Destra di Popolo.net

SENZA VERGOGNA: IL DEPUTATO DELLA LEGA CHE DICE CHE I TAGLI ALLA SANITA’ LOMBARDA LI HA FATTI MONTI NON LA LEGA

Marzo 31st, 2020 Riccardo Fucile

IN LOMBARDIA CI SONO 869 MEDICI IN MENO RISPETTO ALL’ORGANIGRAMMA, IN COMPENSO IL 50% DELLE PRESTAZIONI E’ STATO APPALTATO ALLA SANITA’ PRIVATA

In un appassionante intervento ad Agorà  il deputato e giornalista della Lega Alessandro Morelli ha detto che a dire che la sanità  dovesse andare nella direzione privata era Mario Monti e non Matteo Salvini: “C’è un problema della sanità  pubblica e ce lo portiamo dietro da tempo, perchè abbiamo ceduto per anni a un’Europa che ci chiedeva di fare tagli per sottostare a certi parametri!”.
Ora, Morelli avrà  presente che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E soprattutto, che la Lombardia è la regione dove secondo la Lega il 50% delle erogazioni sanitarie è da parte di privati convenzionati (altri parlano del 40%).
In Lombardia non c’è solo un allarme per i posti letto, ma mancano medici in vari settori del sistema sanitario nazionale.
Qualche giorno fa Il Sole 24 Ore ha spiegato che le carenze più forti si contano proprio lì dove ci sono i reparti più esposti. E cioè le emergenze (leggasi pronto soccorso), la rianimazione e la medicina interna quella che si occupa dei ricoveri dove arrivano anche i pazienti contagiati meno gravi.
I numeri esatti dei posti vacanti sono stati messi in fila da Anaao Assomed, la principale sigla degli ospedalieri, che per queste tre specializzazioni stima una carenza di 7403 medici fino al 2025: 4.180 nella medicina d’emergenza-urgenza, 1828 nella medicina interna e 1395 in anestesia, rianimazione e terapia intensiva.
Con le tre Regioni finora più colpite per numero di contagi — Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna — che da sole contano 1491 medici in meno rispetto a quanti ne servirebbero: 869 in Lombardia, 314 in Emilia e 308 in Veneto.
Non a caso c’è chi corre subito ai ripari: il Veneto nei giorni scorsi ha assunto 215 tra infermieri e altri operatori e la Lombardia ha annunciato l’arrivo di 200 infermieri e 100 medici oltre a 40 sanitari militari dal ministero della Difesa.
L’Emilia Romagna viene invece da una stagione di assunzioni e per ora non ci sono misure immediate sul personale in vista.
E ora, una serie di domande: chi ha svenduto la sanità  lombarda ai privati? Chi ha tagliato i posti letti ospedalieri in Veneto? Chi aveva predisposto sei miliardi di euro di tagli lineari a scuola e sanità  per il 2020?
Chi è che aveva detto che i medici di famiglia non sono poi così importanti perchè ormai i cittadini (che hanno sufficienti disponibilità  economiche) si rivolgono direttamente agli specialisti nei centri di medicina privati?
Di chi è stata la decisione di “azzerare” l’addizionale IRPEF in Veneto e così avere meno risorse a disposizione per la Sanità ?
Risposta a tutte queste domande: la Lega.
Tra il dire (di Monti) e il fare c’è di mezzo il Carroccio.

(da “NextQuotidiano”)

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ABRUZZO, IL GOVERNATORE DI FDI AFFIDA LA COMUNICAZIONE DELL’EMERGENZA COVID AL RESPONSABILE DELLA SUA CAMPAGNA ELETTORALE

Marzo 31st, 2020 Riccardo Fucile

IN UMBRIA LA LEGHISTA TESEI NOMINA CINQUE CONSULENTI ESTERNI VENETI COME SE ALL’UNIVERSITA’ DI PERUGIA NON CI FOSSERO ESPERTI A COSTO ZERO

Il Fatto Quotidiano racconta oggi che la giunta di centrodestra guidata da Marco Marsilio (Fratelli d’Italia) in Abruzzo ha finanziato una campagna di comunicazione sulle norme anticontagio affidandola a un imprenditore che è anche stato suo responsabile della comunicazione elettorale:
A metà  marzo ha deciso di finanziare una campagna di comunicazione sulle norme anti-contagio. Peccato che la Asl di Teramo, gestita dalla Regione, abbia affidato la campagna alla Mirus, la società  dell’imprenditore Michele Russo,già  papabile candidato governatore di Fratelli d’Italia e responsabile della comunicazione elettorale di Marsilio. Costo della campagna: 39.500 euro, 500 euro in meno della soglia di 40mila euro che consente alla Regione di evitare la gara d’appalto. L’equivalente di 100.000 mascherine e dieci ventilatori.
Russo dopo la vittoria elettorale aveva anche vinto un bando da 198 mila euro per la comunicazione di Tua, la società  del Trasporto Abruzzese.
L’iniziativa non è piaciuta nemmeno alla Lega che ha preso le distanze da Marsilio: “In un momento delicato e tragico,chiedo in nome della Lega di rescindere il contratto e di impegnare i fondi per l’acquisto di beni e strumenti necessari al mondo della sanità ”, ha detto il coordinatore regionale del Carroccio, Luigi D’Eramo.
E a proposito di Lega, ecco invece cosa ha fatto Donatella Tesei in Umbria:
Eppure, mentre Tesei attaccava il governo, la giunta regionale nominava cinque consulenti esterni da affiancare all’assessore alla Sanità , il veneto Luca Coletto, imposto da Matteo Salvini dopo la vittoria elettorale. Tra loro ci sono l’avvocato Michele Romano, chiamato già  nel 2011 da Luca Zaia a “sistemare i conti della Sanità  veneta”(così si legge nel curriculum), e i quattro medici veneti in pensione Pietro Paolo Faronato, Claudio Saccavini, Giovanni Cipollotti e Michele Michelutti.
Dalla Regione fanno sapere che si tratta di incarichi a titolo gratuito, ma nella delibera viene specificato che sarà  riconosciuto “il rimborso delle spese documentate di viaggio, vitto e alloggio, connesse a spostamenti funzionali allo svolgimento delle attività ”che andrà  a gravare sul bilancio regionale. Nomine che non sono piaciute all’opposizione : “Se i consulenti di Coletto stanno qui un mese, dovremmo pagare loro un lauto rimborso spese —dice al Fatto il capogruppo Pd, Tommaso Bori —, l’Università  di Perugia ha 700 anni di storia e il nostro sistema sanitario è di altissimo livello: non sarebbe stato meglio nominare qualcuno delle nostre parti?”.

(da “NextQuotidiano”)

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I VERI NUMERI DEI MORTI DA CORONAVIRUS

Marzo 31st, 2020 Riccardo Fucile

L’AUMENTO DEI DECESSI RISPETTO ALLA MEDIA DEGLI ULTIMI CINQUE ANNI: BRESCIA + 88%, MILANO + 36%, BOLZANO + 34%, GENOVA +38%, TORINO + 16%, BOLOGNA + 11%

I veri numeri dei morti da Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 danno l’esatta dimensione di un fenomeno fino ad oggi sottostimato.
Spiega oggi Michele Bocci su Repubblica che i dati di alcuni Comuni del Nord iniziano a mostrare gli effetti del virus se vengono confrontati con quelli degli anni precedenti. Più avanti i numeri delle amministrazioni saranno fondamentali, perchè permetteranno di comprendere il reale impatto dell’epidemia e il peso dei decessi che le sono, anche indirettamente, collegati:
Come quelli di persone con altre patologie, soprattutto anziane, morte perchè il sistema sanitario, quasi monopolizzato dal Covid-19, non è riuscito ad assisterle in modo adeguato.
Intanto, i numeri delle anagrafi iniziano a dare l’idea dell’enormità  di quello che sta succedendo. A raccoglierli è il Sistema di sorveglianza della mortalità  del ministero della Salute, gestito dal Dipartimento di epidemiologia del Lazio che da anni controlla la mortalità  in 33 città  campione, capoluoghi di provincia o con più di 250mila abitanti, per capire l’impatto dell’influenza.
«L’eccesso di mortalità  è calcolato come differenza tra la mortalità  osservata e quella attesa, utilizzando come dato di riferimento la serie storica dei 5 anni precedenti», spiega Marina Davoli, che dirige il Dipartimento.
Per il momento lo studio valuta i decessi fino al 18-20 marzo, una decina di giorni fa. Verrà  aggiornato ma già  un po’ di cose si capiscono.
Brescia è il caso più eclatante e del resto è stata una delle città  più colpite dal virus. In 22 giorni ha visto l’88% in più delle morti attese: i decessi avrebbero dovuto essere 112, sono stati 210.
A Milano l’incremento è stato più basso, del 36%, ma l’epidemia dal 19 marzo ad oggi ha continuato a viaggiare. In quel periodo la città  ha contato 289 morti in più, 1.102 contro gli 813 attesi.
Restando sulle variazioni percentuali più alte: Bolzano è al 34%, Torino al 16% (105 morti in più).
Anche a Genova i decessi sono stati molti più di quelli attesi (il 38%), 634 invece di 459.
Bologna invece non ha visto alzarsi il dato particolarmente (+11%) mentre Roma, dove l’epidemia al momento non è drammatica, è rimasta stabile.
Stesso discorso per le due città  venete monitorate, Venezia e Verona (+7 e +12%).
La differenza comunque è netta se si confrontano Nord e Sud. Poi c’è l’aspetto degli anziani. «Al Nord – dice sempre Davoli – da inizio marzo c’è stato un forte incremento della mortalità  nella classe di età  75-84 e sopra gli 85 anni. A partire dalla seconda settimana di marzo, l’aumento supera il valore della mortalità  totale attesa, mortalità  che nei mesi precedenti è stata più bassa del previsto, probabilmente sia per un minore impatto dell’influenza che per una minore esposizione alle basse temperature».
Anche in questo caso la conta non riguarda solo i colpiti dal virus, ma anche le “vittime collaterali” dell’epidemia.

(da “NextQuotidiano”)

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LA DENUNCIA DELL’ASSESSORE DI BRESCIA: “RICEVIAMO PIU’ AIUTI DALL’ESTERO CHE DALL’ITALIA”

Marzo 31st, 2020 Riccardo Fucile

“GOVERNO E REGIONE LOMBARDIA NON HANNO CAPITO BENE LA SITUAZIONE, LE TERAPIE INTENSIVE QUA SONO AL COLLASSO, CI AIUTA LA GERMANIA”

Alessandro Cantoni è assessore del Comune di Brescia alle Politiche per la Casa e alla Partecipazione dei Cittadini, è un ingegnere, un giovane amministratore come molti di quelli che in questi giorni lavorano per dare risposte a cittadini sempre più disorientati e, purtroppo, sempre più vulnerabili.
Lo incontriamo per capire cosa sta accadendo a Brescia, una delle città  più colpite dall’emergenza Coronavirus.
Qual è la situazione oggi a Brescia? Ci sono miglioramenti?

Purtroppo no. A Brescia non siamo in una parabola discendente come sta avvenendo in altre città . Abbiamo circa 350 contagiati al giorno identificati, ma in realtà  sono molti di più, e 70-80 decessi al giorno. Non riusciamo a contenere il contagio e soprattutto non riusciamo a comprendere come mai le nostre richieste d’aiuto non vengano ascoltate.
Che cosa avete chiesto?
Abbiamo chiesto cose molto semplici, si tratta di richieste fatte da indicazioni dei medici di base e dai primari della terapia intensiva, ovvero effettuare tamponi a tutte le famiglie che hanno un solo sintomo. I familiari escono per fare la spesa, vanno in farmacia, vanno a lavorare e possono contagiare altre persone. I numeri che ci vengono detti non sono reali. Tutti gli amministratori hanno una rete di relazioni, sappiamo di avere cittadini a casa con la febbre, alcuni non riescono nemmeno a chiamare l’ambulanza. Non possono fare il tampone e probabilmente in tantissimi sono positivi.
Come sta reagendo il governo?
Siamo in un limbo, non riusciamo a far capire al Ministro Speranza, al Presidente del Consiglio e alla Protezione Civile che probabilmente non hanno inquadrato bene la situazione, che abbiamo bisogno di medici, di infermieri e attrezzature necessarie per curare i nostri malati. Questo lo dico senza fare alcuna polemica: vogliamo essere pratici e concreti, sia Stato che Regione non hanno ben compreso il grido d’aiuto che viene dalla nostra città . I medici degli ospedali ci fanno capire che non hanno abbastanza personale e persone specializzate, oltre 300 dipendenti dell’ospedale sono a casa in quarantena perchè positivi, e non è possibile mettere in TU infermieri che si sono laureati il 13 marzo.
Chi vi sta aiutando?
Non riusciamo a capire perchè le regioni vicine non ci stanno dando una mano soprattutto per quanto riguarda le terapie intensive che qui sono al collasso costringendoci addirittura a trasferire i pazienti in Germania! Riusciamo a chiamare e coinvolgere infermieri e medici che ci vengono mandati dall’estero, dall’Albania, dalla Slovenia. Risulta evidentissimo che da questa tragedia va completamento rivisto il servizio sanitario nazionale. Anzi, non esiste davvero un servizio sanitario nazionale.
I 400 milioni annunciati dal Presidente Conte saranno sufficienti per i comuni?
Possiamo già  dire che è una cifra insufficiente, ci aspettiamo la nostra quota parte, ma stiamo parlando di briciole. L’auspicio è che sia un primo step che possa essere integrato con step successivi a brevissima scadenza. Fortunatamente noi siamo già  pronti da tempo con un regolamento, che indica come spendere queste risorse, perchè già  avevamo pensato ad un fondo di questo tipo per le famiglie bisognose.
Viene da pensare che siano indispensabili, i volontari, più che le istituzioni.
Abbiamo la fortuna di aver creduto nello strumento di partecipazione dei consigli di quartiere, in seguito all’abolizione delle circoscrizioni. Queste realtà  ci stanno aiutando a coordinare e reclutare oltre 500 volontari che aiutano con spese, acquisto farmaci e quant’altro viene richiesto con urgenza. Senza di loro saremmo perduti.
Cosa dovrebbe fare lo Stato?
Lo Stato deve fare lo Stato: supportare dal punto di vista economico le persone che hanno perso un lavoro, chiuso le aziende, studi professionali o negozi e tutte le realtà  connesse. Gli interventi di cui parliamo sono insufficienti. Inoltre l’aiuto più importante in questa fase è quello di avere una regia capace di capire le difficoltà  del nostro sistema sanitario. Le varie disposizioni ministeriali devono, a mio avviso, essere divise per zone. Non tutte le città  sono uguali, anzi presentano criticità  diverse. Noi di Brescia, Bergamo e hinterland dovremmo ricevere maggiore attenzione. Stiamo, per esempio, finendo le bombole dove trasferire l’ossigeno per i pazienti che si trovano a casa. Ripeto, non si possono fare disposizioni per tutta l’Italia, perchè le condizioni sono diverse. Invece tutta l’Italia dovrebbe aiutare le zone più colpite: abbiamo fatto l’Italia e ora dobbiamo fare gli italiani.

(da TPI)

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LO STUDIO DELL’IMPERIAL COLLEGE: “IL 10% DEGLI ITALIANI HA CONTRATTO IL VIRUS, I CASI TOTALI SONO 5,9 MILIONI, LE RESTRIZIONI HANNO SALVATO 38.000 VITE”

Marzo 31st, 2020 Riccardo Fucile

BURIONI: “CAPITE PERCHE’ I NUMERI UFFICIALI DELLE 18 NON HANNO MOLTO SENSO?”

In Italia potrebbero essere 5,9 milioni le persone che finora hanno contratto il virus Covid-19, cioè il 9,8% della popolazione, mentre le misure di contenimento del contagio avrebbero salvato circa 38mila vite.
A stimarlo è il Centro per i modelli delle malattie infettive dell’Imperial College di Londra, che si è basato su un’analisi matematica dei dati forniti quotidianamente dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie circa i decessi legati al virus in 11 paesi europei colpiti dall’epidemia: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.
“In Italia, come in altri paesi europei – scrivono i ricercatori – stimiamo che le infezioni riconosciute siano di diversi ordini di grandezza inferiori rispetto a quelle reali, soprattutto per la presenza di soggetti asintomatici o con pochi sintomi oltre che alla limitata capacità  di fare test”.
Sempre secondo l’Imperial College di Londra, nei paesi europei esaminati, grazie alle misure di contenimento sociale intraprese, sono stati già  evitati 120mila morti.
Inoltre la percentuale di persone già  infettate dal virus oscillerebbe tra il 2 e il 12% della popolazione: 2,7% nel Regno Unito, solo 0,41% in Germania, 3% in Francia e 9,8% in Italia. Dunque nel nostro Paese, come evidenzia il virologo Roberto Buroni in un post, ci sarebbero già  “5,9 milioni” di casi di Covid-19.
L’Imperial College di Londra “stima le infezioni di Covid-19 in Italia al 28/3: 9,8% della popolazione, 5,9 milioni di casi”, sottolinea Burioni, che aggiunge su Twitter: “Capite perchè i numeri che sentite in tv alle 18 non hanno molto significato? Capite perchè l’Italia ha tanti morti in più rispetto alla Germania?”. “Questa stima non è mia, ma dei ricercatori dell’Imperial College di Londra, tra i migliori studiosi di epidemiologia al mondo”, avverte il virologo.
L’Istituto sottolinea inoltre l’importanza dei provvedimenti di contenimento a livello europeo. “Molti paesi europei hanno ora implementato misure senza precedenti per mitigare l’impatto di Covid-19, tra cui l’isolamento di casi confermati e sospetti, la chiusura di scuole e università , il divieto di raduni di massa e, più recentemente, lo stop” delle attività  produttive, rileva l’Imperial College.
“Questi interventi mirano a gestire l’epidemia per prevenire un aumento di casi che potrebbe sovraccaricare la capacità  di assistenza sanitaria. Ora, gli ultimi modelli mostrano che potrebbero aver avuto un impatto significativo, evitando potenzialmente fino a 120.000 morti in tutta Europa”, scrivono i ricercatori.

(da agenzie)

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PARMA, ACCESSI CORONAVIRUS IN CALO, SI SVUOTA IL PRONTO SOCCORSO: “LE RESTRIZIONI FUNZIONANO”

Marzo 31st, 2020 Riccardo Fucile

DOPO IL PICCO DEL 16 MARZO IL NUMERO E’ SCESO A 75 ACCESSI, MA I SANITARI INVITANO A MANTENERE ALTA LA VIGILANZA… BUONE NOTIZIE DA ALTRE CITTA’ DELL’EMILIA-ROMAGNA

In Emilia-Romagna, i viaggi delle ambulanze per i casi di Covid-19 calano in modo generalizzato. “A Piacenza – sottolinea Venturi – domenica ci sono stati 57 servizi in ambulanza, per trovare un dato così basso bisogna tornare al 4 marzo. Il picco era stato il 16 marzo, con 157 servizi in ambulanza. Significa che siamo a un terzo rispetto a due settimane fa. E’ un dato davvero positivo, dopo tanti lutti e sacrifici a Piacenza”.
Ma il calo interessa anche le altre province: a Parma i servizi in ambulanza ieri sono stati 75, rispetto al picco del 16 marzo scorso di 172 viaggi
A Reggio Emilia 74, rispetto al picco di 119 servizi del 23 marzo. A Modena 36, a Bologna 82, a Ferrara 16, a Ravenna 34 e una quarantina a Forlì-Cesena e a Rimini.
“C’è un trend di calo generalizzato – spiega Venturi – oggi abbiamo una crescita, ma non sostenuta, solo su Bologna, Modena e Reggio Emilia”.
“Le misure di contenimento stanno dando i loro effetti – tira le fila commissario- oggi dobbiamo controllare soprattutto i malati a domicilio e le case protette”.
Un segnale visivo in questo senso arriva dalla sala d’attesa del Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Parma, trasformata in reparto per pazienti Covid a causa dell’emergenza coronavirus.
Dopo un mese di crescita e intasamenti, gli spazi della sala d’attesa si sono svuotati. Dal pomeriggio di lunedì, nell’ex sala d’attesa e negli ambulatori dell’unità  operativa dedicata ai casi di emergenza non ci sono più pazienti ma barelle vuote. L’area è stata totalmente sanificata
Resta invece alto il numero dei decessi: 25 quelle registrate a Parma dalle autorità  sanitarie nell’ultimo bollettino.
Nella lotta al virus si è aperta ora una nuova fase caratterizzata anche dalla modalità  di esecusione dei tamponi e dalle visite a casa da parte dei medici ai pazienti con sintomi non gravi
Per quanto riguarda gli ospedali Covid, si conferma il contributo delle strutture private: Piccole Figlie (ad oggi 25 posti letto Covid attivati sui 30 messi a disposizione) e della casa di cura Val Parma Hospital (ad oggi attivati tutti i 40 messi a disposizione). Sempre in provincia di Parma sono stati attivati ulteriori 20 posti letto da parte della casa di cura Città  di Parma.

(da agenzie)

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CHIUSI (SI FA PER DIRE) FINO A PASQUA

Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile

LA MOSSA DI SPERANZA CHIUDE IL DIBATTITO METTENDO SUL TAVOLO IL PARERE DEGLI SCIENZIATI… E’ PREVALSA LA PRUDENZA, NONOSTANTE LA PRESSIONE DELLE IMPRESE

Lo diceva chiaramente ad Huffpost il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo: “La chiusura di molte attività , che abbiamo recentemente disposto, dovrà  sicuramente protrarsi. La riapertura è prematura”.
Ma erano tante e concordanti le fonti nel governo che confermavano a metà  pomeriggio questa linea: il dibattito su cosa e come riaprire non è all’ordine del giorno, se non riguardo a limitatissime e specifiche filiere.
Un dibattito che pure era aperto, e sul quale è intervenuto all’ora di cena a gamba tesa il ministro della Salute Roberto Speranza: “Nella riunione svoltasi stamattina con il comitato tecnico scientifico è emersa la valutazione di prorogare tutte le misure di contenimento almeno fino a Pasqua”.
Un modo per mettere il parere degli esperti come diga al possibile farsi strada di pareri contrari.
Dal 3 aprile l’Italia rimarrà  ferma per almeno altre due settimane. Solo in prossimità  della Pasqua si inizierà  a ragionare su uno sblocco, che sarà  comunque mirato e graduale.
Un indirizzo condiviso con Giuseppe Conte: “Il governo – ha aggiunto Speranza – si muoverà  in questa direzione”. Fine del dibattito.
Il premier ha chiesto a tutti i ministri di far pervenire entro la mattinata di martedì sulla sua scrivania le valutazioni su urgenze e aree che soffrono meno.
Da Palazzo Chigi confermano che è cosa di queste ore una valutazione approfondita e onnicomprensiva su come e quando riaprire con gradualità . Ma spiegano anche che, alla luce dello scenario attuale, non è argomento all’ordine del giorno della prossima settimana.
Il sentiment è chiaro: dopo la scelta del lockdown, non portare fino in fondo questa linea e prestare il fianco a un’ondata di ritorno della diffusione segnerebbe la fine politica di qualunque velleità  di condurre la ricostruzione.
Il premier è rimasto scottato dalle critiche sulla progressività  delle misure adottate. Chi lo conosce bene spiega che non ha alcuna intenzione di prestare il fianco a quel che potrebbe succedere dal punto di vista del contagio nel caso di una riapertura troppo accelerata.
Dal Pd, ma soprattutto dal Movimento 5 stelle, arrivano parole di fuoco sul pressing in questo senso di Matteo Renzi. “Procedere con la leggerezza sarebbe da irresponsabili – attacca una fonte di governo pentastellata — la bussola del presidente del Consiglio ha sempre avuto la tutela della salute come suo Nord”.
D’altra parte è pur vero che tutti gli scenari possibili sono al vaglio in queste ore nei briefing di governo.
Si ragiona sul dettaglio: la riapertura delle singole filiere, la distinzione delle zone geografiche prendendo a riferimento l’andamento del virus, anche la differenziazione — che al momento non sembra intercettare un ampio consenso — per fasce d’età . Conte le sta vagliando, ma al contempo tira il freno a mano.
Una discussione è in corso, coinvolgendo anche imprese e sindacati. Al momento tuttavia riguarda solo le filiere cosiddette “secondarie”, vale a dire quelle che sono di supporto a chi produce beni di prima necessità .
Da Confindustria è forte la spinta a sbloccare il settore che produce macchine agricole e utensili industriali, i “pezzi” di ricambio per le fabbriche.
Questa, come alcuni altri codici Ateco, potrebbe essere sbloccata. Un esponente di governo che sta da oltre un mese sul dossier spiega: “Per come stanno le cose fino a dopo Pasqua non si apre nulla. Se il comitato tecnico scientifico nei prossimi giorni dirà  che i dati sui contagi ce lo consentono, vale a dire se il coefficiente che li determina sarà  sceso sotto uno, valuteremo qualche riapertura limitata”.
La priorità  sanitaria stride con la situazione economica che va via via peggiorando. Oggi è il turno di Federacciai. Il presidente Alessandro Banzato, in una intervista all’Ansa, ha levato un grido di preoccupazione: “Da noi il 95% è fermo, in Francia e Germania si continua a produrre, rischiamo di essere tagliati fuori”.
Questione questa che, insieme alle tante altre emerse negli ultimi giorni, è all’attenzione del governo. “Qualcosa si farà  — spiega una fonte dell’esecutivo — ma di molto limitato. Qualcuno protesterà , e capisco già  da ora quel tipo di punto di vista, ma non potremmo fare altrimenti”.

(da “Huffingtonpost”)

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SALVINI PROPONE DI STAMPARE MONETA E CITA COME ESEMPIO LA SVIZZERA DI CUI NON HA CAPITO NULLA

Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile

LA SVIZZERA NON STAMPA MONETA, FORNISCE SEMPLICEMENTE UN CREDITO AD AZIENDE E PROFESSIONISTI A DETERMINATE CONDIZIONI

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il leader della Lega Matteo Salvini critica le misure di aiuto da parte del Governo nell’emergenza Coronavirus e sostiene che bisogna stampare moneta citando come esempio la Svizzera dove basterebbe compilare un foglio per aver a disposizione 500 mila euro:
Ci saranno comunque 400 milioni molto presto. Il fare in fretta è proprio quello che lei ha appena chiesto.
«Ci sono sindaci che mi scrivono, preoccupatissimi: non abbiamo una lira, non abbiamo personale… I 400 milioni, quanto sono a persona: 6 euro?».
Cosa si aspetterebbe ora?
«Che si stampasse moneta. La Svizzera, compilando un foglio, ti mette a disposizione fino a 500mila euro, la Gran Bretagna ti garantisce fino all’80% dello stipendio, gli Usa destinano fino a 2.000 euro a famiglia. Loro possono farlo. Noi no, perchè abbiamo l’euro. E, mi faccia dire, anche questa Europa».
A parte ricordare che i 400 milioni non sono per tutti i cittadini, ma per quelli che ne hanno realmente bisogno, proporre di «stampare moneta» citando come esempio una delle misure prese in atto in Svizzera è falso.
A spiegare la reale situazione è stato il collega Paolo Attivissimo su Twitter rivolgendosi a Matteo Salvini
Ecco la spiegazione di Paolo Attivissimo sul «foglio compilato» in Svizzera
1. Non è una elargizione: è un credito ponte. Li rivogliono indietro.
2. Sono a disposizione solo delle aziende, non del singolo privato.
3. Viene dato il 10% del fatturato annuo.
4. Non è “un foglio”, ma una procedura in sette passi.
Paolo Attivissimo riporta anche le fonti svizzere consultabili online: il sito dell’Ufficio Sviluppo Economico del Canton Ticino e il link alla richiesta di credito. Infine conclude così:
“Infine, non è che in Svizzera possiamo fare queste cose “perchè non abbiamo l’euro”. Le possiamo fare perchè abbiamo messo via i soldi per crisi come questa.
In Svizzera non si compila un modulo per «stampare moneta». Quello che viene proposto è un credito da restituire entro 5 anni fornito non all’intera cittadinanza, ma solo alle aziende e professionisti fino a un massimo di 500 mila franchi svizzeri. Non basta compilare il modulo, la richiesta deve essere approvata e se le informazioni riportate fossero false è prevista una multa.

(da Open)

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QUALCOSA SI MUOVE NEL NORD EUROPA, MA NON SUGLI EUROBOND

Marzo 30th, 2020 Riccardo Fucile

IN GERMANIA E OLANDA SI RAGIONA SULLA TERZA VIA INDICATA DA GENTILONI: BOND DELLA BEI CON CONDIZIONI

“Penso che dobbiamo mettere sul tavolo la questione della solidarietà : abbiamo di fronte una situazione in cui vari paesi si indebiteranno e dunque dobbiamo usare degli strumenti sensibili. La discussione sugli eurobond non è nuova. Abbiamo avuto dei bond comunitari nel periodo della crisi del petrolio nel 1974 e allora li accettarono anche paesi che oggi sono contrari”.
Parola di Bernd Lange, europarlamentare tedesco della Spd, partito che governa con la Cdu di Angela Merkel.
Dopo gli stracci volati (a distanza) la scorsa settimana al vertice dei leader europei collegati in videconferenza, qualcosa si muove anche in Germania sui possibili strumenti comunitari da adottare per affrontare l’emergenza coronavirus.
Ma nel frattempo però eurobond e uso del Meccanismo europeo di stabilità  senza condizioni sembrano usciti dal tavolo delle discussioni.
L’Eurogruppo che si riunirà  il 7 aprile ragiona su una terza via: bond comunitari ma legati a missioni precise, emessi dalla Banca europea per gli investimenti (Bei).
In Germania e Olanda, che guidano il gruppo dei paesi fermamente contrari a meccanismi di condivisione del debito come gli eurobond oppure all’uso dei fondi del Meccanismo europeo di stabilità  senza condizionalità , ci sono primi segnali di dibattito interno. Timidi, ma ci sono.
Lange della Spd tedesca non è l’unico. Di certo, non è il primo: sugli stessi argomenti si erano già  mossi i Verdi tedeschi. I socialisti lo fanno ora per evidenti esigenze di concorrenza sull’elettorato di sinistra.
Ma al netto di tutto questo, anche tra gli economisti tedeschi emergono i primi dubbi sulla linea del governo. Achim Truger, consulente del governo in quanto componente del Consiglio tedesco degli esperti economici, dice chiaramente che i coronabonds sono un’opzione.
I suoi colleghi non sono d’accordo e insistono sull’uso del fondo Salva Stati con condizioni minime per gli Stati che ne fanno ricorso. Ma, secondo un articolo di Der Spiegel, anche il presidente della Bundesbank Jens Weidmann avrebbe consigliato al governo tedesco di abbandonare la linea contraria agli eurobond.
Anche il presidente della banca centrale olandese (De Nederlandsche Bank) Klass Knot, sarebbe sulla stessa linea. E in Olanda i laburisti della Pvda (Partito del lavoro, principale partito politico di centrosinistra), che storicamente sono sempre stati favorevoli agli eurobond, domani dovrebbero contestare la linea del premier Mark Rutte, si apprende da fonti europee.
Anche se: i laburisti in Olanda sono all’opposizione e al loro interno il dibattito è tutt’altro che tranquillo. Questo è Ronald Plasterk, leader della Pvda che accusa l’Italia di voler “approfittare della crisi”:
Parole ancora al vetriolo e niente di risolto. Ma, dopo gli scontri della scorsa settimana e dopo le parole di Ursula von der Leyen che sabato scorso ha eliminato dal tavolo gli eurobond correggendo solo parzialmente a sera, a Bruxelles è maturata la consapevolezza che vanno trovati degli strumenti europei per sopravvivere.
E per sopravvivere anche come Unione. “Abbiamo bisogno di un piano di ripresa che funzioni per tutta l’Europa”, dice Eric Mamer, portavoce della presidente della Commissione europea, in un lungo briefing (online) con la stampa.
“Siamo democrazie — aggiunge – è normale e sano che ci siano dei dibattiti. Non capisco perchè dubitiamo sempre di noi stessi: l’Ue ha superato crisi enormi nella sua storia, recente e più lontana. Siamo sempre usciti con successo da queste crisi e lavoriamo per superare anche questa crisi”.
Ecco, ma si è capito che dalla crisi si esce con una ‘terza via’, a meno di colpi di scena dei prossimi giorni.
I ministri delle Finanze torneranno a riunirsi martedì 7 aprile: il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno aveva parlato di una riunione già  questa settimana, ma slitta alla prossima. Segno che nessuna soluzione è ancora matura.
Formalmente tutte le opzioni sono sul tavolo, continuano a ripetere da Bruxelles. Ma, stringendo, ne resta solo una: l’emissione di titoli europei (bonds o coronabonds) con delle rigide condizionalità . Vale a dire: legati a delle missioni precise.
In questo momento, secondo fonti europee, questa è l’unica strada che possa mettere insieme le richieste dei paesi con maggiori difficoltà  economiche (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Slovenia, più tutti gli altri fino a un totale di 14 Stati) con l’indisponibilità  dei paesi del nord (Germania, Olanda, Austria, Finlandia, ecc) a pagare per il loro debito.
E’ lo stesso Commissario all’Economia Paolo Gentiloni che, ospite di ‘Circo Massimo’ su Radio Capital, sgombera il campo dagli eurobond, prendendo atto del fatto che l’idea di “mutualizzare genericamente il debito non sarà  mai accettata”. Per cui, dice Gentiloni, conviene “capovolgere la discussione passando da Mes e coronabond agli obiettivi e sul modo in cui finanziarli”. Ed è per questo che sempre Gentiloni parla di ricapitalizzazione della Bei, banca comune degli Stati membri che emette bond per natura.
L’idea della ‘terza via’ sembra farsi largo anche in Francia. Oggi il ministro dell’Economia Bruno Le Maire sottolinea che “non è realistico immaginare un ‘divorzio’ franco-tedesco, tanto più nel pieno di una crisi così drammatica”. E’ il segnale che la ‘terza via’ potrebbe incontrare consensi da nord a sud. Ma a quale prezzo?

(da”Huffingtonpost”)

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