Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
EVVAI CON L’AVANSPETTACOLO
C’è una foto che imbarazza Sergio Rastrelli, il coordinatore cittadino di Fdi di Napoli, e i suoi fedelissimi. Giorgia Meloni ha riunito, a Milano, lo stato maggiore del partito in una tre giorni per consacrarsi futura leader del centrodestra, pronta a governare il paese.
Dietro Gifuni, appeso al muro, c’è una targa con il profilo di Benito Mussolini e la scritta: «L’Italia agli italiani».
Il ristorante offre bottiglie con il testone del duce, il vino rosso “nero” di Predappio, ai muri ci sono calendari, omaggi alla Folgore e foto con il saluto romano.
In realtà dentro Fdi c’è una guerra che si gioca sul terreno dei manifesti del duce, della nostalgia del ventennio, di bottiglie, calendari che glorificano il dittatore fascista.
A Napoli lo scontro è tra due blocchi, uno legato a Rastrelli e l’altro di quelli che si oppongono. «Ci hanno invitati in quel locale, l’identità è un conto e sono i valori alti che ci portiamo dentro, quei simboli sono stupidaggini», dice Alfonso Gifuni.
(da Domani)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
“GLI UNICI RAPPORTI DI HITLER CON PERSONE EBREE SONO QUELLI CON IL MEDICO, EDUARD BLOCH CHE CURÒ SUA MADRE”
La nonna Maria Anna Schcklgruber messa incinta da un ebreo, tal
Frankenberger da cui lavorava come servetta a Graz, la mamma che portava un cognome comune tra gli ebrei convertiti al cattolicesimo a cui l’imperatrice Maria Teresa aveva concesso la cittadinanza austriaca.
Le leggende metropolitane che si sono perfezionate negli anni, tese a dimostrare che Hitler fosse un ebreo deciso a dimostrare di non esserlo sterminando i suoi simili, sono state tutte regolarmente e decisamente respinte dagli storici.
Della prima si conosce anche l’autore: Hans Frank, avvocato di Hitler e governatore nazista della Polonia occupata che al processo di Norimberga dichiarò di avere delle prove (false) sull’ebraismo del Fuhrer.
Confutazioni evidentemente snobbate dal ministro degli Esteri russo Lavrov: a ‘Zona Bianca’ (Mediaset) ha appena dichiarato, provocando l’indignazione israeliana e di tutto il mondo ebraico che l’ebraismo (reale) del presidente ucraino Zelensky non sarebbe in contraddizione con le sue “idee naziste e antisemite” (quelle sottese alla tesi putiniana dell’Ucraina “da denazificare”) visto che “anche Hitler aveva origini ebraiche e che i più grandi antisemiti sono ebrei”.
Che non ci sia neanche un briciolo di verità nelle parole di Lavrov lo conferma all’AGI lo storico Amedeo Osti Guerrazzi, esperto di Shoah che appena firmato la docufiction ‘Storie della Shoah in Italia. I complici’: “Sono esternazioni che si nutrono di leggende metropolitane e di complottismi nati in ambienti neonazisti e negazionisti – chiarisce – tesi a dimostrare che ammesso che ci sia stata un Olocausto la colpa è da ricondurre agli ebrei, trasformandoli quindi da vittime in carnefici”.
Gli unici rapporti di Hitler con persone ebree e che nulla c’entrano con parentele e consanguineità sono, spiega Osti Guerrazzi, quelli con il medico, Eduard Bloch che curò sua madre e quella con l’ufficiale ebreo che durante la prima guerra mondiale lo propose per la croce di ferro, l’unica onorificenza conquistata dal Fuhrer”.
Anche sul medico di Hitler si è ricamato non poco: la vox populi vuole infatti che Hitler, alla morte dell’amatissima madre, trasferì sul popolo ebraico l’ira rivolta al medico che non era stato capace di salvare sua madre, ma Osti Guerrazzi la attribuisce a una versione psicanalitica dell’antisemitismo. “In realtà la famiglia di Hitler non ha mai dichiarato nulla contro Bloch, anzi pare che fosse stata contenta di come curò la mamma fino alla fine”.
Altra leggenda metropolitana, insomma, come quella, simile a quella che ha alimentato il pensiero di Lavrov riferita al generale delle SS Reinhard Heydrich: anche del “macellaio di Hitler”, uno dei più grandi responsabili dell’organizzazione dello sterminio degli ebrei, sottolinea Osti Guerrazzi, “si diceva che avesse un nonno ebreo”.
Corsi e ricorsi della storia rivista e scorretta.
(da AGI)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
A RIVELARLO E’ MARK ESPER NEL SUO LIBRO DI MEMORIE ED E’ CONFERMATO DA MOLTI GENERALI PRESENTI AL DELIRIO DEL CRIMINALE
Era il giugno 2020. Migliaia di manifestanti del movimento Black Lives Matter protestavano per la morte di George Floyd, occupando le strade di Washington D.C. e circondando la Casa Bianca.
Secondo Mark Esper, ex segretario della Difesa, l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump suggerì di sparare sulla folla.
Lo riporta Axios, che cita il libro di memorie di Esper A sacred oath («Un giuramento sacro»), in uscita nei prossimi giorni. «Ma non possiamo sparargli? Sparargli alle gambe o qualcosa del genere», avrebbe chiesto Trump ai suoi consiglieri. «È stato surreale. Seduti di fronte alla scrivania presidenziale, nello Studio Ovale, con questa idea che pesava nell’aria e il presidente tutto rosso in faccia che urlava lamentandosi delle proteste a Washington», ricorda nel libro Esper, licenziato da Trump in seguito alle elezioni di novembre 2020, anche a causa delle tensioni che si erano create per il suo rifiuto di mobilitare i militari contro i manifestanti.
«La buona notizia è che non fu per me una decisione difficile – aggiunge l’ex segretario della Difesa – La cattiva notizia è che ho dovuto trovare il modo per farlo tornare sui suoi passi senza creare il disastro che io stavo cercando di evitare».
Le proteste di quei giorni furono poi disperse con i gas lacrimogeni. Il mese successivo, durante un’audizione al Congresso, Esper dichiarò che non sapeva chi avesse dato l’ordine. Sempre secondo Axios, prima di essere mandato alle stampe il libro di Esper ha avuto il via libera dei vertici del Pentagono: l’ok sarebbe arrivato da decine di generali, alti funzionari e anche membri dell’amministrazione, alcuni di loro testimoni insieme a Esper dello sfogo di Trump contro i dimostranti.
(da agenzie)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
IL DELINQUENTE SI CHIAMA SERGEY KOLOTSEY, INCASTRATO DALLE TELECAMERE DI SICUREZZA
Si chiama Sergey Kolotsey il primo sospettato dei massacri di
Bucha, secondo la procuratrice generale ucraina, Iryna Venediktova, che ha rilanciato la foto e le accuse raccolte finora nei confronti del comandante russo della Guardia nazionale di Mosca.
Le unità guidate da Kolotsey, secondo la polizia ucraina, sono accusate di aver ucciso almeno quattro uomini disarmati lo scorso 18 marzo e torturato un civile il 29 marzo, prendendolo a pugni e a coltellate e costringendolo ad annusare l’odore di un cadavere per costringerlo a una finta confessione di crimini di guerra dei soldati ucraini contro i soldati russi, come scritto dalla procuratrice Venediktova su Facebook.
Gli inquirenti ucraini sostengono di aver raccolto prove che portano al comandante ucraino, come riporta il Kyiv independent.
(da agenzie)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
INSULTA L’ASSESSORA MARRA INVITANDOLA A FARE “GARGARISMI DI PISELLO”… INSORGONO TUTTE LE FORZE POLITICHE MA PER LUI E’ SOLO UNA “BATTUTA GOLIARDICA”
Quando il collega seduto sullo scranno del Consiglio ha sentito quelle parole si è messo le mani sulla testa. Non voleva credere alle sue orecchie. E invece quella frase sessista e volgarissima “I gargarismi che devi fare… Le ho Consigliato i gargarismi di pisello” è stata detta detta davvero.
E in piena votazione del consiglio della Regione Basilicata durante le votazioni per l’elezione del presidente del parlamentino lucano. C’è un video. E anche l’audio. A pronunciare la frase orribile all’indirizzo dell’assessora alle infrastrutture e mobilità, Donatella Merra, è stato il consigliere di Fratelli d’Italia, Rocco Leone, ex assessore alla Sanità con Forza Italia.. mentre si vota per il nuovo presidente del parlamentino lucano.
Avvicinandosi all’urna elettorale, dopo il passaggio dell’assessora, Leone si è così espresso rivolgendosi al consigliere Luca Braia (Iv) e Piergiorgio Quarto (Fdi). La frase che ha scatenato la bufera, sembra sia stata detta lamentando problemi di audio, mentre la donna parlava.
L’estratto della ripresa è stato condiviso prima su chat private e poi sui social diventando immediatamente virale.
Immediata la reazione del segretario del Pd della Basilicata, Raffaele La Regina, che su Facebook ha scritto: “Le parole pronunciate nel consiglio regionale, in diretta, da Rocco Leone rappresentano tutto quello che c’è di condannabile. Si dimetta immediatamente. È Semplicemente nauseante. Solidarietà all’assessora Merra”.
Naturalmente anche la Commissione regionale Pari Opportunità della Basilicata, “porgendo la sua solidarietà all’assessora Merra”, chiede “Senza scendere nei particolari alquanto disgustosi che circolano addebitando alla nostra regione una nuova nota di demerito, le dimissioni immediate oltre alle pubbliche scuse del consigliere Leone”.
Parole che hanno creato “sgomento – dice la presidente Margherita Perretti – “Se è difficile condividere con le donne che offrono il proprio impegno nella vita politica le posizioni di responsabilità istituzionale nonché i ruoli di rappresentanza e di governo della regione, attenendosi ai numeri strettamente necessari al rispetto del livello minimo di civiltà, risulta estremamente facile, ridondante e quasi scontato, abbandonarsi in considerazioni, apprezzamenti e consigli che nulla hanno a che vedere con la civiltà che si chiede a chiunque, sia all’uomo della strada che a quello delle istituzioni”.
La difesa di Rocco Leone? Si commenta da sola: “Una battuta goliardica che non ha altri significati…”.
(da agenzie)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
BESEDA, CAPO DEL SETTORE ESTERI DELL’FSB, ERA STATO ARRESTATO CON L’ACCUSA DI AVER FATTO TRAPELARE NOTIZIE AGLI AMERICANI
Ai funerali di Nikolay Leonov è stato sepolto un veterano e
resuscitato un fantasma. Perché nella sorpresa generale, il discorso in memoria dell’anziano dirigente del Kgb che fu amico di Fidel Castro e Che Guevara, morto serenamente di vecchiaia, è stato tenuto da Sergey Beseda.
In questo frullatore di nomi dell’apparato di sicurezza o dell’esercito che vengono rimossi, che appaiono o scompaiono, lui è stato il primo ingrediente, senz’ altro il più importante. Il suo ultimo incarico conosciuto era quello di direttore del Quinto Servizio, il settore esteri dell’Fsb, il servizio segreto russo erede del Kgb.
L’espansione del ruolo dell’Fsb oltre i confini nazionali venne decisa alla fine degli anni Novanta dal suo capo di allora, un certo Vladimir Putin. Ma a partire dal 2004, questo nuovo ramo così strategico ha avuto al vertice Beseda, che invece guidava il dipartimento addetto alla sicurezza del presidente.
Era un uomo di fiducia. E infatti aveva destato scalpore la notizia del suo arresto avvenuto il 10 marzo, rivelata dai giornalisti di inchiesta Andrei Soldatov e Irina Borogan, ma mai confermata da fonti ufficiali. Anche perché da quel giorno Beseda era scomparso, insieme al suo vice Anatoly Bolyuch che ne aveva seguito la sorte. Due indizi facevano una prova, così come la non menzione dei due funzionari in qualunque comunicato dell’Fsb.§Risultava che non fossero neppure ai domiciliari, ma chiusi nel carcere di Lefortovo, e una mezza ammissione delle loro famiglie dava credito a questa circostanza.
Il capro espiatorio La rimozione così brusca di una persona che poteva definirsi amico personale di Putin era stata letta come una implicita ammissione del fallimento della prima fase dell’operazione militare speciale. La colpa di Beseda era quella di aver sbagliato ogni possibile previsione sulla resistenza ucraina, di aver fatto credere al suo presidente che sarebbe stata una marcia trionfale fino a Kiev. Nulla è andato come previsto, ormai lo sappiamo. E in puro stile sovietico, Beseda era diventato un capro espiatorio, un nemico del popolo, accusato persino di aver fatto trapelare notizie finite agli americani, così bene informati sui piani dei rivali
Erano i giorni delle purghe, vere o presunte, che facevano seguito al pantano dove in apparenza si era infilato l’esercito russo. Quando si sbaglia, qualcuno deve pur sempre pagare. E Beseda era l’agnello sacrificale di maggior peso. Oggi le cose sono cambiate. Oltre che speciale, l’operazione militare in Ucraina si annuncia lunga.
Occorre mostrare compattezza, poi si vedrà. Davanti alle voci che si rincorrevano, il Cremlino ha atteso diversi giorni. E venerdì ha confermato la presenza di Beseda alle esequie di Leonov. Secondo i media indipendenti, il ritorno in pubblico del funzionario ripudiato è un classico del vecchio Kgb, un tentativo di mascherare i dissensi interni usando il rito funebre del veterano.
Il fronte interno Ma non esiste solo il fronte militare. La vita in Russia non è facile, di questi tempi. Nessuno chiede più agli oligarchi e ai grandi finanzieri di pronunciare il loro no alla guerra. Molti di loro stanno aggirando la questione, rilasciando dichiarazioni al tempo stesso caute e preoccupate sullo stato dell’economia.
Senza mai criticare Putin, si capisce. Vladimir Lisin, il magnate dell’acciaio, ha criticato la proposta del Parlamento russo di obbligare gli Stati occidentali a pagare in rubli ogni prodotto importato dalla Russia, non solamente il gas. «Farebbe saltare in aria le nostre esportazioni, e ci sbatterebbe fuori dai mercati internazionali».
Non lo ha detto a qualche sito indipendente, ma al principale quotidiano di Mosca. Vladimir Potanin, proprietario della Norilsk Nickel, una delle persone che ideò le privatizzazioni degli anni Novanta, ha affermato in pubblico che l’idea, suggerita da Putin stesso, di confiscare le proprietà delle aziende straniere che hanno lasciato il Paese «ci farebbe tornare indietro al 1917».
Persino Alexej Kudrin, l’ex ministro delle Finanze, un fedelissimo del presidente, ha parlato alla Duma dicendo che la Russia sta andando verso «una crisi ancora più terribile di quella del 1992, del 2009 e della pandemia». Sono piccoli segnali sempre più frequenti, che giungono da personaggi legati a doppio filo all’attuale situazione. Molti oligarchi sanno che con una eventuale fuga dal Paese perderebbero gran parte del loro patrimonio e dei loro privilegi.
Quindi restano, assistendo impotenti al lento processo di logoramento dell’economia pubblica e privata. Tutti per uno, come dimostra anche la risurrezione di Beseda. Fino a quando non finirà la battaglia nel Donbass. Subito dopo, potrebbe cominciarne un’altra. E a combatterla, questa volta, potrebbero essere le élite russe.
(da il Corriere della Sera)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
LO SCHERMO TRASMETTEVA LA FALSITA’ DEL CRIMINALE
L’attivista russa Anna Anisimova è stata arrestata a San Pietroburgo nella giornata di ieri, 1 maggio, per aver inscenato una protesta contro la propaganda del Cremlino: la donna si è ammanettata in strada a una recinzione di fronte a una televisione che mostrava il volto di Vladimir Solovyov, megafono delle menzogne di Putin sull’Ucraina.
Secondo quanto riporta l’agenzia indipendente russa Ovd-Info, la donna è stata portata al sedicesimo dipartimento di polizia locale e ad ora non sono state fornite ulteriori informazioni sulle sue sorti.
L’attivista si è anche cosparsa di vernice rossa, la stessa usata per marchiare il monitor con la scritta “Z Tv”, a rimarcare il discorso propagandistico di Solovyov.
Indossava inoltre una mascherina con dipinto un sorriso finto, simbolo del bavaglio messo ai cittadini impossibilitati a criticare le scelte del governo.
Anisimova non è stata l’unica a sfidare le autorità nella giornata di ieri: OVD-Info ha riferito che 212 persone sono state detenute in 18 città della Russia il 1 maggio, secondo i dati di questa mattina. Almeno 79 detenuti a San Pietroburgo e almeno 79 detenuti a Mosca.
(da NextQuotidiano)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
“ORA LA MIA VITA E’ A RISCHIO”… AVEVA DEFINITO L’ESERCITO DI MOSCA ALLO SBANDO
L’oligarca Oleg Tinkov è il fondatore di una delle maggiori banche
russe che valeva nove miliardi di dollari in novembre. Poi lo scorso mese ha criticato l’invasione dell’Ucraina su Instagram e il Cremlino non lo ha perdonato.
All’indomani del post ha minacciato i manager dell’istituto e lo ha costretto a vendere il 35% della banca che ha fondato senza negoziare neanche il prezzo.
In un’intervista al New York Times da una località segreta perché in «pericolo di vita», Tinkov afferma che molti oligarchi la pensano come lui sulla guerra ma «hanno paura di parlare» per le conseguenze sui loro stili di vita e portafogli.
A rilevare il 35% di Tcs Group Holding, la società che controlla il gruppo bancario russo Tinkoff dell’uomo d’affari Oleg Tinkov ci ha pensato la Interros group, la società fondata da Vladimir Potanin che è considerato come uno degli oligarchi russi vicini al presidente russo Vladimir Putin.
Interros group, si legge nella nota diffusa dalla società secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa russa Tass, «ha acquistato il 35% di Tcs Group Holding, la società madre del gruppo russo Tinkoff. La transazione ha ricevuto il via libera della Banca centrale della Federazione russa».
(da agenzie)
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Maggio 2nd, 2022 Riccardo Fucile
“IL TUTTO IN CONFORMITA’ DELLA LEGGE”… “CONOSCO PERSONE LE CUI OPINIONI SONO MOLTO DIVERSE DA QUELLE CHE DICONO PUBBLICAMENTE”
«Putin deve essere processato e impiccato. Ma solo in conformità con la legge». Le parole molto dure contro il presidente russo sono pronunciate all’ex vicepresidente di Gazprombank, Igor Volobuev, al Telegrah. Volobuev la settimana scorsa ha lasciato la Russia dichiarando di combattere l’aggressione all’Ucraina, e di volere raggiungere appunto l’Ucraina, suo paese d’origine, dove la sua famiglia soffriva direttamente l’aggressione.
Ora aggiunge altri dettagli interessanti. «La vita che avevo prima della guerra non esiste più e non mi dà davvero fastidio», ha detto. «Per otto anni sono stato in questo tumulto interno: non ho lavorato solo in Russia, ma ho lavorato per Gazprom. Ho lavorato per lo stato russo».
Volobuev afferma di essere tutt’altro che l’unico magnate russo scontento delle azioni del Cremlino: «Conosco persone le cui opinioni sono molto diverse da quelle che dicono pubblicamente sul loro lavoro».
Ripete di aver sentito il bisogno di «pentirsi» per i suoi decenni di lavoro per lo stato russo, ora vuole persuadere gli investitori stranieri ad aiutare a ricostruire la sua città natale, Okhtyrka, che è stata decimata dai bombardamenti.
(da agenzie)
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