Destra di Popolo.net

“QUANDO GLI ABBIAMO CHIESTO AIUTO, GALLERA CI HA DETTO IL CONTRARIO DI QUANTO DICE IN TV”

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

LA DRAMMATICA TESTIMONIANZA DI UN SOPRAVVISSUTO AL CORONAVIRUS

Marika e Marco si sentono dei miracolati e lo dicono più volte nel corso di una lunga telefonata in cui intervengono entrambi, alternandosi, nel desiderio comprensibile di raccontare. Vivono a Cernusco sul Naviglio e hanno due bambini di 2 e 5 anni
La loro storia inizia il 20 febbraio, esattamente il giorno in cui a Mattia, il famoso paziente 1 di Codogno, verrà  diagnosticato il Coronavirus
“Quel giorno, dopo cena ho avuto una leggera nausea. Nelle giornate seguenti sentivo le ossa rotte, poi la febbre a 38, 5”, racconta Marco. “C’erano i primi casi a Codogno, ma io ci ridevo su con gli amici. Intanto però la febbre non calava. Domenica 26 chiamo il numero dell’emergenza per chiedere il tampone. “Se non sei stato in Cina o a Codogno, niente”, mi rispondono”.
E tu continuavi a stare male.
Sì, una sensazione quasi di distruzione fisica. Ogni due giorni chiedevo il tampone. All’ennesimo no vado a fare una lastra: polmonite interstiziale.
A quel punto ti fanno il tampone, giusto?
No, mi ripetono “Lei non viene dalla Cina o da Codogno”. Domenica 1 marzo sto malissimo, mi alzo per fare colazione e svengo. Viene l’ambulanza e mi portano al San Gerardo di Monza. Alla domanda : “Hai conosciuto qualcuno di Codogno?” io terrorizzato all’idea che non mi facessero il tampone ho risposto di sì.
Tampone positivo.
Sì, mi ricoverano. Quel giorno mia moglie mi chiama e mi dice che ha 37,5 di febbre. Eravamo preoccupatissimi per i bambini, perchè se anche lei fosse finita in ospedale non avremmo saputo a chi lasciarli. Tra l’altro erano potenzialmente infetti.
Le tue condizioni poi migliorano.
Dopo una settimana di ossigenoterapia, l’ospedale mi preannuncia la dimissione. Solo che ero ancora positivo e non sapevamo se mia moglie e i miei figli lo fossero. Avevamo bisogno di fare i tamponi.
A chi vi rivolgete?
Era l’8 marzo, rintraccio il numero di Gallera. Mia moglie gli scrive su whtasapp spiegando quello che ci è successo, il mancato tampone a loro, lo svenimento. Gli scrive “sono disperata, ho due bambini, mi sta tornando a casa un positivo al Coronavirus”.
E Gallera?
Gallera ha risposto l’opposto di tutto quello che dice in tv. E cioè che il tampone non è previsto se non hai febbre e difficoltà  respiratorie, altro che controllo dei contatti. In più ci ha scritto che se venivo dimesso voleva dire che ero guarito (!).
Ma come guarito? Dimissione non vuol dire per forza guarigione.
Infatti! Io ero positivo e lo sono stato ancora per 20 giorni, dopo che sono uscito.
Gallera ha scritto altro?
Sì, che se mia moglie “non si sentiva tranquilla” potevo andare a fare la quarantena all’ospedale di Baggio. Ospedale poi chiuso giorni dopo perchè si erano infettati tutti.
Interviene la moglie Marika: “Io ho chiamato ATS quattro volte, non ci hanno mai contattati per sapere come stessimo, altro che sorveglianza attiva! Avevo contattato anche il sindaco di Cernusco. Mi ha detto che aveva le mani legate. à‰ lì che ho scritto a Gallera, che mi ha dato quelle risposte assurde”.
Marco, il marito di Marika riprende il filo del discorso:
“Ci tengo a dire che il nostro non è un attacco politico, è solo la cronaca di quello che abbiamo vissuto. Qui in Lombardia- l’ho provato sulla mia pelle- non c’è stata una strategia iniziale per arginare il fenomeno che poi ha provocato tutti quei morti. Se un virus arriva dalla Cina in poche settimane, come fai a non preoccuparti del contagio che avviene nelle famiglie?
Avevate frequentato altri parenti?
Mia madre era stata qui mentre ero infetto, è tornata in Sicilia con l’aereo da Bergamo a fine febbraio.
E’ stata monitorata?
Ma va. Abbiamo comunicato ad Ats che forse ero infetto e che lei era stata qui, che doveva prendere un aereo per la Sicilia. “Stia tranquillo” mi hanno detto. Chissà  se era asintomatica, se ha infettato qualcuno in aeroporto, in aereo, boh.
Alla fine un posto in ospedale te l’hanno trovato però, no?
Oneri e onori. Hanno comprato respiratori e creato nuove terapie intensive, è vero, ma stavano rimediando ai loro errori. Preferisco quelle regioni che avevano due barelle e 4 tende da campo, ma si sono difese arginando il contagio.
Gallera dice che hanno fatto tamponi e mappatura contatti dal 21 febbraio, hai sentito?
Peccato che ci siano migliaia di cittadini a sbugiardarlo.
Interviene ancora Marika: “Ma poi come facevano a fine febbraio a guarire tutte quelle persone? Marco si è ammalto il 20 febbraio ed è “guarito” ora. Anche se qualcuno- e ci sta- è guarito prima, qualcosa non torna. Forse confondono “guariti” con “dimessi”.
Marco, alla fine sei tornato a casa da positivo.
Sì, il 10 marzo sono tornato a casa e mi sono chiuso in camera. Il 17 il tampone era ancora positivo. Il 30 finalmente ero negativo. Siamo dei miracolati.
Hai avuto paura di morire?
Sì, soprattutto quando mi hanno messo l’ossigeno. La mia settimana in terapia intensiva è stata un film horror: persone sedate, nude, luci accese, allarmi che suonavano e poi dovevo fare i bisogni lì, terribile.
Hai avuto contatti con la tua famiglia?
In videochiamata la mia bimba riferendosi a quella mattina in cui sono svenuto mi ha detto: “Papà , ma lo sai che io ti ho visto morire?”.
Durante la quarantena in camera come comunicavi con i bimbi?
Per 20 giorni la regola è stata: quando apro la porta, io faccio un passo indietro, voi anche e tutti con le mascherine.
E quando la quarantena è finita?
Il 30 mattina mi chiamano dall’ospedale: il tampone è negativo. Erano ancora a letto tutti e tre che dormivano, mi sono sdraiato con loro, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto.
Cosa vorresti dire a Gallera?
Che deve ammettere gli errori che hanno fatto. Ci sono troppi testimoni in Lombardia. E posso garantire che non è un caso di delirio collettivo causato dal Coronavirus.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA FACCIA DI MOLINARI (LEGA) QIANDO VIENE SMENTITO IN DIRETTA SUL FATTO CHE “LA LOMBARDIA NON POTEVA DICHIARARE ZONE ROSSE”

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

QUANDO LA GIORNALISTA GLI RICORDA CHE NON E’ VERO, DIVENTA PIU’ PALLIDO DEL SOLITO E POI CAMBIA DISCORSO

Dopo giorni in cui se ne parla apertamente — con tanto di ammissione anche da parte dell’assessore al Welfare Giulio Gallera — c’è qualche esponente politico che continua a ripetere che la Regione Lombardia non aveva facoltà  di dichiarare Alzano Lombardo e Nembro zone rosse.
L’ultimo di una lunga serie è il leghista Riccardo Molinari che, ospite di Serena Bortone ad Agorà  (Rai 3) aveva ripreso il j’accuse contro il governo proprio su questo tema
La giornalista è dovuta intervenire ricordando che la responsabilità  poteva esser presa dalla Regione guidata da Attilio Fontana e allora il Capogruppo del Carroccio alla Camera ha cambiato discorso.
«È il Governo che non ha individuato Alzano come zona rossa per tempo, nonostante la Regione Lombardia l’avesse chiesto», ha detto Riccardo Molinari in collegamento. Serena Bortone, che da giorni è costretta a interrompere i suoi interlocutori ricordando che — in realtà  — le Regioni hanno facoltà  di dichiarare zone rosse, ha dovuto ribadire questo concetto anche al leghista
“Siccome ne parliamo ogni giorno, e io sembro una testimone vivente del Covid-19: il governo lo poteva fare, la Regione non ha mai presentato domanda per iscritto, la Regione lo avrebbe potuto fare (lo ha ammesso anche Gallera) — ha detto Serena Bortone -. Diciamo che c’è una responsabilità  condivisa perchè la Regione, se voleva farlo, lo poteva fare».
Riccardo Molinari, non contento, ha proseguito dicendo che Fontana non aveva la possibilità , ma la carta dei regolamenti lo smentisce, con la competenza (come sottolineato dalla giornalista) che spettava anche alla Regione che poteva decidere per proprio conto.
E lì, dopo qualche secondo di impassibilità , il leghista ha deciso di cambiare discorso parlando del Piemonte
Poco prima di imbattersi in questa smentita in diretta, lo stesso Riccardo Molinari ha ritirato fuori la storia dei bambini cinesi che dovevano esser lasciati a casa e in quarantena come tutte le persone che rientravano dalla Cina
Poi, smentendo sè stesso, sottolinea come forse il Coronavirus in Italia non sia arrivato dalla Cina, ma dalla Germania.

(da agenzie)

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COME CONFINDUSTRIA E LA REGIONE LOMBARDIA HANNO FERMATO LA CREAZIONE DELLA ZONA ROSSA DI NEMBRO

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

ANDAVA AD OSTACOLARE GLI INTERESSI ECONOMICI DELLE AZIENDE DELLA ZONA E FONTANA E GALLERA SONO SEMPRE STATI D’ACCORDO   CON GLI INDUSTRIALI

Il Fatto Quotidiano oggi racconta in un articolo a firma di Giampiero Calapà  che la Confindustria e la Regione Lombardia sono sempre state d’accordo nel no alla zona rossa a Nembro e ad Alzano Lombardo, a differenza di quanto hanno raccontato Attilio Fontana e Giulio Gallera per settimane cercando di incolpare il governo per le loro non-decisioni.
È il presidente di Confindustria Lombardia Bonometti a fare chiarezza: “Nelle riunioni che abbiamo avuto concadenza quasi quotidiana tra fine febbraio e i primi giorni di marzo, anche in sede di Patto di sviluppo con artigiani, commercianti, lega delle cooperative e sindacati, la Regione è sempre stata d’accordo con noi nel non ritenere utile, ma anzi dannosa, una eventuale zona rossa sul modello Codogno per chiudere i comuni di Alzano e Nembro”.
Due giorni fa Gallera si tradisce alla trasmissione Agorà  su Rai3: “Avremmo potuto fare noi la zona rossa? Ho approfondito ed effettivamente c’è una legge che lo consente”.
Questa legge sconosciuta prima dell’approfondimento è la 833 del 1978 “Istituzione del servizio sanitario nazionale”.
Ieri, nello show ormai quotidiano, Gallera prova a spiegarsi: “Nel momento in cui il governo sta assumendo una decisione, ha senso che io la prenda quattro ore prima? Poi ci si accusa di non avere una sintonia istituzionale… Il 4 marzo arrivano i militari ad Alzano. Passa il 5, il 6, in quel momento l’assunzione di un’ordinanza da parte del governatore appariva originale visto che il governo aveva già  dislocato le forze dell’ordine”.
Purtroppo Gallera dice una sciocchezza. O meglio, se dice qualcosa di vero, poi dovrebbe spiegare perchè proprio lui e Fontana hanno invece varato un’ordinanza qualche ora prima che il governo varasse un decreto con ulteriori restrizioni.
Quello che secondo Gallera sarebbe assurdo che accadesse, è invece accaduto tra il 22 e il 23 marzo.
E ora attenzione all’ultima frase dell’articolo:
“Ma all riunioni dei primi giorni di marzo (l’ultima giovedì 5), nè Gallera nè il governatore Attilio Fontana —come riferisce al Fatto una persona che ha potuto assistere alla videoconferenza — chiedono di far presto con la zona rossa ad Alzano e Nembro. Si limitano ad ascoltare le valutazioni del premier Giuseppe Conte e del ministro della Salute Roberto Speranza, in allarme fin dal 3 marzo sui dati anomali dei contagi ad Alzano-Nembro e a Orzinuovi (Brescia) riferiti dall’Istituto di Sanità  al Comitato tecnico-scientifico. “La sensazione era che la giunta lombarda aspettasse una decisione modello Codogno, presa da Roma, senza doversi intestare la responsabilità  della chiusura di Alzano e Nembro, come la legge gli avrebbe invece consentito di fare”, riferisce ancora la fonte.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PONTE CROLLATO DI ALBIANO E LE DUE PALATE DI BITUME PER COPRIRE LA CREPA

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

UN MURATORE ROMENO TESTIMONE: “AVEVO DETTO A QUELLI DELL’ANAS CHE NON SI FA COSI’, MI AVEVANO RISPOSTO DI FARMI GLI AFFARI MIEI”

Il ponte crollato ad Albiano Magra vicino ad Aulla in provincia di Massa Carrara arriva dopo cinque allarmi inascoltati da parte dell’ANAS.
Ieri già  nell’immediatezza dei fatti i cittadini avevano raccontato che il 3 novembre scorso al ponte crollato stamani ad Albiano Magra (Massa Carrara) ci fu un sopralluogo dei tecnici ANAS, da cui dipende l’infrastruttura, dopo che era stata rilevata una crepa sull’asfalto, ingrandita dalle abbondanti piogge.
Ma dai controlli fu dichiarato che non sussistevano “condizioni di pericolosità ”.
Oggi Repubblica pubblica la lettera che l’ANAS inviò all’epoca al sindaco di Aulla che segnalava la famosa crepa:   «Il Viadotto Albiano non presenta al momento criticità  tali da compromettere la sua funzionalità  statica: sulla base di ciò, non sono giustificati provvedimenti emergenziali».
Solo pochi mesi fa, attraverso il responsabile dell’area compartimentale, l’Anas rispondeva all’ennesima – preoccupata – lettera del sindaco di Aulla: perchè sull’asfalto del ponte, venuto giù ieri mattina, s’era aperta una crepa profonda. Un’altra. La questione era però stata sistemata in fretta, con due palate di bitume più quella missiva inviata al Comune toscano e alla Provincia di Massa Carrara.
Ieri pomeriggio l’Anas, che qualcuno vorrebbe prendesse il posto di Autostrade nella gestione della rete dopo la tragedia del Morandi, ha comunicato che «allo stato non è possibile ipotizzare le cause del crollo improvviso dell’intera struttura».
Ha avviato un’indagine. Ma nel frattempo dovrà  fornire un bel po’ di documentazione ad altri inquirenti: la Procura di Massa Carrara, che ha aperto un fascicolo (si ipotizzano il crollo e le lesioni colpose); e la Commissione ad hoc voluta da Paola De Micheli, ministra delle Infrastrutture e Trasporti, che ha subito chiesto una dettagliata relazione su quanto accaduto.
Di sicuro verranno presto ascoltati i sindaci della zona e su tutti Roberto Valettini, primo cittadino di Aulla. Che in poco più di un anno ha inviato all’Anas di Firenze ben cinque lettere allarmate.
La prima il 16 agosto 2018, due giorni dopo il disastro di Genova, per chiedere una verifica strutturale di ponti e viadotti sulle strade statali «visto il tragico evento del Morandi». La seconda il 30 luglio 2019, per sollecitare interventi «per la soluzione delle gravi emergenze a lei ben conosciute». Poi una terza, l’8 agosto: fate un altro sopralluogo e verificate meglio – è la sintesi – perchè il ponte è «abnormemente sollecitato dal transito forzato dei mezzi anche pesanti».
Il 4 novembre la quarta lettera, per conoscenza anche a Provincia, vigili del fuoco e Genio civile: «C’è una grossa preoccupazione per lo stato del ponte» e «vogliamo ricevere e fornire dati e elementi di assoluta tranquillità  alla popolazione». L’ultima è dell’8 novembre: «Non mi avete risposto alla richiesta di riscontri più approfonditi sul viadotto di Albiano». In autunno la storia della crepa “riparata a tempo di record” era commentata sui social con sarcasmo: «Hanno messo un po’ di asfalto, così è tutto a posto».
Costruito nel 1908, rifatto nel 1948.
Ieri ad osservare il ponte crollato c’era anche un muratore di origine rumena che vive a Santo Stefano di Magra. «C’ero, a novembre, quando sono venuti quelli dell’Anas. Ma non si fa così, gli ho detto. Mi hanno guardato storto: “Fatti gli affari tuoi”. E hanno gettato una palata di bitume».

(da “NextQuotidiano”)

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IL DECRETO LIQUIDITA’ DELLA ‘NDRANGHETA: BLOCCATO ALLA FRONTIERA UN FURGONE CON MEZZO MILIONE DI EURO IN CONTANTE

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

A BORDO CITTADINI CALABRESI LEGATI ALLA ‘NDRINE, VENIVANO DALL’EST EUROPA… “LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA E’ PRONTA A INTERVENIRE SUI SETTORI IN CRISI CON I PROPRI PRESTITI”

Mezzo milione in contanti, nascosto dentro a un furgone proveniente dall’Estero che tentava di importare in Italia denaro fresco.
Soldi sporchi ma cash da usare per foraggiare gli usurai e quindi gli imprenditori in difficoltà  in tempi di coronavirus. Se lo Stato prova a limitare i danni causati dall’emergenza liberando risorse con l’approvazione del decreto Liquidità , le mafie non sono da meno. E la ‘ndrangheta ha un suo personale concetto di liquidità .
Un camion carico di denaro contante è stato fermato dalla polizia alla frontiera: veniva da un Paese dell’Est ed era guidato da alcuni cittadini calabresi legati alla ‘ndrangheta.
L’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’intelligence sugli effetti della crisi causata dall’epidemia comincia a trovare i suoi primi riscontri. Dentro e fuori dai confini italiani sono diversi i casi all’attenzione degli investigatori.
E l’episodio di oggi conferma le parole usate negli ultimi giorni da alcuni autorevoli investigatori. Ieri era stato il capo della Polizia, Franco Gabrielli, a confidare i suoi sospetti all’Interpol.
Oggi invece ha parlato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese: “Stiamo tenendo alta la guardia per scongiurare il rischio di infiltrazioni criminali nella fase di riavvio delle attività  economiche”, monitorando “le dinamiche societarie nella filiera agroalimentare, dell’approvvigionamento di materiale medico, nel settore turistico, nella ristorazione, nella distribuzione al dettaglio”, ha spiegato la titolare del Viminale alla Camera, che ha annunciato una nuova direttiva ai prefetti per monitorare gli indici di rischio. Cioè i reati spia come l’usura, il riciclaggio e le estorsioni.
Che l’attenzione fosse alta lo dimostra la mobilitazione degli investigatori.
Dopo la circolare di allerta diffusa a tutti i questori da parte del numero uno della Direzione centrale Anticrimine, Francesco Messina, qualche giorno fa è stata ufficializzata anche l’istituzione di una cabina di regia preseduta dal vice capo della Polizia, Vittorio Rizzi.
Sotto la lente della nuova task force ci sono già  alcuni episodi: tra questi il caso del furgone delle cosche — raccontato dall’agenzia Ansa — fermato mentre tentava di entrare in Italia, con le banconote ben nascoste e pronte ad essere distribuite. Un segnale tangibile che le mafie nostrane hanno già  fiutato il possibile business rappresentato dai nuovi poveri, in rovina dopo l’esplosione del coronavirus.
“Riguardo a episodi del genere — spiegano gli investigatori che hanno eseguito l’operazione -, il campanello d’allarme è proprio che la criminalità  organizzata pronta, con immissione di liquidità , ad intervenire sui settori in crisi con i propri prestiti”. “Dobbiamo cercare di evitare che il deficit di liquidità , che in questo momento emergenziale può interessare imprenditori e intere categorie di cittadini, possa essere finanziato dalle organizzazioni criminali attraverso l’usura o l’acquisizione delle stesse attività ”, ha detto il capo della Polizia Gabrielli.
Come diceva Giovanni Falcone, quindi, è il denaro che bisogna seguire. Follow the money, soprattutto in vista della fase 2, quando “i flussi di denaro per il rilancio dovranno essere tracciati e controllati“. Ma non solo. I fronti monitorati anche all’estero dagli investigatori sono molteplici.
“Dai tentativi di hackerare le banche dati informatiche degli ospedali in Repubblica Ceca ai sequestri di droga nascosta nei guanti protettivi anti-contagio in Brasile, siamo attenti a qualsiasi segnale — spiegano dall’Anticrimine — per anticipare le mosse criminali che rischiano di riverberarsi nel nostro Paese”.

(da agenzie)

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DIE WELT: “LA MAFIA ASPETTA GLI AIUTI EUROPEI”

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

SECONDO IL QUOTIDIANO TEDESCO IN ITALIA LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA SAREBBE IN ATTESA DI LUCRARE SUI FINANZIAMENTI UE… “GIUSTO ESSERE SOLIDALI MA CI VOGLIONO CONTROLLI, L’ITALIA DEVE SPENDERE QUEI SOLDI PER LA CRISI SANITARIA NON PER IL SISTEMA FISCALE”

Secondo un articolo del quotidiano tedesco di stampo conservatore Die Welt, a mafia in Italia starebbe aspettando gli aiuti europei.
“Frau Merkel resti ferma”, è questo il titolo dell’articolo comparso sulla versione online, in cui si chiede al governo tedesco di non cedere alle richieste italiane.
Nel testo si scrive tra l’altro che in Italia la mafia stia aspettando i finanziamenti a pioggia dell’Ue. “La solidarietà  è una importante categoria dell’Europa” ma “la sovranità  nazionale nei confronti degli elettori è centrale”, scrive Welt online. La solidarietà  deve essere generosa, ma “senza limiti e controlli?”, si chiede nell’articolo. “Dovrebbe essere chiaro che in Italia – dove la mafia è forte e sta adesso aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles – i fondi dovrebbero essere versati soltanto per il sistema sanitario e non per il sistema sociale e fiscale”.
“E naturalmente gli italiani devono essere controllati da Bruxelles e usare i fondi in modo conforme alle regole”, si aggiunge. “Anche nella crisi del coronavirus i principi fondamentali devono valere ancora”, conclude.

(da agenzie)

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TURBATIVA IN UNA GARA CONSIP, 24 MILIONI DI MASCHERINE MAI CONSEGNATE, ARRESTATO IMPRENDITORE

Aprile 9th, 2020 Riccardo Fucile

LA GUARDIA DI FINANZA INTERVIENE SU UNA FORNITURA DEL VALORE DI 15,8 MILIONI DI EURO

“Una puntata d’azzardo, giocata sulla salute pubblica e su quella individuale di chi attendeva, e attende, le mascherine”.
Con queste parole il gip di Roma ha definito Antonello Ieffi, 42 anni, originaziono di Cassino, arrestato stamattina dal Gico del nucleo di polizia economico finanziaria di Roma, con l’accusa di turbativa d’asta e inadempimento di contratti di pubbliche forniture per una fornitura di mascherine perchè c’è chi truffa anche sull’emergenza coronavirus.
A dare il via alle indagini velocissime dei finanzieri, una denuncia di Consip per anomalie riscontrate nell’ambito della procedura di una gara, del valore complessivo di oltre 253 milioni di euro, bandita d’urgenza per garantire l’approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale e apparecchiature elettromedicali. In particolare, il lotto n. 6, dell’importo di circa 15,8 milioni di euro, relativo alla fornitura di oltre 24 milioni di mascherine chirurgiche, veniva aggiudicato alla Biocrea Società  Agricola a Responsabilità  Limitata che, con la sottoscrizione dell’accordo quadro, si impegnava, tra l’altro, alla consegna dei primi 3 milioni di mascherine entro 3 giorni dall’ordine.
Sin dai primi contatti con la stazione appaltante pubblica, finalizzati all’avvio della fornitura, però, Ieffi, che interloquiva per conto dell’impresa sebbene non risultasse nella compagine societaria, lamentava l’esistenza di problematiche organizzative relative al volo di trasferimento della merce, che sarebbe stata già  disponibile in un punto di stoccaggio in Cina.
Eppure le mascherine non arrivavano, nonostante fosse già  passata la data prevista dal contratto per la prima consegna.
Così mentre Iezzi scriveva al ministro degli Esteri Luigi Di Maio per chiedere “un aiuto per la soluzione di una non meglio precisata problematica legata all’importazione di mascherine”, in collaborazione con l’agenzia delle Dogane, il 18 marzo veniva perquisito il magazzino dove le mascherine sarebbero state bloccate, all’aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun: ma non ce n’era traccia.
Iezzi ha spiegato di non poter pagare il fornitore perchè il Qatar, dove aveva sede una delle società  che si era occupata dell’acquisto, gli aveva bloccato i conti correnti, ma Consip il 19 marzo ha annullato in autotutela l’appalto, e il 25 marzo ha sporto denuncia.
Non bastasse questo, Biocrea aveva anche una serie di vecchie violazioni tributarie (per 150 milioni di euro) non dichiarate in sede di procedura dalla società  che, di converso, aveva invece falsamente attestato l’insussistenza di qualsiasi causa di esclusione . Tale situazione comportava l’esclusione di Biocrea dalla procedura e l’annullamento in autotutela da parte di Consip dell’aggiudicazione.
Ieffi, essendo gravato da precedenti sia giudiziari (seppure non ancora definitivi) che di polizia, che avrebbero potuto inficiare la partecipazione alla gara, ha cercato di dissimulare la riconducibilità  a sè della Biocrea, nominando come amministratore, in concomitanza con la pubblicazione del bando, un prestanome Stefania Emilia Verduci (anche lei indagata), cui ha poi “ceduto” l’intero capitale sociale al prezzo di 100 mila euro, da corrispondere però tra due anni.
Inoltre, le risultanze acquisite hanno dimostrato come la Biocrea, che ha un oggetto sociale del tutto estraneo al settore merceologico relativo alla gara (“coltivazione di fondi, selvicoltura, allevamento di animali e attività  connesse”), fosse una “scatola vuota” senza dipendenti, strutture, mezzi e capitali, a far fronte alle obbligazioni nascenti da un contratto come quello originariamente aggiudicato.
Nonostante la palese incapacità  operativa e finanziaria della Biocrea, Ieffi ha partecipato all’appalto, accettando il rischio di non essere in grado di adempiere alla fornitura di milioni di mascherine nei tempi brevissimi dettati dallo stato emergenziale in atto, chiaramente indicati nel bando di gara.
Il gip evidenzia come Ieffi e la sua prestanome abbiano giocato sull’emergenza: “Si tratta di una procedura percorsa sin dal suo inizio, come non poteva non essere, da una ratio assolutamente ed eccezionalmente emergenziale, derivante dal dramma collettivo già  in corso in Italia e nel mondo in quei giorni e tuttora perdurante”.   Insomma, i due hanno giocato sulla pandemia, “una puntata d’azzardo sulla salute pubblica”.
E anche se la “partita mascherina” non è riuscita, Ieffi si è immediatamente riorganizzato per provare ad aggiudicarsi un altro appalto pubblico, questa volta relativo alla fornitura di guanti, occhiali protettivi, tute di protezione, camici e soluzioni igienizzanti, per un valore complessivo di oltre 73 milioni di euro, utilizzando altro soggetto giuridico, la Dental Express H24 Srl che, però, era come Biocrea, senza patrimonio ma in più aveva un membro del cda con precedenti. Ma il 2 aprile, intercettato, l’indagato, per nulla provato dal precedente dice: “So’ numero esageratamente grandi…quindi io ho detto, perchè non ci proviamo?”.
Anche in questo caso, all’esito dei controlli, Consip rilevava l’incompatibilità  con i requisiti di partecipazione richiesti ed escludeva l’operatore economico dalla procedura. Le investigazioni hanno consentito di accertare che Ieffi, nonostante tale provvedimento, si stesse adoperando per far figurare l’uscita dalla compagine sociale della persona con precedenti in una data antecedente all’indizione della gara.
Al telefono con un suo collaboratore dice: “Semplicemente veniva retrocessa, senza passaggio di denaro, altrimenti avremmo l’obbligo di far vedere anche il transito di denaro…E quindi, tacitamente, il problema diciamo….che ci fosse qualcosa dentro questa Dental, un socio con un pendente penale, è risolto”.

(da “La Repubblica”)

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