Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“I VANDALI SONO QUELLI CHE FANNO LEGGI CHE OSTACOLANO I SALVATAGGI DI CHI STA AFFOGANDO IN MARE. C’È UN VANDALISMO IN CORSO ANCHE SUI RINCARI DELLE BOLLETTE ENERGETICHE”
«Apri la tua bocca in favore del muto». Cita una frase del libro dei Proverbi contenuto nella Bibbia, Erri De Luca, per esprimere quello che sente essere il suo «compito civile». Scrittore, poeta e traduttore, per De Luca l’impegno politico e civile è da sempre centrale, dalla militanza in Lotta continua negli Anni Settanta alla battaglia contro la Tav, nell’ambito della quale è stato processato e assolto per le sue dichiarazioni a sostegno del sabotaggio dell’opera.
Su vari fronti, dice, «oggi i muti sono quelli che gridano le loro ragioni» senza essere ascoltati. Dei blitz contro i palazzi del potere e contro l’arte che gruppi ambientalisti ripetono in questi mesi, e giorni, lo scrittore condivide «gli argomenti e la necessità di promuoverli».
Dai quadri di Leonardo e Van Gogh, protetti dal vetro, imbrattati fino alla vernice lavabile lanciata su Palazzo Madama, la protesta ambientalista ha alzato il tiro. Manifestare in piazza non basta?
«Definirle forme di protesta è per me riduttivo. Sono ordini del giorno che riguardano la vita del mondo che ci ospita e l’epoca presente. Le manifestazioni in piazza sono forme consumate di testimonianza politica. Servono gesti espliciti, comunicativi e innocui. Ne stiamo discutendo perché riescono a richiamare l’attenzione della cronaca».
Il bene di una causa giustifica qualsiasi forma di protesta, anche violenta, o ci sono limiti da non valicare?
«Non qualsiasi, ma quella adatta e calibrata. Sono stato incriminato e assolto dal reato di istigazione. Quella causa, la lotta della Val di Susa, andava difesa in quel modo. Oggi su queste forme di lotta politica di Ultima Generazione mi limito a constatare che sono ragionevoli e misurate sulla sensibilità attuale così attenta alle superfici. Schizzarle di vernice lavabile suona scandaloso alle epidermidi di chi non fa niente di niente per ridurre i danni ambientali».
La politica ha condannato il blitz al Senato e il vicepremier Salvini dice che «i vandali che lo hanno imbrattato rischiano una pena da 1 a 5 anni». Questi gesti ottengono l’obiettivo di risvegliare le coscienze sul tema climatico o sono controproducenti nell’opinione pubblica?
«I vandali fanno leggi che ostacolano i salvataggi di chi sta affogando in mare. C’è un vandalismo in corso sui rincari delle bollette energetiche. Invocare manette è una forma di impotenza. Ma gioca a favore delle ragioni dei gesti simbolici».
«Gli intellettuali cominciano a dare segnali di attenzione», ha detto un attivista di Ultima Generazione. È così?
«Gli intellettuali andrebbero identificati, si tratta di singole persone e non di una categoria. Non sono ottimista guardando in giro. Ma gli italiani sono imprevedibili. Si sono astenuti in massa alle politiche di settembre, sta a vedere che sta covando uno schieramento ambientalista che farà saltare il banco del Casinò politico».
«Per me, da scrittore e da cittadino, la parola contraria è un dovere prima di essere un diritto» ha scritto in La parola contraria (Feltrinelli), uscito poco prima del processo Tav. Che ruolo hanno o devono avere gli intellettuali nelle proteste del nostro tempo? E cosa sente di dover fare lei?
«Uno scrittore ha l’ambito della parola e allora il suo compito è difenderla dalle contraffazioni, dalle falsificazioni di chi per esempio dice che gli emigranti sono invasori. Un verso del libro dei Proverbi ordina: “Apri la tua bocca per il muto”. Oggi i muti sono quelli che gridano le loro ragioni e nessuno li ascolta. Il mio compito civile è di amplificare il loro segnale, farmi strumento della circolazione delle loro parole, a Taranto per esempio dove una città subisce intossicazione volontaria e continuata. E poi c’è una guerra dentro questo piccolo continente europeo.
Allora con un furgone e un amico faccio viaggi di rifornimento di quanto ci viene richiesto da lì. Prima di Natale abbiamo portato due generatori a orfanotrofi che erano al buio. Non è un’attività che raccomando come linea di condotta. È solo quello che personalmente credo di dovere al mio tempo, alla fortuna di esistere».
Paolo Cognetti, commentando il blitz al Senato, ha detto che «non riusciamo a vedere nella protesta un esercizio democratico: per noi la democrazia si esaurisce nell’urna. Invece prevede il diritto al dissenso e, per chi governa, il dovere di ascoltare».
«D’accordo con Cognetti, ma queste forme di pubblica testimonianza non le vedo rivolte alle autorità, che sono inerti, sorde, inattuali. Sono rivolte all’opinione pubblica degli italiani, servono a smuovere coscienze, non a contrattare una diminuzione di CO2».
Lei è un amante della montagna, che effetto le fa vedere lì le conseguenze dei cambiamenti climatici?
«La montagna è un luogo dove la nostra pressione umana scarseggia, si dirada, resta in minoranza. È il posto che per ora sopporta meglio l’alterazione climatica. Ci vado per la sua bellezza e per dimenticare quello che lascio a valle».
Pensa che i giovani stiano combattendo per i diritti e per il futuro?
«Sì, sono avanguardia di prossime generazioni che approfondiranno metodi e invenzioni per produrre economie di riparazione, stili di vita pubblica e privata».
In Iran i giovani che protestano mostrano un enorme coraggio, rischiando carcere e morte. Lasceranno un segno nelle nostre coscienze?
«Stanno lasciando testimonianza, stanno condannando all’infamia i teocrati loro aguzzini. Una generazione in Argentina negli Anni 80 fu sterminata dalla dittatura militare. Chiamata desaparecida, scomparsa, in verità ha fatto scomparire i suoi assassini. Succederà in Iran».
(da La Stampa)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
IN BILICO ANCHE BIAGIO MAZZOTTA, RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO E ERNESTO MARIA RUFFINI, NUMERO 1 DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE… ANCHE MINENNA E DAL VERME, RISPETTIVAMENTE A CAPO DELLE DOGANE E DEL DEMANIO, HANNO LA VALIGIA PRONTA
Dopo Giovanni Legnini, Nicola Magrini. Il governo Meloni applica lo spoils
system: lunedì ha rimosso il commissario per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto, sostituito con Guido Castelli. Ieri è toccato al direttore generale dell’Aifa, in carica dal marzo 2020, in piena pandemia. Insorge il Pd, che non gradisce la rimozione di Magrini: «Una scelta di discontinuità grave e sbagliata – dice Enrico Letta – un segnale pericoloso e preoccupante». E non è finita qui.
Nel mirino dell’esecutivo di centrodestra ci sono ora altri ruoli apicali, a partire da Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro. Sono in bilico Biagio Mazzotta, ragioniere generale dello Stato, ed Ernesto Maria Ruffini, numero uno dell’Agenzia delle entrate, che però nelle ultime ore vede salire le possibilità di restare al suo posto.
Il 24 gennaio scadono i 90 giorni dello spoils system, che assegna al vincitore delle elezioni il diritto di nominare funzionari di propria fiducia a capo degli uffici dell’amministrazione pubblica. Si tratta solo dell’antipasto, il menu prevede – dalla primavera in poi – il rinnovo dei cda di molte società pubbliche.
Ieri il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco ha ricevuto una lettera dal ministro della Salute Orazio Schillaci: mandato concluso, Magrini proseguirà nel suo attuale incarico per la gestione ordinaria fino al 23 gennaio. Per sostituirlo il ministero punterebbe a una soluzione “interna” all’Aifa, come il presidente Giorgio Palù. Circola anche il nome di Patrizia Popoli, presidente della commissione tecnico-scientifica di Aifa e direttrice del Centro nazionale ricerca e valutazione dei farmaci dell’Iss. Non è escluso l’arrivo di un super tecnico, un docente universitario specializzato in Farmacologia.
Tra gli incarichi in ballo, quello del direttore generale del Tesoro è un ruolo fondamentale.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti finora ha difeso Alessandro Rivera, ma le spinte che arrivano da Fratelli d’Italia e da Palazzo Chigi per cambiarlo sono fortissime. Non solo la premier Giorgia Meloni gli imputa di aver gestito male la vicenda del Monte dei Paschi di Siena – «pessima» è l’aggettivo usato dalla presidente del Consiglio alla conferenza stampa di fine anno – ma Rivera è stato accusato dalla maggioranza pure per i ritardi sulla manovra. In prima fila per la successione c’è Antonino Turicchi, ora alla presidenza di Ita. Un altro funzionario apicale che rischia di pagare per le polemiche sulla legge di bilancio è Biagio Mazzotta, il ragioniere generale dello Stato. Quando la manovra tornò in commissione per correggere i 44 errori segnalati dalla Ragioneria, Foti di Fratelli d’Italia intervenne in aula attaccando i vertici del Mef: «Prenderemo provvedimenti».
Per quanto riguarda le agenzie fiscali, Marcello Minenna e Alessandra Dal Verme, rispettivamente a capo delle Dogane e del Demanio, verranno rimossi sicuramente. Più complessa la situazione di Ernesto Maria Ruffini, il direttore dell’Agenzia delle entrate. L’ala salviniana della Lega aveva chiesto la sua sostituzione, ma sia Giorgetti sia il suo vice a via XX settembre, Maurizio Leo, lo stimano.
A giocare a favore dell’attuale numero uno del fisco c’è la sua posizione sullo stralcio delle cartelle inesigibili, che a modo di vedere di Ruffini intralciano l’azione dell’agenzia. Una visione citata più volte da Meloni per spiegare i motivi della «tregua fiscale». Discorso a parte per Pasquale Tridico. Il suo destino è segnato, ma la presidenza dell’Inps non rientra nelle nomine soggette a spoils system. Il suo mandato scadrebbe a maggio 2023, ma siccome è entrato in carica nel 2019 e il cda si è insediato solo 11 mesi dopo, secondo un’interpretazione potrebbe restare in carica fino alla primavera del 2024.
(da la Stampa)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA A CACCIA DI POLTRONE VUOLE SOLO SIGNORSI’
Il conto alla rovescia è alle battute finali, perché l’articolo 19, comma 8 della legge Bassanini sulla pubblica amministrazione del 2001 è chiaro: gli «incarichi di funzione dirigenziale» quali vertici dei ministeri o delle agenzie «cessano decorsi novanta giorni dal voto di fiducia del governo».
Dunque qui il silenzio equivale al licenziamento, non a un assenso. Eppure non è certo il silenzio a dominare, mentre scorrono i giorni che scadranno il 24 gennaio. Sul Messaggero il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato di usare «il machete» anche «contro chi nelle amministrazioni si è contraddistinto per la capacità di dire no ».
Voci anonime di governo fanno filtrare sui media che il principale candidato a perdere il posto sarebbe Alessandro Rivera, da quattro anni e mezzo direttore generale del Tesoro.
Anche i rapporti fra Palazzo Chigi e il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta sono freddi, al punto che questi non è mai stato coinvolto nelle riunioni sulla legge di Bilancio alla presidenza del Consiglio: mai successo prima.
Giorgia Meloni dà una lettura più ampia: «Credo che il problema del rapporto tra la macchina burocratica e la politica sia stato fondamentalmente nella debolezza della politica», ha detto la premier giorni fa. «La macchina amministrativa ha sempre guardato il ministro di turno o il presidente (del Consiglio, ndr ) come un passante e in molti casi ha preso il sopravvento».
Di conseguenza Meloni si è augurata «una revisione profonda della legge Bassanini», che dia ai politici gli strumenti del loro potere («Se ho la responsabilità, ce l’ho nel bene e nel male», ha detto). Se dunque la legge oggi permette ai governanti di sostituire la quarantina di dirigenti di vertice, cambiarla può solo voler dire una cosa: allargare questo spoils system almeno alla fascia subito sotto, altri 400 dirigenti. Già solo dirlo manda un messaggio – e magari un brivido lungo la schiena – alle strutture.
Intanto il conto alla rovescia corre. Né il governo può aspettare il 24 gennaio, perché il Quirinale considera l’essere informato con anticipo un elementare atto di cortesia. Al Colle dovrà svolgersi un esame dei requisiti formali di chi sostituirà i dirigenti lasciati decadere, dato che il presidente della Repubblica entra nella procedura: l’incarico di vertice è conferito con un suo decreto «previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente».
C’è però un’altra ragione per la quale qualunque cambio nel ministero dell’Economia interessa al Quirinale, come al resto d’Europa. L’ultimo governo che ha debuttato licenziando i vertici del Tesoro è stato quello di Liz Truss a Londra a settembre scorso: quando saltò il «Permanent Secretary to the Treasury» Tom Scholar, per i mercati fu il primo segnale dell’instabilità che presto avrebbe portato alla caduta della premier.
In Italia il quadro è diverso, nella misura in cui la politica di bilancio oggi è prudente. Antonino Turicchi, il presidente di Ita visto come possibile successore di Rivera, ha un curriculum solido ma finora molta meno esperienza fuori dall’Italia (specie nei negoziati europei). Di Mazzotta invece non ci sono sostituti evidenti, anche se l’ex dirigente Inail Giuseppe Lucibello sembra vicino all’area di centrodestra.
Ma l’altra differenza con il caso Liz Truss è politica: la giubilazione di Tom Scholar avvenne con l’assenso del ministro del Tesoro Kwasi Kwarteng, mentre a Roma la stagione della caccia (volutamente) pubblica a Rivera è stata aperta senza il ministro dell’Economia. Giancarlo Giorgetti non è propenso a cambiare né il Ragioniere dello Stato né il direttore generale del Tesoro – non ora – anche se pensa che i rapporti di forza nel governo non siano dalla sua. Lui è minoranza moderata nella Lega, un partito a sua volta di minoranza in un governo di Fratelli d’Italia.
Perché qui è il punto: Giorgetti vede nell’attacco in corso a Rivera un attacco a sé stesso, un tentativo di indebolirlo e ridimensionarlo da parte di alcuni settori di governo. Sotto Natale si sono già viste scintille in Consiglio dei ministri su un caso di merito fra il titolare dell’Economia e il collega Adolfo Urso (Imprese, FdI), mentre i rapporti di Giorgetti con Crosetto (anche lui di FdI) sono improntati a un sano reciproco sospetto. C’è poi l’azione del ministro degli Affari europei Raffaele Fitto (FdI), che richiede il controllo a Palazzo Chigi sulla parte della Ragioneria che segue il Piano di ripresa. Alla fine su Rivera sarà Giorgetti a decidere. E non è detto che non sarà una sorpresa.
(da il Corriere della Sera)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
UN ANNO FA L’EX ALITALIA VENIVA VALUTATA 1,4 MILIARDI, ORA APPENA 500 MILIONI. I TEDESCHI NON DOVRANNO SGANCIARE PIÙ DI 250 MILIONI PER LA LORO QUOTA
Le trattative fra Lufthansa e Ita sarebbero vicine alle conclusioni. È quello
che scrive oggi la Frankfurter Allgemeine Zeitung in un articolo dal titolo: “In arrivo ondata di acquisizioni nel settore del trasporto aereo”.
“Lufthansa – riporta il quotidiano tedesco – è in procinto di acquisire Ita e di ottenere una nuova filiale. I colloqui a quanto trapela da fonti del settore sarebbero molto avanti e una conclusione sembra vicina”. Per il giornale l’ingresso della compagnia tedesca in Ita “rimane conveniente, soprattutto perché Lufthansa insiste su una valutazione inferiore di Ita in perdita”.
“Un anno fa era stata valutata 1,4 miliardi di euro, ora si parla di una valutazione di circa 500 milioni di euro. Per un ingresso in cui la quota Lufthansa rimane quota di minoranza, non dovrebbero essere dovuti più di 250 milioni di euro”. Faz aggiunge che “la fase in cui le compagnie aeree non avevano praticamente soldi per gli acquisti sta finendo.
L’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (Iata) prevede che nel 2023 l’industria sarà di nuovo in grado di realizzare profitti per 4,7 miliardi di dollari. Ma i margini rimangono esigui”.
Stando alle stime di Eurocontrol, l’agenzia di controllo del traffico aereo, “nel 2028 ci sarà solo il 5% di traffico in più rispetto al 2019. In una prospettiva ottimistica, potrebbe essere il 18% in più, ma c’è anche quella pessimistica, secondo la quale i livelli pre-Corona non saranno raggiunti entro il 2028”.
(da agenzie)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“IL REGIME ASCOLTI LA VOCE DEL POPOLO O NON AVRA’ ALTRE CHANCES”
Travolte dalle proteste che infiammano il Paese da oltre tre mesi, dopo la morte di Mahsa Amini durante la custodia delle forze dell’ordine, le autorità iraniane ora si vedono attaccate anche dalla “vecchia guardia” interna.
Dopo mesi di lungo silenzio, è tornato a farsi sentire infatti Mahmoud Ahmadinejad, presidente del Paese dal 2005 al 2013, noto per la linea conservatrice e tradizionalista oltre che per le intemerate contro Israele e la Shoah.
In un video pubblicato nei giorni scorsi, ripreso dall’agenzia di stampa Rouydad24, Ahmadinejad attacca duramente la risposta delle attuali autorità di Teheran contro le proteste popolari, e parla esplicitamente di «repressione».
Per l’ex presidente, il governo dovrebbe ascoltare le esigenze espresse dalla popolazione e risolvere i suoi problemi, altrimenti «potremmo non avere la possibilità di recuperare in futuro». «Il denaro speso per reprimere le persone – attacca ancora Ahmadinejad – dovrebbe essere speso per risolvere i problemi del Paese».
Nel mirino dell’ex leader di Teheran sono in particolare quelle che definisce le «gang corrotte» dei servizi di sicurezza e d’intelligence, le cui tesi sono inammissibili poiché «non è possibile etichettare tutti come ‘anti-regime’».
(da Open)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
TRA EDIFICI RASI AL SUOLO E RESTI DI FOSSE COMUNI
Un concerto improvvisato sulle macerie della guerra: è quello che ha
regalato a un piccolo pubblico il musicista ucraino Moisei Bondarenko. Imbracciato il suo violino, Bondarenko ha deliziato con le sue note alcuni soldati e abitanti di Izjum, cittadina nella regione di Kharkiv distante poche decine di chilometri dagli Oblast del Donetsk e del Lugansk, dove ancora infuriano i combattimenti tra le truppe di Kiev e quelle di Mosca.
La città di Izjum invece, che sorge sulle rive del fiume Severskij Donec, è stata liberata dopo mesi di occupazione russa lo scorso 11 settembre: diventando al contempo uno dei simboli della riconquista ucraina di territori persi dall’invasione del 24 febbraio, ed uno dei luoghi per eccellenza della relativa devastazione.
Qui come in molte altre città del Paese, le forze che hanno liberato la città ed i primi reporter arrivatici hanno trovato un paesaggio urbano desertificato dai bombardamenti, luoghi utilizzati dall’esercito russo come “camere di tortura”, ma anche i resti di agghiaccianti fosse comuni. Nel rilanciare il video, la viceministra degli Esteri di Kiev Emine Dzheppar ha colto però il messaggio di rinascita della musica suonata sulle macerie della guerra: «La luce sta vincendo sulle tenebre», ha scritto in un tweet.
(da agenzie)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“VANNO AL GOVERNO E CAMBIANO IDEA SU TUTTO”
“Nel 2014 il deputato Salvini faceva scenate sui pedaggi. Nel 2023 aumentano le tariffe e il ministro Salvini tace. Vanno al governo e cambiano idea su tutto. Ma il conto delle scelte dei populisti è un conto salato, che paghiamo tutti noi”.
Così su Instagram il leader di Italia viva, Matteo Renzi, che ha mostrato un video di Salvini, risalente al gennaio del 2014, in cui l’attuale ministro dei Trasporti strappava, in favore di telecamere, lo scontrino del pedaggio autostradale al casello.
“Meloni non è la prima ad aumentare i pedaggi, ma quando il costo del pedaggio lo aumentò Enrico Letta, a gennaio 2014, Salvini piantò una grana, andò al casello con tutte le telecamere, decise di non pagare il pedaggio”, dice Renzi in un video a corredo.
“Bene, nove anni dopo – aggiunge – Salvini non soltanto non ha mantenuto gli stessi prezzi o, come avrebbe dovuto fare, ha ridotto il costo del pedaggio. Salvini ha fatto molto di più, ha preso e ha aumentato i pedaggi proprio lui che faceva le sceneggiate. La verità, diciamola tutta, è che se volete votare i Salvini e le Meloni, votate persone che sono bravissime a fare le scenette, non a governare”.
(da agenzie)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
FAVORITA MEDIASET RISPETTO AD ALTRI RETI, PASSANDO ATTRAVERSO UNA TRATTATIVA PRIVATA E NON UNA GARA PUBBLICA… COMUNE E REGIONE HANNO CACCIATO 500.000 EURO A MEDIASET SENZA GARA
La sera del 31 dicembre in piazza a Genova, si è svolto il Concertone di
Capodanno, trasmesso in prima serata su Canale 5 e condotto da Federica Panicucci, un evento storico come lo ha definito il Presidente della Regione Giovanni Toti e che ha destato una serie di sospetti nelle istituzioni.
La procura, infatti, ha avviato un’indagine con la quale stabilire in che modo l’amministrazione comunale e il sindaco Marco Bucci hanno affidato l’evento a Mediaset. Sembrerebbe, infatti, che le reti Fininvest siano state favorite rispetto alle altre reti e di fatti si ipotizza il reato di turbativa d’asta.
Una fonte, come spiegato sulle pagine di Repubblica, ha rivelato come si sta muovendo la magistratura in questi giorni che seguono l’evento: “In particolare è stato chiesto di sapere quali criteri ci siano stati alla base della scelta del contraente e nella determinazione dell’importo totale dell’appalto di 241.271,62 euro che compete al Comune. La Regione ha pagato poco di più, per un totale di circa 500mila euro”.
Ciò che lascia perplessi è il perché non sia stata indetta una gara aperta a tutti, ma il contratto per la messa in onda dell’evento si stato stipulato direttamente con Mediaset, insieme ad altri sponsor nazionali. Al momento non è chiaro se nelle indagini della procura sia stata inclusa anche la Regione Liguria, considerando che il presidente Toti è già giornalista Mediaset e la moglie, Siria Magri, è condirettrice di VideoNews, com è noto, una testata Mediaset.
Incongruenze con il Codice degli Appalti
Sembrerebbe che ad avanzare delle lamentele circa la gestione dell’evento siano stati i competitor televisivi nazionali, ma attualmente sia Rai che La7, smentiscono questa ipotesi. Stando a quanto riportato su Repubblica, il Comune non sembra temere ripercussioni, perché il Concertone è un evento proposto dalla stessa Mediaset. Punto sul quale, però, potrebbero esserci delle incongruenze riguarda le soglie imposte dal Codice degli Appalti, che prevede un limite di 140mila euro per avanzare una trattativa privata, dopodiché si passerebbe alla gara pubblica. La Regione avrebbe invece sfiorato i 500mila euro.
(da Fanpage)
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Gennaio 5th, 2023 Riccardo Fucile
“FRAGILI SEMPRE MENO PROTETTI”
Dalla Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere arrivano dati preoccupanti sul numero di ricoveri per Covid in Italia.
L’ultimo monitoraggio Fiaso registra negli ultimi sette giorni un aumento delle ospedalizzazioni pari al 9,6%: a crescere è il numero di tutti quei pazienti arrivati nelle strutture sanitarie con un’insufficienza respiratoria o polmonite causate dall’infezione. Nella rilevazione degli ospedali sentinella della rete Fiaso appare invece in diminuzione la curva generale dei ricoveri Covid in Italia, relativa a tutti i pazienti ospedalizzati e attualmente risultanti positivi al virus, con un – 0,7% rispetto nel monitoraggio precedente. Sulle polmoniti in crescita il report fornisce poi ulteriori dettagli: attualmente i ricoverati per Covid occupano il 39% dei posti letto e l’87% di loro non ha effettuato la dose di richiamo negli ultimi mesi, «nonostante altre patologie e un’età media di 75 anni». La percentuale dei ricoverati «con Covid» scende invece al 61%, comprendendo quindi tutti quei pazienti arrivati in ospedale per la cura di altre patologie e che attualmente risultano positivi al virus senza avvertire sintomi respiratori e polmonari.
«Fragili sempre meno protetti. I dati potrebbero salire ancora»
Per quanto riguarda le terapie intensive la curva appare stabilite, con il 68% dei pazienti ricoverati «per Covid» con conseguenze gravi dell’infezione. La percentuale dei soggetti non vaccinati in rianimazione resta del 36% con un età media di 71 anni.
E l’allarme lanciato da Fiaso è proprio sulle mancate immunizzazioni: «La popolazione dei fragili è sempre meno protetta», spiega il presidente Giovanni Migliore, «come dimostra l’elevata proporzione di pazienti che non hanno effettuato la dose di richiamo negli ultimi sei mesi e stanno arrivando in ospedale per conseguenze dell’infezione da Covid». E la prospettiva per il prossimo periodo sembra non essere incoraggiante: «Si tratta di un dato che potrebbe aumentare se non vengono fatte robuste azioni di prevenzione attraverso la vaccinazione, soprattutto da parte dei medici di famiglia».
(da agenzie)
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