Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
I DISSIDENTI DELLA GUERRA SONO IN MAGGIORANZA ANCHE NELLA FASCIA D’ETÀ TRA I 25 E I 39 ANNI (58%), MENTRE LA GUERRA È APPOGGIATA DAL 56% DEI RUSSI TRA 40 ED I 54 ANNI ED IL 64% DI QUELLI DAI 55 ANNI IN SU
Altro che ebrei nazisti! Purghe o non purghe, Putin, dovrebbe stare attento ai dissidenti interni, soprattutto giovani. Infatti sono molti i teenager russi che dicono no alla guerra in Ucraina e che continuano ad aumentare.
Se finora avevamo solo avuto sentore di queste voci discordanti, adesso ne abbiamo la conferma grazie ad un sondaggio condotto da Levada Center – indicata dal Financial Times come l’unica società russa del settore indipendente- che fornisce dati piuttosto clamorosi.
Uno, in particolare: solo il 29% dei russi tra i 18 e i 24 anni, una chiara minoranza, si dice favorevole al conflitto a Kiev e dintorni. Ma anche in un’altra fascia d’età, quella tra i 25 e i 39 anni, gli intervistati che dicono sì alla guerra restano in minoranza: il 42%.
In altre parole, il Cremlino sembra appoggiato solo dai “senior”: dice sì al conflitto il 56% dei cittadini russi compresi tra 40 ed i 54 anni ed il 64% di quelli che vanno dai 55 anni in su.
In altre parole, proprio questi dati potrebbero essere le vere sanzioni comminate all’inquilino numero uno del Cremlino: più i tempi della guerra in Ucraina s’ allungano, più Putin, a differenza di Zelensky, perde consensi tra i suoi stessi connazionali. Ecco perché sarebbe il momento giusto, per l’Occidente, per stringere i tempi del negoziato e trovare finalmente una pace con la Russia: se Papa Francesco, dopo aver continuato a ripetere in tutti questi mesi «Fermatevi!», si è dichiarato pronto ad andare a Mosca per cercare di porre fine al conflitto, cosa fanno Biden e i leader europei?
Del resto, diversi osservatori internazionali si trovano ora d’accordo sul fatto che lo stesso Vladimir – al di là delle sue roboanti dichiarazioni che potrebbero far pensare ad una ulteriore escalation della guerra – sia pronto a trattare proprio per il dissenso che, ogni giorno di più, si ritrova a casa sua. E oggi sono ancora molti a non credere che il presidente russo, tra i suoi difetti, sia pure masochista.
Quale migliore sanzione per Putin che obbligarlo alla pace, consensi interni alla mano? I “niet” dei suoi stessi connazionali parlano chiaro.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
LAUREATO IN LINGUE, LA SUA FAMIGLIA FU STERMINATA DAI RUSSI, NONNO FINLANDESE COMBATTENTE CONTRO I RUSSI… DENIS E’ UNO CHE NON DIMENTICA E NON SI ARRENDERA’ MAI
Da quasi due mesi il tenente colonnello Denis Prokopenko, il comandante 30enne del Reggimento Azov asserragliato nell’acciaieria dell’Azovstal, è ufficialmente, un “eroe”.
Bell’impresa, quella dei russi a Mariupol: non solo vogliono festeggiare il grande successo della conquista di una città che non esiste più, perché l’hanno trasformata in un cimitero di anime e macerie; ma volevano “denazificare” l’Ucraina partendo dal loro nemico pubblico numero uno, i soldati del Reggimento Azov e invece li hanno trasformati in eroi.
Se non fosse asserragliato nel ventre dell’acciaieria Azovstal, Prokopenko avrebbe appuntata sulla giacca militare di comandante del Reggimento Azov la medaglia dell’Ordine della stella d’oro. Gliel’ha conferita il presidente Volodymyr Zelensky, ed è un altro bel successo di questa Armata rossa che sembra una riedizione delle Sturmtruppen di Bonvi, per quanto è maldestra.
Nel 2019, quando il presidente ucraino gli conferì la Medaglia dell’Ordine di Bohdan Khmelnytsky per “il contributo personale allo sforzo di rafforzare le capacità della Difesa nazionale”, per il “coraggio mostrato durante le ostilità” e “l’esemplare adempimento delle sue funzioni e l’elevato grado di professionalità”, lui gli rifiutò platealmente il saluto militare. Impassibile e marziale, impettito e sfrontato.
Nulla di politico, noi non facciamo politica, disse poi Azov di fronte alle polemiche per quel gesto.
Il loro regolamento, dissero, impedisce di offrire il saluto militare ai civili, politici compresi. Che Zelensky non amasse questo reggimento politicamente orientato a destra, nazionalista e per niente conciliante con le cose della politica e i compromessi di governo, è noto.
Eppure sono tanto geniali nella loro strategia, i russi, che il 19 marzo il presidente umiliato gli ha conferito una medaglia ben più prestigiosa: il titolo ufficiale di “Eroe ucraino” con l’Ordine della Croce d’Oro “per il coraggio personale e l’eroismo mostrato in difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, e per la fedeltà al suo giuramento militare”.
E intanto Prokopenko, che i suoi commilitoni chiamano “Redis”, è stato appena promosso tenente colonnello. Laureato in Lingue nel dipartimento di Filologia germanica dell’università di Kiev, noto ultrà della Dinamo Kiev, sposato con Kateryna – una ragazza che oggi è fuggita in Italia – il comandante del Reggimento Azov di sicuro combatte ciò che odia: la sua famiglia di origine fu sterminata dall’Armata rossa nella guerra russo-finnica del 1939.
Il nonno, che viveva in Carelia quando era finlandese, combatteva contro i russi e fu l’unico a sopravvivere. Dopo la pace, la Carelia fu annessa all’Unione sovietica. E Denys non è uno che dimentica.
Corsi e ricorsi della Storia: lui replica le gesta del nonno da là dentro, dall’Azovstal. Mentre tutta l’Ucraina freme per il dramma di Mariupol, Prokopenko di tanto in tanto parla al Paese e al mondo con brevi messaggi video. Impassibile, marziale: “Sono già 70 giorni – dice nell’ultimo video pubblicato mercoledì – che la guarnigione di Mariupol sovrastata numericamente respinge da sola le forze nemiche. Stiamo difendendo l’Azovstal, è già il secondo giorno che i nemici entrano nel perimetro della fabbrica, sono in corso combattimenti difficili e sanguinari. Sono orgoglioso dei miei soldati che per fermare i nemici compiono sforzi che vanno oltre le capacità umane. Ringrazio l’intero mondo per il supporto colossale alla guarnigione di Mariupol, i nostri soldati lo meritano. La situazione è estremamente difficile, ma nonostante tutto continuiamo ad eseguire l’ordine di mantenere le linee”.
Mangiano zuppe e bevono acqua dei macchinari, eppure niente, non si arrendono.
Gli piove in testa una quantità di missili e bombe che così concentrati si sono visti raramente, nella storia, e non si arrendono.
Il coraggio e l’abnegazione con cui combattono là sotto, difendendo e proteggendo i civili che si erano rintananti nell’acciaieria, lo rivedremo al cinema.
Così non c’è un solo ucraino, oggi, che non li consideri eroi.
In Italia invece continuano a essere considerati ben altro: nei social, e spesso anche nei talk show, vengono definiti “neonazisti” e talvolta “mercenari” o volontari, anche se di fatto il reggimento Azov è integrato da molti anni nei ranghi ufficiali della guardia nazionale ucraina che dipende dal ministero degli Interni.
Ogni volta che affronti l’argomento qui in Ucraina, ti guardano come un pazzo o come un alieno provocatore. “Ma cosa c’entrano i nazisti? Non vedi che i nazisti sono gli orchi?” (chiamano così gli invasori). “Il nazista è Putin, e invece Lavrov dà del nazista a Zelensky e voi italiani vi accodate e date del nazista agli eroi di Mariupol?”, dice Viktor durante l’ultima manifestazione dei parenti, martedì in piazza Majdan a Kiev: suo fratello “ha perso le gambe in guerra, ma non so più nemmeno se sia vivo o morto. Era ricoverato in ospedale ma lo hanno bombardato di nuovo”.
Certo, il battaglione nato nel 2014 raggruppando i volontari disposti a correre al fronte per massacrare i filorussi che si erano presi un pezzo di Ucraina era decisamente orientato verso una destra estrema, come riferimenti… “culturali”. Le rune, l’antica mitologia comune a quella nazista, i simboli che ancora oggi richiamano la svastica. Non è un mistero che molti, moltissimi dei combattenti di Azov siano ideologicamente di destra
Ma il Reggimento Azov, figlio di quel battaglione di volontari, è ormai da anni un raggruppamento militare ufficiale, non il braccio armato di un’ideologia estremista.
Per tutti, qui, anche per chi è politicamente lontano dall’estrema destra, quegli uomini che combattono e muoiono nell’Azovstal sono patrioti e sono eroi.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
IL TANK T-90M DA 4,5 MILIONI DI EURO DOVEVA ESSERE IL GIOIELLINO DELL’ESERCITO DI PUTIN, EPPURE C’È VOLUTO SOLO QUALCHE COLPO PER DISTRUGGERLO… ARMATURA PROGETTATA PER ESPLODERE SE COLPITA DA UN PROIETTILE E SISTEMA DI DIFESA CHE SPARA GRANATE FUMOGENE QUANDO RAGGIUNTO DAL LASER DI UN MISSILE IN ARRIVO SI SONO RIVELATI COMPLETAMENTE INUTILI
Questo è il momento in cui le truppe ucraine distruggono uno dei carri armati più avanzati della Russia, protetto da speciali armature reattive. L’armatura del T-90M è progettata per esplodere se viene colpita, in modo da ridurre il potere di penetrazione del proiettile in arrivo.
Il carro è inoltre protetto da un sistema di difesa automatizzato che spara granate fumogene quando viene raggiunto dal raggio laser di un missile in arrivo.
Nonostante la tecnologia, però, l’esercito ucraino ha rilasciato filmati in cui si vedono droni abbattere il carro armato da 4,5 milioni di euro e un sistema a razzo multiplo termobarico.
L’esercito ucraino ha affermato che gli attacchi sono avvenuti nella regione ucraina nord-orientale di Kharkiv. Ufficiali dell’intelligence hanno identificato gruppi di equipaggiamenti russi e si sono coordinati con le truppe di terra per organizzare una serie di attacchi, distruggendo secondo quanto riferito due carri armati e due MTLB (veicoli da trasporto russi).
Il comando delle forze operative speciali (SSO) delle forze armate dell’Ucraina (AFU) ha dichiarato lunedì: «Il movimento di resistenza dell’SSO dell’Ucraina sta funzionando. Nella regione di Kharkiv, durante le operazioni di ricognizione, i nostri soldati hanno scoperto ammassi di equipaggiamento nemico, inclusi veicoli corazzati pesanti e leggermente corazzati».
Hanno aggiunto: «Un’ora dopo la determinazione degli obiettivi prioritari per l’attacco, i soldati del Movimento di Resistenza hanno coordinato un’unità di una delle brigate di artiglieria e hanno aperto il fuoco sui bersagli nemici».
«Come risultato del lavoro congiunto dei soldati delle forze di difesa dell’Ucraina, le perdite dei russi sono ammontate a: carro armato T-90 – distrutto. Carro armato T-80BVM – distrutto. MTLB – distrutto. MTLB – danneggiato».
L’Ucraina ritiene che la Russia abbia finora perso 23.800 soldati nelle dieci settimane dalla loro invasione. L’esercito ucraino afferma inoltre che la Russia ha perso 1.048 carri armati, 2.519 veicoli corazzati da combattimento, 459 sistemi di artiglieria, 152 sistemi MLR, 80 sistemi antiaerei, 194 aerei da guerra, 155 elicotteri, 1.824 veicoli, 8 navi, 76 autocisterne, 271 UAV a livello operativo-tattico, 38 unità di equipaggiamento speciale e quattro sistemi SRBM mobili.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
ECCO I GRUPPI MILITARI PROTAGONISTI DELLE STRAGI DI CIVILI
Tra le forze d’occupazione che terrorizzarono Bucha ci sarebbero principalmente tre gruppi responsabili: la 76esima Divisione delle Guardie d’Assalto Aereo, i combattenti ceceni e la forza di sicurezza Vityaz, parte della Guardia Nazionale Russa, che fa capo a Viktor Zolotov, un’ex guardia del copro di Putin.
Lo rivela Reuters, che ha condotto un’indagine di oltre tre settimane sulle atrocità avvenute nel sobborgo di Kiev, noto alle cronache per i massacri dei civili.
La Vityaz
Uno dei caporali di Vityaz, Konstantin Korshunov, è stato identificato dalla testata grazie a una certificazione che riporta il suo nome, rinvenuta nei pressi della base che i militari russi avevano stabilito a Bucha. Da lì, tramite il numero della sua unità di combattimento, ci è voluto poco per risalire alla divisione della Guardia Nazionale Russia Vityaz. La divisione è nella lista degli enti sanzionati dagli Stati Uniti da marzo per le repressioni effettuate nei confronti di ucraini e russi che si opponevano alla guerra. La divisione è elitaria e tra le meglio addestrate, e ha avuto un ruolo fondamentale all’inizio della presidenza di Putin. Nel 2002, dei ribelli ceceni presero in ostaggio il pubblico del teatro Dubrovka di Mosca, e Vityaz si occupò di mettere fine alla questione: oltre 100 delle 700 persone prese in ostaggio morirono a causa del gas che i militari di Vityaz iniettarono nel teatro per fermare i ceceni.
A tradire i membri dei paracadutisti, invece, è stata una lettera d’amore, rinvenuta da Reuters sotto una pila di documenti sottratti dai russi ai militari ucraini. «Nel mio cuore sei vicino ma in realtà sei lontano, a servire la Madrepatria, a proteggerci» recita la lettera inviata ad Aleksandr Logvinenko, uno dei membri delle Guardie d’Assalto Aereo, dalla sua ragazza. Inoltre, sul muro di una casa i giornalisti di Reuters hanno rivenuto la scritta “Wolf_68”, ovvero il nome usato sui social network da un altro membro delle Guardie d’Assalto Aereo, che ha definitivamente confermato la presenza della 76esima divisione a Bucha. I membri della divisione erano stati personalmente elogiati da Putin nel 2020, quando, durante una visita della loro base militare, il presidente aveva detto: «La nostra gente è fiera di voi». La divisione fa capo al Ministro della Difesa Sergei Shoigu, stretto alleato di Putin, con il ministro quale è anche andato in vacanza assieme.
I video su Telegram dei soldati ceceni
I giornalisti di Reuters hanno inoltre rivelato che nei dintorni di Bucha operavano anche soldati ceceni. Questi sono stati identificati tramite i video pubblicati dai militari su Telegram, ma la loro presenza è stata anche confermata loro da alcuni residenti della cittadina. Tra loro la famiglia di Abramov, il padre, Iryna, sua figlia, e Oleh, marito di Iryna. Alexander e Iryna hanno raccontato che i militari ceceni hanno puntato loro le armi alla testa, e li hanno fatti uscire di casa, chiedendo dove si trovassero «i nazisti». Prima ancora di ricevere risposta, i soldati hanno dato fuoco alla casa dei tre, e poi hanno ucciso Oleh sparandogli alla tempia. «Sono venuti qui e hanno ucciso e torturato la nostra gente, e dicono che siamo stati noi, che ci siamo fatti questo da soli», ha detto Iryna a Reuters. «Voglio solo sapere perché, voglio sapere perché hanno ucciso mio marito».
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
MA I SUOI COLLEGHI DICONO CHE È STATO LICENZIATO PER LE SUE POSIZIONI CRITICHE SULLA GUERRA… LO STESSO ERA SUCCESSO CON ALTRI MEMBRI DEI MEDIA RUSSI
Ilya Filatov non è un oligarca contro, nè un manager scomodo, eppure il suo nome da ieri si è aggiunto alla lunga lista di defezioni. Ilya è- o meglio è stato- il cameraman personale di Putin fino a quando ha deciso di lasciare.
Quanto la scelta sia stata sua o indotta non è dato sapere, ma certo è che i precedenti non mancano, e tra gli indizi più forti per orientarsi è che il cameraman avesse osato esprimere una posizione critica verso la guerra.
Ha registrato il lungo discorso con cui il presidente russo ha annunciato il via «all’operazione special» contro l’Ucraina e poi si è dimesso dal suo prestigioso incarico di cameraman personale del presidente russo. Lo riporta il sito russo «The Insider» spiegando che l’operatore Filatov ha abbandonato la posizione motivando la decisione con la consapevolezza di avere «raggiunto un tetto nella mia professione», ma anche confessando di essere «stanco dopo molti mesi di quarantena».
Infatti, come riferiscono fonti vicine al Cremlino, lavorare con Putin implica un costante isolamento. Altri colleghi del cameraman, tuttavia, parlano di un vero e proprio licenziamento legato alla posizione critica di Filatov sulla guerra contro l’Ucraina.
L’addio dell’operatore personale di Putin si inserisce in una vera e propria emorragia che ha colpito i principali canali televisivi russi. Il 21 aprile, un popolare conduttore tv, Alexander Gurevich, anche lui guarda caso, critico contro il Cremlino si è dimesso da VGTRK, mentre altri giornalisti e presentatori dell’emittente NTV hanno lasciato i propri posti, lamentando le imposizioni «dall’alto».
L’addio più clamoroso è quello di Marina Ovsyannikova, dipendente di Pervyj kanal, il primo canale della tv pubblica, che dopo aver fatto irruzione in una trasmissione in diretta mostrando un cartello contro la guerra è stata fermata e multata di 30 mila rubli. Dopo l’addio alla tv la Ovsyannikova è diventata corrispondente freelance per il tedesco «Die Welt». Poche ore dopo la messa in onda del TG si è diffusa la notizia delle dimissioni della conduttrice e corrispondente da Parigi di Canale 1 Zhanna Agalakova, della conduttrice Lilia Gildeyeva e del giornalista Vadim Glusker, entrambi del canale «rivale» NTV.
È andata diversamente a Lilia Gildeyeva che ha abbandonato la Russia prima di lasciare il suo incarico a NTV dopo quindici anni di attività. Le dimissioni della conduttrice del telegiornale sono state rese pubbliche dal blogger e giornalista russo indipendente Ilya Varlamov a cui Gildeyeva aveva confidato di essere partita prima dell’invio della lettera in cui comunicava la decisione.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
IL MOTIVO È SEMPLICE: NON C’È NESSUNA VITTORIA DA FESTEGGIARE, L’ESERCITO DI “MAD VLAD” NON È RIUSCITO A CONQUISTARE NEMMENO LE ZONE FILO-RUSSE
Nelle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, le autorità russe hanno annullato la parata e la marcia per la Giornata della Vittoria del 9 maggio. Lo ha affermato il primo vice capo dell’amministrazione presidenziale russa Sergei Kiriyenko, citato da Unian, nel corso di una manifestazione vicino al monumento della nonnina con la bandiera sovietica eretto a Mariupol.
“La parata della vittoria e la marcia del reggimento immortale in questo giorno della vittoria a Donetsk e Lugansk è ancora impossibile da tenere. Ma quel tempo arriverà presto e le parate della vittoria passeranno per le strade del Donbass”, ha detto Kiriyenko.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
L’ECONOMISTA RUSSO KONSTANTIN SONIN: “IL MODO PIÙ SEMPLICE PER SOSTITUIRE UN COMPONENTE MANCANTE È FARNE A MENO. I CONCESSIONARI LADA HANNO ESAURITO LE AUTO CON CAMBIO AUTOMATICO E HANNO ANNUNCIATO CHE NON NE PREVEDERANNO PER I PROSSIMI 1-2 ANNI”
Le parole «sostituzione dell’importazione» e «autosufficienza» sono pronunciate a Mosca come se in esse ci fosse qualcosa di buono. Avremmo urgente bisogno di negoziare una tregua, ritirare le truppe e augurarci che le sanzioni vengano revocate, anziché dedicarci a capire come vivere sotto le sanzioni. Ma le cose non stanno andando così, e allora è bene rendersi conto di cosa sta accadendo: se la Russia continua a restare isolata dal commercio internazionale – come è stata isolata l’Urss – questo porterà alla primitivizzazione e al degrado della produzione, con un effetto diretto sul tenore di vita delle famiglie.
È facile per un economista, come per qualsiasi altro professionista, parlare con chi si dedica alla comprensione delle cose alla ricerca di una soluzione sensata. Diventa difficile però quando l’interlocutore usa parole che suonano di per sé dense di significato, ma che in un contesto economico significano qualcosa di diverso, o addirittura il loro contrario. La «sostituzione dell’importazione» appare, a prima vista, come una pratica buona e professionale, sebbene abbia un senso economico solo in situazioni rare e specifiche. Ma nella situazione attuale può solo contribuire a deteriorare lo stato dell’economia russa.
Ancora peggio vanno le cose con la parola «autosufficienza»: ad alcuni può sembrare attraente, ma per un economista di professione suona terribile. Se parliamo dell’economia di un Paese, infatti, «autosufficiente» è sinonimo di un basso livello di sviluppo economico e di un grave ritardo rispetto agli altri Paesi. Significa in altre parole che il Paese sta utilizzando il proprio potenziale economico in modo errato e inefficiente e sta producendo molto meno di quanto dovrebbe.
Qualsiasi sostituzione all’importazione comporta una certa perdita di efficienza. In alcune situazioni, ci si può provare. Ma cosa accade? Che i consumatori del prodotto «sostituito dall’importazione» pagano denaro aggiuntivo ai produttori nazionali. Questo potrebbe anche rivelarsi utile, nel caso in cui quel Paese fosse interessato allo sviluppo di un particolare settore, e non è escluso che in quel determinato settore la cosa possa funzionare.
Ma non può funzionare in tutti i settori contemporaneamente, a meno che non si metta in conto una progressiva diminuzione del prodotto interno lordo. Un Paese può essere autosufficiente solo a un livello di sviluppo molto basso, molto inferiore, ad esempio, a quello raggiunto in Russia prima dell’inizio della guerra contro l’Ucraina.
Si può utilizzare al proposito una metafora semplice, ma piuttosto utile. Immagina che la tua famiglia sia diventata «autosufficiente». Tutti i beni di prima necessità – cibo e vestiti – sono prodotti da uno dei membri della famiglia. In realtà, parliamo di «cibo a sufficienza» – per semplicità diamo per scontato che il resto possa essere acquistato già fatto.
a un lato, l’autosufficienza alimentare è davvero un’ipotesi realizzabile: tutti possono coltivare patate e altre verdure, pasta e focacce possono essere fatte con cereali coltivati, polli e maialini possono essere allevati per la carne. In «Robinson Crusoe» tutto questo è descritto nel dettaglio. Ogni famiglia può farlo. Dall’altro però, è chiaro che anche per una famiglia povera, il passaggio alla produzione alimentare domestica significherà il passaggio a un livello di povertà ulteriore.
Chi sarà impegnato nella produzione alimentare – estremamente inefficiente sulla scala di una famiglia – non potrà di fatto dedicarsi ad altro, e quindi le perdite, in termini di Pil familiare, si registreranno sia in termini di cibo che in termini di tutto il resto. L’«autosufficienza», in altre parole, sarà pagata molto cara.
La stessa cosa accade a livello nazionale. Un piccolo Paese (la Russia produce meno del 2 per cento del Pil mondiale) si condanna alla povertà se cerca di garantire davvero l’autosufficienza. Ad esempio, se un componente importato è coinvolto nell’assemblaggio di un’auto, quando l’importazione scompare, devi iniziare a produrlo.
Sarà costoso e inefficiente: se potesse essere fatto a buon mercato, infatti, sarebbe già stato prodotto in casa e si troverebbe a essere concorrenziale con quelli importati. E poi devia le risorse: anziché produrre qualcosa che veniva prodotto mentre venivano effettuate le importazioni, si ricorre alla sostituzione delle importazioni, e i beni che prima erano provvisti di risorse ora non verrebbero più prodotti
Quindi – attenzione – rifiutando le importazioni, il Pil diminuisce! E poiché la sostituzione delle importazioni avviene prima nella produzione dei beni più elementari, l’economia nel suo insieme diventa più primitiva: le risorse fluiscono dalle industrie più avanzate a quelle industrie che devono garantire la sopravvivenza.
E questo non è l’unico meccanismo presente nella «primitivizzazione attraverso la sostituzione delle importazioni», ovvero nella ristrutturazione radicale dell’economia in seguito alla caduta delle importazioni. Perché il modo più semplice per sostituire un componente mancante è farne a meno. Ne abbiamo avuto da poco una dimostrazione: i concessionari Lada hanno esaurito le auto con cambio automatico e hanno annunciato che non ne prevederanno per i prossimi 1-2 anni. Lo stesso accadrà con altre automazioni legate all’elettronica nelle automobili: quando le importazioni non sono disponibili, l’elettronica semplicemente non potrà più essere installata.
Il prodotto cioè non scompare, ma diventa sempre più rudimentale. E questo, durante il passaggio all’autosufficienza, avviene ovunque: al posto di beni più affidabili, compaiono quelli meno affidabili (Sukhoi Superjet al posto di Boeing e Airbus), invece di quelli migliori, quelli più scarsi (i requisiti per i motori delle auto sono già stati ridotti). Il commercio internazionale, inoltre, è uno dei principali meccanismi del moderno sviluppo economico di un Paese. È un po’ la stessa cosa della partecipazione alla divisione del lavoro in una singola famiglia.
È ovvio che anche per un programmatore, un finanziere o un insegnante, può essere molto utile essere in grado di fare qualcosa al di fuori della propria professione: lavorare a maglia una sciarpa, collegare correttamente i terminali dei cavi alla batteria o catturare un topo con una trappola fatta in casa. Tuttavia, rammendare i calzini, smontare un carburatore o coltivare pomodori sono attività che hanno senso, nel mondo moderno, solo come hobby. Nella generazione dei miei genitori, ormai settantenni, molti sapevano fare cose di quel genere, ma non hanno che avuto da pentirsene: l’Urss, per una generazione, è rimasta gravemente indietro rispetto ai Paesi leader dello sviluppo economico, in termini di tenore di vita.
L’esempio dell’Urss è indicativo anche per altri motivi. L’Unione Sovietica non era, in sostanza, soggetta a sanzioni. Autarchia, isolamento dai mercati mondiali, non uso del commercio internazionale come meccanismo di sviluppo sono state scelte politiche che avrebbero anche potuto essere modificate, come fece ad esempio la Cina sotto Deng Xiaoping, o una serie di nuovi governi dopo il crollo delle economie socialiste in molti Paesi – dall’Ungheria alla Romania, dal Vietnam alla Mongolia.
Ora però la Russia sta conducendo una guerra non provocata contro l’Ucraina, e anche questa è una scelta politica concreta. Il percorso verso la sostituzione su larga scala delle importazioni e l’«autosufficienza» – cioè il percorso verso la povertà e la sussistenza – è una scelta che non si può fare.
(da “la Stampa”)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
MOLTI PAESI AFRICANI DIPENDONO TOTALMENTE DAL FRUMENTO DI KIEV… GLI UCRAINI CONOSCONO BENE LA “STRATEGIA DELLA FAME” DI MOSCA, AVENDOLA GIÀ SPERIMENTATA CON L’HOLODOMOR, IL GENOCIDIO PER FAME, TRA IL 1932 E IL 1933, CON MILIONI DI MORTI
Il porto più importante del mar Nero, anche per questo Putin vuole Odessa. Nulla parte, nulla arriva. La flotta russa è al largo, il mare è minato, l’export è bloccato. Il prezioso grano ucraino che sfama l’Europa è nei silos.
E sfama anche il mondo. Questa guerra distruggerà Paesi che dipendono totalmente da Ucraina e Russia: la Somalia, oltre il 90 per cento, il Congo (80), il Madagascar. L’ultimo rapporto di Onu, Unione europea e Fao dice che le persone che nel mondo soffrono la fame acuta sono quasi 200 milioni, 40 milioni in più rispetto allo scorso anno.
«A noi il grano lo rubano i russi», ha detto il viceministro dell’Agricoltura, Taras Vysotsky, ed è quello che nutre una nazione. Secondo il governo 400mila tonnellate sono già state portate via dai territori occupati, le regioni di Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk, Lugansk. Treni carichi che se ne tornano in Russia, gli ucraini li vedono passare e contano la ricchezza che se ne va. La cifra corrisponde a un terzo di quello stoccato, e «se i furti continueranno, queste regioni saranno ridotte alla carestia».
Si chiama strategia della fame. Tutto questo è già successo, ed è stata una sciagura così grande che la si ricorda il 23 novembre con cerimonie meste, candele accese, messe funebri. La Grande Carestia, l’Holodomor. Significa “morire di fame”, e così morirono milioni di ucraini tra il 1932 e il 1933.
Nelle stesse città che oggi vediamo massacrate dalla bombe, le strade erano piene di cadaveri di gente morta di consunzione. La foto simbolo, una bambina scheletrica in una strada di Kharkiv. Stalin aveva deciso di collettivizzare molte aree agricole dell’Unione Sovietica, a partire dal “granaio d’Europa”.
Gli ucraini si opposero. I kulaki, che erano i piccoli proprietari terrieri, fecero resistenza. Meglio uccidere il bestiame che darlo ai kolchoz, pensarono. La repressione fu brutale.
Ci furono le requisizioni, i sequestri di cibarie e interi magazzini di grano, tutto finì ai russi, e «noi ucraini siamo morti in 4 milioni, più o meno», racconta una signora seduta sulla panchina assieme alle amiche Alina e Valeryia.
(da la Repubblica)
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Maggio 5th, 2022 Riccardo Fucile
NEL PICCOLO BORGO DI CELLARENGO, TRE CONSIGLIERI INNEGGIANO AL FUHRER
Altro che Ucraina e il battaglione Azov. In Italia ci sono i nazisti eletti in consiglio comunale. Anche nel 2022.
Succede a Cellarengo, comune di circa 700 anime in Provincia di Asti dove alle ultime elezioni di tre anni fa sono stati eletti in consiglio Carlo Gariglio (58 anni), Roberta Fusco (56 anni) e Franco Trogolo (78 anni) per la una lista dal nome “Lista Civica Censurati”; i tre appartengono in realtà a un gruppo chiamato Movimento Fascismo e Libertà – Partito Fascista Nazionale, di cui Gariglio è anche segretario.
La “Lista Civica Censurati” non fa parte della maggioranza guidata dal Sindaco in carica Adriana Bucco.
Sul sito di Fascismo e Libertà campeggiano foto e testi di tutti i principali leader politici del Terzo Reich, si tratta di un partito dichiaratamente fascista con evidenti simpatie neonaziste.
Gariglio e Fusco hanno i loro profili social su Vk, una piattaforma alternativa di proprietà russa. Su questi profili ci sono foto di Adolf Hitler ed elogi ad alcuni esponenti del fascismo e del Terzo Reich. Ma almeno due dei tre consiglieri, Gariglio e la moglie Roberta Fusco, non fanno mistero delle loro simpatie politiche.
“Siamo gli unici fascisti veri rimasti – ha detto in un’intervista a La Zanzara su Radio 24, Carlo Gariglio – gli altri sono movimenti finti creati per dividerci. Non ho timore a definirmi nazista”
“Hitler – ha detto ancora Gariglio – ha combattuto contro potentati che oggi ci governano, ha riunificato la patria e ha creato una potenza mondiale venendo poi costretto a fare una guerra. L’Olocausto è una bufala smentita dai fatti, non è mai avvenuto e le camere a gas non sono esistite”.
Tutto tranquillo però nel piccolo paese piemontese dove il Sindaco, chiamato da La Zanzara, ha detto: “Persone naziste? Magari no, diciamo fasciste. Ho segnalato la cosa in Prefettura ma mi hanno detto di stare serena perchè sono pochi e innocui”.
Il primo cittadino di Cellarengo però difende l’operato dei tre in Consiglio Comunale: “Questi signori sono presenti in Consiglio, sono sempre puntuali come orologi svizzeri e non hanno mai fatto azioni destabilizzanti. Si sono attenuti al ruolo di minoranza e non hanno mai fatto propaganda politica”.
(da “La Zanzara – Radio24)
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