Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DELL’UNICO SOPRAVVISSUTO DEI PRIGIONIERI FUCILATI A BUCHA DAI SOLDATI RUSSI: “CI PORTANO SUL RETRO DELLA CASA, CI FANNO INGINOCCHIARE E CI SPARANO ADDOSSO. IO VENGO COLPITO AL FIANCO. CADO MA NON MI MUOVO. NON RESPIRO”
Nove uomini in fila, curvi, che avanzano guardando l’asfalto e tenendosi per la cintura. Due soldati russi li tengono sotto tiro, li insultano, li guidano verso la morte.
Bucha, 4 marzo 2022. I carri armati e i paracadutisti putiniani sono tornati nel villaggio alle porte di Kiev. Gli ucraini li avevano già respinti e lo faranno anche questa volta.
Di lì a pochi giorni si scopriranno le stragi di civili, di uomini, donne e bambini. Le fosse comuni, i cadaveri con le mani legate. L’inchiesta pubblicata ieri dal New York Times documenta uno di questi crimini: la fucilazione di prigionieri disarmati e inermi.
I reporter del quotidiano americano hanno trascorso diverse settimane a Bucha, hanno raccolto testimonianze, documenti e, soprattutto, tre video girati da persone che abitavano vicino all’edificio di via Yablunska 144 trasformato dagli invasori in una specie di «Villa triste», dove assassinare i nemici.
La clip principale dura meno di un minuto. Comincia con la cattura di alcuni combattenti ucraini, identificati poi dal giornale. Non sono militari professionisti, ma semplici cittadini che hanno lasciato il lavoro in fabbrica, nei cantieri per unirsi alle milizie della resistenza.
Il 3 marzo le radio dell’esercito ucraino avvertono tutte le formazioni combattenti: attenzione i russi stanno tornando a Bucha.
Un gruppo decide di abbandonare gli improvvisati e precari posti di blocco, protetti solo da qualche sacchetto di sabbia, e di rifugiarsi nella casa di Valera Kotenko, 53 anni. La mattina del 4 marzo scoprono di essere assediati. È solo questione di ore. Il New York Times pubblica gli ultimi messaggi inviati con i cellulari.
Andriy Dvornikov, autista di una società di spedizioni, scrive alla moglie Yulia: «Non possiamo uscire. Ti chiamerò appena posso. Ti amo». Verso le 10.30 alcuni testimoni li vedono percorrere in fila indiana una delle strade principali di Bucha, scortati dai soldati russi.
Tra i prigionieri spicca la felpa azzurra di Denys Rudenko: un dettaglio da tenere a mente.
I nove uomini vengono portati nella palazzina di via Yablunska 144. Ivan Skyba, 43 anni, costruttore, è l’unico sopravvissuto. Ecco il suo ricordo: «Mi trovo in una stanza con un mio compagno, Andriy Verbovyi. I russi ci picchiano, ci interrogano. A un certo punto sparano e uccidono Andriy. Poi veniamo a sapere che qualcuno ha confessato: “sì siamo dei combattenti”. Il capo della pattuglia lo lascia andare.
“Che ne facciamo degli altri?” chiede un soldato». La Convenzione di Ginevra garantisce a tutti i prigionieri «un trattamento umano». L’esecuzione sommaria è considerata un crimine di guerra. Skyba continua: «Il comandante risponde: “fateli fuori”. Ci portano sul retro della casa, ci fanno inginocchiare e ci sparano addosso. Io vengo colpito al fianco. Cado. Non mi muovo. Non respiro. Dopo 15 minuti non sento più le voci dei militari. Mi rialzo e riesco a scappare».
Il New York Times ha parlato con i medici che hanno curato Skyba. Poi ha confrontato le foto dei corpi abbandonati nel cortile di via Yablunska 144. Uno di loro indossa l’inconfondibile felpa azzurra di Denys.
(da il Corriere della Sera)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
LA DISINFORMATJA HA ATTECCHITO NEGLI ANNI NEL NOSTRO PAESE, GRAZIE A PARTITI CONNIVENTI E A UNA STRATEGIA PRECISA DI MOSCA, TRA BOT, “OPINIONISTI” E VERE SPIE
Nel corso di un talk show, qualche giorno fa, uno dei tanti opinionisti russi chiamati a fare da controcanto ai dibattiti sull’invasione dell’Ucraina rispose candidamente a una domanda ingenua del suo intervistatore: «Ma come mai le polemiche sulle vostre parole ci sono soltanto in Italia? ». «Perché negli altri paesi non ci invitano».
Ecco, per capire il perché l’Italia è diventato un caso in Europa, perché siamo considerati la migliore “riserva russa” del continente, è utile tenere a mente questo scambio di battute. E leggere gli allarmi che da mesi i nostri servizi di sicurezze e gli analisti internazionali lanciano sul nostro Paese.
Il punto di partenza, evidentemente, è economico: la dipendenza dal gas, alcune scelte strategiche delle partecipate del passato (su tutte l’Eni ai tempi di Paolo Scaroni), altre decisioni più recenti (Enel, che è in società con il fondo sovrano, che incontra Putin a fine gennaio insieme con altre aziende italiane) hanno tessuto il filo tra i due paesi.
Ma a tenerlo ben stretto, quel filo, è «il bombardamento delle menti e degli spiriti», per usare le parole di Josep Borrell, Alto rappresentante per le politiche di sicurezza dell’Unione europea. E cioè le tecniche di disinformazione che in Italia hanno trovato terreno molto fertile.
Gli scenari sono due. Il web, coi social network. E i media tradizionali. Sul web è stato dimostrato come l’inizio del conflitto in Ucraina è coinciso con l’aumento esponenziale di utenti iscritti a Twitter (38mila il giorno dei primi bombardamenti sull’Ucraina) e a Facebook.
Sono per lo più “bot”, profili fittizi gestiti da computer che hanno il solo scopo di veicolare un certo tipo di notizie. Sono questo tipo di profili che servono ad alimentare le cosiddette “camere dell’eco”, pagine e canali telegram, dove ogni complottismo e scetticismo trova terreno fertile grazie a notizie artatamente falsificate e messe in circolo.
Per esempio: Zelensky che parla davanti a un tavolo pieno di cocaina. I soldati ucraini che usano come scudi umani i civili. La strage di Bucha raccontata come una bufala («Avete visto le immagini del New York Times?» chiedeva ieri un’utente. «Perché credi ancora al Nyt?» gli rispondeva un altro), o l’ospedale bombardato a Mariupol. In Italia i canali che diffondono questo tipo di notizie in maniera organizzata sono centinaia.
Molti erano vecchie pagine No Vax o No Pass ormai riconvertite, Cinque sono le pagine Facebook, tre i canali Telegram che sembrano più organizzati. Insieme fanno quasi un milione di utenti che quotidianamente vengono raggiunti da notizie di questo tipo. Ma chi li gestisce?
Al momento è possibile dire che una pagina è la stessa che raccoglie fondi per sostenere i carcerati neofascisti Giuliano Castellino e Roberto Fiore. In un’altra sono attivi vecchi esponenti dei 5S, ora fuoriusciti. Così come è stato provato che negli scorsi anni a San Pietroburgo, nelle cosiddette fabbriche di bot che avevano tra le altre cose inquinato il voto americano, lavorassero italiani.
Paradossalmente più lineare è quello che sta accadendo nelle nostre tv. Dove opinionisti che lavorano per il Cremlino vengono chiamati a offrire il proprio punto di vista.
E Julia Vitazyeva, giornalista di NewsFront. Lavorano tutti per media direttamente o indirettamente (per il tramite dei loro direttori) sotto sanzione in Europa proprio perché accusati di essere propaganda, e dunque strumento di guerra ibrida, del Cremlino.
Hanno trovato spazio, anche sulla televisione pubblica, le immagini girate da Vyacheslav Amelyutin, operatore di Zvezda, che, insieme con il collega Konstilantin Khudoleev, faceva parte spedizione “Dalla Russia con amore”.
Ma i due secondo i nostri servizi non erano giornalisti. Ma spie. Infine, la data simbolo: il primo maggio, quando su due reti italiane (Rete 4 e La 7) furono trasmesse le interviste al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e al giornalista, megafono di Putin, Vladimir Solovyev. Entrambi sotto sanzione, erano in contemporanea sulle reti italiane.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
E’ UN GRANDE SOSTENITORE DEI DIRITTI CIVILI
Anthony Albanese ha vinto le elezioni che si sono svolte oggi, 21 maggio, facendo tornare al potere in Australia il Partito Laburista, dopo nove lunghi anni.
Ne esce sconfitta la coalizione conservatrice del primo ministro uscente Scott Morrison, che si è congratulato con l’avversario e si è poi dimesso da leader dei liberali.
Ora si dovrà capire se i laburisti avranno la maggioranza da soli o se dovranno formare alleanze con altri partiti. Secondo le ultime proiezioni il partito di Albanese non ha ancora ottenuto i 76 seggi che gli permetterebbero di governare in autonomia.
L’Australia avrà per la prima volta un primo ministro di origine italiana. Anthony Albanese, 59enne, è infatti figlio di Carlo Albanese, originario di Barletta, in Puglia.
La storia del leader laburista è quasi da romanzo: Anthony, all’età di 14 anni, scopre che il padre non era morto come invece gli aveva raccontato la madre, Maryanne Ellery, australiana di origini irlandesi. I due genitori avevano concepito Anthony nel 1963 su una nave da crociera della compagnia marittima Sitmar Cruises, a bordo della quale Carlo stava lavorando mentre Maryanne era in viaggio per tornare al suo Paese. Terminata la crociera, e la fugace relazione, il padre era tornato in Puglia e la madre si era trovata a crescere il figlio da sola. Dopo anni di rapporto travagliato col padre, Anthony ha deciso di incontrarlo nel 2009 a Barletta. Pochi anni dopo, nel 2014, Carlo è morto.
L’ascesa politica
Anthony Albanese ha iniziato a militare nel partito laburista negli anni dell’università. Già parlamentare nel 1996, è divenuto poi “leader of the house” (paragonabile al ministro per i Rapporti col Parlamento) nel 2007, a seguito della vittoria dei laburisti. Alle elezioni del 2013, si è candidato alla guida del partito laburista contro Bill Shorten, perdendo. Ha ritentato la candidatura nel 2019, dopo le delle dimissioni annunciate da Shorten, ed è diventato quindi leader dell’opposizione al primo ministro Scott Morrison, che ha sconfitto durante queste elezioni. Da oggi è il quarto leader laburista ad essere eletto primo ministro. Il giuramento sarà il 23 maggio 2022. Albanese è un grande sostenitore dei diritti civili: è favorevole all’aborto, alla legalizzazione dell’eutanasia volontaria e ai diritti Lgbtqia+. Molto impegnato nelle battaglie di stampo ambientalista, sostiene le energie rinnovabili.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE, INSIEME A SCARONI, È IL PRINCIPALE RESPONSABILE DELL’ESTREMA DIPENDENZA ITALIANA DAL GAS RUSSO, COSTRUITA DURANTE I QUATTRO GOVERNI CHE HA GUIDATO DAL 2001 AL 2011
La liaison con Mosca è stata l’architrave geopolitica dei quattro governi Berlusconi tra 2001 e 2011, cosparsi di numerose visite dell’imprenditore-politico.
Con ambasciatore o senza, con il consigliere Valentino Valentini (che, si mitizzava, «sapeva il russo ») o no. Sempre tra il Cremlino e la dacia, mischiando pubblico e privato da par suo.
Fin dagli anni ’90 l’uomo del Biscione, nel guardare a Est, vedeva, più che i “comunisti”, mercati promettenti, in cui mandò in avanscoperta fidi emissari. Prima Marcello Dell’Utri, dirigente e consigliere della prima ora, e compaesano del potente Pietro Fallico, il reuccio dei banchieri italiani a Mosca.
Poi, già al governo, Bruno Mentasti, amico caro della sua famiglia, già socio in Telepiù (dove gli fece il prestanome) che aveva ceduto l’acqua San Pellegrino e cercava nuove imprese.
Quando il 30 ottobre 2003 Vittorio Mincato – ad dell’Eni che non lasciava ai gruppi rivali neanche una goccia della merce russa – dopo una cena d’affari milanese ebbe dall’allora vicepresidente di Gazprom Komarov un biglietto con su scritto “Mentasti”, trasecolò.
Il già socio di Berlusconi doveva intercettare 3 miliardi di metri cubi di gas di spettanza Eni e venderli in Italia. Era già costituita anche la holding Centrex, a Vienna con insieme a Mentasti vari soci schermati in società cipriote.
L’affare fu stoppato. Non subito. Il nuovo ad Eni Paolo Scaroni , scelto nel 2005 dal Berlusconi III, s’ era prestato a firmare l’intesa nonostante diverse critiche nell’ambiente e sulla stampa.
Ma dopo i rilievi del cda Eni, e dell’antitrust, la fornitura fu riformulata (fine 2006), togliendo la senseria di Mentasti.
Scaroni è stato il manager che più ha piegato l’ex monopolista italiano alla politica filorussa di quegli anni. Ci sono varie testimonianze, anche se la più smaccata è forse quella che non si vede: il gasdotto South Stream.
Un tubo da far passare sotto il Mar Nero, al costo di 15,5 miliardi, il doppio del rivale Nabucco azero, più gradito agli Usa. Ma l’Italia e l’Eni, fin dal 2007, avevano scelto: solo nel 2014, a lavori già iniziati, il progetto è naufragato, più per le pressioni Usa sulla Bulgaria dopo l’annessione russa della Crimea e le prime sanzioni a Mosca. Oggi quel tubo sarebbe una catena al collo in più per l’Italia.
Come emerso dai dispacci Wikileaks, parte della diplomazia Usa, ma anche della stampa italiana e degli operatori di settore, arrivò a pensare che l’assiduità di Berlusconi con Mosca celasse tornaconti personali. Si è vociferato di un piccolo giacimento in Kazakistan, intestato al Cavaliere. Lui ha smentito.
(da “la Repubblica”)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
MUSUMECI NON MOLLA, LEGA E FORZA ITALIA NON VOGLIONO MANCO SENTIRE IL SUO NOME E LA TENSIONE RESTA ALLE STELLE
La tensione resta alta. Il braccio di ferro sulla ricandidatura di Nello Musumeci in Sicilia continua a suscitare scintille e dichiarazioni al vetriolo sull’asse Lega-Fratelli d’Italia e all’orizzonte intravedere un punto di caduta appare difficile, dopo il fallito tentativo di riavvicinamento andato in scena questa settimana durante il vertice dei leader.
La prima freccia avvelenata viene scoccata da Matteo Salvini. «In Sicilia l’obiettivo mio è di vincere a Palermo come a Messina il 12 giugno. Poi dal 13 giugno si parla di Regione. Ma non deciderò io. Non decideranno tavoli romani o milanesi, ma i siciliani. È terra di autonomia e di orgoglio, quindi nessuno imporrà niente dall’alto. Sono convinto che anche Giorgia Meloni lascerà ai siciliani ampia libertà di scelta».
«Si vota in mille Comuni il 12 giugno, nel 95% dei quali il centrodestra è unito» continua Salvini. «Mi spiace che in altre città, come Parma, Mortara, Jesolo, Viterbo o Catanzaro, Fratelli d’Italia abbia deciso di rompere e andare da sola. Però contiamo che siano poche e rare eccezioni. Contiamo di governare insieme e vincere insieme, questo è l’obiettivo».
Il riferimento alla Sicilia e alla necessità di lasciare libertà di scelta ai siciliani non viene certo accolto con favore dalle parti di Fratelli d’Italia. «Salvini ha detto che nessuno imporrà dall’alto candidature ai siciliani? Mi pare un po’ difficile che si possa vedere così la vicenda siciliana perché Nello Musumeci è un governatore uscente. E non mi pare che lo imponemmo 5 anni fa. Io ho chiesto alla coalizione di dire se c’è una alternativa, e non mi sono state date risposte per cui non capisco la ragione per la quale un governatore uscente, che ha lavorato bene, non debba essere ricandidato senza spiegazioni. Non vorrei che se le spiegazioni politiche non ci sono, le ragioni non fossero delle altre. E allora penso che quello che noi dobbiamo evitare sia imporre ai siciliani un governatore di sinistra, perché questo non lo accetto».
La presidente di Fratelli d’Italia, coerentemente con la linea portata avanti negli ultimi anni, continua a identificare il suo partito come l’unico a prova di tentazioni governative al di fuori del centrodestra. E dentro il partito la sensazione è che la Lega voglia prendere tempo per logorare la candidatura Musumeci.
« Nelle grandi famiglie, organizzate, ci vogliono regole chiare, ci vuole rispetto per la storia di tutti. Le regole non cambiano in base all’interesse di alcuni e si lavora per vincere».
(da Il Giornale)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
TRA I CADAVERI ANCHE UN ALTO UFFICIALE RUSSO
Le autorità ucraine hanno trovato un luogo di sepoltura di soldati russi a Zolochiv, nella regione di Kharkiv. I corpi sarebbero stati sotterrati dai residenti che avrebbero poi posto delle croci di legno fatte a mano sulle tombe. Lo segnala il capo della polizia di Kharkiv, Serhiy Bolvinov, sul suo profilo Facebook.
Qui ha spiegato che, al momento, sono stati trovati 6 cadaveri con addosso la divisa della Federazione Russa dopo che la polizia ha scavato per poter identificare i corpi. Tra questi è stato trovato anche il cadavere del tenente colonnello Vitaly Gerasimov, di cui la direzione dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino aveva annunciato l’uccisione il 7 marzo 2022.
Bolvinov ha spiegato che le tombe non presentavano alcun nome o indicazione, tranne le croci in legno. «I russi non sono interessati a portar via i propri morti», ha commentato su Facebook e ha aggiunto che dopo aver interrogato i residenti hanno scoperto che erano stati loro a seppellirli perché «ortodossi».
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
DISTRUTTA UNA SCUOLA DI MUSICA NEL DONETSK
«Un’altra istituzione culturale è stata distrutta dai russi nella regione di Donetsk»: lo scrive su Telegram il governatore Pavlo Kyrylenko, dando notizia della distruzione di una scuola di musica a Svyatogorsk. L’edificio sarebbe stato preso di mira all’alba di oggi, 21 maggio: i video e le foto condivise da Kyrylenko mostrano una struttura completamente distrutta, e le macerie ancora fumanti. «Nel 2016, il governo giapponese ci ha aiutato a rinnovare questa scuola nell’ambito del Donbass Community Stabilization Project», ricorda il governatore, «i russi l’hanno trasformata in rovine».
Il precedente nell’oblast di Kharkiv
È di poche ore fa la notizia di un’offensiva analoga da parte delle truppe di Mosca: ieri un missile russo ha infatti distrutto la Casa della Cultura a Lozova, nell’Oblast di Kharkiv (nell’Est dell’Ucraina), causando la morte di sette persone, tra cui un bambino di 11 anni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un messaggio sul suo canale Telegram, ha commentato: «Gli occupanti hanno identificato la cultura, l’istruzione e l’umanità come loro nemici, e non risparmiano loro missili o bombe. Cosa c’è nella mente delle persone che scelgono tali obiettivi? Male assoluto, stupidità assoluta».
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
CONTINUA L’EPURAZIONE DI GENERALI E FUNZIONARI DI INTELLIGENCE
All’inizio della guerra aveva licenziato un paio di dirigenti dei servizi segreti, colpevoli di non averlo informato a dovere sulle capacità di difesa del nemico: adesso Vladimir Putin se la prende con i militari sul campo, e secondo indiscrezioni diffuse dai servizi segreti ucraini, poi confermate dal Pentagono e dall’intelligence britannica, sospende due generali.
Sono il comandante delle forze corazzate del distretto occidentale Sergej Kisel, accusato del fallimentare ritiro delle truppe da Kharkiv, respinte indietro dall’esercito di Kyiv, e Igor Osipov, comandante in capo della flotta del Mar Nero, responsabile dell’affondamento dell’incrociatore Moskva, nonostante il Cremlino abbia sempre affermato sia stato un incendio spontaneo a bordo a distruggere la nave ammiraglia.
Come ricostruito dalla guida agli ufficiali russi dell’Institute for the Study of War di Washington, Kisel è entrato in servizio militare nel 1990, ha combattuto nelle due guerre di Cecenia e nella guerra russo-georgiana del 2008.
Dal 2018 era il comandante della Prima Armata carri della Guardia. Giorni fa erano circolate voci che parlavano addirittura dell’arresto di un altro funzionario, uno dei massimi dirigenti del servizio segreto Fsb, Sergei Beseda, che avrebbe mal orientato le decisioni nella fase preliminare dell’invasione.
Recentemente è ricomparso in pubblico, anche se la sua presenza al funerale di un veterano del Kgb – come ha scritto il giornalista investigativo russo Andrei Soldatov – era soltanto “di facciata”.
Mistero anche intorno alla figura di Valerij Gerasimov, il capo di stato maggiore delle forze armate russe che si diceva fosse rimasto gravemente ferito in un attacco: aveva fatto clamore la sua assenza alla parata militare del 9 maggio in Piazza Rossa, due giorni fa è però riapparso in una telefonata con il suo omologo americano Mark Milley. Per gli 007 britannici avrebbe “perso la fiducia di Putin”.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2022 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI UN’OPERAZIONE ALL’ADDOME, ESEGUITA DALL’EQUIPE DEL PROFESSOR GIUSEPPE MARIA ETTORRE
Il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, 96 anni, è stato operato all’addome all’ospedale Spallanzani di Roma. L’intervento è stato eseguito dall’equipe del professor Giuseppe Maria Ettorre, ne ha dato notizia lo stesso nosocomio. “L’intervento, condotto con tecnica mininvasiva, è riuscito – si legge nel comunicato – Attualmente il paziente è ricoverato presso la terapia intensiva dell’Inmi Spallanzani. Il presidente è sveglio con quadro clinico stazionario. La prognosi resta riservata”.
Il professor Ettorre è uno dei massimi esperti nel campo della chirurgia oncologica, di quella epatobiliare e dei trapianti di fegato. Napolitano, ha detto il chirurgo, “sta bene ed ha superato l’operazione. Le sue condizioni sono compatibili con quelle di un paziente della sua età”.
È il secondo intervento per Napolitano da quando ha lasciato la presidenza della Repubblica, all’inizio del 2015, dopo due anni del secondo mandato. Il 24 aprile del 2018, infatti, nove giorni dopo aver parlato con il presidente Mattarella al Quirinale per le consultazioni dopo le elezioni, il senatore a vita è stato ricoverato all’ospedale San Camillo di Roma per un improvviso malore ed ha subito un complesso intervento all’aorta, eseguito dal professor Francesco Musumeci.
Fu dimesso il 22 maggio. Da allora l’ex inquilino del Colle ha diradato la sua presenza fisica a Palazzo Madama, pur continuando a seguire la vita politica. Il 16 ottobre successivo era in Aula ad ascoltare il premier Giuseppe Conte per le comunicazioni in vista del Consiglio Europeo e la presidente Casellati lo salutò affettuosamente sottolineando la sua “passione istituzionale”.
Anche nelle consultazioni condotte dal capo dello Stato per la nascita dei governi Conte II, nel 2019, e Draghi, nel 2021, seppure telefonicamente, Mattarella ha sentito il consiglio del suo predecessore. E al momento di entrambi i voti di fiducia Napolitano – pur assente in aula “per motivi di salute”, come egli stesso disse – volle far conoscere pubblicamente il suo appoggio ai due esecutivi.
Sempre da casa, il 3 febbraio scorso seguì “con partecipazione” la cerimonia di insediamento per il secondo mandato alla presidenza della Repubblica di Mattarella, con il quale si era congratulato quattro giorni prima, subito dopo la rielezione.
A Napolitano sono arrivati, direttamente e attraverso i social, gli auguri di esponenti politici e di semplici cittadini.
(da agenzie)
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