Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
SE DRAGHI SI SCOCCIA E MOLLA TUTTO, FANNO LA FINE DEI PROTAGONISTI DI GIOVENTU’ BRUCIATA: UNA FOLLE CORSA PER POI SCHIANTARSI IN UN BURRONE
Adesso anche Salvini, che era stato taciturno alla riunione del centrodestra di sabato, mette agli atti che “Draghi deve restare a palazzo Chigi, altrimenti sarebbe pericoloso per l’Italia”.
E pure Conte è ringalluzzito, in un clima di rivincita della politica contro la tecnica nel noto timore che Draghi, dal Quirinale, non farebbe toccare palla a nessuno.
Con la sua mossa il Cavaliere – cado io, ma con me cadi anche tu – ha reso il re nudo, disvelando che, almeno finora, c’è un’onda destruens da parte della politica, ma non un’onda construens.
Un po’ come accadde un anno fa quando, caduto Conte, il sistema dei partiti, iniziò a girare a vuoto finché Mattarella, nei panni del demiurgo, non indicò, appunto il nome di Draghi.
Alla vigilia della prima votazione, destinata ad andare a vuoto senza neanche la finta di nomi di bandiera, non c’è una sola proposta sul campo, nell’assuefazione di tutti e dopo mesi, dicasi mesi, di discussione in materia.
Salvini, che prima di Natale aveva annunciato un tavolo con tutti i partiti, poi rinviato a dopo la manovra, fa sapere che domani farà tre o quattro nomi, la famosa rosa, ma probabilmente è solo un’ennesima mossa tattica.
L’altro Matteo, viva la sincerità, spiega che prima di martedì sera non si concluderà niente ed “è tutta tattica”.
È come se il tempo non finisse mai e c’è sempre un altro giorno, con un’altra riunione indetta mentre non si riescono a convocare per l’oggi, come nel caso di centrodestra: né di coalizione ma neanche dei gruppi della Lega con la scusa che non c’è a disposizione una sala grande, nel malumore di parecchi parlamentari.
È clamoroso quel che sta accadendo da quelle parti, dopo la traumatica spaccatura di sabato: solo Meloni è per Draghi, perché non ha il problema del dopo, inteso come governo, e ne vede l’opportunità per andare alle elezioni anticipate, Forza Italia è sotto choc, Salvini gioca di sponda con Renzi, che non a caso evita di rispondere sui finti bersagli indicati dal leader della Lega, tipo Elisabetta Casellati e Letizia Moratti, ma invece in dieci secondi affonda pure il nome di bandiera del centrosinistra Andrea Riccardi. Se Salvini dicesse Dracula, eviterebbe di pronunciarsi, se Letta proponesse papa Francesco si direbbe perplesso.
Ed è chiaro che, se dopo le prime tre votazioni parte la rumba il ballerino più bravo è Pier Ferdinando Casini, perfetto profilo bipartisan, presidente della Camera del centrodestra, ma poi autonomo da Berlusconi, ed eletto nelle liste del Pd, con una sua caratura internazionale maturata sin da quando ha guidato l’internazionale democristiana per un decennio.
Tutto lascia intendere che sia la carta “coperta”, perché il suo nome sta assumendo il significato di una rivincita della politica e di una centralità del Parlamento.
Letta non potrebbe dire di no, consapevole che mezzo Pd lo vota e pure nei Cinque stelle non registra una certa ostilità ma è chiaro che, per non essere bruciato, deve uscire come punto di mediazione dopo le rose di parte.
E, al momento, pur avendo un consenso trasversale ha anche un trasversale dissenso, a partire da Meloni e pezzi di centrodestra.
Il punto politico è l’effetto di questo assalto del centrodestra a Draghi, che non è compatibile con un virtuoso proseguo della legislatura. E rischia di bruciare la principale risorsa a disposizione dell’Italia.
Fuori dall’ipocrisia: una sua bocciatura al Colle inevitabilmente ha un contraccolpo sul governo. È chiaro che non se ne può andare per ripicca con l’emergenza sanitaria da fronteggiare e il Pnrr da portare a termine, ma si troverebbe come timoniere indebolito di una nave in gran tempesta, peraltro tra i marosi di una campagna elettorale lunga un anno, che inizia il minuto dopo il Colle.
Morale della favola, tra un anno l’Italia rischia di non avere più Draghi e Mattarella. Per avere di meglio bisognerebbe sapere dove si sta andando, e non come i protagonisti di Gioventù bruciata giocare in una folle corsa per poi ritrovarsi tutti schiantati dentro un burrone.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
’NO A DRAGHI AL QUIRINALE, PERCHÉ IL GOVERNO DEVE ANDARE AVANTI’’ (SCHIAFFONE A GIORGIA)… ‘’IL GOVERNO NON DOVREBBE SUBIRE RIMPASTI NÉ NUOVI INGRESSI” (SCHIAFFONE A MATTEO)
La definizione è diventata storica, e dunque racchiude un nocciolo di verità. La coniò Rino Formica: «La politica è sangue e merda». Non una roba per educande, insomma. E nemmeno un’attività che richieda, necessariamente, buone maniere. Ci può stare. Ma non è nemmeno detto, detto in verità, che le buone maniere vadano evitate anche quando sarebbero possibili…
Prendete il Silvio Berlusconi ieri. Gli alleati (Meloni e Salvini) attendevano pazientemente da giorni di sapere cosa avrebbe deciso circa la sua improvvida candidatura al Quirinale e lui che fa?
Diserta il vertice dove annuncia di aver scelto di rinunciare. Semplicemente non si presenta: manda Tajani e la senatrice Ronzulli a leggere un comunicato. Una evidente scortesia.
Qualcuno ipotizza che l’assenza sia motivata dalle ancora incerte condizioni di salute; altri, che lo abbia fatto per rabbia e dispetto. Preferiamo propendere per la seconda ipotesi, considerato il tono del comunicato recapitato agli alleati ed un importante chiarimento aggiunto da Tajani
Berlusconi scrive: primo, ho i voti per essere eletto, ma rinuncio per senso di responsabilità;
Secondo, no a Draghi al Quirinale, perché il governo deve andare avanti (schiaffone a Giorgia Meloni).
Terzo (a cura di Tajani): e il governo «non dovrebbe subire rimpasti né nuovi ingressi» (schiaffone a Matteo Salvini).
A esser cattivi, si può notare che Berlusconi fa anche sapere di aver deciso «con i miei familiari ed i dirigenti del mio movimento politico»: gli alleati nemmeno citati, solo informati.
Che il passo di Berlusconi (qualunque fosse stato) avrebbe ulteriormente terremotato il centrodestra, era prevedibile: e infatti il vertice di ieri si è interrotto nell’impossibilità di varare un comunicato congiunto. Ognuno per sé, su durata e profilo del governo, sul futuro di Draghi e sul nome del possibile presidente
La coalizione, insomma, sembra a un passo dall’implosione, proprio quando la partita vera può finalmente cominciare. E poiché il centrosinistra non sembra stare molto meglio, un timore si fa evidente: la partita comincia, ma potrebbe esser lunga e assai dura. L’aria che tira, infatti, non promette bene.
(da “La Stampa”)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
“ORA L’IPOTESI PIÙ PROBABILE È CHE CI POTREBBE ESSERE UN TECNICO E UN POLITICO, CHI A PALAZZO CHIGI E CHI AL QUIRINALE È DA VEDERE“
La partita del Quirinale appare più aperta e incerta che mai, quando mancano ormai poche ore all’inizio dei lavori, con la prima votazione in programma domani, lunedì 24 gennaio.
L’uscita di scena di Silvio Berlusconi ha fatto registrare una prima svolta importante e una risalita delle quotazioni di Mario Draghi, su cui però il Cav ha posto un veto: deve restare a Palazzo Chigi.
Tutto però è in divenire, le ipotesi sul tavolo sono parecchie. A Mezz’ora in più – la trasmissione di Rai3 condotta da Lucia Annunziata – si è parlato parecchio di Quirinale, prima con Matteo Renzi e poi con Enrico Mentana.
Quest’ultimo ha condiviso la sua analisi su Draghi: “Nella conferenza stampa in cui ha navigato nelle nebbie rispetto alla possibilità di essere quirinabile oppure no si è giocato molto perché si è messo allo scoperto senza corazzarsi. È vero che per il Quirinale non ci si candida, però se non sei di nessun partito devi capire chi ti può candidare”.
“Essendo Draghi patrimonio dell’umanità politica – ha proseguito il direttore del Tg di La7 – viene bruciato se lo candida uno che ne fa oggetto della bramosia della sua parte e quindi diventa inviso all’altra parte. Il gioco si è fatto intricato anche per questo, l’ipotesi più probabile è che ci potrebbe essere un tecnico e un politico, chi a Palazzo Chigi e chi al Quirinale è da vedere, ma il rischio è che nessuno dei due sia Draghi”.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
SI CERCANO NOMI DA BRUCIARE PER TUTELARE QUELLI VERI
«È difficile immaginare un colpo di scena prima di mercoledì», dicono dal centrosinistra. «Si decide alla quarta o alla quinta», aggiungono da centrodestra.
Tra le varie indiscrezioni fatte trapelare in queste settimane, alcune spudoratamente false per cercare di sviare stampa e rivali politici, quelle che parlano di uno stallo irrisolvibile nelle prime tre chiame sembrano le più vere.
Anche alla luce dell’indebolimento delle ipotesi Mario Draghi e Mattarella bis: gli unici due nomi che potevano sperare di raggiungere i due terzi del quorum. Così, nel breve termine, per le due grandi coalizioni del Parlamento è sorta un’urgenza: trovare dei candidati da bruciare. Sei, sette nomi da incenerire nell’urna fino al quarto scrutinio.
Parole d’ordine: «Preservare Amato e Casini»
Ancora più importante della ricerca di papabili al Colle, per i partiti è essenziale non far comparire sulle schede i cognomi Amato e Casini: sono i punti di caduta della 14esima elezione presidenziale della storia repubblicana che, per diverse ragioni, possono ottenere il consenso tanto del centrodestra quanto del centrosinistra.
Tutelare loro servirà ad avere un’alternativa politica a partire da giovedì 27 gennaio, quando la tentazione di Draghi potrebbe tornare a essere troppo forte, fatale per l’autonomia che i partiti cercano di recuperare.
Il centrodestra, la mattina del primo giorno utile, il 24 gennaio, presenterà una terna – forse una quaterna – di nomi al centrosinistra. Nel Pd scommettono che si tratterà di candidature «irricevibili», e preparano già la contromossa.
Arrivare a fine legislatura con una nuova legge elettorale
Una mossa a specchio: fare altrettanti nomi per le prime tre chiame che il centrodestra non potrà accettare. Si inizierà lunedì 24 gennaio, con un profluvio di schede bianche e qualche candidatura di bandiera. Che aumenteranno fino a mercoledì.
Da giovedì non si può più giocare a bruciare nomi: centrodestra e centrosinistra, i cui contatti sono frequentissimi in queste ore, stanno cercando la quadra per inserire nella trattativa due desiderata apparentemente slegati dal Quirinale.
Il primo è far durare la legislatura fino a scadenza naturale, pallino del gruppo parlamentare 5 Stelle ma che sembra avere una certa rilevanza anche nelle argomentazioni di Lega e Forza Italia.
Il secondo desiderata è accordarsi su una legge elettorale per andare al voto nel 2023. «Sarà spiccatamente proporzionale», scommettono al Nazareno.
Fidarsi è bene, ma…
Matteo Renzi ha telefonato al suo omonimo Salvini questa mattina, qualche giorno fa ha sentito Goffredo Bettini e ha ospitato Enrico Letta nel suo ufficio di Palazzo Giustiniani: sta giocando su tutti i tavoli.
Il segretario Dem ha incaricato proprio un ex renziano come suo emissario per confrontarsi con la Lega. Mentre sul fronte sempre delicato di Palazzo Chigi, è Lorenzo Guerini ad avere un canale di comunicazione preferenziale con Draghi. Appena si è concluso il vertice tra Pd, M5s e Leu, si è insidiata una preoccupazione nella mente dei Dem: e se i 5 Stelle accettassero uno dei nomi proposti del centrodestra? Letta, per avere voce in capitolo sulle negoziazioni, ha bisogno che il campo progressista resti compatto: starebbe cercando rassicurazioni da Giuseppe Conte, il quale però non ha il controllo sul gruppo parlamentare.
Amato e Casini restano tra i favoriti – insieme all’outsider delle ultime ore Belloni -, ma per stare tranquillo, il Pd dovrebbe citofonare alla Farnesina.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
STORICO, EX MINISTRO, FONDATORE DI S. EGIDIO… UN UOMO IMPEGNATO NEL SOCIALE A DIFESA DEI PIU’ DEBOLI (QUINDI NON SARA’ MAI VOTATO DAL SEDICENTE CENTRODESTRA)
Quando il 7 febbraio 1968 Andrea Riccardi, allora diciottenne studente del Liceo Virgilio, si riuniva per la prima volta nell’oratorio della Chiesa Nuova, a Roma – quella di San Filippo Neri – con alcuni altri liceali, mettendo le basi di quella che sarebbe diventata la Comunità di Sant’Egidio, non sapeva certo la strada che avrebbe fatto la Comunità in tutto il mondo operando per la solidarietà verso gli ultimi e per la pace, fino a essere soprannominata l'”Onu di Trastevere”, né tanto meno che un giorno il suo nome sarebbe stato valutato in un vertice politico, quello del centrosinistra di oggi, come possibile candidato per la Presidenza della Repubblica.
Romano, 72 anni compiuti esattamente una settimana fa, docente di Storia contemporanea e studioso della Chiesa cattolica, Riccardi è stato anche ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione nel Governo Monti, dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013, e dal 22 marzo 2015 è presidente della Società Dante Alighieri.
La sua formazione e la sua attività nel campo sociale sono figlie dell’humus cattolico negli anni del post-Concilio, quando la conoscenza del mondo della povertà e marginalità nelle borgate romane lo portò a fondare quella Comunità di Sant’Egidio, che oggi è diffusa il 70 Paesi e che opera in un ventaglio di settori, dall’aiuto ai poveri, agli anziani, ai senzatetto, ai profughi e agli immigrati – tra le prerogative della Comunità il lancio dei “corridoi umanitari” -, fino alle mediazioni diplomatiche internazionali per la risoluzione dei conflitti, specie nelle aree più disagiate del pianeta.
Il suo impegno per la pace lo ha visto mediatore nelle trattative per chiudere la guerra civile in Mozambico. La pace, firmata a Roma il 4 ottobre 1992, è stata frutto di oltre due anni di trattative svoltesi nella sede romana di Sant’Egidio, che hanno valso a Riccardi e all’attuale cardinale di Bologna Matteo Zuppi la cittadinanza onoraria del Mozambico.
Negli anni seguenti, l’impegno per la pace è proseguito su molteplici scenari, compresa la promozione del dialogo tra religioni e culture diverse con gli annuali incontri internazionali nel segno dello “spirito di Assisi”. Innumerevoli le pubblicazioni da storico e saggista e anche i premi e le onorificenze ricevuti in Italia e all’estero per la sua attività
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
NUOVE REGOLE PER I VIAGGI NEI PAESI UE
Dal 1 febbraio, in Italia la scadenza di tutti i Green Pass sarà ridotta da nove a sei mesi, ma il governo già si interroga su quella che al momento sembra l’inevitabile proroga delle certificazioni verdi per chi ha fatto il booster.
La somministrazione delle terze dosi in Italia è iniziata ai primi di ottobre e quindi, con la scadenza a sei mesi, i Green Pass saranno validi solo fino a marzo.
Cosa accadrà dopo se non sarà prevista – come appare probabile – una quarta dose?
Di certo, chi ha fatto la terza dose non potrà rimanere senza Pass. Dunque l’ipotesi al vaglio dei tecnici del ministero della Salute è quella di prevedere una proroga della certificazione per chi è coperto da tre dosi.
Una condizione in cui si trovano già diversi turisti stranieri che hanno fatto la terza dose ad agosto o a settembre e si trovano nell’impossibilità di venire in Italia dove la loro certificazione viene considerata scaduta nonostante non sia possibile rinnovarla con una quarta dose.
Proprio per facilitare i viaggi e il settore del turismo, l’Italia potrebbe non rinnovare l’ordinanza del ministero della Salute ( in scadenza il 31 gennaio) che prevede l’obbligatorietà di un tampone negativo per entrare in Italia anche a chi è in possesso di un Super Green Pass.
Una ordinanza firmata in concomitanza con la diffusione dal Sudafrica della variante Omicron ma che sembra ormai ininfluente visto che Omicron è predominante anche in Italia.
Per altro la Ue sta vagliando nuove norme, uguali per tutti i Paesi europei, per gli spostamenti interni con l’invito a non tenere conto ( come fanno alcuni Paesi) del variare della mappa dei contagi dell’Ecdc: dunque per spostarsi in Europa sarà sufficiente avere un Green Pass, valido 9 mesi, da vaccino, da guarigione o da tampone.
In questo caso, però, se fatto con test antigenico la durata del Green Pass sarebbe di sole 24 ore e non più 48 ore.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
ERANO GIA’ PREVISTI DALLA LEGGE, ORA IL FONDO DI 150 MILIONI DI EURO
Ieri è arrivato il via libera, da parte del governo, al finanziamento di un fondo ad hoc per gli indennizzi a chi subisce danni dalla vaccinazione contro il Covid.
Sono pronti 150 milioni di euro – 50 per quest’anno e 100 per il prossimo – per risarcire cittadini che hanno ricevuto eventuali danni da vaccino.
Dal Partito Democratico, e non solo, hanno gioito anche per aver eliminato un altro tema della propaganda No vax, che si nutre di notizie false come il fatto che non vengano risarciti i rarissimi casi di persone che subiscono danni dal vaccino. Che poi, in realtà, gli indennizzi già erano previsti per legge.
Vediamo meglio cosa cambia
I risarcimenti da parte dello Stato sono già previsti per i vaccini obbligatori, ma recentemente la Corte Costituzionale ha esteso l’indennizzo anche a chi si è sottoposto a vaccini raccomandati. Come, ad esempio, quello contro il Covid. Nell’ultima bozza circolata del decreto Sostegni si legge:
All’articolo 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: “1-bis. L’indennizzo di cui al comma 1 spetta, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge, anche a coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti Sars-CoV2 raccomandata dall’autorità sanitaria italiana.”
All’onere, valutato in 50 milioni di euro per l’anno 2022 e in 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023, si provvede XXX. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di monitoraggio annuale delle richieste di accesso agli indennizzi e dei relativi esiti.
Come si possono richiedere i risarcimenti: a chi spetta l’indennizz
Innanzitutto bisogna chiarire subito che l’indennizzo non riguarda chi ha un po’ di febbre dopo la somministrazione, si tratta di chi riporta “lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica”.
Parliamo di danni permanenti e non di sintomi passeggeri. La procedura, spiegata da Diritto.it, è la seguente: la persona danneggiata (o gli eredi, in caso di decesso) deve presentare la domanda alla Azienda sanitaria di residenza, allegando i documenti che attestano prima la vaccinazione e poi l’insorgere della patologia collegata; poi bisogna sottoporsi a una visita effettuata da parte della Commissione medica ospedaliera del territorio, che deve esprimere un giudizio positivo o negativo su patologia e correlazione; se è positivo si ottiene l’indennizzo, se è negativo si può presentare ricorso entro 30 giorni. In ogni caso la domanda va presentata entro tre anni dall’insorgere della patologia, non dalla somministrazione.
(da Fanpage)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
13 DEI 17 MEMBRI DEL CONSIGLIO MEDICO SI SONO DIMESSI PER PROTESTA
La pandemia non dà tregua nemmeno nel nord Europa: secondo giorno consecutivo di record di contagi covid in Polonia, dove nelle ultime 24 ore sono stati registrati 40.876 nuovi casi. I decessi sono 193.
In questo paese di quasi 38 milioni di abitanti, dall’inizio della pandemia si sono già registrati 4,4 milioni di contagi e 104mila morti, secondo quanto riporta l’agenzia stampa Pap.
La settimana scorsa ben 13 dei 17 membri del Consiglio Medico si sono dimessi per protesta contro le politiche anticovid del governo, ritenute troppo lassiste e compiacenti verso il mondo no vax.
Nel paese non viene richiesto alcun green pass per accedere ai luoghi pubblici.
(da agenzie)
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Gennaio 23rd, 2022 Riccardo Fucile
MA TUTTO E’ ANCORA IN ALTO MARE
A Palazzo Chigi non ci pensano proprio a commentare ufficialmente il ritiro di Silvio Berlusconi e tanto meno le parole che dicono che Mario Draghi deve rimanere premier.
Eppure, la partita va avanti, i giochi sono considerati ancora da fare. Anzi, il mancato endorsement di Berlusconi sembra paradossalmente avvicinare l’ipotesi dell’elezione del premier al Colle: perché deve essere il candidato di tutti, non di uno solo. E anche se ieri sera non sembrava affatto esserlo, potrebbe diventarlo.
Si aspetta la quarta chiama, si ipotizza una contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra, che alla fine non troveranno una figura unitaria. Cosa che dovrebbe spingere Draghi al Quirinale. I giochi veri si fanno in questi giorni. E chi il premier al Colle proprio non lo vuole giocherà tutte le sue carte. “Casini sta scegliendo la cravatta”. A caldo, dopo la nota di Forza Italia, nell’inner circle di Matteo Renzi, il commento era questo. Quel che è certo è che ormai Enrico Letta, che continua a portare avanti l’ipotesi Draghi, non esclude una sorta di “ballottaggio” tra i due. Magari alla quarta chiama.
Decisivi, almeno potenzialmente, gli incontri del leader del Pd di oggi: vedrà Matteo Renzi, e poi, insieme, Giuseppe Conte e Roberto Speranza. L’incontro con Matteo Salvini, previsto per stamattina, probabilmente slitterà. La posizione che andrà ripetendo a tutti è sempre la stessa: no ai candidati di centrodestra (tanto più dopo la sua “deflagrazione” di ieri), sì a una figura autorevole, scelta in modo condiviso. I nomi in ballo sono tre: Draghi, Casini e Giuliano Amato.
Se nell’incontro con Renzi di venerdì il nome di Casini era esplicitamente sul tavolo, potrebbe tornare su quello dell’incontro con il leader della Lega. Perché al Nazareno ce l’hanno chiaro da giorni che se il centrodestra dovesse fare il nome di Casini o di Amato, il Pd lo voterebbe in blocco. E molto più volentieri di quanto direbbe di sì al premier. Proprio con il dottor Sottile il segretario del Pd ha parlato al telefono giusto un paio di giorni fa. Segnali.
Non è escluso che nel dialogo con Salvini possano uscire altre ipotesi. In alcune delle interlocuzioni di questi giorni, il segretario dem avrebbe proposto al leader leghista anche Paolo Gentiloni, prospettandogli persino uno scambio (Giancarlo Giorgetti come Commissario Ue agli Affari economici). Al netto di questo, il nome di Gentiloni evoca uno scenario di cui si parla molto nei palazzi: su di lui potrebbe convergere proprio Berlusconi, per vendetta contro gli alleati che non lo hanno sostenuto a sufficienza. Eppure, il segretario dem con Salvini tratterà anche sul governo, cercando di portarlo sul nome del premier come candidato al Quirinale. Magari per Palazzo Chigi metterà in campo anche lo stesso Casini.
Perché poi che Draghi resti al governo se sarà proprio quest’ultimo ad andare al Quirinale è tutto da vedere. Letta con Conte e Speranza, poi, oggi insisterà sulla necessità di mantenere una linea condivisa. E si deciderà su come comportarsi alle prime votazioni. Il segretario è fiducioso sul fatto che Giuseppe Conte manterrà una strategia unitaria, anche se il leader M5S ieri ha ribadito che Draghi deve rimanere a Palazzo Chigi.
Oggi pomeriggio ci sarà anche l’assemblea con i grandi elettori dem: non è escluso che le posizioni divergenti nel partito, rispetto alla linea che vuole Draghi al Quirinale, vengano fuori. Letta dovrà cercare di evitare che si materializzino, invece, nel segreto dell’urna.
(da Il Fatto Quotidiano)
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