Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
IL SOLITO TEATRINO DI UN LEADER BOLLITO
Matteo Salvini, notoriamente contrario all’obbligo vaccinale, è tornato a chiedere l’obbligo del servizio militare. Lo fa spesso. Almeno una volta all’anno, e ogni motivazione è buona. Un fattaccio a opera di una gang giovanile. I militari in strada durante il lockdown. Agosto 2021. Marzo 2020. Aprile 2019. Più che una fissazione. Una ricorrenza.
Nel 2018, in campagna elettorale, il leghista chiede la reintroduzione della naja (abolita nel 2004 con il voto del Carroccio) “contro il terrorismo” e l’impegno del Parlamento: “meglio che battagliare per la liberalizzazione della cannabis”.
Nel 2019, da ministro dell’Interno, vuole tutti i ragazzi un anno “con gli Alpini”. Idea “romantica”, ma non praticabile, secondo gli stessi militari che preferiscono il professionismo attuale alla leva grottesca e costosa del passato.
Ironia della sorte, oggi c’è un generale degli Alpini come Francesco Paolo Figliuolo a capo della campagna di vaccinazione, un’operazione militare vera e propria contro una guerra insidiosa che necessiterebbe, per usare le parole di Salvini, “fatica, generosità, sacrificio e altruismo”.
Invece, come gli stessi leghisti hanno denunciato, dobbiamo accontentarci dell’ambiguità nel Carroccio, a partire dal suo leader, in tema di green pass prima e di obbligo vaccinale poi.
Ma tant’è. Lo si potrebbe chiamare patriottismo a geometria variabile, declinato un po’ à la carte nella destra, tanto che Mattarella a forza di sentirne parlare, ha dovuto aggiungere l’aggettivo “concreto” nel suo discorso di fine anno dal Quirinale.
Assumersi il rischio collettivo di una vaccinazione per superare un’emergenza nazionale; accettare persino un obbligo per il bene di una nazione, sono forme nuove di civismo che la risposta alla pandemia sta elaborando sulla pelle di tutti noi. Sul filo del diritto, magari. Ma sarebbero tweet troppo complicati.
Più facile giocare al piccolo militarista, chissà, nostalgia della visita in Corea del Nord, dalle parti dell’amante delle parate di uno come Kim Jong Un.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
LA TERNA DI LETTA: MATTARELLA-BIS, DRAGHI O AMATO
“Gioco di rimessa”, così si direbbe nel calcio. Per ora lo schema del Pd è questo: finché c’è in campo Berlusconi, finché i giovani leoni sovranisti (boh) di quella parte, dopo aver spiegato per anni che loro sono il nuovo che avanza, sono usi ad obbedir tacendo di fronte al vecchio che torna, insomma finché non si consuma il tentativo, che può essere anche il 27 gennaio (dopo tre giri di bianche) con la destra non si parla. Il che è anche una constatazione oggettiva perché è la destra che ha scelto di non parlare con la sinistra, creando un oggettivo stallo.
L’unica riflessione interna, per ora una chiacchiera, è se il 27 gennaio riprodurre, a parti invertite, la mossa che Berlusconi fece con Romano Prodi nel 2013: consapevole che una parte dei suoi (Comunione e Liberazione) pur di consegnarlo alla storia avrebbe votato il suo avversario storico, impose l’uscita dall’Aula.
In questo caso l’uscita consentirebbe di evitare che nel voto segreto facciano qualche scherzo, come dicono al Nazareno, “i vari Marcucci” e ma anche “qualche scappato di casa” dei Cinque Stelle che magari nel frattempo si è fatto allettare dal Cavaliere. L’idea è una sorta di Aventino giallorosso, lasciando che Berlusconi venga impallinato dai suoi, cosa data abbastanza per scontata al Pd, dove sono sicuri che Sandra (cioè la Meloni) abbia con Raimondo (Letta) l’obiettivo comune di stoppare il Cavaliere, il che spiega la consuetudine di questi mesi.
Mossa ad effetto, potenzialmente efficace. Che però necessita anche di un clima meno da educande. Beh, insomma, se vuoi uscire dall’Aula serve la grande chiamata all’emergenza democratica, la denuncia del Caimano che vuole diventare capo dei magistrati, l’evocazione di condanne, processi e donnine, un po’ di sana indignazione morale. La minaccia di conseguenze.
L’opposto di come l’ha impostata Enrico Letta. Parole quasi da sciura al tè delle cinque, “Berlusconi è divisivo”, signoramia, che “grave” quello che ha detto.
Ops, per vent’anni al popolo della sinistra si è detto che aveva infettato la democrazia, o avevano capito male. E il governo c’entra poco: perché si può stare al governo anche col diavolo, in nome di pochi obiettivi e per un lasso di tempo blando, però questo non significa che il diavolo nel frattempo sia diventato un santo.
Domanda: perché Berlusconi che con Draghi al Colle cade il governo ed Enrico Letta non risponde “con Berlusconi al Colle sarà scontro nel paese e si va al voto il minuto dopo?”. Magari qualche parlamentare di quelli contattati da Arcore capirebbe che non ne vale la pena. Qualcuno se lo chiede ma non è dato sapere: “Lo sai come è Enrico, il carattere…”.
Vabbè, in attesa di Berlusconi, in un clima ovattato, in attesa di una direzione di giovedì che farà dell’attendismo strategia, in attesa di tutto senza una iniziativa perché è anche pericoloso lasciare Berlusconi in campo, considerato il suo portafoglio, per tutto questo tempo senza proporre uno schema alternativo, in attesa proviamo a capire che cosa ha in testa Letta.
Diciamo le cose come stanno: Enrico Letta pensa che se da questa partita ne esce senza tanti danni, è già un successo. E ha le sue buone ragioni: un partito che in Parlamento vale il 12 per cento, per colpa di Renzi due volte, che prima nel 2018 lo ha portato al minimo storico, poi ha pure fatto una scissione; un alleato, i Cinque stelle, completamente fuori controllo, col sedicente leader che ha cambiato tre linee (sì a Draghi, no a Draghi, sì a una donna mentre i gruppi chiedono il Mattarella bis); c’ha pure diversi ambiziosi in casa che quel Colle più alto non se lo sono mai tolto dalla testa. Sempre il partito dei 101 è.
Insomma, il segretario del Pd non la sente come la sua partita. L’obiettivo è uscirne senza rompersi l’osso del collo, senza bruciare Draghi in un senso o nell’altro, perché sarebbe un danno per il Paese e un danno come immagine presso le cancellerie europee non tutelare la principale risorsa che l’Italia ha in questo momento.
Diciamola proprio tutta. Nella terna dei desideri, al suo primo posto c’è che Mattarella possa rimanere, cioè che, a un certo punto, la forza oggettiva delle cose superi la debolezza soggettiva della politica. L’unico che nel Pd ha detto “Mattarella anche contro la sua volontà perché lo imporrà la situazione, dunque sviluppiamo una iniziativa politica in tal senso” si chiama Matteo Orfini. Adesso lo pensano in molti, ma senza produrre iniziativa. Anche qui, nell’attesa l’unico che lavora all’opzione seriamente si chiama onorevole Covid, più incisivo di molti politici che, a prezzo di qualche centinaio di morti, potrebbe risolvere la questione per tutti.
L’altra opzione è Giuliano Amato, il che spiega i toni da educanda con Berlusconi, che potrebbe lui proporre il Dottor sottile dopo essere stato bocciato. In fondo anche la volta scorsa era la sua best option. Amato piace molto al corpaccione degli ex ds, alla sinistra di Orlando e Provenzano, a Boccia, e va bene anche a Speranza e D’Alema. L’ultima è Draghi che nel partito è la best option di Zanda e di Marco Meloni, ad esempio, ma apre il vaso di pandora del governo, tra i ministri che giocheranno a restare e il grosso del gruppo dirigente che vorrà il voto. Che, quando sarà, è la vera partita di Enrico Letta. Quando sarà.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
ALLARMATO PER LE VOCI SU UN MATTARELLA-BIS
È planato su Roma, dove ha immediatamente riunito lo stato maggiore. A Villa Grande prima è arrivato Antonio Tajani, poi i capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini.
Da sotto i pini dell’Appia coordina l’operazione Quirinale. Silvio Berlusconi è forse fra tutti colui che più crede nelle chance di salire al Colle. Dal vertice andato ieri in scena tra Enrico Letta e Giuseppe Conte filtra che i due avrebbero concordato di evitare che si arrivi a una conta sul suo nome al quarto scrutinio. È benzina per il fuoco del leader azzurro. “Vuol dire che lo temono”, dice un fedelissimo.
Fin qui le note positive. Quelle negative sono le intenzioni degli alleati.
Venerdì, quando lo dovrebbero raggiungere Matteo Salvini e Giorgia Meloni per un vertice decisivo – che potrebbe tuttavia essere rinviato, attendendo le mosse del Pd che ha spostato a sabato la riunione di Direzione e gruppi parlamentari – chiederà al centrodestra di ufficializzare il sostegno alla sua candidatura. A quel tavolo dovrebbe sedere anche Giovanni Toti, che oggi ha consigliato Berlusconi di “parlare meno da leader politico”, poco rassicurato delle minacce del cerchio magico di far finire la legislatura nel caso Mario Draghi venga eletto al Quirinale.
Il Cavaliere si è molto irritato, i sospetti sui centristi e su una loro partita autonoma, magari insieme a Matteo Renzi, si addensano. Così come a Villa Grande si teme che Salvini utilizzi il suo nome come candidato di bandiera, coltivando una trattativa con lo schieramento giallorosso per una carta coperta, un esponente di centrodestra che in caso di elezione gli permetterebbe di intestarsi una vittoria non da poco.
Il leader della Lega, consapevole che il nodo B complica qualunque tipo di intesa, ha ributtato la palla oltre il recinto di Villa Grande: “Nessuno da sinistra può mettere veti a priori”, ma “bisogna aspettare che lui dica cosa vuol fare, sciolga le riserve”.
Sospetti alimentati da un’onda che si è ingrossata nelle ultime ore a Palazzo.
La spiega così un esponente di governo: “Il centrodestra è evidentemente diviso su Berlusconi, il centrosinistra non ha i numeri. Per gestire questo anno delicatissimo io non mi scandalizzerei se a un certo punto scattasse un appello nei confronti di Mattarella”.
La riconferma del presidente uscente – sostenuta apertamente finora da una parte di Pd e del M5s – cristallizzerebbe l’attuale architettura istituzionale almeno fino alle prossime elezioni. Tranquillizzando i peones ansiosi di un ritorno a casa nell’eventualità di una fine precoce della legislatura, ma soprattutto sbarrando il passo all’ultima ambizione dell’ex premier.
Per questo se da un lato Berlusconi vuole una professione di lealtà da parte degli alleati, dall’altra sta provando ad allargare il fronte che lo sosterrà.
Mancano una settantina di voti per superare il quorum fissato a partire dalla quarta votazione, troppi per essere raggranellati tutti nel gruppo Misto.
Ecco perché il lavorio degli azzurri si sta concentrando anche suul Movimento 5 stelle. L’obiettivo è quello di sparigliare nel marasma del partito pentastellato, attraendo una pattuglia di scontenti con promesse di ricandidature e assicurando che con il capo degli azzurri al Colle Draghi rimarrà al suo posto e la legislatura arriverà a compimento. I feedback iniziali che sono arrivati a Villa Grande non sarebbero affatto negativi, confermati da uno dei suoi fedelissimi che commenta sibillino “là dentro c’è di tutto, potremmo convincere anche degli insospettabili”.
Speranze alimentate da una voce che ha iniziato a correre nelle ultime ore: una pattuglia di scontenti M5s sono pronti a far uscire nelle prime due votazioni una manciata di voti con il nome di Silvio scritto a chiare lettere.
È un gruppo di dissidenti a geometria variabile, dai quindici ai trenta, a seconda dei temi e degli umori del momento, si riuniscono in conciliaboli, si vedono a cena, hanno un unico comun denominatore: una critica feroce alla gestione di Giuseppe Conte.
È un fiume carsico che si muove parallelamente allo scouting berlusconiano, non è detto che le rispettive acque si incontrino, ma non si può nemmeno escludere.
La mossa è quella di mandare un segnale al capo politico e vedere l’effetto che fa, anche se, spiega una fonte pentastellata, “da oggi al giorno del voto mancano due settimane, un’eternità”.
Le cose potrebbero cambiare, quello che al momento non cambia, spiega la stessa fonte, “è il lavorio che alcuni colleghi di Forza Italia stanno facendo sui fianchi di alcuni dei nostri”. Nessuno è pronto a giurare che non ci saranno franchi tiratori su una sponda, silenti traditori sull’altra. Un puzzle che Berlusconi è convinto di completare prima di giovedì 27 gennaio. Il giorno, cerchiato in rosso sul calendario, è quello papabile per la quarta votazione, la prima utile per essere eletto.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
“DRAGHI MEGLIO A PALAZZO CHIGI”
“A Berlusconi sconsiglio di andare avanti con la sua autocandidatura al Quirinale. I primi tentennamenti e distinguo che vedo in quella che dovrebbe essere la sua base naturale di centrodestra, e parlo dei suoi alleati, dovrebbero fargli aprire gli occhi. Oggi non ci sono le condizioni affinché possa prendere i voti per il Colle. Sarebbe meglio allora da parte sua fare un discorso molto franco agli italiani, dire che lui avrebbe voluto ma che non ha trovato entusiasmo da parte di chi è nella coalizione di centrodestra, spiegare che la sua candidatura sarebbe stata una proposta utile per il paese ma che come sempre questo è ancora un paese troppo poco liberale”.
Giuliano Urbani, classe 1937, forzista dal ’94, è stato ministro della Cultura nel governo Berlusconi del 2001, oltre che parlamentare e consigliere di amministrazione della Rai. Politologo, docente all’università Alfieri e alla Bocconi, coordinatore scientifico del Centro Einaudi, ha fatto parte del “gruppo dei professori” – con Colletti, Melograni, Martino, Marzano, poi Tremonti, Pera – che ha provato a innestare in Forza Italia una impronta liberale e moderata. Conosce Berlusconi da parecchi e anni e dalla chiacchierata fatta al telefono si percepisce tutto il suo dispiacere per come la candidatura del Cav stia andando avanti. O meglio, come non stia andando avanti. “Berlusconi dovrebbe capire che non può pretendere un ruolo che non può avere, lui è un politico divisivo, mi dispiacerebbe che la sua parabola finisse con uno smacco nelle urne per il Colle”
Professore, Berlusconi però negli anni ha dimostrato di essere in grado di fare un passo indietro per il bene del paese quando ha capito di non essere più nelle condizioni di andare avanti. Mi riferisco al 2011, quando si dimise da premier dopo la tremenda estate dello spread a 700, per poi sostenere in parlamento il governo Monti. Perché oggi non riesce a rendersi conto che servirebbe un suo beau geste per sbloccare la partita del Quirinale?
Sostanzialmente per due ragioni. La prima è di carattere squisitamente caratteriale. L’uomo, si sa, è di un’ambizione smodata, tiene molto alla sua immagine nazionale e internazionale e non gli par vero che dopo anni di silenzio ora in Europa si torni a parlare del suo destino intrecciato a quello dell’Italia.
E la seconda?
La seconda è più tattico-politica. Lui vede che oggi non ci sono grandi leader in campo che potrebbero contrastarlo nella sua corsa, a parte Draghi ovviamente. Quindi se non ci sono giganti, ha gioco facile a dire: “Eccomi, il gigante sono io”. Proprio per questo ha ripreso a filare con il Partito popolare europeo. Vedo che sta puntando molto sull’appoggio europeo. Capisco il gioco, ma penso che questo appoggio sia un po’ freddino, di circostanza più che reale.
I suoi consiglieri e amici storici, penso a Gianni Letta o Fedele Confalonieri, non potrebbero spingerlo a un ripensamento?
Avranno anche provato a spiegargli che la corsa al Quirinale è molto rischiosa e ha una bassa probabilità di riuscita ma sanno benissimo che alla fine l’ex premier decide da solo. Ascolta tutti ma decide lui. Del resto tante volte in passato è successa la stessa dinamica: chi gli è vicino gli sconsiglia una determinata mossa, lui ci pensa ma poi sceglie di fare il contrario e i consiglieri poi s’accodano senza batter ciglio. I suoi amici sono degli eccellenti yes man, niente di più. Quello che ha carisma è solo lui, fra lui e gli altri non c’è proprio confronto, il match finirebbe 6-0 6-0.
Una dinamica che conosce bene.
L’ho sperimentata in prima persona e infatti a un certo punto ho preferito andarmene più che rimanere e vedere le mie idee sconfessate.
Passiamo a chi dovrebbe sostenere la candidatura di Berlusconi, mi riferisco soprattutto al suo partito. Siamo sicuri che dentro Forza Italia siano tutti convinti a votarlo? Per un liberale moderato Draghi non sarebbe la soluzione ideale?
Secondo me i liberali pensanti dentro Forza Italia non sono entusiasti di una soluzione Draghi per il Quirinale. Si rendono perfettamente conto che è meglio tenerlo lì dov’è, a Palazzo Chigi, per il bene del paese. Draghi è fondamentale per le riforme e per i rapporti con l’Europa, e in Europa conti se sei premier non tanto se sei Presidente della Repubblica.
Allora togliamo Draghi, dopo aver tolto Berlusconi. Chi ci resta per il Quirinale?
Domanda da un milione di dollari. Vedrei bene un profilo simil-Mattarella. Mi permetto di fare il nome di Paolo Gentiloni. Si tratta di una persona perbene, non è un liberale nel senso stretto del termine ma è sicuramente un uomo di grande cultura moderata liberale. Certo, per me andrebbe meglio Marcello Pera ma lui non riuscirebbe mai ad avere i voti. Invece Gentiloni qualche chance potrebbe averla.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
“DIECI MILIONI A RISCHIO CONTAGIO“
In Italia ci sono dieci milioni di cittadini a rischio contagio da Coronavirus. E per risolvere il problema bisogna imporre l’obbligo vaccinale per tutti o quali.
Parola di Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri, che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera dice che anche se abbiamo raggiunto il record di due milioni di contagi non è detto che il picco sia vicino: «È impossibile prevederlo, per un semplice motivo: non sequenziamo abbastanza il virus. In Italia convivono due varianti, Delta e Omicron. Una terza, individuata nel Sud della Francia (Ihu, il cui paziente zero è un viaggiatore proveniente dal Camerun, ndr), potrebbe arrivare a complicare ulteriormente il quadro. In questo momento non sappiamo quanti dei contagi, dei ricoveri e dei decessi per Covid vadano ascritti a Delta o a Omicron. L’incertezza non consente di fare previsioni sul raggiungimento del picco e la successiva discesa dei casi».
Per il professore «dobbiamo riflettere sull’impatto dei non vaccinati: tra loro ci sono 4 milioni di ultra 50enni e tutti i bambini sotto i 5 anni (per i quali non c’è ancora un vaccino, ndr). A costoro vanno aggiunti i soggetti che per vari motivi, nonostante l’immunizzazione, non sviluppano una risposta immunitaria sufficiente per la protezione dalla malattia (circa il 10%). Facendo un calcolo un po’ a spanne, parliamo di 10 milioni di persone suscettibili al virus in Italia. Non sappiamo quanti di loro abbiano avuto un’infezione asintomatica e quindi, pur senza lo status ufficiale di guariti, godano di una certa protezione».
Garattini sostiene che l’unica strategia possibile sia «spingere le vaccinazioni. Credo che sarebbe giusto introdurre l’obbligo dai 5 anni in su. Secondo, sequenziare molto di più il virus per avere un quadro preciso della diffusione di Omicron e cogliere immediatamente l’eventuale arrivo di nuove varianti. Terzo, mantenere le protezioni personali ed evitare possibili occasioni di contagio. C’è poi un impegno fondamentale che spetta agli Stati e alle istituzioni: proteggere le aree a basso reddito. In Africa solo il 9,5% della popolazione è vaccinato con ciclo completo. Se continuiamo a far circolare il virus si formeranno altre varianti che, con lo spostamento di persone, arriveranno anche nei Paesi con coperture vaccinali elevate. Lo stiamo già vedendo».
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
O LO STATO FA LO STATO O PRIMA O POI QUALCUNO PROVVEDERA’ DA SOLO
«Dio vede e provvede»: un proverbio di uso comune, non fosse che questa volta è stato usato come insulto alla memoria di David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo morto la scorsa notte dopo un lungo ricovero in un ospedale oncologico di Pordenone.
A pronunciare frasi ingiuriose e ad esultare per la morte del giornalista, in un video pubblicato sui social, è stato Nicola Franzoni.
Si tratta di un imprenditore di Carrara, vicino agli ambienti No vax e No Green pass e agli ambienti della destra. L’uomo è stato denunciato per vilipendio da Fabrizio Volpi, coordinatore a Carrara di Italia Viva.
«Abbiamo deciso di rivolgerci alle autorità competenti per porre fine a una serie di dichiarazioni farneticanti di un personaggio che ormai ha decisamente passato il segno – spiega in una nota Alice Rossetti, coordinatrice regionale di Italia Viva -. In un momento come quello che stiamo attraversando c’è bisogno di calma e pacatezza e non di farneticazioni, offese e violenza verbale. Come tutte le persone sensate piangiamo per la scomparsa prematura di David Sassoli e speriamo che chi ha oltraggiato la sua memoria venga punito severamente».
Franzoni ha collezionato già una serie di denunce in questi anni, alcune delle quali per vilipendio e apologia di fascismo.
A gennaio del 2021, come riporta la Nazione, era stato fermato al casello di Carrara con felpe e altro materiale che aveva delle scritte contro il premier Draghi.
Prima ancora, cioè a giugno 2020, era stato denunciato dopo una manifestazione a Roma del Fronte di Liberazione Popolare, una delle sigle a cui è ricondotto. E ha partecipato in questi mesi a numerosi cortei, anche nella Capitale, contro i provvedimenti governativi per il contenimento della pandemia.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
“CHI NON E’ VACCINATO NON DEVE GIOCARE“
La vicenda Djokovic continua a tenere banco nel mondo del tennis e non solo
«Se alla fine il governo australiano permetterà a Novak Djokovic di scendere in campo e difendere il titolo all’Australian Open gli altri tennisti dovrebbero scioperare e lasciarlo solo in campo – ha detto Nicola Pietrangeli -. Dal mio punto di vista a chi non è vaccinato non deve essere permesso di andare in Australia – sottolinea il due volte vincitore del Roland Garros -. In ogni caso speriamo che si arrivi al più presto ad una decisione e si chiuda questa brutta vicenda dalla quale esce male Djokovic in primis ma anche la federtennis australiana che ha fatto di tutto per averlo in campo. Una brutta pubblicità per il nostro sport».
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
TERAPIE INTENSIVE + 71, TASSO POSITIVITA’ 16%
Nelle ultime 24 ore si sono registrati in Italia 220.532 nuovi casi di coronavirus a fronte di 1.375.514 tamponi effettuati (mentre il giorno prima l’incremento era stato di 101.762 con 612.821 test).
Alti anche i decessi, che si attestano a 294 contro i 227 di ieri. Il saldo nelle terapie intensive è di +71 pazienti mentre i guariti sono 90.456. Tasso di positività al 16,0% (-0,6%).
Nuovo picco giornaliero di contagi in Italia, il precedente è datato 6 gennaio quando i casi furono 219.441. Sono 1.677 i pazienti in terapia intensiva, 71 in più in 24 ore nel saldo tra entrate e uscite. Gli ingressi giornalieri sono 185. I ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 17.067, cioè 727 in più di ieri. Sono invece 2.134.139 gli attualmente positivi al Covid, +129.542 rispetto a lunedì.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2022 Riccardo Fucile
CRIMINALI NO VAX DIFFONDONO LA BUFALA, NON HANNO RISPETTO NEANCHE DEI MORTI
Esultanze no vax in rete per la scomparsa del presidente del Parlamento europeo David Sassoli, morto la scorsa notte a 65 anni.
Su diversi canali Telegram e profili Facebook c’è chi manifesta apertamente la propria soddisfazione per la morte di Sassoli, ritenuto dai no vax colpevole di essersi espresso favorevolmente sul green pass italiano. “Ogni tanto una buonissima notizia. Se ne va mr. ‘Il green pass non è discriminatorio’ Sassoli.
“Il poveretto è stato fottuto pure lui, lui le punturine se le è fatte vere a differenza degli altri suoi compagni di merende”, “Ha guidato il gregge fino al baratro e ci è caduto pure lui”, “Se l’aguzzino della tua vita muore, se l’assassino dei tuoi figli muore è sempre una buona cosa. Dio lo vuole Dio è in noi e con noi”, questi alcuni dei commenti al post pubblicati da altri utenti.
Sullo stesso tono i messaggi pubblicati su un canale Telegram: “E’ morto Sassoli, bene anzi benissimo, anche se fosse successo per mani altrui”, si legge in un messaggio e un altro utente incalza: “Ricordiamo che è stato male dopo la punturina ma non lo dicono”. “Non ne moriranno mai abbastanza per vendicare tutte le persone assassinate per mano di quelli come lui che hanno partecipato al truffacovid”.
Un’informazione per i miserabili no-vax che stanno speculando sulla scomparsa di David Sassoli. Sassoli dieci anni fa aveva subito un trapianto di midollo a seguito di un mieloma, tumore delle plasmacellule.
Che un dio, se c’è, non vi perdoni.
(da NeXtQuotidiano)
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