Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
E SALVINI RITORNA A PARLARE DELLA SUA ROSA DI BOLLITI DEL CENTRODESTRA DOPO CHE LETTA HA DETTO NO A UN GOVERNO CON SALVINI AL VIMINALE E SENZA SPERANZA
Il faccia a faccia tra Enrico Letta e Matteo Salvini apre uno spiraglio per il trasloco di Mario Draghi al Quirinale, ma la strada è disseminata di ostacoli e irta di trappole.
A raffreddare la temperatura arriva la nota salviniana di fine giornata: la fatidica rosa di “donne e uomini di alto profilo” del centrodestra “unito”, quella che il segretario Dem considera irricevibile, è in arrivo.
Nell’incontro, tuttavia, per la prima volta si ragiona di un eventuale nuovo governo, si soppesano veti e desiderata (e ministeri), ci si aggiorna a domani.
Il segretario Dem, che oggi ha avuto un colloquio anche con il premier, sa di camminare sul filo del rasoio. Appeso all’imprevedibilità del suo “peggior amico” di maggioranza Salvini, accompagnato dalle titubanze del principale alleato, Giuseppe Conte, assai meglio disposto di lui verso i nomi di centrodestra, e circondato da quella parte del Pd che è fredda con Draghi (i franceschiniani) o viceversa lo vorrebbe a Palazzo Chigi anche nella prossima legislatura (Base Riformista del ministro Guerini e del non più autosospeso Luca Lotti). Sapendo che l’orologio ticchetta, e lo stallo può aprire la porta all’iniziativa di Renzi e Toti per Casini.
Dalle parti del Nazareno al mattino l’umore è plumbeo, nel pomeriggio si intravvede uno sprazzo di cielo. L’atteso colloquio tra Letta e Salvini si rivela interlocutorio (come previsto) ma traccia un metodo, scolpito dal comunicato-fotocopia dei due leader: “Incontro lungo e cordiale, aperto un dialogo, lavorano su delle ipotesi”.
Si rivedranno domani, dopo la riunione dei gruppi parlamentari del Carroccio. Non è chiaro però dove si collochi il nome di Mario Draghi tra le ipotesi allo studio.
Dal Pd trapela cauto ottimismo, la convinzione che il no leghista al trasloco del premier sul Colle non sia più granitico, che ci sia spazio per un negoziato politico. Sebbene il livello di allerta resti altissimo: Salvini avrebbe rilanciato il tema del Viminale, per sé o per uno dei suoi.
Ma aleggia, sebbene al vertice non sia stata avanzata, la richiesta di un passo indietro dalla nuova squadra di Roberto Speranza. La seconda richiesta sarebbe respinta, ma anche la prima provocherebbe forti fibrillazioni con i Cinquestelle.
E la domanda: “Fino a che punto siamo in grado di reggere?” rimbomba in Translatlantico. Insieme a un retropensiero: che Salvini possa alzare troppo l’asticella per farsi dire di no, per avere il pretesto di rompere, per affossare ogni trattativa e mettere in difficoltà la segreteria del Pd.
Con il risultato di aprire un’autostrada per la Casellati o la Belloni o un altro nome gradito. Tanto che in serata boatos parlamentari rilanciati anche dentro il Pd tornano sull’”indigeribilità” di Draghi al Colle per la Lega.
Sospetti che al Nazareno, per ora, scacciano. Per Letta, in pressing per “stanare” il leader leghista ed evidenziare come il centrodestra sia tutt’altro che compatto, rimane un colloquio “molto positivo”.
Quel confronto che auspicava da mesi, quando a legge di Bilancio ancora aperta aveva auspicato un patto di legislatura, potrebbe avviarsi, sia pure in extremis.
Nella consapevolezza però che il pacchetto non può prescindere da un accordo per il nuovo governo, senza il quale la Lega (ma anche la stragrande maggioranza dei parlamentari) non si fiderà mai ad avallare il “pericoloso” spostamento da Palazzo Chigi.
Ecco perché stamattina, a girare per Montecitorio, spirava un vento gelido per il premier. “Senza un’intesa politica, senza che i leader dei partiti dell’attuale governo di unità nazionale ci mettano la faccia, Draghi prenderebbe un bagno…” ammetteva un componente della segreteria Dem.
A dire: se non sono convinti i capi, l’intendenza non seguirà mai. Ed ecco perché a dare il segno della giornata è stato anche il movimentismo del premier. Fonti governative raccontano che la quadra sia ancora molto lontana da raggiungere, che il nome di un nuovo premier non sia stato avanzato, che Draghi avrebbe fornito soltanto la garanzia di consultazioni ampie e articolate con i partiti della sua maggioranza. Uno scenario molto poco rassicurante per i medesimi.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
DRAGHI NON GLI DA’ GARANZIE SUL DOPO
“Su quel che succede dopo non decido io, spetta a voi, spetta ai partiti”. Matteo Salvini non ottiene le garanzie che sperava da Mario Draghi.
I due si vedono intorno all’ora di pranzo, un faccia a faccia che doveva restare riservato, e che invece viene battuto dalle agenzie di stampa poco dopo.
Il segretario della Lega si trincera dietro un “no comment”, non conferma né smentisce il summit che è un dito nell’occhio agli alleati di Forza Italia, che appena due giorni fa tramite una nota di Silvio Berlusconi avevano sbarrato la strada verso il Colle al premier.
Lui si è inabissato, chiuso nel suo studio a Palazzo Chigi si è attaccato al telefono, a Palazzo si vocifera di contatti con i leader, a partire da Enrico Letta passando per Giuseppe Conte.
Ma il vero kingmaker di giornata rimane lui. Salvini in linea d’aria è a cento metri dal brulicare di grandi elettori e giornalisti che sciamano tra il Transatlantico e il cortile della Camera, asserragliato nel palazzo che ospita gli uffici dei gruppi Parlamentari. Da lì dirige il traffico, incontra il segretario del Pd, poi il capo politico dei 5 stelle, un ectoplasma che aleggia tra i conciliaboli e nei corridoi, la sua assenza è una presenza che incombe sulla Camera che vota a raffica schede bianche.
I suoi sciamano con un’unica certezza, votare scheda bianca, dell’affaire Draghi sanno poco o nulla, se non che per oggi non è lui, domani chissà, il capogruppo Riccardo Molinari ripete a chi lo sente che “noi lavoriamo a una candidatura di centrodestra”. Chi invece c’è e catalizza l’attenzione generale è Umberto Bossi, l’anziano leader che arriva per votare spinto su una sedia a rotelle, poi esce nel cortile e non rinuncia alle vecchie abitudini.
Corre nell’angolo del cortile concesso ai fumatori, si presta a una lunga processione di omaggi, un nugulo di cronisti, e poi Pier Luigi Bersani, Ignazio La Russa, Roberto Calderoli che gli si siede accanto, arriva anche Giancarlo Giorgetti, il tempo di due battute e poi via attaccato al telefono. In Transatlantico incrocia Luigi Di Maio, i due non hanno mai fatto mistero di piacersi, “Vota bene!” gli dice sorridendo il ministro degli Esteri nella consapevolezza che oggi è un tripudio di schede bianche.
Salvini torna dai suoi con la consapevolezza di non avere garanzia alcuna sul prosieguo della legislatura da Draghi, nel caso fosse eletto. Dopo l’incontro, dall’entourage di Conte si gongola, c’è “ottimismo” sul fatto che non sia Draghi il punto di caduta, opzione sgradita al punto tale da Conte che dopo l’incontro con il leader leghista fa trapelare una “totale sintonia” con colui che gli fece cadere il governo da sotto la sedia.
Dalla war room del Carroccio si predica prudenza: “L’ipotesi è in campo, poi c’è quella di un altro nome afferente al centrodestra”. C’è da fare un governo, con Letta si è aperto “un canale di dialogo”, resta il fatto che giù dove si vota è tutto un guardare su, dove Salvini tesse la sua tela, incontra Giorgia Meloni che la mattina ha lanciato Carlo Nordio, e poi Giovanni Toti, Luigi Brugnaro, Maurizio Lupi.
“Ma Salvini e Draghi che si sono detti?”, chiedono deputati pentastellati, quando in Transatlantico si sparge la voce che l’incontro sia andato male è tutto un fiorire di retroscena, di nomi, di soluzioni.
I 5 stelle tirano fuori il nome di Filippo Patroni Griffi, già circolato negli scorsi giorni, “ma lo facciamo per non bruciare quello di Andrea Riccardi” (ah…) il cui nome è stato fatto da Conte, Letta e Speranza riunitisi al mattino. Torna in auge Pierferdinando Casini, arriva per votare ed è una processione a stringere mani, ma non convince nemmeno i leghisti che tornano a bomba sulla storia della rosa di centrodestra, il capo l’aveva annunciata ma ancora non si è vista.
E’ però quella la strada alternativa in una giornata in cui le quotazioni dell’attuale premier vengono date al ribasso e lui raccontato come profondamente irritato.
Spiega chi lo conosce bene che “le condizioni per un’elezione non possono dipendere da garanzie sul dopo, è una sgrammaticatura istituzionale”. Salvini segue comunque quella traccia, ma ha rispolverato l’opzione di centrodestra, assicura che nelle prossime ore di poter offrire “diverse proposte” ai grandi elettori.
Forse king non ancora, sicuramente è il maker di giornata, anche se Bossi predica prudenza: “Il nome di Draghi può uscire, ma alla fine”. Dove sia la linea dell’arrivo ancora non è chiaro.
(da Huffingtonpost)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
SPONSORIZZATO DA RENZI, CON AMICIZIE TRASVERSALI, PIER FERDI CONOSCE L’ARTE DEMOCRISTIANA DI SAPER ATTENDERE
Andare a messa: neanche a parlarne. Troppi ficcanaso di cronisti in giro. Così decide di accendere il maxischermo del salone: ascolta, su Rai1, l’Angelus di Papa Francesco in diretta da piazza San Pietro. Prende la benedizione, si fa il segno della Croce.
Poi inizia a squillargli il cellulare. Il senatore Pier Ferdinando Casini è rimasto a casa. In attesa di capire se dovrà organizzare, presto, un trasloco. Scrivere che è sereno sarebbe una solenne bugia: però sa che ormai ci siamo.
E niente dipende più da lui. Tutto quello che poteva fare, nel gioco della diplomazia più sottile, l’ha fatto. È stato anche ligio alla antiche e ferree regole della candidatura quirinalizia: sparito dalla scena pubblica, da settimane non rilascia interviste, né scampoli di dichiarazione (gli ultimi suoi virgolettati ufficiali sono datati 17 agosto 2021: e ragionava sul futuro dell’Afghanistan). Poi più niente, zero. Ha solo cercato di farsi dimenticare.
Un cronista, sere fa, l’ha intercettato sotto Palazzo Madama, l’ha chiamato – «Casini! Casini!» – ma lui ha quasi finto di non essere Casini, ha allungato il passo, s’ è infilato in un portone. Si fa così.
Naturalmente, da adesso in poi, è però cosciente che una possibile nuova vita da presidente della Repubblica è legata solo ai più imponderabili incastri politici, e alla mano della Divina Provvidenza. Almeno gli incastri cerca di sapere come si stiano mettendo. Al cellulare è Matteo Renzi. Il suo sponsor ufficiale (con dentro solida stima e amicizia: del resto, nel 2018, Casini fu eletto al Senato proprio con la complicità del Pd, di cui Renzi era segretario).
Telefonata lunga. Renzi lo tranquillizza, senza comunque nascondergli le insidie: doppi giochi sublimi, volgari trappoloni, l’innegabile potenza di Mario Draghi, la straordinaria suggestione di una candidata donna.
Casini parla al cellulare passeggiando nel salone, soffitti alti e decori barocchi, il finestrone con un panorama che è quanto di più familiare, e rassicurante, possa avere uno come lui: piazza del Gesù e il palazzo rococò che fu la sede storica della Dc, la grande sagrestia nazionale dove venne allevato.
Figlio del segretario bolognese dello scudocrociato, lanciato alla Camera a soli 27 anni (in seguito ne è divenuto presidente), studiò poi alla scuola dei pesci in barile dorotei – essendo un battutista strepitoso, un giorno disse: «Potrei parlare per ore senza dire niente» – in realtà sul palcoscenico ha detto a lungo, e con autorevolezza, la sua: tatticamente formidabile, crea uno zatterone scudocrociato, l’Udc, su cui accoglie naufraghi cattolici alla caccia di un seggio, che subito conduce nel porto sicuro di Berlusconi. Con il quale poi litiga: finendo con l’appoggiare i governi di Monti, Letta, Renzi, Conte e Draghi.
Uno che lo conosce benissimo, Marco Follini, ha scritto sull’Espresso lo scorso agosto (perché le candidature al Quirinale i democristiani sanno che si costruiscono in anticipo): «Dei difetti di Casini penso di essere, a mio modo, un esperto. So che in lui il talento e la furbizia, e l’ambizione e la lealtà, si tengono sempre in precario equilibrio…
Ma il capo dello Stato, ce lo ricorda l’esperienza di molti, si nutre di quella che viene chiamata appunto la “grazia” di Stato. E cioè la capacità di prendersi sulle spalle il carico di un Paese… Ecco, Casini possiede il dono della mediazione. E di mediatori il Paese ha e avrà sempre bisogno».
Il problema è che il Cavaliere la pensa un po’ diversamente. Un mese fa, ha tuonato: «Casini al Quirinale? Escluso. È un tipo che tradisce». Vecchie ferite. Però assolutamente sanabili.
«La verità – riflette Paolo Romani, storico forzista, amico di Casini e ora capo delegazione al Senato della componente Idea-Cambiamo-Europeisti – è che Pier Ferdinando ha amici sia di qua, nel centrodestra, che di là, nel centrosinistra». Non sono le ore giuste per capire cosa accadrà dalle parti del Nazareno.
E anche la telefonata con Luigi Di Maio è molto cordiale – come ha svelato Francesco Verderami sul Corriere , lo scorso Natale Di Maio spedì una bottiglia di champagne a Casini – ma inevitabilmente interlocutoria.
Poi, alle 19.30, arriva una notizia scontata. Salvini annuncia: «Casini non sarà nella rosa che il centrodestra proporrà nelle prossime ore», sottolineando tuttavia che «sarebbe pericoloso togliere Draghi da Palazzo Chigi». Casini è un maestro nel leggere in controluce certe dichiarazioni.
Soprattutto, sa bene che è da giovedì, quando sarà sufficiente la maggioranza assoluta, che può cominciare a sperare. Deve riuscire a mantenere la calma. Le luci accese nel palazzo di fronte, nella ex sede dicì, riportano la sua memoria a notti di riti solenni, dove il monito rigoroso dei grandi capi della Balena Bianca era: bisogna saper aspettare.
(da Il Corriere della Sera)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA NO VAX FA IL SOLITO SHOW: NON E’ IN QUARANTENA O IN ISOLAMENTO, QUINDI NON PUO’ VOTARE
Sara Cunial, sprovvista di tampone e di vaccino, e quindi di Green pass non può votare: durante la Maratona Mentana ha minacciato di querela il presidente della Camera Fico e ha anche riferito di aver chiamato i Carabinieri:
No vax convinta e sostenitrice di molte delle teorie del complotto che sin dall’inizio aleggiano intorno alla pandemia di Covid-19, Sara Cunial, ha pagato la scelta di non immunizzarsi perdendo il diritto al voto per le elezioni del presidente della Repubblica.
Parlamentare eletta nelle file del Movimento 5 Stelle e aderente al Gruppo Misto – dopo essere stata cacciata dai pentastellati per le posizioni antiscientifiche espresse sui vaccini già prima dell’avvento del coronavirus -, non potendo accedere senza green pass all’Aula per esprimere la sua preferenza, la deputata è stata esclusa anche dal seggio allestito in via della Missione, nel parcheggio di Montecitorio, per i grandi elettori che sono in quarantena o che hanno contratto il virus.
Requisito necessario per usufruire di questo seggio speciale, è infatti il certificato medico che attesta la quarantena o l’isolamento causa positività al Covid.
Non rientrando Cunial in nessuna di queste categorie, si è vista preclusa la possibilità di votare.
Protestando per l’accaduto davanti alle telecamere di La 7, ha dichiarato di aver “chiamato i carabinieri” e minacciato di “querelare qualunque persona ha negato l’accesso e il Presidente Fico. È un abuso, è una dittatura. Non viene concesso a un Deputato eletto di entrare alla Camera“. Infine, Cunial ha anche paventato la possibilità di “chiedere l’annullamento delle elezioni del presidente della Repubblica”.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
CIRCA 25.000 EURO DI SPESE PERSONALI CON LA CARTA DI CREDITO DEL SINDACATO UGL CHE LEI GUIDAVA
Una carta del sindacato usata per spese personali da decine di migliaia di euro a Roma, Parigi, New York. A beneficiarne l’ex presidente della regione Lazio Renata Polverini, secondo l’accusa confermata in primo grado dal tribunale di Roma, che l’ha condannata a sei mesi di reclusione per appropriazione indebita.
La pena è stata sospesa, a condizione che l’attuale deputata di Forza Italia restituisca le somme contestate, pari a 25mila euro da versare all’Ugl, il sindacato della destra da lei guidato fino al 2010, e 5 mila euro da corrispondere alla sigla sindacale Confintesa.
L’accusa è quella di aver usato, tra il 2013 e il 2014, una carta Visa ricaricata ogni mese dall’Ugl “per impieghi di carattere strettamente personale (viaggi, borse, capi di abbigliamento e simili)”.
Il sindacato versava ogni mese 2mila euro sulla carta, utilizzati per coprire le spese più varie, dalla manicure in un nail bar del centro storico, alle cene in un ristorante dei Parioli, fino allo shopping durante una vacanza a New York e gli acquisti da Max Mara, con uno scontrino “abbinato alla scheda cliente Polverini”.
Secondo l’ex presidente del Lazio, non è stata lei a utilizzare la carta ma un’altra persona “mentre si trovava in mia compagnia in qualche negozio”.
Questa sarebbe Stefano Cetica, ex dirigente dell’Ugl, anche lui imputato nel processo ma assolto per insufficienza di prove.
Su una carta intestata a Cetica, il sindacato versava altri 3mila euro al mese per spese che il giudice ha ritenuto giustificate dal ruolo che ricopriva, nonostante abbia ravvisato una gestione “allegra” delle somme.
Secondo Polverini era Cetica, con cui si era recata a New York per un viaggio di piacere, a utilizzare la carta per rimborsare “anche alcune mie attività a sostegno del sindacato“. Una giustificazione confermata dall’ex dirigente ma considerata improbabile dal giudice, che ha definito le parole della Polverini “bizzarre”. L’avvocata di Polverini ha annunciato il ricorso in appello
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
GLI ESPERTI DEL SETTORE: “NON SOLO GLI SPONSOR POTREBBERO RESCINDERE I CONTRATTI MA CHIEDERGLI I DANNI“
Mentre i legali di Novak Djokovic starebbero valutando la richiesta di un risarcimento di 5 milioni di dollari nei confronti dell’Australia e del circuito tennistico Open, gli sponsor hanno espresso – Lacoste in primis secondo rumors – l’intenzione di “rivedere” quanto prima il contratto milionario che li lega al tennista serbo. Ipotesi, quest’ultima, tutt’altro che improbabile secondo gli esperti di diritto sportivo internazionale .
«Innanzitutto vi sarebbe un tema di mancata visibilità – spiega l’avvocato Leone Zilio esperto di sponsorizzazioni e diritto dello sport dello Studio internazionale Rödl & Partner, presente in 48 paesi nel mondo tra cui l’Italia – conseguenza della sua non partecipazione agli Open d’Australia, così come, sembra prefigurarsi pure al Roland Garros, due tornei importantissimi e che pesano tantissimo nella determinazione del valore della sponsorizzazione erogata al tennista testimonial».
Vi è poi un tema relativo alle cosiddette “morality clauses” ovvero «clausole che – spiega il legale di Rödl & Partner intervistato da La Repubblica – tutelano l’azienda da comportamenti pubblici o emersi all’opinione pubblica che possano infrangere il “patto di moralità”, cioè quello che impegna lo sportivo in quanto testimonial e ambasciatore del brand a una condotta aderente ai valori del marchio, dell’azienda e comunque dello sport e della morale in genere».
E sulla vicenda Djokovic sembra che tutte queste condizioni si manifestino. Ecco perché gli sponsor potrebbero agire per, intanto, ottenere la riduzione del compenso di sponsorizzazione ma soprattutto chiedere la risoluzione del contratto, se non anche elaborare una richiesta risarcitoria che potrebbe mettere a dura prova le seppur cospicue risorse del tennista serbo.
Se Lacoste è al momento il primo tra gli sponsor di Djokovic ad aver manifestato la volontà di “rivalutare” la collaborazione con il tennista serbo, la banca austriaca RBI – Raiffeisen Bank International avrebbe invece confermato ai media di voler, al momento, mantenere in essere il contratto, così come il produttore di orologi di lusso Hublot, mentre Asics, Head, Lemero, NetJets, Peugeot e Ultimate Software Group, non si sono ancora espressi in merito.
«Ma è una quiete prima della tempesta – riflette lo spin doctor della Purple & Noise PR Davide Ciliberti, primo ad aver elevato il tema sponsorizzazioni sui media. Se Lacoste, o un altro qualsiasi degli sponsor, lo molla – continua l’esperto – si scatenerà immediatamente l’effetto “domino”, ovvero uno dopo l’altro gli altri marchi seguiranno l’esempio e rescinderanno i contratti, anche perché – continua Ciliberti – sarebbe difficile giustificare, anche a seguito della sentenza del Tribunale australiano che di fatto ha bollato il tennista come esempio sbagliato per i giovani, ai propri consumatori o all’opinione pubblica la scelta di mantenere quale loro modello uno sportivo che, a leggere le carte, si è mosso in maniera scomposta se non scorretta, e comunque è oggi icona della frangia no-vax, che in termini di marketing rappresenta solo qualche misero punto percentuale del mercato».
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL GINECOLOGO HA 75 ANNI ED E’ NOTO PER LE SUE TEORIE NO VAX
Invece di suggerire un ricovero urgente, necessario per salvargli la vita ma sconsigliato in maniera esplicita, al suo paziente aveva prescritto intrugli a base di funghi.
L’uomo, che aveva gravi patologie pregresse come cardiopatia con acuzie di infarto nel 2007, ipertensione, ipercolerestolemia, diabete, problemi di prostata, è morto in un comune non specificato della Campania, dove risiedeva.
A lui avrebbe prescritto – tramite colloqui telefonici e senza visite di persona – pratiche non scientifiche non riconosciute dalla medicina ufficiale, fino al decesso per infarto.
Per questo motivo Roberto Petrella, medico noto per le sue posizioni contro il vaccino, è stato arrestato dagli agenti della Digos di Catanzaro, che gli hanno notificato gli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio colposo.
Petrella è un ginecologo di 75 anni, era già stato destinatario di un provvedimento non definitivo di radiazione dall’Ordine professionale per aver messo in atto una campagna social contro la vaccinazione dei 12enni contro il papilloma virus.
Si è sempre mosso oltre il confine della medicina riconosciuta dalla comunità scientifica: lo scorso novembre aveva partecipato a una riunione di no vax a Fabriano, in provincia di Ancona, al termine della quale risultarono contagiate 21 persone, mentre 87 furono messe in quarantena.
Per Petrella nei vaccini anti-Covid ci sarebbero “tessuti umani di feti abortiti” e negli Stati Uniti una società ucciderebbe “dai 4 ai 5mila bambini al giorno” per utilizzarli come “ingredienti” per i farmaci sviluppati per fermare la diffusione del coronavirus. Gli inquirenti hanno intercettato alcune sue che certificherebbero come il ginecologo non abbia effettuato una corretta diagnosi.
Secondo l’accusa, Petrella avrebbe sollecitato cure alternative anche in relazione ad una paziente affetta da Covid-19. Per il Gip di Catanzaro gli arresti sono stati necessari per la “non occasionalità” della condotta del medico no vax, che anche dal suo profilo Facebook pubblicava video dai contenuti antiscientifici per dare massima diffusione alle sue tesi.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
“HANNO SPINTO OLTRE IL BURRONE QUALCOSA CHE ANDAVA FERMATA PRIMA“
Il ritiro della candidatura di Berlusconi è ormai diventato un caso mediatico: c’è addirittura chi, come Giovanni Toti- presidente della Liguria -, pensa davvero che il cavaliere sia una ‘vittima’ designata della destra, che lo ha voluto soltanto usare.
“Mi dispiace che tutto questo sia avvenuto sulla pelle del presidente Berlusconi che qualcuno ha cinicamente usato fino in fondo. Hanno spinto oltre il burrone qualcosa che andava fermata prima. È difficile per tutti arrivare a 505 grandi elettori”.
Lo ha affermato al “Corriere della Sera, il presidente della Liguria e cofondatore di Coraggio Italia, Giovanni Toti.
E ora cosa succede? “Si chiude definitivamente la Seconda Repubblica e si avvia un nuovo ciclo. Chiunque sarà presidente della Repubblica – ha continuato Toti – farebbe bene a nominare sia Berlusconi che Prodi senatori a vita. Sarebbe una pacificazione su cui costruire la Terza Repubblica. Si deve eleggere un arbitro che non solo abbia la statura politica ma i voti parlamentari”.
Secondo Toti “è inutile fare il toto-nomi. Per noi l’elezione del capo dello Stato tiene dentro una serie di cose. In particolare, oltre alla scelta di una figura garante dell’unità del Paese, la continuità di governo e la riforma della legge elettorale. Si può essere proporzionalisti o favorevoli al maggioritario ma l’attuale sistema di voto non ha garantito né la rappresentanza né la governabilità”.
(da Globalist)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
“CI SARA’ UN COLPO DI SCENA ALL’INSEGNA DEL ‘DOPO DI ME IL DILUVIO’“
L’ex ministro socialista Rino Formica in un’intervista a Repubblica, ha commentato lo stato delle cose per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e del ‘plot twist’ – annunciato – di Berlusconi: ovvero il ritiro della sua candidatura per il Colle. “Una confusione così credo di non averla mai vista”
“Gli attori stanno in scena senza sapere in che direzione andare. Il finale è aperto alle conclusioni degli spettatori. Siamo alla Sibilla Cumana”, ha osservato Formica tracciando un parallelo con il mondo del teatro.
Manca una direzione politica perché “i leader non governano i gruppi. Non c’è più alcun pensiero. Soltanto attori che recitano senza conoscere la trama”.
Continua a restare centrale, per il socialista, il ruolo di Silvio Berlusconi che dopo il ritiro starebbe “meditando un colpo di scena, un gesto vendicativo, che miri a sciogliere, a saponificare: dopo di me il diluvio”.
Giorgia Meloni “la ritiene una infedele, foriera di franchi tiratori. Meloni vuole Draghi al Colle, perché sa che poi quasi sicuramente si andrà a votare. Non è il disegno di Berlusconi”, ha osservato Formica. E quale sarebbe il disegno del Cavaliere? “Far dire alla sinistra che Draghi è il loro candidato. Ed è così, in effetti. I voti principali li ha lì”, conclude.
(da agenzie)
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