i più accreditati alla successione.
“Le regole non si cambiano con le interviste, ma con gli Stati generali”, dice Di Maio, aggiungendo che in quell’occasione, a metà marzo, si deciderà il come, non il chi.
Non una parola di più. Il modello del capo politico solitario potrebbe sgretolarsi e cambiare forma. Ci potrebbe essere una diarchia, un Gran consiglio. Potrebbe rimanere tutto com’è. L’uovo di Colombo lo scodella un importante parlamentare a lui vicinissimo: “Ci sono tutte le condizioni affinchè Luigi torni alla guida agli Stati generali”. Terra incognita, si diceva. Forse non poi così tanto.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
BOCCIATO ANCHE L’ESERCIZIO PROVVISORIO DOPO CHE LA GIUNTA NON ERA RIUSCITA A FAR APPROVARE IL BILANCIO… DUE ASSESSORI DI MAGGIORANZA SI SONO ASTENUTI INSIEME A CINQUE CONSIGLIERI DI CENTRODESTRA E MUSUMECI E’ ANDATO SOTTO
All’Assemblea Regionale Siciliana si è consumato l’ultimo atto del dramma politico della Giunta Musumeci: l’esercizio provvisorio è stato affondato con un voto palese che è passato per un solo “sì” di troppo: la maggioranza che va sotto si è concentrata dunque sui nomi degli assessori regionali Toto Cordaro e Bernardette Grasso, che pur essendo presenti in Aula non hanno espresso la preferenza, e i Cinquestelle su quello di Sergio Tancredi, che già nei giorni scorsi era stato accusato di intelligenza col nemico per il blitz del centrodestra che ha portato all’elezione di Angela Foti al posto di Francesco Cappello alla vicepresidenza dell’Ars.
Non sono i soli, ovviamente: il resoconto dell’Ars mostra impietosamente i presenti e non votanti, e svela dunque nel centrosinistra il nome di Edy Tamajo (Italia Viva) e nel centrodestra quelli di Vincenzo Figuccia (Udc), Giuseppe Gennuso e Tony Rizzotto (Ora Sicilia) e Alfio Papale e Michele Mancuso (Forza Italia).
La Giunta Musumeci aveva già fallito una decina di giorni fa l’obiettivo più importante dell’anno: l’approvazione del bilancio. Proprio come Sardegna, Umbria e Basilicata anche un’altra regione governata dal centrodestra non riesce a portare a casa il bilancio ed andrà in esercizio provvisorio.
Ma c’è di più. Il segretario regionale della Uil, Claudio Barone, ha chiesto all’Assemblea di “intervenire tempestivamente e con opportune modifiche anche al disegno di legge per evitare di bloccare stipendi e pensioni dei dipendenti ma anche tutte le spese della Regione”.
Gli hanno fatto eco poco dopo Giuseppe Badagliacca e Nicola Scaglione della Cisal: “La soppressione dell’esercizio provvisorio della Regione Siciliana, approvato questa sera dall’Ars, rischia di rivelarsi un colpo mortale non solo per migliaia di lavoratori i cui stipendi sono a rischio, come per esempio Lsu, Resais e Pip, ma in generale per l’attività amministrativa che di fatto verrebbe bloccata, al netto delle sole spese essenziali, colpendo gli enti locali. Una vera e propria sciagura che va evitata a tutti i costi: il governo regionale e l’Assemblea trovino una soluzione immediata”.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
SEGNALAZIONE DELLA DIA SU ALCUNI BONIFICI SOSPETTI RICEVUTI DA AZIENDE E SU VERSAMENTI DELLA FONDAZIONE SUL CONTO PERSONALE DEL GOVERNATORE
Fiorenza Sarzanini racconta sul Corriere della Sera che c’è un’indagine sui soldi alla fondazione Change di Giovanni Toti, governatore della Liguria.
I magistrati di Genova e la Guardia di Finanza stanno verificando i bilanci della Fondazione Change:
Nella relazione dell’Uif si fa infatti esplicito riferimento a due bonifici finiti sul suo conto corrente per un totale di 25 mila euro. Il sospetto è che si tratti di un finanziamento illecito e per questo dovrà chiarire ai magistrati l’utilizzo dei fondi. Nell’elenco dei finanziatori c’è anche la Moby dell’armatore Vincenzo Onorato, già perquisito dai magistrati di Firenze che indagano sulla Open di Matteo Renzi e «segnalato» per i soldi versati al sito di Beppe Grillo e alla Casaleggio Associati. Toti si dice «assolutamente tranquillo, è tutto registrato e regolare. Tutte le spese sono collegate all’attività politica, non c’è alcuna spesa personale. Con la Moby non ho alcun rapporto».
La prima segnalazione riguarda il conto corrente collegato al «Comitato Giovanni Toti Liguria» nato nel 2015 per la corsa alle Regionali. Ed è stata trasmessa anche alla direzione Antimafia per esplorare eventuali ipotesi di riciclaggio.
Il deposito viene aperto nell’agosto 2018 quando riceve un bonifico da 10mila euro dal «Comitato Change», creato per raccogliere fondi da destinare alla campagna dei candidati della sua lista. L’Uif sospetta che una parte dei finanziamenti «sia arrivata direttamente dalla Regione Liguria od a altri enti» e per questo fornisce l’elenco dei tesorieri che si sono avvicendati nel corso degli anni.
Sottolineando il ruolo di Enrico Zappa, in carica fino al 24 luglio 2018, «che attualmente ricopre il ruolo di sindaco in numerose società fra le quali quelle del gruppo del senatore di Forza Italia Sandro Biasotti». E quello del suo successore Alberto Pozzo, tuttora responsabile degli aspetti contabili.
«Sul conto risultano accreditati bonifici di Innovatec per 20 mila euro, Diaspa srl per 30 mila euro, Moby spa per 100 mila euro, Aker srl per 90mila euro tutti con causale «erogazione liberale».
Dal conto corrente del Comitato Change risultano eseguiti bonifici direttamente a favore di Giovanni Toti: uno da 5mila euro e uno da 20 mila con causale «Contributo per attività politica».
Secondo gli accertamenti già svolti Innovatec e Aker sono due società del gruppo Waste Italia che gestisce la discarica di Vado Ligure. Moby è invece una compagnia di navigazione e negli ultimi anni Onorato ha sollecitato politici e partiti affinchè approvassero norme per agevolare il settore.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
DA CHI HA DEFINITO “UN PATRIOTA” IL MACELLAIO DI SREBRENICA MLADIC, HA FATTO IL NECROLOGIO AL CRIMINALE ARKAN E DEFINITO “NEGRO DI MERDA” IL CALCIATORE VIEIRA C’E’ FORSE DA STUPIRSI ?
Ratko Mladic, il macellaio di Srebrenica, «un patriota che combatte per il suo popolo».
L’allenatore del Bologna SiniÅ¡a Mihajlović in un’intervista al Resto del Carlino ci tiene a far sapere che sta con Matteo Salvini: «mi fido di lui e spero che vinca in Emilia-Romagna. Cambiare è possibile».
Nessuno a quanto pare lo ha avvertito che in Emilia-Romagna è candidata Lucia Borgonzoni e non il leader della Lega, ma sono dettagli dei quali non si curano nemmeno i più convinti elettori della Lega.
Matteo Salvini ha ringraziato pubblicamene Mihajlović a Mattino 5 dicendo che l’ex calciatore della Samp e della Lazio «ha fatto una intervista coraggiosa dicendo che se fosse italiano voterebbe Salvini, lodando Lucia Borgonzoni».
Alla domanda sul fatto che l’allenatore del Bologna si faccia curare in Emilia, la cui sanità è stata speso al centro delle sue critiche, Salvini ha risposto: «ma certamente a Bologna ci sono medici eccezionali».
E del resto pure la Borgonzoni aveva dovuto ammettere durante un confronto televisivo che sì, la Sanità in Emilia-Romagna funziona bene.
E allora sarebbe curioso che cosa vorrebbe cambiare Mihajlović in Emilia-Romagna. Probabilmente non l’equipe medica dell’Ospedale Sant’Orsola che lo ha avuto in cura. L’istituto di ematologia Seragnoli è considerato una delle eccellenze della Sanità pubblica italiana.
Ma probabilmente all’allenatore del Bologna poco importa che il progetto della Lega sia quello di una progressiva privatizzazione del comparto sul modello della Lombardia. Riguardo alla questione del coraggio di Mihajlović che ha suscitato tanta ammirazione nel leader del Carroccio bisogna però dire che non ce ne vuole moltissimo per dire che si sta dalla parte di Salvini, che è pur sempre il politico che secondo i sondaggi gode della fiducia della maggioranza degli italiani.
E del resto l’allenatore del Bologna di coraggio ne ha da vendere.
Come quando gli chiesero di commentare la storiaccia delle foto di Anna Frank con la maglia della Roma diffuse dagli Irriducibili della Lazio e rispose con cose tipo «Ma chi è Anna Frank?», «Non la conosco», «Sì, la conosco ma non ho letto il suo libro».
A Mihajlović di coraggio ne servì probabilmente di più quando definì Ratko Mladic, il macellaio di Srebrenica, «un patriota che combatte per il suo popolo».
Meno quando si rivolse con l’epiteto “negro di merda” al calciatore Patrick Vieira oppure quando sputò e prese a calci Mutu durante Lazio-Chelsea.
Come Salvini anche Mihajlović è un patriota coraggioso.
In un’intervista al Corriere prese le difese di Milosevic: «so dei crimini attribuiti a Milosevic, ma nel momento in cui la Serbia viene attaccata, io difendo il mio popolo e chi lo rappresenta».
Forse è per questo che sull’eventuale processo a Salvini si è espresso così: «Salvini a processo sulla Gregoretti? Normale, Silvio Berlusconi quanti processi ha avuto? È normale che quando cerchi di cambiare le cose e magari usi metodi forti, qualcuno possa chiedere di valutare il tuo operato».
Ma il capolavoro del coraggio, per così dire, fu quando disse che avrebbe rifatto il necrologio al criminale di Željko Ražnatović detto Arkan
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
“SIAMO COMMOSSI PER L’ACCOGLIENZA CHE CI HANNO RISERVATO LUNEDI, SAREMO IN TANTI”… ALLE 18 PARLA SALVINI, ALLE 19 IL FLASH MOB DELLE SARDINE A SUON DI MUSICA, LA QUESTURA CHIEDE 100 AGENTI DI RINFORZO
«La questione è diventata molto più profonda: è una difesa del territorio, vogliamo inoculare degli anticorpi che reagiscano all’odio e alla violenza. E per farlo, i cittadini di Bibbiano ci hanno chiesto di essere presenti lì, fisicamente»
«Prevediamo un’affluenza che supererà le 5.000 persone». L’ultima settimana di campagna elettorale della Lega e di Lucia Borgonzoni, candidata alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, si scontrerà con una reazione della cittadina diventata vessillo della propaganda del centrodestra.
Bibbiano, al centro delle cronache politiche da mesi per l’inchiesta giudiziaria riguardante alcuni affidi di minori, era stata scelta come luogo per il comizio conclusivo della senatrice e candidata e del suo leader, Matteo Salvini: saranno entrambi lì domani, 23 gennaio.
«Gli abitanti ci hanno chiesto di essere lì, non ce la siamo sentiti di dire di no ai cittadini». A parlare a Open, Youness Warhou: Sardina di 25 anni di Reggio Emilia che lavora come informatico ed è iscritto alla facoltà di Scienze politiche.
«Questa volta le Sardine si sono organizzate in modo atipico. Solitamente l’operazione consiste nell’organizzarci sul web, creare una comunità di persone e andare poi in piazza per restituire una dimensione reale agli ideali di politica che ci accomunano».
«Per Bibbiano è stato diverso, la situazione è più delicata — spiega Warhou -. Quella città è stata strumentalizzata dalla destra per fare propaganda politica. Abbiamo deciso di ascoltare dal vivo i cittadini per chiedere loro cosa fare: se scendere in piazza con loro o, come Sardine, fare un passo indietro per dare ai residenti un po’ di pace dopo mesi di esposizione mediatica». Così Warhou, Giulia Sarcone e l’organizzazione centrale di Bologna delle 6.000 Sardine hanno lanciato un incontro pubblico per dialogare con gli abitanti di Bibbiano.
«Ho lanciato l’evento su Facebook 24 ore prima dell’incontro: lunedì 20 alla “Assemblea di ascolto per la Val d’Enza” sono venute più di 500 residenti — racconta Warhou -. Non potete immaginare l’emozione che ho provato uscendo dall’assemblea. I cittadini ci guardavano con speranza, ci hanno ribadito dal vivo quello che ci avevano chiesto per messaggi e per mail: “Per favore, venite a far vedere che Bibbiano è una realtà diversa da quella raccontata dalla gogna mediatica leghista”».
«Senza neppure il bisogno di proporlo, appena abbiamo citato la data del 23 le persone si sono alzate ad applaudire: è stato un mare di applausi a decidere che giovedì, alle 19:00, ci dovevamo incontrare in piazza Libero Grassi».
Il momento più emozionante per Warhou, tuttavia, c’è stato alla fine dell’assemblea: «Molti cittadini si sono avvicinati per raccontare le proprie storie di di vita personale. Ci hanno spiegato quanto sia difficile e doloroso subire una strumentalizzazione di questo tipo».
«Alcuni ci hanno detto che è diventato difficile pronunciare la parola Bibbiano perchè ormai quel nome è percepito quasi come una parolaccia», dice Warhou. E poi spiega come sarà organizzato l’evento “Sardine a Bibbiano: la piazza giusta“: «Bibbiano è una città molto legata alla musica, con un tessuto culturale di rilievo che è stato oscurato dall’indagine giudiziaria».
«Per questo abbiamo deciso di incentrare la manifestazione sull’arte. I partecipanti porteranno degli strumenti musicale per suonare e cantare tutti insieme — spiega entusiasta -. Per la prima volta avremo un’orchestra organizzata sul palco che, a un certo punto, guiderà gli strumenti e le voci della piazza: sarà uno spettacolo».
«È l’ora di parlare di Bibbiano, ma di quella vera: una città di cultura e attenta al sociale — conclude Warhou -. All’inizio gli eventi delle Sardine nascevano come alternative ai comizi della Lega, adesso la questione è diventata molto più profonda: è una difesa del territorio, vogliamo inoculare degli anticorpi che reagiscano all’odio e alla violenza. E per farlo, i cittadini di Bibbiano ci hanno chiesto di essere presenti lì, fisicamente».
(da Open)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
ALLA STESSA ORA A CARTABIANCA E A DI MARTEDI: SARDINE 7,72% DI SHARE CONTRO IL 5,88% DI SALVINI
Gli ascolti Tv e i dati Auditel di martedì 21 gennaio 2020, in prima serata, hanno visto la consueta disfida tra talk politici fra Cartabianca di Bianca Berlinguer su Rai3 e DiMartedì condotto da Giovanni Floris su La7.
CartaBianca ha totalizzato infatti 1.390.000 spettatori, mentre DiMartedì ha convinto 1.415.000 spettatori.
Nella sovrapposizione tra Matteo Salvini intervistato da Bianca Berlinguer e l’ospitata delle Sardine da Giovanni Floris, sono state le seconde a prevalere per quanto riguarda l’interesse del pubblico sintonizzato.
Per portare dati precisi, le Sardine a diMartedì (nell’orario compreso fra le 21:46 e le 22:13) hanno totalizzato 2.045.030 spettatori con uno share del 7,72% mentre Salvini a Cartabianca (fra le 21:52 e le 22:41) ha catalizzato una media di 1.501.818 individui all’ascolto con uno share del 5,88%.
(da agenzie)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
VENERDI LA MANIFESTAZIONE SENZA SIGLE DI PARTITO: “QUESTO RIONE NON E’ QUELLO CHE SALVINI VUOLE FARE CREDERE”
Il Pilastro non ci sta. Dopo lo show elettorale di Matteo Salvini che ha citofonato a casa di un tunisino (“Lei spaccia?”) il rione si ribella.
I cittadini hanno convocato per venerdì 24 alle 18 una manifestazione pacifica dedicata a “Chi ama il Pilastro”.
L’appuntamento è davanti alla biblioteca Spina, nel parco intitolato ai carabinieri uccisi dalla Uno Bianca. “Cerchiamo di essere tanti senza sigle di partito nè slogan contro qualcuno. Solo persone che vogliono democrazia e vivibilità “, l’invito.
“Vivo al pilastro dal maggio 1966, sono stato uno delle prime 411 famiglie a venire a vivere nelle case popolari appena costruite” racconta Oscar De Pauli, tra le altre – tante – cose, primo presidente dello storico circolo La Fattoria, dove ancora oggi fa il volontario a tempo pieno. E’ una delle voci indignate. “Inizialmente, qui abitavano solo persone dei ceti più bassi, soprattutto immigrati, dalle montagne, dalle campagne, dai paesi limitrofi. Negli anni si è passati all’immigrazione dal sud Italia e anche di origine straniera. Grazie a una variante del piano urbanistico, l’amministrazione ha cominciato a promuovere anche l’accesso al ceto medio, tra insegnanti, artigiani, professionisti”.
Susi Realti di Mastropilastro, associazione di promozione sociale per lo sviluppo di attività e comunità , è arrabbiata: “Con l’incursione di ieri sera ci siamo sentiti presi in giro: l’ex ministro dell’Interno, con le sue provocazioni elettorali ha buttato all’aria anni di lavoro, serio e impegnato, sul territorio. Il Pilastro non è quello che lui vuole far credere: è un’area viva, verde e solidale. Salvini ha dimostrato di non avere nessun rispetto per questa zona: è passato di fianco al cippo dei carabinieri uccisi nel 1991, non ha fatto una piega, nascosto com’era da uno sproporzionato cordone di forze dell’ordine”.
Tra gli abitanti del Pilastro c’è anche Claudia Boattini, tra gli animatori del blog “Pilastro Bologna” nato all’interno di Pilastro 2016: “Insieme garantiamo l’informazione delle attività svolte da associazioni e comunità , facendo conoscere la storia e le curiosità di questo territorio, raccontando chi abita e lavora al Pilastro, raccogliendo foto, poesie e racconti di chi ha voluto collaborare con noi”, si legge online. “Qui al Pilastro si vive piuttosto bene- racconta Boattini-. Mio figlio sta cercando casa, si era trasferito in campagna ma ora vuole tornare. Personalmente, ritengo si viva molto meglio che nel centro storico. Sono sola da molti anni, di sera esco sola, non ho paura e non mi è mai successo nulla”.
Salvini avrebbe solo dovuto scusarsi “per quello che non ha fatto quando era al governo”, commenta il presidente del quartiere San Donato-San Vitale, Simone Borsari: “Non ha inviato gli agenti di polizia sul nostro territorio quando gli venivano chiesti; non ha modificato la legge che scarcera i piccoli spacciatori poco dopo il loro arresto; è corresponsabile del congelamento delle risorse del bando periferie che se fossero arrivate senza quel colpevole ritardo, avrebbero permesso di costruire la stazione dei carabinieri già da tempo”.
Quelli compiuti ieri “sono atti gravissimi, tanto più se si pensa che sono avvenuti ad opera di un ex ministro della Repubblica, peraltro alla presenza di pubblici ufficiali”, continua il presidente, sottolineando che il leghista se n’è andato “senza neanche degnare di un omaggio il cippo, distante poche decine di metri, dei carabinieri trucidati dalla banda della Uno Bianca”.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
NEL QUARTIERE CONFERMANO: “SALVINI HA PRESO UNA CANTONATA, QUELLA E’ UNA FAMIGLIA PER BENE”… L’AVV. CHATY LA TORRE PRESENTA DENUNCIA CONTRO SALVINI
Cappuccio alzato, giubbotto nero, cellulare in mano, il migliore amico a fargli da guardia del corpo.
Gioca a calcio nell’Imolese, ha una fidanzata ed è «uno studente come tutti gli altri», il 17enne che l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ha accusato di fare lo spacciatore. Si chiama Yassine, ma gli amici lo chiamano “Iaia”.
«Non voglio fare dichiarazioni – dice salendo in casa, poco dopo l’ora di pranzo – ho un avvocato: chiedete a lei. Sono appena andato nel suo studio per fare denuncia». Sale in casa e ridiscende, fuma una sigaretta, torna a rispondere al telefono, si porta un dito alla bocca, come dire: non parlo più. «Lasciatemi stare».
Lo difenderà la legale Cathy La Torre: a lei si sono rivolti anche i genitori del ragazzo. Alla legale rende la sua testimonianza con un video.
Il fratello maggiore di Yassine, pugile, ha avuto dei precedenti penali. «Rissa, rapina, ma mai per spaccio – spiega Iaia – adesso ha la sua famiglia, lavora non abita più al Pilastro da due anni e mezzo. Si è messo la testa a posto».
A Salvini lancia l’appello: «Rimuova quel video, non se ne può più».
Il padre, di origini tunisine, fa il corriere da Bartolini, la madre, italiana, è in pensione, lavorava in una mensa.
«Mio padre c’è rimasto malissimo – ha ammesso il ragazzo martedì sera, registrato da Fanpage – Io non faccio queste cose. Sono uno studente normalissimo, vado a scuola come tutti gli altri. Salvini non può presentarsi qui e chiedermi se spaccio, è diffamazione».
Ora Iaia non vuole più parlare coi giornalisti: «Non mi ero accorto di essere registrato l’altra sera: sono minorenne».
Il quartiere è tutto con lui, venerdì organizzeranno una fiaccolata di sostegno alla famiglia. «Io mi sono messo a piangere quando ho visto quel video – spiega Giacomo Ganassi – quello è un bravo ragazzo, un amico di mio figlio, giocano a pallone insieme. Dicendo quelle cose Salvini ha offeso un po’ anche noi».
Al Pilastro «dal più piccolo al più grande ci conosciamo tutti – salta su un ragazzo di 24anni – ma io neanche ai tempi della “Uno Bianca” ho visto fare cose del genere. Non è concepibile. Non è mai successo, tutto solo per avere voti. Quella è una famiglia per bene. Poi lo sanno tutti che un ragazzino di 17 anni non può spacciare al Pilastro: se lo vede qualcuno lo vede gli tira le orecchie e lo rimanda subito a casa».
(da “La Repubblica”)
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