Aprile 2nd, 2020 Riccardo Fucile
“NO A VENTI SANITA’ DIVERSE, RIVEDERE LE CONCESSIONI ECCESSIVE AL PRIVATO”… “SI SONO CONCESSI AI PRIVATI I SETTORI REMUNERATIVI LASCIANDO SULLE SPALLE DEL PUBBLICO LE RIANIMAZIONI”
“Dopo la crisi bisognerà iniziare a ragionare, traendo una lezione da quanto successo, e pensare se sia il caso di far tornare in capo allo Stato alcune competenze come la Sanità ”. Lo afferma il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, in un’intervista alla Stampa in cui spiega: “Con 20 regioni che parlano 20 lingue diverse, credo sia necessario riconsiderare l’ipotesi della clausola di supremazia prevista dalla riforma del 2016, ovvero di un ritorno delle competenze sanitarie allo Stato centrale”.
“Non penso sia una discussione che si debba fare con i governatori, che appaia come frutto di una pagella alle regioni, ma un discorso di sistema da fare con calma dopo”, precisa Orlando.
Il punto è che “a seconda della qualità del sistema regionale che trovi, rischi di avere una speranza di vita differenziata: 20 sistemi sanitari creano disuguaglianze”.
E “se non avessimo avuto un sistema universalistico, avremmo visto scene come in altri Paesi di persone escluse dalle cure, per scelta politica”, rileva Orlando, secondo cui tuttavia “dobbiamo rivedere qualche concessione eccessiva al privato. Si è pensato che il privato potesse surrogare alcuni pezzi del sistema e invece la distribuzione dei pesi ha ridotto la presenza territoriale e ha creato una suddivisione dei ruoli, in cui il privato si è preso i pezzi più remuneranti, lasciando sulle spalle del pubblico le rianimazioni”.
Sul fonte economico, il decreto di venerdì “prevede un flusso di liquidità complessivamente fino a 550 miliardi, in cui lo Stato fa da garante, assumendosi il rischio. Un flusso che dovrà arrivare con meno vincoli burocratici possibili, perchè l’obiettivo è quello di impedire la distruzione di capacità produttive”, dichiara l’esponente dem, che propone anche “una task force che acceleri i pagamenti pregressi della Pa”.
(da agenzie)
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Aprile 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IL FATTO DENUNCIA I PROCLAMI-PROPAGANDA DI FONTANA: “SENZA GRANCASSA HANNO FATTO MEGLIO IL SAN RAFFAELE, IL SANT’ORSOLA E GLI ALPINI A BERGAMO”
Il direttore de Il Fatto Quotidiano, nell’edizione di giovedì 2 aprile, ha scritto un editoriale dedicato
ai nuovi posti letto creati all’interno del nuovo Ospedale Fiera Milano. Il giornalista si dice felicissimo di quanto accaduto, perchè si tratta di puro ossigeno per la terapia intensiva meneghina che, nei giorni scorsi, era arrivata quasi al collasso per via dei numerosi contagiati in gravi condizioni.
Marco Travaglio su Ospedale Fiera Milano, però, sottolinea come gli annunci e i proclami abbiano tutti i crismi della pura propaganda.
Dopo aver esordito spiegando di essere felice, come tutti gli italiani, per l’apertura di questo sito di emergenza, Travaglio affina la penna per sferrare un attacco alla giunta regionale lombarda: «Il prode assessore Gallera garantisce “tra i 12 e i 24 posti”. Cifra piuttosto misera da qualunque parte la si guardi. Misera in termini assoluti: i posti di terapia intensiva della sola Lombardia sono passati in un mese di emergenza da 700 a 1600: dunque l’ospedalino in Fiera aggiunge appena uno 0,7-1,4%. Misera in rapporto all’enfasi da Minculpop dei media forzaleghisti, roba da conquista di Addis Abeba».
Nell’editoriale di Travaglio su Ospedale Fiera Milano, si parla dei proclami a suon di numeri: su era partiti dai 600 posti letto annunciati da Attilio Fontana, per poi gradualmente scendere. I lavori andranno avanti e, nelle prossime settimane, si procederà con l’istallazione di altri posti letto che, però, non arriveranno a quei 600 annunciati all’inizio.
La critica, dunque, non è alla struttura in sè, anche se non mancano le frecciatine anche a Guido Bertolaso, ma all’impegno economico — oltre 50 milioni di euro — e ai proclami
Poi, un paragone con il resto d’Italia:
Nello stesso lasso di tempo (14 giorni) le donazioni private di Fedez, Ferragni &C. han consentito di ampliare di 13 posti la rianimazione del San Raffaele senza tanto clamore. Ancor meglio ha fatto il Sant’Orsola di Bologna, che in soli 6 giorni ha creato un nuovo padiglione di terapia intensiva da 30 posti senza rompere i maroni a nessuno nè consultarsi con Fontana & Bertolaso.
A Bergamo, in meno di due settimane, gli alpini con l’aiuto di russi, cinesi e cubani han tirato su un ospedale da campo da 140 posti, fra terapia intensiva e subintensiva, che è il decuplo del miracolo a Milano (quindi, col metro di Fontana&C., dev’essere il più grande della galassia).
E l’han fatto in silenzio,senza grancasse, trichetracche e cotillon.
(da agenzie)
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Aprile 2nd, 2020 Riccardo Fucile
LE QUESTIONI SOLLEVANO IL VELO SUGLI ERRORI COMMESSI NELLA GESTIONE DEL DRAMMA CORONAVIRUS
Il sindaco di Milano Beppe Sala, quello di Bergamo Giorgio Gori e il primo cittadino di Brescia Emilio Del Bono insieme a quelli di Cremona, Lecco, Mantova e Varese hanno quattro domande da fare alla Regione Lombardia, ad Attilio Fontana e Giulio Gallera sulla gestione dell’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 nell’area.
E le loro questioni sollevano il velo sugli errori commessi dall’ente nella gestione del dramma.
Le quattro domande puntano il dito sui ritardi della Regione nella gestione delle varie fasi dell’emergenza e sulla discrasia rispetto alle direttive del ministero della Sanità e dell’ISS sui test del tampone ai sintomatici e ai loro familiari, oltre che sui test sierologici per l’individuazione degli anticorpi non ancora autorizzati a differenza del Veneto e del Lazio:
— Quando saranno disponibili i dispositivi di protezione — a partire dalle mascherine — il cui arrivo è stato promesso da tempo?
— Che cosa sta facendo la Regione per proteggere il personale sanitario e gli ospiti delle RSA, in molte delle quali sappiamo purtroppo di numerosi decessi? In una recente conferenza stampa il Presidente Fontana ha detto che la situazione “è sicuramente sotto controllo” e che “tanto i plurisintomatici che i monosintomatici verranno sottoposti a tamponamento”. È ciò che si sta realmente facendo?
— Perchè la Regione Lombardia non segue le direttive del Ministero e dell’Istituto Superiore di Sanità che prescrivono di sottoporre a tampone i sintomatici e, qualora questi siano positivi, i loro familiari e i contatti recenti
— Perchè la Regione Lombardia non ha ancora autorizzato l’avvio della sperimentazione dei test sierologici che altre regioni, come il Veneto e l’Emilia-Romagna, hanno invece attivato? L’esito di tali test — in abbinamento a un’indagine continua attraverso tamponi su un campione statisticamente rappresentativo per età , sesso, luogo di residenza… — è ritenuto decisivo per certificare l’evoluzione dell’epidemia e l’immunità di chi abbia contratto il virus anche in forma asintomatica.
(da agenzie)
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Aprile 2nd, 2020 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL “GIORNALE DI BRESCIA” SULLA BASE DEI DATI
Non solo Bergamo dove i decessi nei primi 21 giorni di marzo sono aumentati del 294%, secondo
una rilevazione dell’Istat che aveva già trovato conferma in un’indagine parallela portata avanti dall’Eco di Bergamo.
Anche nel Bresciano i decessi a marzo sono aumentati notevolmente, e solo un terzo dei morti totali secondo i dati ufficiali sono per Coronavirus.
I dati dell’Istat relativi al Bresciano sono confermati da un’indagine del Giornale di Brescia che ha raccolto i numeri di 84 comuni per un totale di 432mila abitanti. Secondo l’analisi del quotidiano, nel 2019 i morti erano stati 332 a fronte dei 1.331 di marzo 2020, di questi solo un terzo sono ufficialmente per Covid-19, cioè 466. Dunque i decessi sono quadruplicati nella provincia, confrontando marzo 2020 con l’anno precedente.
Per l’Istat a Brescia nei primi 21 giorni di marzo 2020 i decessi sono aumentati del 110%. L’Istituto di statistica, in questa prima fase dell’indagine, si è soffermato sui comuni con un aumento dei decessi superiore al 20% rispetto alla media nel periodo 2015-2019. In Provincia di Brescia sono circa 70 i Comuni che hanno visto questo aumento. Secondo l’edizione locale del Corriere della Sera, è stato registrato un aumento di mortalità tra le donne del 42,5%, mentre tra gli uomini del 234%. Coccaglio e Passirano i comuni più colpiti.
In totale nei comuni studiati dall’Istat, i morti sono passati da 466 del 2019 a 1.345 del 2020
(da agenzie)
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Aprile 2nd, 2020 Riccardo Fucile
A BERGAMO CITTA’ 35.000 CONTAGIATI SU 120.000 ABITANTI
Quattromilacinquecento morti in un mese: questo è l’effetto del Coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19 su Bergamo, la provincia italiana più colpita dall’epidemia e dove il virus dei polmoni, oltre ad aver portato quasi al collasso gli ospedali, ha messo in ginocchio servizi cimiteriali e agenzie funebri.
Paolo Berizzi su Repubblica riporta l’analisi svolta dall’Eco di Bergamo e dall’istituto di ricerca InTwig, che analizza i decessi nella provincia al di là dei 2060 morti ufficiali censiti dalla Protezione Civile e dalla Regione Lombardia.
E l’esito è stato avvalorato ieri dalla statistica dell’Istat, secondo la quale a Bergamo i decessi sono quadruplicati nelle prime tre settimane di marzo rispetto allo stesso periodo del 2019.
Ma andiamo con ordine. Partiamo dall’indagine condotta dal quotidiano locale. È stata lanciata tra i 243 Comuni della provincia: hanno risposto 91 amministrazioni che rappresentano 607mila abitanti (oltre il 50% della popolazione totale). Il primo dato emerso riguarda il numero totale dei morti nel mese di marzo: 5.400 persone (sei volte rispetto a un anno fa). Di queste, 4.500 sono riconducibili al Covid-19. Ma c’era una discrepanza importante da chiarire.
È quella che i sindaci del territorio avevano evidenziato il 17 marzo: «I dati ufficiali sono solo la punta dell’iceberg», dissero. Ora viene a galla il “sotto”.
Se dei 2.060 decessi ufficiali sappiamo tutto, nulla sappiamo degli altri 2.500. Si tratta per lo più di anziani, morti in casa o nelle Rsa. Nonostante sintomi conclamati, non sono stati sottoposti a tampone e in quasi in tutti i casi sul certificato di morte si legge “polmonite interstiziale”. Non solo. Ci sono decessi registrati “con coronavirus” e non “per coronavirus”. ›
Che vuol dire? Semplice. Che il malato — affetto da altre patologie pregresse — è morto con il coronavirus in corpo ma non direttamente a causa dello stesso. Sta di fatto che il numero reale dei decessi bergamaschi in un mese raddoppia rispetto a quello comunicato da Protezione Civile e Regione.
Alcuni esempi. Il capoluogo, Bergamo: 553 decessi a marzo 2020 (+ 428 rispetto a marzo 2019). Solo 201 sono “ufficiali” Covid. Seguono Albino (145), Nembro (135) e Alzano (101). I paesi del focolaio Val Seriana.
In tutti e tre i casi i numeri coronavirus comunicati dalle autorità sanitarie oscillano intorno alla metà , o anche meno. È ormai chiaro — lo scriviamo da giorni — che i numeri bergamaschi erano decisamente sottostimati. Lo stesso discorso vale per i contagi, ma qui entra in gioco il fattore tamponi (non fatti).
Ad ogni modo: considerando l’indice di mortalità più basso, nella sola città di Bergamo (120 mila abitanti) i contagiati sarebbero 35mila.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 2nd, 2020 Riccardo Fucile
ORIGINARI DI GIAVENO, ESERCITANO TUTTI NEGLI OSPEDALI DI TORINO
In provincia di Torino a far fronte all’epidemia di Coronavirus in prima linea ci sono sei fratelli e
sorelle medici: Davide, Pietro, Emanuele, Barbara, Maria e Alessandra Tizzani.
La notizia è stata lanciata dal settimanale locale La Valsusa, che ha pubblicato le loro foto. “Dietro mascherine e visiere ci sono volti giovani, tutti in trincea, impegnati in questa estenuante lotta ad un nemico invisibile”, scrive il settimanale della Valsusa.
I Tizzani sono parte di una numerosa famiglia di Giaveno, in provincia di Torino e in totale sono undici fratelli.
Il padre è un medico e sei dei figli hanno seguito la sua strada.
Sono tutti specializzati in medicina di pronto soccorso e lavorano nei principali ospedali del Torinese, dalle Molinette al Giovanni Bosco al San Luigidi Orbassano.
(da agenzie)
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