Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
SONO DIECI ANNI CHE I SOVRANISTI FANNO SEMPRE GLI STESSI NOMI, INCAPACI DI INDIVIDUARE PERSONAGGI CREDIBILI CHE NON SIANO MICHETTI O PIPPO FRANCO
La pedofilia è un orientamento sessuale. Non una devianza, non una parafilia patologica, dunque. Questa incredibile definizione, almeno, dava qualche mese fa Carlo Nordio, parlando delle criticità che secondo lui presentava il ddl Zan allora ancora in discussione.
Il giurista, ex procuratore aggiunto di Venezia, ora candidato al Colle da Fratelli d’Italia, segnalava, nel corso di un’audizione della Commissione Giustizia del Senato, quelli che erano i suoi dubbi sul disegno di legge.
Secondo Nordio, “quando si parla di orientamento sessuale si dà una definizione spuria estremamente ambigua che minaccia di ritorcersi contro le intenzioni del legislatore”. Ed è a questo punto del discorso che l’ex magistrato è caduto sulla buccia di banana.
Infatti, proseguendo il ragionamento ha portato un esempio, questo sì, davvero ambiguo. “Se una persona dicesse ‘io i pedofili li metterei tutti al muro’, sarebbe incriminabile in base al ddl Zan, perchè la pedofilia è un orientamento sessuale. È un orientamento perverso, ma noi sappiamo che non c’è nulla di più volatile della concezione del sesso che noi abbiamo”.
La definizione di orientamento sessuale, dunque, renderebbe la pedofilia equiparabile all’omosessualità, e quindi la sua condanna punibile dal ddl Zan.
Ma, come spiega la scienza, la pedofilia è considerata un disturbo e – quando si concretizza in atto sessuale – diventa un reato punibile con una pena fino a dieci anni di carcere.
Sarebbe questo, dunque, il candidato che la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, vorrebbe proporre con l’intenzione di creare attorno a lui una maggioranza solida per l’elezione del Capo dello Stato?
Meloni, infatti, ha chiarito il desiderio di “allargare la rosa dei nomi dei candidati” anche a chi non ha ricoperto ruoli politici in senso stretto. “Molte personalità, che provengono dall’area del centrodestra, avrebbero il curriculum e lo standing per ricoprire il ruolo di presidente”, ha detto. E secondo lei, Nordio sarebbe tra queste.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
DA BLOOMBERG AL FINANCIAL TIMES E A LES ECHOS
Nel giorno in cui Giuseppe Conte fa dietro-front sulla possibile nomina di Draghi capo di Stato, per via delle relative problematiche che genererebbe un precedente simile, molti giornali stranieri fanno il tifo proprio per lui.
Financial Times
Mario Draghi alla presidenza della Repubblica potrebbe garantire il percorso delle riforme; al contrario, se non venisse eletto, il suo ruolo di premier verrebbe indebolito.
Il Financial Times comincia così una lunga analisi dal titolo: ‘Il dilemma Draghi: l’elezione presidenziale italiana rischia la turbolenza’. “Draghi ha presentato ai politici italiani un dilemma – scrive il quotidiano – se mantenere il più celebre tecnocrate del loro paese come primo ministro, permettendogli di andare avanti con un ambizioso programma di riforme finanziato dall’Ue, o elevarlo a capo di Stato, innescando potenzialmente una crisi paralizzante per un successore alla guida del governo”.
“Dal suo arrivo al governo – ha ricordato il giornale della City – Draghi ha rivitalizzato la fiducia dei mercati e degli investitori grazie a una campagna vaccinale di successo e politiche di bilancio espansive per far accelerare la ripresa economica. Draghi ha disegnato un ambizioso programma di riforme strutturali per migliorare la traiettoria di crescita di lungo periodo dopo decenni di stagnazione”.
“Ma un’elezione presidenziale divisiva che dovesse causare una crisi politica preoccuperebbe Bruxelles e i mercati finanziari – ha rilevato l’FT – Dal Quirinale, Draghi potrebbe usare i suoi poteri e la sua autorevolezza per assicurarsi che i governi futuri mantengano le riforme sui binari giusti. Se la coalizione di governo dovesse decidere di non eleggerlo alla Presidenza della Repubblica il ruolo di Draghi ne uscirebbe scalfito”.
Bloomberg
“Draghi è stato al governo per quasi un anno: ha guidato l’economia italiana a raggiungere un tasso di crescita del 6,3%, ha organizzato una delle campagne vaccinali di maggior successo d’Europa, ha avviato riforme per affrontare i problemi strutturali dell’Italia, come la burocrazia eccessiva e il sistema giudiziario lento. Draghi potrebbe ritenere che il modo migliore per preservare in futuro i risultati della sua azione di governo sia diventare Presidente della Repubblica, un ruolo che dura sette anni”. Così scrive Bloomberg.
Per l’agenzia economica, “i presidenti italiani hanno molti più poteri di quello che sembra. Lo spread tra Bund e BTP per ora non si è mosso molto, probabilmente perché i mercati si aspettano che Draghi non lascerà la scena politica”. Ma lo slancio del governo Draghi, si osserva, “potrebbe rapidamente dissiparsi se gli succedesse un primo ministro meno efficace che non ha l’influenza dell’ex capo della Banca centrale europea in patria e all’estero. Ciò potrebbe mettere a repentaglio l’accesso del Paese a oltre 200 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti disponibili dal fondo di recupero della pandemia dell’Unione europea”. Per Bloomberg, il presidente del Consiglio “potrebbe scommettere sul fatto che le sue possibilità di cementare la sua eredità siano migliori se scambierà la carica di premier con la presidenza, che ha un mandato di 7 anni. Se terrà il suo attuale lavoro, rischia di essere trascinato nel pantano delle lotte intestine politiche, come successe a Mario Monti, un altro rispettato tecnocrate. E sebbene sia molto apprezzato per la sua eroica difesa dell’euro durante la crisi del debito europeo e vanti alti indici di approvazione, è improbabile che Draghi cerchi un mandato popolare alle elezioni nazionali che dovrebbero svolgersi entro giugno 2023”.
Les Echos
“Avrà fatto tutto il possibile per salvare l’euro, ma non necessariamente la sua patria”: così comincia un editoriale dedicato oggi dal quotidiano francese Les Echos alla corsa al Quirinale, con il titolo “L’Italia senza il suo garante”.
“Glorificato per la sua azione alla guida della Bce – ha scritto Les Echos – Mario Draghi è pronto ad abbandonare con un anno di anticipo la presidenza del Consiglio italiano per quella, più simbolica in modo diverso, del paese. Per lui è il sogno di una vita, la consacrazione di un percorso senza errori che gli apre le porte del Quirinale, un palazzo in cui l’hanno preceduto una trentina di papi e Napoleone. Dietro la legittima aspirazione di un uomo di 74 anni, si nasconde tuttavia un immenso rammarico, quello di vedere un capitano abbandonare la sua nave in piena operazione di salvataggio. I suoi 11 mesi trascorsi al timone hanno prodotti risultati piuttosto spettacolari, in un paese che di recente ne ha conosciuti così pochi: l’Italia è ormai uno dei paesi meglio vaccinati del mondo, mostra una ripresa economica superiore a quella della Germania e della Francia. Ma tutto porta a credere che la fiducia dei mercati non sopravviverà alla probabile uscita del suo primo ministro. Lui solo sembrava in grado di riassorbire, o almeno far dimenticare quella montagna di debito, oltre il 150% del Pil – che minaccia la penisola. L’effetto Draghi sembra già svanire: il famoso ‘spread’, che da’ una buona indicazione sulla difficoltà di un paese a finanziarsi sui mercati, è tornato al suo livello di due anni fa”.
Per Les Echos, “anche qualora Mario Draghi nominasse un governo tecnico per evitare elezioni anticipate, i partiti populisti ritroveranno il potere di nuocere che lui aveva saputo contenere. La speranza, ovviamente, è che Mario Draghi trasformi la funzione presidenziale per darle un ruolo più attivo, nei limiti della legge fondamentale”.
(da Globalist)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
LE AGENZIE DI SCOMMESSE AGGIORNANO LE LORO QUOTE
L’ultimo aggiornamento non riguarda solamente le quote, ma anche quel nome depennato dal suo passo indietro.
Nelle previsioni dei bookmakers per il TotoQuirinale, infatti, sparisce il nome di Silvio Berlusconi. E questo sembra rimescolare le carte in vista della prima tornata di voto che ci sarà oggi, a partire dalle ore 15, a Montecitorio.
Perché le agenzie di scommesse sottolineano come la partita sia ancora molto incerta, anche perché le personalità sul campo sono molto differenti tra loro. E poi ci sono i giochi politici dei vari partiti che, al momento, rendono fumosa tutta la situazione.
Si parte oggi, con voto segreto. Per le prime tre tornate (che equivalgono, a causa delle tempistiche dilatate per le stringenti norme sanitarie, ai primi tre giorni) ci si baserà su una maggioranza dei due-terzi dei Grandi Elettori (672 voti), ma dal quarto giorni si potrà procedere con l’elezione del nuovo Capo dello Stato con la maggioranza assoluta dei seggi (505 Grandi Elettori).
Per questo motivo, come spiegano le agenzie di scommesse, le quote rimarranno congelate fino al primo scrutinio e saranno aggiornate già a partire da questa sera, quando Roberto Fico finirà di leggere i nomi inseriti nell’urna dai senatori, deputati e delegati delle Regioni.-
Ma le quote del TotoQuirinale sembrano essere in linea con la situazione cristallizzata dei partiti.
Come riporta il portale specializzato Infobetting, infatti, le quotazioni di un’ascesa di Mario Draghi al Colle resta la più probabile. Ma la quota è in crescita rispetto alle rilevazioni precedenti ( da 1.84 a 2.10).
Fanno un passo in avanti, pur rimanendo a distanza, la Presidente del Senato Elisabetta Casellati e Pierferdinando Casini (entrambi quotati a 6, scalando le gerarchie degli scommettitori). In grande ascesa c’è anche Marta Caratabia (quotata a 10) mentre, un po’ a sorpresa, la quota di un Mattarella-bis passa da 8 a 10).
Molto distanti, invece, altre tre figure che si sono alternate all’interno dei discorsi politici (e giornalistici) nelle ultime settimane: Giuliano Amato resta ancorato a 23, così come Paolo Gentiloni a 44.
Resta sullo sfondo, invece, il nuovo Presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, quotato a 51. Mancano nelle rilevazioni del TotoQuirinale 2022 i nomi di due personaggi emersi negli ultimi giorni: Elisabetta Belloni e Andrea Riccardi. Per le loro quote occorrerà attendere ancora diverse ore. E, comunque, non prima del primo scrutinio.
(da NetQuotidiano)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
GIORGETTI E DI MAIO D’ACCORDO, MA SE SALVINI VUOLE TORNARE AL VIMINALE LETTA FA SALTARE IL BANCO E SI TORNA AL VOTO
Mentre il giorno del primo voto per il Quirinale si apre alle 15 senza un nome in grado di superare il quorum richiesto nelle prime tre votazioni, tra gli outsider, come anticipato da Open, comincia a circolare il nome di Elisabetta Belloni.
La direttrice del Dis ed ex segretario generale della Farnesina è una soluzione che riscuote apprezzamenti bipartisan. E può essere un nome votabile anche per il MoVimento 5 Stelle, visti i rapporti con Conte e Di Maio.
Ma proprio per questo la sua figura potrebbe invece aprire la strada a Mario Draghi per il Colle. Nel senso che i due nomi potrebbero essere alla fine al centro di uno scambio. Che porterebbe l’ex presidente della Bce al Quirinale e lei a Palazzo Chigi.
Schede bianche e strategi
Con ordine. Oggi alle 15 si comincia a votare senza un’intesa. E tutti gli occhi sono puntati sul centrodestra. Dopo il ritiro di Silvio Berlusconi ha una rosa di nomi su cui puntare. Tre in particolare: Elisabetta Casellati, Marcello Pera e Letizia Moratti. Ma la rosa, spiega oggi il Corriere della Sera, potrebbe essere più ampia. E comprendere proprio il nome di Belloni.
L’obiettivo scoperto del centrodestra ora è quello di evitare che sia Draghi ad arrivare al Quirinale. O meglio: di evitare che ci arrivi con le mani libere. Nel senso che l’intenzione del centrodestra è quella di mantenere il no al premier fino a quando non si raggiungerà un’intesa sul dopo Draghi.
E quell’intesa si può trovare solo su due punti. Il primo sono le elezioni a breve, ovvero entro il 2022. Con la chiusura anticipata della legislatura.
Il secondo, alternativo è un governo che il centrodestra possa appoggiare fino al 2023. Per questo, come ha detto Matteo Renzi ieri, «al Quirinale non si va contro i partiti. Penso che la candidatura di Draghi possa stare in piedi solo che abbia questo elemento politico. Al Quirinale ci vai soltanto con un’iniziativa politica», ha spiegato il leader di Italia Viva. Ovvero: le forze politiche dovrebbero trovare una intesa ampia, tanto da comprendere un accordo sulla natura del futuro governo. E qui entra in gioco il nome di Belloni.
Belloni premier e Draghi al Colle?
La direttrice del Dis è di certo un nome valido per il Quirinale. Ma, spiega oggi Repubblica, può diventare presidente del Consiglio al posto di Draghi e spianare la strada dell’attuale premier verso il Colle. Superando Marta Cartabia, che veniva fino ad oggi considerata la figura spendibile per entrambi i ruoli.
Il quotidiano spiega che Belloni ha l’esperienza di segretario generale della Farnesina e di direttrice dell’unità di crisi del ministero. Oltre alla guida del gabinetto di Paolo Gentiloni. Belloni sarebbe sostenuta anche da settori importanti della Lega. In particolare da Giancarlo Giorgetti. E ha buoni rapporti con di Maio.
Proprio la recente ascesa ai vertici dei Servizi rappresenta però il principale ostacolo. In particolare rispetto all’opportunità di un passaggio diretto dalla guida dell’intelligence a quella del governo. Ma questo potrebbe costituire un ostacolo anche per il Quirinale.
Sia come sia, per l’approdo di Belloni a Palazzo Chigi (così come quello al Quirinale) servirà un accordo con il centrodestra. Che preveda, come dimostra lo stallo di queste ore, un patto sul futuro governo.
E, spiega ancora Repubblica, al centro ci sarà il Viminale. Non soltanto perché Matteo Salvini lo vorrebbe per sé (o per affidarlo all’attuale sottosegretario Nicola Molteni). Ma perché il Partito Democratico intende opporsi a questo disegno per evitare che il Carroccio detenga il ministero durante le elezioni.
Per questo nel caso il Pd potrebbe chiedere il voto anticipato. A meno che Salvini non si accontenti dell’uscita di scena dell’odiatissima Luciana Lamorgese. Che sarebbe così l’unica a pagare il prezzo del grande patto per il Quirinale.
(da Open)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DEL PD HA TRE NOMI: DRAGHI, CASINI E AMATO… IL CENTRODESTRA PUNTA SULLA CASELLATI TRAMITE L’ACCORDO CON RENZI
Negli ambienti Pd sono convinti che i nomi davvero in corsa per il Quirinale siano tre. Nessuno dei quali sarà protagonista domani, nell’urna, mentre si consumerà la pantomima delle schede bianche.
Il primo, sul quale sembra scommettere il segretario, è quello di Pier Ferdinando Casini. Oggi il veterano del Parlamento ha avuto un colloquio riservato con Enrico Letta. E dal veterano sono arrivati anche dei messaggi ad alcuni parlamentari Dem, il cui sottotesto era: speriamo che vada bene, ora mettiamoci all’opera.
Sarà casuale – in queste trattative così complesse è difficile credere che possa c’entrare il caso – ma tra i tanti no comment espressi da Matteo Salvini, inseguito dai giornalisti prima e dopo il suo punto stampa, c’è stato un «no» secco alla proposta Casini. «Non è una candidatura del centrodestra».
Chissà se lo diventerà dal quarto scrutinio. Già, perché la vecchia volpe dei palazzi romani avrebbe già fatto sapere agli adulatori che non ha intenzione di accettare alcuna investitura prima della quarta chiama, anche se gli venissero promessi i voti bipartisan durante gli scrutini uno, due e tre.
Intanto, la candidatura forte della coalizione in cui spadroneggiano i grandi elettori leghisti, dicono fonti del Carroccio, resta quella di Elisabetta Casellati. C’è da lavorare, fanno sapere, sui parlamentari 5 Stelle che non seguono Conte. Mentre Casellati, raccontano dal Nazareno con preoccupazione, avrebbe il favore di Matteo Renzi, il quale ambirebbe a prendere il suo ruolo di presidente del Senato.
Il terzo nome in campo, secondo voci dei grandi elettori Pd, raccolte da Open al termine dell’assemblea alla Camera, resta quello di Mario Draghi. Se proprio il presidente della Repubblica che succederà a Sergio Mattarella deve essere un tecnico, non può che essere l’attuale presidente del Consiglio. Con buona pace di Marta Cartabia e gli altri outsider della politica che sono saliti alla ribalta in questi giorni senza avere un partito alle proprie spalle.
(da Open)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
LO SCANDALO DELLE FESTE ALCOLICHE RISCHIA DI TRAVOLGERE IL GOVERNO INGLESE
A rivelare le ultime novità dell’inchiesta sulle violazioni delle regole anti Covid da parte del primo ministro inglese e il suo staff è il giornale britannico The Telegraph. Il capo di gabinetto Sue Gray avrebbe ricevuto gli agenti nelle ultime ore raccogliendo «dichiarazioni estremamente dannose
L’inchiesta sul Partygate britannico continua e ora sarebbero gli agenti di polizia in servizio a Downing Street ad aggiungere dettagli sulle feste alcoliche in lockdown del primo ministro inglese Boris Johnson.
Fonti del noto quotidiano inglese The Telegraph hanno riferito di «dichiarazioni estremamente dannose» su Johnson e il suo staff da parte delle forze dell’ordine in servizio presso la sede del governo nel periodo incriminato.
Lo scandalo delle feste alcoliche che sarebbero state organizzate durante il periodo di isolamento anti Covid da Johnson e il suo staff, continua ad arricchirsi di particolari. Secondo le fonti del The Telegraph, la segretaria di Gabinetto britannica, Sue Gray, avrebbe dunque ricevuto dagli agenti di polizia rivelazioni e prove «estremamente schiaccianti».
In attesa di un report conclusivo, previsto nei prossimi giorni, la stampa britannica ora si chiede quante probabilità rimangano a Johnson «di arrivare entro la fine della settimana ancora come primo ministro del Regno Unito».
Nei prossimi giorni Gray ascolterà anche Dominic Cummings, un tempo braccio destro del premier ma diventato suo nemico giurato dopo essere stato cacciato da Downing Street per dissidi con la moglie del premier Carrie.
Nel frattempo l’aria sempre più pesante a Downing Street sembrerebbe non spaventare Boris Johnson, che continua a dichiararsi innocente e a ribadire di «non aver violato alcuna regola del lockdown». In queste ore Gray continua a scrivere il rapporto finale. Dal suo ufficio è già passato lo stesso Johnson, i suoi funzionari e consiglieri politici.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2022 Riccardo Fucile
“ACCUSE MOLTO SERIE, SI APRA UN’INDAGINE“
Non bastava lo scandalo sulle feste non autorizzate in piena pandemia Covid organizzate a Downing Street dalla tarda primavera del 2020.
Il nuovo guaio per Boris Johnson riguarda una deputata del suo partito, Nusrat Ghani, la quale ha denunciato di essere stata esclusa dall’esecutivo due anni fa solo per il fatto di essere «una donna musulmana».
Ad essere accusato è stato Mark Spencer, ministro capogruppo della maggioranza Tory alla Camera dei Comuni: l’uomo ha rispedito per ora l’accusa al mittente dichiarandola del tutto «falsa».
La questione ha messo in subbuglio sia le opposizioni – che ora sperano di poter giocare questa carta a loro favore, minando ancora di più la carriera di BoJo – ma anche gli ambienti vicini al premier, che ora stanno chiedendo un’indagine interna.
Un caso che quindi rimane apertissimo, con i laburisti che parlano di «islamofobia». Dominic Raab, numero 2 di BoJo, ha catalogato le accuse come «molto serie»: «devono essere indagate», ha detto. «No all’islamofobia, le accuse vanno investigate e qualunque forma di razzismo va spazzata via»: così Nadhim Zahawi, esponente conservatore curdo-iracheno promosso di recente proprio da Johnson a ministro dell’Istruzione.
Nusrat Ghani: chi è
Classe 1972, Ghani fa parte del partito conservatore britannico, quello dei Tory. Nata nel Kashmir pachistano e cresciuta a Birmingham, è figlia di immigrati, e una strenua paladina della Brexit.
Nel 2019 Johnson la conferma alla carica di sottosegretaria ai Trasporti assegnatole fin dall’anno prima da Theresa May. Ma nel 2020, con un rimpasto di governo, viene sostituita. Una decisione che lì per lì l’aveva colta di sorpresa, come ha raccontato al Sunday Times. Tanto da essere andata a chiedere spiegazioni a un componente «dell’ufficio dei whips (il capogruppo)»; e sostenendo di essersi sentita rispondere che «il problema» sarebbe stato il suo «essere musulmana»: poiché «una donna musulmana sottosegretaria avrebbe messo a disagio i colleghi».
La parlamentare non ha fatto il nome dell’interlocutore, ma Spencer ha dichiarato che la richiesta di spiegazioni fu in effetti fatta a lui. «È come se mi avessero dato un pugno allo stomaco, mi sono sentita umiliata e impotente», ha commentato. Aggiungendo di non aver raccontato nulla fino a oggi per il timore di vedersi stroncate «carriera e reputazione».
(da agenzie)
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