IL SEDICENTE PATRIOTA SALVINI, FAVOREVOLE ALL’OBBLIGO DEL SERVIZIO MILITARE MA CONTRARIO A QUELLO VACCINALE
IL SOLITO TEATRINO DI UN LEADER BOLLITO
Matteo Salvini, notoriamente contrario all’obbligo vaccinale, è tornato a chiedere l’obbligo del servizio militare. Lo fa spesso. Almeno una volta all’anno, e ogni motivazione è buona. Un fattaccio a opera di una gang giovanile. I militari in strada durante il lockdown. Agosto 2021. Marzo 2020. Aprile 2019. Più che una fissazione. Una ricorrenza.
Nel 2018, in campagna elettorale, il leghista chiede la reintroduzione della naja (abolita nel 2004 con il voto del Carroccio) “contro il terrorismo” e l’impegno del Parlamento: “meglio che battagliare per la liberalizzazione della cannabis”.
Nel 2019, da ministro dell’Interno, vuole tutti i ragazzi un anno “con gli Alpini”. Idea “romantica”, ma non praticabile, secondo gli stessi militari che preferiscono il professionismo attuale alla leva grottesca e costosa del passato.
Ironia della sorte, oggi c’è un generale degli Alpini come Francesco Paolo Figliuolo a capo della campagna di vaccinazione, un’operazione militare vera e propria contro una guerra insidiosa che necessiterebbe, per usare le parole di Salvini, “fatica, generosità, sacrificio e altruismo”.
Invece, come gli stessi leghisti hanno denunciato, dobbiamo accontentarci dell’ambiguità nel Carroccio, a partire dal suo leader, in tema di green pass prima e di obbligo vaccinale poi.
Ma tant’è. Lo si potrebbe chiamare patriottismo a geometria variabile, declinato un po’ à la carte nella destra, tanto che Mattarella a forza di sentirne parlare, ha dovuto aggiungere l’aggettivo “concreto” nel suo discorso di fine anno dal Quirinale.
Assumersi il rischio collettivo di una vaccinazione per superare un’emergenza nazionale; accettare persino un obbligo per il bene di una nazione, sono forme nuove di civismo che la risposta alla pandemia sta elaborando sulla pelle di tutti noi. Sul filo del diritto, magari. Ma sarebbero tweet troppo complicati.
Più facile giocare al piccolo militarista, chissà, nostalgia della visita in Corea del Nord, dalle parti dell’amante delle parate di uno come Kim Jong Un.
(da Huffingtonpost)
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