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LA RIFORMA FISCALE DEL GOVERNO MELONI: UN GRAN REGALO PER GLI EVASORI

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

CONCORDATO PER LE PARTITE IVA E VIA PENE E MULTE PER CHI EVADE

Taglio delle sanzioni amministrative «troppo elevate». Che nei confronti dei contribuenti italiani sono «espropriative» rispetto al resto d’Europa. Revisione di quelle penali. La riforma fiscale del governo Meloni sarà presentata a febbraio. E punta, ha spiegato il sottosegretario Maurizio Leo in commissione al Senato, «a riscrivere non solo le regole di un sistema tributario ormai datato e troppe volte rattoppato, ma soprattutto il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti». Come? Cancellando la sanzione penale per gli omessi versamenti. E rivedendo le norme sulla dichiarazione infedele. Perché «il contribuente rischia il penale per il superamento lieve di certe soglie che all’estero sono punite solo con la sanzione amministrativa». Un colpo di spugna per l’evasione fiscale che potrebbe recuperare anche la «grazia» penale per chi si impegna a estinguere il debito con l’Agenzia delle Entrate.
La dichiarazione precompilata per Pmi e Partite Iva
Con ordine. Nella delega fiscale il governo punta a riformare aliquote e scaglioni Irpef, rivedere le tax expeditures (agevolazioni fiscali), i panieri e le aliquote Iva. Ma punta, racconta oggi Il Sole 24 Ore, anche a una rivoluzione copernicana. Con l’introduzione di un concordato preventivo per le partite Iva e le piccole e medie imprese. «Si tratta di un accordo preventivo sulle tasse che il contribuente si impegna a pagare nei due anni successivi. Oggi il Fisco dispone di una quantità infinita di dati. Grazie alla fatturazione elettronica, alle liquidazioni periodiche Iva, tra non molto alla dichiarazione precompilata Iva e alle pagelle fiscali (Isa), l’amministrazione finanziaria è in grado di avere una fotografia nitida e puntuale delle piccole e medie imprese».
La cooperative compliance
Sulla base di questa miriade di informazioni «il Fisco sa quanto poter chiedere di tasse al contribuente. E tutto quello che sarà in più a quanto concordato dichiarato potrebbe essere esente da imposte», ha detto Leo. Per le grandi imprese invece il viceministro conta di potenziare la cooperative compliance. Introducendo una sorta di «231 sulle criticità fiscali, che, accompagnata da un contraddittorio tra imprese, intermediari e fisco, consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di avere un dialogo continuo con l’impresa, consentendole di entrare nei meccanismi decisionali in una logica cooperativa per capirne consistenza e redditività», ha concluso. Per gli interessi passivi invece «l’ipotesi più concreta è l’introduzione del carry back, un meccanismo che consenta alle imprese di poter compensare le perdite con utili o redditi degli anni precedenti». Infine, il ministero dell’Economia pensa anche di modificare la deducibilità delle auto aziendali.
Il colpo di spugna sulle sanzioni
Ma il sottosegretario ha puntato il dito anche sulle sanzioni. E, spiega oggi La Stampa, annuncia un colpo di spugna sui reati. Perché la soglia di punibilità per la dichiarazione infedele è oggi pari a 150 mila euro per ogni singola imposta. Oppure scatta per ricavi sottratti alle tasse pari ad almeno 3 milioni di euro, se superano il 10% degli attivi. La pena va dai due ai quattro anni e mezzo. L’omesso versamento invece scatta con una soglia di 150 mila euro per le ritenute d’acconto e di 250 mila per l’Iva. Difficile quindi considerarlo un «superamento lieve». In più, rimane il problema di cosa succederà a chi si trova già all’interno di un processo penale o di un procedimento amministrativo dopo il varo della riforma fiscale. Se, come si ipotizzava qualche tempo fa, si cancellerà tutto a chi trova un accordo con il fisco, si tratterà di una vera e propria grazia per gli evasori fiscali.
(da agenzie)

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LA RIVELAZIONE DI POLITICO: L’UCRAINA HA COLPITO LA RUSSIA CON DRONI SOVIETICI MODIFICATI

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

LA CONFERMA DA DUE FONTI VICINE ALL’OPERAZIONE

L’Ucraina ha usato due droni dell’era sovietica per colpire due avamposti russi situati centinaia di chilometri oltre confine. Politico, che ne dà conferma, definisce quella di Kiev «una mortale nuova capacità per un Paese che finora si è affidato principalmente alle armi importate per fare breccia tra le linee russe».
Gli attacchi sono avvenuti lunedì. Ad essere colpita è stata la base aerea di Engels, sul fiume Volga, ad oltre 600 chilometri dal confine ucraino. Hanno perso la vita tre soldati russi e sono stati danneggiati due aerei. Mosca aveva parlato dell’attacco nel corso della settimana, ma non aveva menzionato la sua natura. I due velivoli usati nell’attacco, secondo due fonti anonime vicine all’operazione, sono dei Tu-141. Un modello che veniva utilizzato era sovietica principalmente per operazioni di sorveglianza. La testata tedesca evidenza la capacità di innovarsi dell’esercito ucraino, contrapposto a quello russo, che in questi mesi ha acquistato droni relativamente economici dall’Iran.
«La terra è tonda e quello che vola torna indietro»
Gli attacchi, che mai si erano spinti così in là nell’entroterra russo, arrivano dopo che Kiev aveva più volte chiesto ai Paesi occidentali di ottenere de missili a lungo raggio. Gli Usa e l’Ue, però, si sono finora limitati ad altre armi. Ora l’Ucraina ha la possibilità di colpire la Russia anche nelle proprie infrastrutture civili, e per questo la tensione potrebbe salire. Tuttavia, informa una delle due fonti, Mosca potrebbe facilmente riuscire a tracciare i droni se si trattasse dell’unico tipo di arma aerea a lungo raggio usata dall’Ucraina. L’Ucraina non ha ufficialmente rivendicato gli attacchi. Tuttavia, il consigliere del presidente Mykhailo Podolyak, ha twittato dopo gli attacchi. Non si tratta della prima volta che l’Ucraina usa vecchie armi modificate per colpire i suoi obiettivi. Era già successo quando i missili Neptune hanno colpito la nave Moskva.
(da Open)

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MELONI VINCE LA SFIDA DEI SOCIAL, CALENDA SECONDO SEGUITO DA CONTE

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

PROFONDO ROSSO PER SALVINI E LETTA

I social cambiano di continuo. Di giorno in giorno e di mese in mese. Figuriamoci a distanza di un anno. Tanto più a cambiare devono essere le strategie comunicative dei politici. A misurarne i guadagni e le perdite è l’ultimo report stilato da DeRev. Rispetto all’anno precedente, il 2022 ha visto l’exploit di Giorgia Meloni, figura che si è trasformata nel suo passaggio dall’opposizione all’esecutivo. In sofferenza invece Matteo Salvini che, nel suo ruolo da “premier ombra”, nonostante la grande quantità di pubblicazioni, non riesce più a interessare gli utenti. Grande perdente dal Partito Democratico è Enrico Letta: niente Tik Tok e una comunicazione diretta solo alla sua compagine politica.
Il governo: Meloni sorpassa Salvini
Nella schiera dell’esecutivo il ribaltamento del podio è ormai definitivo. Infatti a distanza di un anno, la premier Meloni passa dal 42 al 91 per cento relativo alla sua performance sui social, guadagnando il gradino più alto. Una crescita dovuta a una trasformazione della comunicazione: più istituzionale e informativa, incentrata soprattutto sull’agenda di governo. Dall’altro lato Matteo Salvini perde il ruolo che ha sempre rivestito sul web. Una performance stabile che, dall 22 per cento, è aumentata solo fino al 31 per cento. Per Roberto Esposito, CEO di DeRev, “al contrario degli altri politici, il suo linguaggio è rimasto immutato. Se in passato ha pagato, oggi le interazioni e l’apprezzamento degli utenti sono molto calate”
Come figura super partes alle tensioni tra i due leader della destra, Silvio Berlusconi costruisce una rete affidata alla sua figura di “padre nobile”, ago della bilancia in un esecutivo traballante. Più presente su Twitter, il cavaliere rappresenta l’ultima posizione dell’ala governativa, con un livello di performance fermo al 23 per cento.
Le opposizioni: dominio di Calenda, Letta flop
A vincere il titolo nell’opposizione è Carlo Calenda. Con una performance al 52 per cento e un guadagno debole rispetto al 2021, si ferma in seconda posizione, alle spalle di giorgia Meloni. “Calenda ha una buon ragionamento sullo sfondo della sua strategia – commenta Roberto Esposito – Facendo parte di un piccolo partito di minoranza, produce più contenuti possibili per conquistarsi ogni giorno il suo posto sui mezzi d’informazione”. A rallentare la crescita sarebbe la sua impetuosità. Sempre secondo Esposito, “spesso si esprime senza nessun filtro a freddo. Scrive di getto e produce su di sè una viralità negativa. Al contrario i prodotti del suo staff di comunicazione raggiungono un alto livello di professionalità e apprezzamento”.
Nella schiera giallo-rossa, grazie a una performance al 42 per cento e una base di seguaci molto ampia, Giuseppe Conte si posiziona sul terzo gradino. Una vittoria permessa dall’immagine di vero oppositore al governo, anche se gli ultimi mesi hanno visto una flessione negativa dei suoi follower sui social più popolari.
In ultima posizione il leader dem Enrico Letta. “Una comunicazione interna, percepita come diretta solo ai suoi compagni di partito e ai suoi elettori fidati – dice Esposito leggendo i dati – Il suo approdo su Tik Tok è avvenuto sul profilo del Pd, nessun profilo a suo nome. Mettendo prima il partito e non la sua figura personale, l’assenza di un ruolo da leader fa precipitare Letta”.
(da La Repubblica)

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LILIANA SEGRE, ANCHE CHEF RUBIO TRA I 24 DENUNCIATI DALLA SENATRICE A VITA PER ODIO ON LINE

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

“PER TANTO TEMPO SONO STATA IN SILENZIO, ORA DENUNCIO”… TUTTI DOVREBBERO FARE COME LEI

C’è anche Gabriele Rubini, conosciuto come Chef Rubio, tra i 24 possibili autori degli insulti e delle minacce online a Liliana Segre. Quello del cuoco è uno dei nomi contenuti nelle denunce presentate dalla senatrice a vita alla caserma dei carabinieri di Milano.
Assistita dall’avvocato Vincenzo Saponara, Liliana Segre ha presentato le querele alla Sezione Indagini Telematiche del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo. E’ stata La Stampa a pubblicare per prima la notizia. Le denunce sono state presentate nei confronti degli autori delle minacce arrivate via social dopo le prese di posizione della senatrice a vita contro l’aggressione all’Ucraina e a favore dei vaccini anti-Covid. Tra questi, il popolare chef, che ha da sempre posizioni filo palestinesi e che nel tempo non si è risparmiato nelle invettive contro la senatrice a vita. Molte le accuse che vengono rivolte da ambienti pro-Palestina a Segre dove le tesi antisemite non sono rare, così come i pregiudizi contro chi testimonia i valori dello Stato ebraico. Liliana Segre da tre anni vive con la scorta proprio per le minacce antisemite che ha cominiciato a ricevere negli ultimi anni, sempre più violente, sempre più invadenti anche della sua vita privata.
Chi è Chef Rubio, uno dei 24 denunciati da Liliana Segre per odio online
Chef Rubio, al secolo Gabriele Cherubini, è uno chef molto noto sia per le sue trasmissioni televisive, Unti e bisunti o Camionisti in trattoria sia sui social, dove ha centinaia di migliaia di follower. Sui social non fa mistero delle sue posizioni politiche, che in parte ricalcano quelle di chi in ogni manifestazione del 25 Aprile a Milano, fischia la Brigata Ebraica, confondendo questa associazione di combattenti partigiani, con lo Stato di Israele.
Agli iniziali odiatori anti semiti di Segre, si sono aggiunti, da quando è scoppiata la pandemia, gli hater no vax, che l’hanno presa di mira in più occasioni. Da quando si è prestata come testimonial per il lancio della campagna vaccinale, nel gennaio 2021, all’ospedale Fatebenefratelli di Milano, fino a quando recentemente ha preso posizione contro i medici che rifiutano di vaccinarsi.
Liliana Segre anche su questo tema sanitario, come su quello della prevenzione dei contagi attraverso la vaccinazione, si è espressa con la chiarezza che tutti le riconoscono, con le stesse parole nette con cui ha condannato il risorgere dell’antisemitismo e del razzismo.
Fra i persecutori di Liliana Segre che la additano in quanto sopravvissuta alla Shoah, quelli che non le perdonano la scelta di dedicare la sua vita a testimoniare l’orrore delle leggi razziali e delle loro conseguenze, infine si sono aggiunti gli ambienti filo putiniani e filo russi contrari alla solidarietà con il popolo ucraino aggredito.
Dopo l’ultimo discorso di Segre, nella prima seduta del Senato dopo l’elezione di Giorgia Meloni, altri insulti le sono piovuti da ambienti politici di estrema sinistra ed estrema destra, che per opposti motivi hanno criticato le sue parole in difesa della Costituzione e dei valori democratici.
Evidentemente, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E’ stata la stessa Segre, un mese fa a Palazzo Marino, durante un convegno dell’associazione delle donne ebree, ad annunciare: “Per tanto tempo sono stata in silenzio, ora denuncio”.
In famiglia c’è un avvocato, il figlio Luciano Bellipaci, civilista, che ha interpellato il collega Saponara penalista, con il quale si stanno esaminando tutti i messaggi di odio e di minaccia, per identificarne gli autori e denunciarli.
(da La Repubblica)

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IL BLUFF DEL GOVERNO SULL’AUTONOMIA, NON CI SONO I SOLDI PER I SERVIZI ESSENZIALI

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

NON IN GRADO DI COLMARE IL DIVARIO TRA NORD E SUD

Il trucco c’è. Anche se qualcuno ha sperato, dalla maggioranza, che non emergesse. Ma sull’Autonomia differenziata si scopre ora che la definizione dei Lep – i livelli essenziali delle prestazioni per i cittadini, che la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva posto come precondizione, dando l’inevitabile stop all’incauta rincorsa del ministro Roberto Calderoli – rischia di essere una garanzia farlocca.
Perché la norma che nella legge di Bilancio impegna l’esecutivo a fissare concretamente i livelli minimi di servizi sociali, per colmare le disuguaglianze in aree disagiate, non risulta legata ad alcuna specifica copertura finanziaria.
In breve: si riafferma il concetto previsto dalla Costituzione, e ribadito da una recente sentenza della Consulta (del 26 novembre 2021), si calcola il livello dei servizi, ma senza prevedere i soldi per realizzarli. Niente risorse per sanare la frattura Nord-Sud, tra diritti di cittadinanza di prima e ultima classe.
Possibile, ci risiamo? È stato prima l’Ufficio parlamentare di bilancio (l’Upb) a indicare il vulnus del percorso: lo stesso organismo di vigilanza sui conti pubblici che in più occasioni ha rilevato le gravi criticità di questa forma di regionalismo spinto, in violazione dei principi di “perequazione e solidarietà nazionale”.
Poi Svimez, l’associazione per lo Sviluppo industriale del Mezzogiorno guidata dal direttore Luca Bianchi e dal presidente Adriano Giannola, ha consegnato alla commissione Bilancio della Camera una memoria in cui si segnala il pericolo, oggi più di ieri, della “mancanza di meccanismi di riequilibrio dei divari territoriali”. Da oltre venti anni si aspetta che il governo di turno fissi quel livello di spesa costituzionalmente irrinunciabile, per garantire diritti sociali non negoziabili (si è fissato finora solo il livello di asili nido e trasporti per disabili, gestione Carfagna).
La stessa Corte Costituzionale aveva stigmatizzato “il perdurante ritardo dello Stato nel definire i Lep”. Il caterpillar-Calderoli, il ministro degli Affari regionali che da solo si era battezzato così, forse in omaggio alle pressioni che venivano da Veneto e Lombardia, aveva argomentato a suo modo: non ci sono riusciti in due decenni, dobbiamo farlo noi in quindici giorni? Spingendosi a fare una promessa un po’ azzardata: “L’Autonomia sarà legge entro la fine dell’anno, e prima di Natale il testo avrà il via libera del governo”.
L’alt di Giorgia Meloni
Non aveva calcolato l’alt imposto da Giorgia Meloni, sull’onda di una più vasta mobilitazione: dai governatori del Sud alla schiera di giuristi ed economisti non meridionali. Una brusca frenata, per Calderoli. Che, dopo aver mal digerato le critiche di Vincenzo De Luca su questa Autonomia “affrettata , propagandistica e molto pericolosa”, e aver definito il governatore “un furbacchione Masaniello”, domani invece viene a Napoli a incontrarlo, proprio nella sede della Regione Campania. Per inciso: nelle stesse ore in cui suo figlio, il deputato Piero De Luca, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, nel presentare il pacchetto di emendamenti “contro il vuoto di proposte per il Sud nella manovra” , picchia ancora contro “la proposta incostituzionale di Autonomia avanzata da Calderoli che aumenta divari e disuguaglianze”. Toni più vellutati usa, da Napoli, il genitore, che incassa un risultato più di leadership che di territorio: “È stata accettata la linea della Regione, cioè prima si definiscono i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, per tutta Italia e poi si definiscono i poteri. Da questo punto di vista, Calderoli ha fatto una scelta importante perché ha accettato di fare prima i Lep entro 6 mesi”.
Peccato si tratti di una scatola vuota, come raccontano le carte. “Si declinano i Lep come un passaggio burocratico da chiudere in fretta – analizza da Svimez Luca Bianchi – Mentre l’assenza di una copertura finanziaria vanifica l’obiettivo di erogare prestazioni laddove esse non ci sono o sono sottodimensionate. A meno di non pensare che si voglia contrarre la spesa storica per le regioni con maggiore offerta di servizi”. Colpisce il raffronto con la finanziaria dell’anno scorso. “Nella legge di bilancio 2022 – continua l’economista – in cui si introducevano norme sulla definizione dei Lep, si prevedeva una copertura crescente, fino a 1,1 miliardi di euro nel 2027”. Risorse di cui non c’è ombra, stavolta, nell’idea di Autonomia pensata dai caterpillar.
(da La Repubblica)

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PERU’, IL PRESIDENTE CASTILLO TENTA IL GOLPE: DESTITUITO DAL PARLAMENTO E ARRESTATO

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

GIURA LA SUA VICE DINA BOLUARTE

Al termine di un lungo braccio di ferro tra il potere esecutivo e quello legislativo, il Parlamento del Perù ha destituito con una procedura d’emergenza il presidente Pedro Castillo. Il Parlamento, però, ha accelerato un procedimento di impeachment per «incapacità morale», il cui voto era calendarizzato proprio per la giornata odierna.
A seguito del voto che ha messo sotto stato di accusa Castillo, è stata convocata la vicepresidente Dina Boluarte, come previsto dalla Costituzione, divenendo così la prima donna a ricoprire l’incarico di Presidente della Repubblica nella storia del Perù.
Nel suo discorso di insediamento, dopo aver giurato sulla Costituzione, la presidente Boluarte ha fatto appello all’«unità di tutti i peruviani», richiedendo una «tregua politica» con l’obiettivo di «dare vita a un governo di unità nazionale». La presidente Boluarte ha dichiarato: «Assumo l’incarico con la consapevolezza dell’enorme responsabilità che prevede il ruolo e con la profonda convinzione che sia imprescindibile riprendere il cammino della crescita economica e dell’inclusione sociale, e della riforma politica di cui il Paese ha bisogno: la prima misura sarà affrontare la corruzione in tutte le sue forme». E Boluarte, dopo aver ricordato le sue umili origini, ha infine ribadito la volontà di impegnarsi per far sì che «i nessuno e gli esclusi tornino ad avere un ruolo nel Paese».
La neo-presidente Boluarte, prima di essere chiamata a giurare ha preso nettamente le distanze da Castillo: «Respingo la decisione di Pedro Castillo di perpetrare la rottura dell’ordine costituzionale chiudendo il Congresso. Si tratta di un colpo di Stato che aggrava la crisi politica e istituzionale che la società peruviana dovrà superare con il rigoroso rispetto della legge».
Nel frattempo, la Procura peruviana ha arrestato l’ormai ex presidente Castillo che si era rifugiato nella sede della prefettura di Lima, dove era fuggito con la sua famiglia e l’ex primo ministro, Aníbal Torres, dopo aver annunciato che avrebbe sciolto il Parlamento, decretato un governo di emergenza e indetto nuove elezioni legislative.
Nel corso della giornata Castillo aveva provato ad aggirare la mozione di sfiducia nei suoi confronti annunciando di voler sciogliere il Parlamento, provocando la reazione della Corte Costituzionale e le dimissioni di gran parte del suo esecutivo. Il presidente aveva anche proclamato lo stato di emergenza in tutto il Paese e l’introduzione del coprifuoco per questa notte, costringendo la popolazione a rimanere a casa e sospendendo tutte le attività. La Suprema corte peruviana è però intervenuta immediatamente, definendo l’azione di Castillo un tentativo di «colpo di stato». Nelle ore successive, il Parlamento si è comunque riunito per votare la destituzione del Presidente per «incapacità morale permanente». La mozione è stata approvata con 101 voti a favore, 6 contrari e 10 astenuti. Castillo aveva giustificato la decisione di sciogliere il parlamento, sostenendo che fosse «venuto meno l’equilibrio dei poteri», e annunciando l’intenzione di convocare elezioni legislative entro i successivi 9 mesi, con l’obiettivo di riformare la costituzione del Perù: «Il prossimo Parlamento che sarà eletto dovrà avere funzioni di costituente per riformare la Costituzione del Paese».
Il presidente peruviano aveva anche chiesto ai cittadini in possesso di armi di consegnarle alle autorità locali nell’arco delle successive 72 ore, annunciando che «da oggi, fino a quando si instaurerà il nuovo Parlamento, il Paese verrà governato tramite decreto».
Subito dopo le dichiarazioni del presidente del Paese andino, era arrivata una raffica di dimissioni da parte dei ministri del governo, a partire dal ministro degli Esteri, Cesar Landa, e poi a seguire il ministro del Lavoro, Alejandro Salas, il ministro dell’Economia, Kurt Burneo, quello della Giustizia, Felix Chero e la ministra della Cultura, Silvana Robles. Nella giornata di ieri, invece, anche il ministro della Difesa, Gustavo Bobbio, e il comandante generale dell’esercito del Perù, Walter Cordova Aleman, avrebbero rassegnato le proprie dimissioni – ma non sono state ancora ufficializzate. Ma non solo. Poco prima del voto si è dimessa anche la presidente del governo peruviano, Betssy Chavez.
Chi è Pedro Castillo e perché è stato messo sotto stato di accusa
Castillo, ex insegnante di una zona rurale del Perù ed ex sindacalista, è stato eletto presidente nel luglio 2021, dopo aver vinto i ballottaggi delle elezioni presidenziali, battendo l’esponente di Keiko Fujimori, con un vantaggio risicato. Castillo attualmente è indagato dalla Procura nazionale in sei filoni d’indagine, cinque dei quali per presunti atti di corruzione. Castillo ha accusato l’opposizione, così come la magistratura, di volerlo rimuovere sin dal primo giorno in cui è entrato in carica, e si è scontrato con la procuratrice generale del Perù, Patricia Benavides, che secondo lui aver orchestrato un «colpo di stato» contro la sua presidenza. A ottobre, la procuratrice Benavides ha presentato una denuncia costituzionale contro il presidente peruviano, sulla base di tre delle sei indagini che il suo ufficio aveva aperto. Le accuse a carico di Castillo riguardano la sua presunta guida di «un’organizzazione criminale» per trarre profitto da contratti statali e ostacolare le indagini.
La denuncia in questione ha consentito al Congresso di svolgere le proprie indagini contro il presidente in carica. E in una mozione depositata la scorsa settimana dall’opposizione si chiedeva – ai sensi dell’articolo 113 della Costituzione del Perù – di votare per mettere sotto accusa il presidente peruviano perché «moralmente inadatto». Si è trattato del terzo tentativo di mettere sotto accusa il presidente sin dal suo insediamento nel luglio 2021.
«Intendono far saltare in aria la democrazia e ignorare il diritto di scelta del nostro popolo», aveva dichiarato Castillo durante un evento pubblico. Castillo, inoltre, ha bollato le accuse contro di lui come «calunnie», accusando i gruppi dell’opposizione di centrodestra «di approfittare e impadronirsi del potere che il popolo gli ha tolto alle urne: ribadisco che non sono corrotto».
(da agenzie)

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LE MIDTERM SONO STATE UNA DISFATTA PER TRUMP: TUTTI I CANDIDATI CHE HA SPONSORIZZATO HANNO PERSO MALAMENTE

Dicembre 8th, 2022 Riccardo Fucile

LA VITTORIA REGALA AI DEM IL 51° SEGGIO AL SENATO, UNO IN PIÙ RISPETTO A PRIMA DELLE MIDTERM

I dem si tengono il seggio in Georgia e rafforzano la loro maggioranza in Senato, infliggendo un altro duro colpo a Donald Trump mentre Joe Biden già brinda (con la Coca-Cola) alla sua campagna per il 2024, anche se non ha ancora annunciato la sua decisione.
Raphael Warnock, il pastore che ad Atlanta ha ereditato il pulpito di Marther Luther King, ha sconfitto di misura (51,4% a 48,6% a spoglio quasi terminato) il repubblicano Herschel Walker, ex campione di football universitario scelto da Trump, nell’attesissimo ballottaggio che suggella la fine delle elezioni di Midterm e la trasformazione del Peach State in un decisivo stato battleground.
Il reverendo dem diventa cosi’ il primo afroamericano della Georgia a conquistare un mandato pieno al Senato dopo aver vinto lo scranno due anni fa in una elezione suppletiva, sempre al ballottaggio. Un risultato storico per il figlio di una donna “che raccoglieva il cotone e il tabacco degli altri ed ora ha aiutato il suo figlio piu’ giovane” a salire così in alto, come ha ricordato lui stesso ringraziando la madre.
Con la sua riconferma Warnock regala ai democratici il 51mo seggio al Senato, uno in più rispetto a prima, grazie a quello strappato ai repubblicani in Pennsylvania da John Fetterman contro un altro candidato di Trump, il ‘Dr Oz’. “L’America sta meglio, e’ una boccata d’ossigeno in più”, ha commentato il leader dei senatori dem Chuck Schumer.
Numerosi i vantaggi per il partito dell’Asinello, che non avrà più bisogno di contare sempre sul voto della vicepresidente Kamala Harris per spezzare la parità a suo favore. I dem avranno la maggioranza in tutte le commissioni, otterranno un potere maggiore nell’emettere citazioni (subpoena) nelle indagini, potranno confermare più in fretta dirigenti e giudici (anche della Corte suprema nel caso capitasse).
E, soprattutto, ridurranno il potere di interdizione sull’agenda del partito da parte di due loro senatori centristi come Joe Manchin e Kyrsten Sinema. “Questa notte gli elettori della Georgia sono scesi in campo per la nostra democrazia, hanno respinto l’ultra MAGAismo (il movimento ispirato allo slogan trumpiano Make America Great Again, ndr) e, cosa più importante di tutto, hanno rimandato un brav’uomo al Senato per altri sei anni”, ha twittato Biden, postando una foto mentre telefona a Warnock per congratularsi con lui.
Il New York Times intanto ha rivelato che il presidente ha brindato (con la Coca-Cola) alla sua campagna presidenziale 2024 con la moglie e i Macron durante la cena di Stato di giovedì scorso per la visita del presidente francese. Tutto sarebbe partito da una domanda della premiere dame, che ha chiesto a Jill se fosse pronta per un’altra campagna. Assolutamente sì, avrebbe risposto la first lady.
A questo punto il leader francese si sarebbe rivolto a Biden dicendo che le congratulazioni erano d’obbligo e avrebbe proposto un brindisi alla sua nuova corsa alzando un bicchiere di vino. Per Trump è stata una giornata nera, una delle peggiori.
Prima il verdetto di condanna per la sua Trump Organization per frode fiscale, poi la debacle del suo controverso candidato in Georgia, l’ennesima di queste Midterm. Walker non aveva alcuna esperienza politica ed era finito nella bufera dopo che due sue ex lo hanno accusato di averle costrette ad abortire, in barba alla sua dichiarata posizione pro vita. Un doppio schiaffo che indebolisce la sua ricandidatura alla Casa Bianca, come le varie inchieste pendenti, l’incontro a Mar-a-Lago col suprematista Nick Fuentes e il rapper antisemita Kanye West, o il suo sovversivo invito a sospendere la costituzione.
(da Ansa)

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