Destra di Popolo.net

INTERVISTA AL FRATELLO DI PEPPINO IMPASTATO: “LA MAFIA E’ ANCORA NEL CUORE DELLO STATO”

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

“L’ANTIMAFIA E’ IN CRISI , NON BASTA PARLARE DI LEGALITA’, BISOGNA PARLARE DI GIUSTIZIA SOCIALE”

Dopo una latitanza durata 30 anni questa mattina è stato arrestato a Palermo Matteo Messina Denaro, uno dei criminali più ricercati del mondo perché considerati il capo di Cosa Nostra.
Ma come ha fatto Messina Denaro a sfuggire per trent’anni all’arresto, pur rimanendo a Palermo? Chi ne ha protetto la latitanza? E cosa accadrà ora a Cosa Nostra?
Fanpage.it l’ha chiesto a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978. Giovanni ha raccolto la sua eredità e continuato a portare avanti la lotta che il fratello aveva intrapreso: tra i fondatori di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, impegnata nella sensibilizzazione e nel contrasto alla criminalità organizzata, Giovanni ci risponde all’uscita di una scuola di Cassano Magnago, in Lombardia, dove ha tenuto questa mattina l’ennesima lezione su mafia e antimafia.
Cosa ha provato quando ha letto la notizia della cattura di Matteo Messina Denaro?
Grande emozione. Ho appreso la notizia dell’arresto di Messina Denaro mentre ero impegnato a parlare a studenti e studentesse dell’istituto Dante Alighieri di Cassano Magnago, in provincia di Varese. È partito un applauso, uno spontaneo ma sobrio moto di approvazione per il lavoro delle forze dell’ordine. C’è stata però anche un’altra emozione: rabbia, perché non è giusto aspettare 30 anni per catturare un criminale del genere.
Salvatore Baiardo, ex uomo di fiducia di Matteo Messina Denaro, ha dichiarato che il suo arresto potrebbe essere un capitolo della trattativa stato mafia.
Mi auguro che si sia arrivati al suo arresto senza compromessi di sorta, spero che le forze dell’ordine abbiano condotto un’azione limpida, frutto di un’indagine seria e approfondita. Dopo di che non capisco come sia stato possibile arrivare a Messina Denaro dopo tre decenni: Totò Riina è stato arrestato nel suo territorio, idem Bernardo Provenzano. Salvatore Lo Piccolo venne addirittura catturato a 100 metri da una stazione dei carabinieri. Solo Gaetano Badalamenti è stato arrestato in Spagna dopo una latitanza in Brasile. Insomma, mi chiedo perché gli investigatori non attenzionino adeguatamente i territori nei quali questi boss vivono. Tutti sappiamo che i territori sono fondamentali per i mafiosi, lo siano anche per le forze dell’ordine.
Anche Matteo Messina Denaro è stato catturato a Palermo, a due passi dalla sede della Direzione Investigativa Antimafia. Chi l’ha protetto per tutto questo tempo?
Sicuramente ha potuto godere di protezioni di alto livello, ma solo le indagini potranno dirci qualcosa di più in questo senso ed è quindi impossibile, oltre che sbagliato, fare nomi e cognomi. In altri casi è già successo e d’altro canto sarebbe ingenuo pensare il contrario: noi crediamo che la mafia non sia affatto un antistato, ma che sia nel cuore dello Stato, come hanno dimostrato molti processi. Naturalmente non tutto il sistema è compromesso: ci sono persone che hanno lavorato e lavorano seriamente, penso a personaggi del calibro di Giovanni Falcone, Salvatore Borsellino, Rocco Chinnici. Tutti uomini isolati dallo Stato che sono stati in seguito uccisi.
Nel corso degli anni centinaia di mafiosi legati a Matteo Messina Denaro sono stati arrestati. Perché nessuno l’ha tradito?
Un boss del genere non può che essersi circondato di fedelissimi, ma penso che ci sia stato dell’altro e che contro la sua cattura si siano in passato mossi anche poteri forti dello Stato. Non è stato arrestato prima perché non conveniva farlo e spero che le indagini facciano in futuro piena chiarezza.
Come cambia l’organizzazione di Cosa Nostra?
Oggi è stato assicurato un criminale alla giustizia ma la mafia non è stata sconfitta, come non fu sconfitta dopo gli arresti di Riina e Provenzano. Altri prenderanno il posto di Matteo Messina Denaro. Da quello che mi è stato riferito questa mattina mafiosi della parte avversa a quella di Messina Denaro, cioè quelli ostili ai corleonesi, hanno festeggiato coi fuochi d’artificio il suo arresto. Noi quindi non abbiamo niente da festeggiare, ma dobbiamo continuare a lavorare sodo e smetterla di pensare alla mafia come a un’emergenza e solo sull’onda dell’emotività, dopo operazioni eclatanti come quella che si è conclusa oggi.
Cosa Nostra potrebbe decidere di vendicare la cattura di Matteo Messina Denaro?
Per rispondere correttamente dovrei sapere cosa c’è stato dietro questo arresto ma sì, potrebbe esserci una scia di sangue, non è qualcosa da escludere a priori.
Il governo, e in generale tutta la politica, festeggiano la cattura di Matteo Messina Denaro. Eppure le inchieste continuano a rilevare fenomeni di riciclaggio, finanziamento illecito, bancarotta, corruzione… Perché la politica è ancora così permeabile alle infiltrazioni mafiose?
Occorre fare un’analisi molto profonda. Dobbiamo riconoscere che la mafia non è antistato come il brigantaggio dell’800, quello del ‘900, il banditismo sardo, le Brigate Rosse e la Banda della Magliana. Quelli erano criminali agguerriti, ma li abbiamo fermati. Perché non accade anche con la mafia? Perché essa non è antistato. Falcone e Borsellino, uomini delle istituzioni, sono stati ammazzati perché hanno cercato di fermare un processo criminale di accumulazione illegale. Questo ce lo dicono le inchieste, ad esempio quelle sui depistaggi su Borsellino, Falcone e su mio fratello Peppino.
Oggi della mafia si parla sempre meno.
Sì, e spesso si fa dando messaggi sbagliati. La lotta alla mafia è in piena crisi anche perché tutto si basa su stereotipi inutili perché provenienti da ambienti politici e culturali poco credibili. Il messaggio di mio fratello Peppino Impastato è stato dirompente. La mafia non è soltanto un problema criminale o di ordine pubblico. La mafia è prima di tutto un problema culturale e sociale: a volte le forze dell’ordine hanno difficoltà a catturare i latitanti perché purtroppo c’è ancora una cortina di omertà a dominare la nostra cultura. Inoltre c’è un tema economico: le persone sono condizionate dal bisogno, sono ricattate, viviamo in un’emergenza economica spaventosa che favorisce la mafia. Bisogna tornare a parlare di giustizia sociale e di lotta di classe, non più semplicemente di legalità. Occorre politicizzare e ideologizzare la lotta contro la mafia. Si dice che l’antimafia non è né di destra né di sinistra: sciocchezze, essa ha un colore politico chiaro, parte dalla lotta antifascista e dal tema della giustizia sociale.
(da Fanpage)

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“SONO DI ESTREMA DESTRA, OMOFOBO, RAZZISTA E FASCISTA, MA LA MIA PAROLA NON È MAI IN QUESTIONE”: BUFERA IN ISRAELE PER LA DIFFUSIONE DI UN AUDIO IN CUI IL MINISTRO DELLE FINANZE DI ISRAELE, BEZALEL SMOTRICH, DESCRIVE SE STESSO

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

“FISSIAMO ALLORA I NOSTRI LIMITI: IO NON LAPIDERÒ OMOSESSUALI, E TU NON MI FARAI INGOIARE GAMBERETTI” (CHE L’ORTODOSSIA VIETA AGLI EBREI OSSERVANTI)

Il leader del partito nazionalista Sionismo Religioso, Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze nel governo Netanyahu, si è trovato oggi al centro di una bufera dopo che l’emittente pubblica Kan ha divulgato la registrazione dello spezzone di un suo colloquio privato, risalente a mesi fa, in cui diceva di sé: “Sono una persona di estrema destra, omofobo, razzista e fascista… ma la mia parola non è mai in questione”. Concludeva così un dibattito accalorato con un uomo d’affari: “Fissiamo allora i nostri limiti: io non lapiderò omosessuali, e tu non mi farai ingoiare gamberetti”, che l’ortodossia vieta agli ebrei osservanti.
I pregiudizi di Smotrich verso la comunità Lgbt erano noti da tempo. Ancora di recente – ha ricordato l’emittente Kan – è stato uno degli ideatori di una legge, ancora non discussa alla Knesset, che consentirebbe di rifiutare di prestare un servizio ad un cliente per profonde convinzioni religiose. Il gestore di un albergo, ad esempio, non sarebbe allora perseguibile se si rifiutasse di accogliere una coppia di clienti gay.
Ma in un Israele che rappresenta ancora un’isola di tolleranza sessuale in Medio Oriente e che vanta – nella sua immagine internazionale – le affollate Gay Pride Parade di Tel Aviv e di Gerusalemme le parole di Smotrich non potevano comunque non innescare reazioni a catena. Ran Shelhavi, direttore generale dell’Associazione per gli Lgbt, si è detto certo che le posizioni di Smotrich non rappresentino né il pensiero della maggioranza degli israeliani, nè quello della maggioranza degli ebrei religiosi.
Ma se dal nuovo governo di Benyamin Netanyahu – sostenuto da due partiti ortodossi e da tre liste di estrema destra, una delle quali dichiaratamente omofoba – giungessero iniziative ostili ai gay, “potremmo anche paralizzare l’economia”, ha avvertito Shelhavi. “Siamo già in contatto con le società più importanti del Paese”. Per il deputato Simcha Rothman, presidente della commissione parlamentare per la legislazione e rappresentante del Sionismo religioso, si è trattato comunque di una polemica del tutto superflua.
“Quello degli Lgbt è un argomento che agita forse una piccola parte dei media, ma non l’israeliano della strada. In ogni caso – ha assicurato – noi non abbiamo alcuna intenzione anti-gay”. Nelle stesse ore – mentre a Gerusalemme la polizia disperdeva con la forza una manifestazione di universitari dell’Istituto di Belle arti – alla Knesset Netanyahu era impegnato a respingere accuse mossegli dalla opposizione di centro-sinistra e ad assicurare che punterà diritto, senza tentennamenti, verso una profonda revisione del sistema giudiziario.
Il suo principale rivale politico, l’ex premier Yair Lapid, ha replicato che “è pericoloso constatare che Netanyahu sia ormai prigioniero di estremisti razzisti. La questione – ha aggiunto – non è più destra o sinistra. Semmai: amore per il prossimo, oppure odio”.
(da Ansa)

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NON GLI RESTA MOLTO DA VIVERE: MATTEO MESSINA DENARO ERA STATO OPERATO GIÀ DUE ANNI FA PER UN TUMORE AL COLON E, DOPO LA COMPARSA DI METASTASI AL FEGATO, È STATO SOTTOPOSTO A UN ALTRO INTERVENTO

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

A OGGI LA SOPRAVVIVENZA DI UN PAZIENTE CON CANCRO AL COLON RETTO METASTATICO PUÒ RAGGIUNGERE IN MEDIA 24-36 MESI

Con oltre 43.700 nuovi casi registrati ogni anno, quello al colon è il secondo tipo di tumore più frequente nel nostro Paese ed è anche il secondo fra i più letali: la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi oggi si aggira attorno al 65%. Il ricorso al bisturi è di solito il primo passo e può essere sufficiente per aspirare alla guarigione definitiva, se la neoplasia viene individuata in stadio iniziale.
Matteo Messina Denaro era stato operato già due anni fa e, dopo la comparsa di metastasi al fegato, era stato sottoposto a un altro intervento. Ed è ora in trattamento con chemioterapia. «In caso di metastasi epatiche la chemioterapia è un trattamento standard per prolungare la sopravvivenza e contrastare i sintomi della patologia Viene di solito prescritta per diversi mesi e si possono aggiungere i cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare per prolungare il tempo a disposizione dei pazienti».
Si può guarire? Quanto tempo resta da vivere a una persona in questa fase di malattia? «A oggi la sopravvivenza di un paziente con cancro al colon retto metastatico può raggiungere in media 24-36 mesi.».
(da Il Corriere della Sera)

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NON ERA MESSINA DENARO IL BOSS DEI BOSS DI COSA NOSTRA, I CLAN PALERMITANI NON SI SAREBBERO MAI FATTI GUIDARE DA UN TRAPANESE

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

PER LA SUCCESSIONE CI SONO GIOVANNI MOTISI DETTO “IL PACCHIONE”, EX KILLER DI FIDUCIA DI RIINA, GIUSEPPE AUTERI, DETTO VASSOIO, CRESCIUTO ALL’OMBRA DEL BOSS CALOGERO LO PRESTI E SANDRO CAPIZZI, RAMPOLLO DELL’ANZIANO BOSS BENEDETTO CAPIZZI

Nel 2018 ci fu il tentativo di far risorgere la commissione provinciale di Cosa nostra con tanto di designazione del nuovo capo dei capi
Ma il sogno dura poco e in un blitz della Procura di Palermo Mineo e gli altri finiscono in carcere.
L’aspirazione a tornare ai tempi della «Commissione» non è mai venuta meno. Matteo Messina Denaro non era lui il capo della mafia siciliana, i clan palermitani non accetterebbero mai di farsi guidare da un non palermitano. A cominciare da un trapanese
«Le cosche cercheranno di tornare al passato». Una federaloe tra clan e una commissione regionale.
Giovanni Motisi detto il Pacchione (il grassone, ndr ), ad esempio, capomafia del mandamento di Pagliarelli, latitante dal 1998. Oggi sarebbe, se fosse vivo, poco più che sessantenne. «Killer di fiducia» di Totò Riina. Tra gli anziani, poi, c’è Stefano Fidanzati, 70 anni, della storica famiglia di narcotrafficanti dei Fidanzati dell’Arenella, che tra Milano e Palermo hanno costruito il loro impero economico.
Più giovani, ma non meno «interessanti» per gli investigatori: Giuseppe Auteri, detto Vassoio, cresciuto all’ombra del boss Calogero Lo Presti, latitante da un anno, sarebbe lui a tenere la cassaforte del mandamento di Porta Nuova, uno dei clan più ricchi della città. E ancora Sandro Capizzi, rampollo dell’anziano boss Benedetto Capizzi, capomafia dello storico clan di Santa Maria di Gesù, il mandamento del «principe di Villagrazia», Stefano Bontate-ù.
(da Il Corriere della Sera)

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GIORGIA MELONI È VOLATA A PALERMO MA RIMANE SOTTO ASSEDIO DEI SUOI ALLEATI

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

SONO PARTITI I DISTINGUO SULLA GIUSTIZIA, TRA SCARCERAZIONI E INTERCETTAZIONI (CHE IL PROCURATORE DI PALERMO HA DEFINITO “FONDAMENTALI”)… SULLO SFONDO, IL VOTO DI FEBBRAIO IN LAZIO E LOMBARDIA, CHE POTREBBE SEGNARE LA FINE POLITICA DEL CAV E DEL “CAPITONE”

La cattura del boss mafioso Messina Denaro è stata giustamente celebrata dalla premier che ieri è andata a Palermo a congratularsi con magistrati e forze dell’ordine. «Mi fa arrabbiare che non riusciamo mai a festeggiare una vittoria dello Stato» diceva ieri riferendosi all’inclinazione al sospetto, al complottismo. È vero poi che una notizia così clamorosa come l’arresto del boss ha dato un po’ di tregua all’assedio non solo comunicativo di questi ultimi giorni.
Il riferimento è alle critiche dei suoi alleati che perfino ieri hanno rivendicato il diritto all’identità, nome in codice che talvolta porta al logoramento. In primis Berlusconi che proprio ieri ha confermato la lealtà del suo partito ma anche la facoltà di porre dei temi propri di Forza Italia.
Se ne capisce la ragione. In prossimità del voto in Lazio e Lombardia sia il Cavaliere che Salvini hanno il problema di non cedere più consensi al partito della Meloni visto che già alle scorse elezioni di settembre i 5 milioni (e più) di voti persi sono finiti dritti a FdI.
Insomma, l’opposizione c’entra poco, tutto si svolge in casa della destra perché Forza Italia e Lega possono risalire solo se riescono a far perdere terreno a Meloni, visto che i consensi non attraversano le frontiere destra/sinistra.
Le divisioni sono atterrate sul tema della giustizia. Quasi a corollario della giornata di ieri che ha regalato un’inquadratura più illuminata alla Meloni. E dunque, a partire dalle scarcerazioni fino alle intercettazioni – che proprio il Procuratore Capo di Palermo Maurizio de Lucia considera «fondamentali» – fino alla riforma Cartabia, si sentivano solo distinguo.
Come dicono nel partito della Meloni, a festeggiare a mezza bocca sono i partner di Governo preoccupati che la cattura del boss faccia bene solo alla popolarità della premier. E quindi cercano un po’ di luce e inquadrature pure loro.
(da il Sole 24 Ore)

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CON IL VIAGGIO A PALERMO GIORGIA MELONI MOSTRA LA SUA IMPOTENZA

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

HA TENTATO DI FARE UN USO STRUMENTALE DI QUESTA CATTURA… È UN EVIDENTE MODO PER PRENDERE FIATO DALLE DIFFICOLTÀ DEL GOVERNO

C’è un evidente simbolismo nell’arresto di Matteo Messina Denaro, che viene catturato, o viene consegnato, oppure si consegna, a trent’anni da un’altra cattura eccellente, quella di Totò Riina. La coincidenza è, a dir poco, curiosa. C’è un solo punto qualificante che deve essere rivelato: Messina Denaro deve spiegarci come è stato “coperto” in questi trent’anni.
Deve rivelarci come si riesce a restare latitanti, peraltro a casa propria, a Palermo. E non in una caverna, ma entrando e uscendo regolarmente da una clinica. E’ difficile non restare turbati. I nostri inquirenti hanno scoperto in tre giorni dove si erano nascosti i ragazzini fuggiti dal carcere Beccaria di Milano. E afferrano in poco tempo anche gli omicidi . Ma quando si sale verso i grandi reati, ci sono trent’anni di latitanza. Com’è possibile? O, meglio, è davvero possibile?
C’è poi un aspetto persino comico. Alla notizia dell’arresto, Giorgia Meloni si precipita a Palermo: il presidente del Consiglio ha bisogno di andare sul luogo per un saluto? Non poteva felicitarsi con la procura antimafia a Roma? Meloni ha tentato di fare un uso strumentale di questa cattura. Questo precipitarsi della presidente del Consiglio ad affiancare il suo volto a quello degli inquirenti di Palermo è un evidente modo per prendere fiato dalle difficoltà del governo.
Ma contemporaneamente, e fatalmente, dimostra la incapacità di affrontare i problemi, e anche l’impotenza. L’improvvisata presenza di Meloni a Palermo è inutile. Cerca una via di fuga, ma una via di fuga non è un salvataggio. La via di fuga sono le dimissioni, se non ritiene di essere all’altezza dei problemi che deve affrontare.
(da Domani)

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NINO DI MATTEO SULL’ARRESTO DI MESSINA DENARO: “DOBBIAMO ANCORA SCOPRIRE COPERTURE E COMPLICITA’, LO STATO NON HA SCONFITTO COSA NOSTRA”

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

“HA VISSUTO A PALERMO, ERA IN UNA CLINICA FAMOSA, COME E’ STATO POSSIBILE?”

Lo Stato non ha ancora sconfitto Cosa Nostra. L’arresto di Matteo Messina Denaro provocherà uno scossone all’interno dell’organizzazione. Ma vanno ancora svelate le coperture di cui ha goduto il boss nei suoi 30 anni di latitanza. Parola di Nino Di Matteo, magistrato dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, in un’intervista rilasciata a La Stampa. Nella quale il giudice esordisce spiegando che «lo Stato avrà davvero vinto quando avrà approfondito e fatto chiarezza sul come e sul perché sia stata possibile una latitanza così lunga. E nonostante l’impegno di migliaia di agenti delle forze dell’ordine e di decine di magistrati. Avevamo identikit molto fedeli. Messina Denaro ha vissuto a Palermo, è stato arrestato in una delle cliniche più frequentate della città».
Le protezioni
Di Matteo sostiene che la latitanza di Messina Denaro si può spiegare soltanto con le protezioni di cui ha goduto. In una sentenza della Corte d’Assise di Palermo sulla trattativa, spiega il magistrato, «c’è scritto che per un certo periodo gli alti funzionari del Vecchio Ros avevano coperto Provenzano per interesse nazionale. In modo che potesse consolidare la leadership moderata rispetto all’ala stragista. Insomma ci sono sempre state coperture istituzionali. E fino a quando non si chiariranno le coperture e le complicità, allora come ora, non potremo di avere vinto». D’altro canto Messina Denaro aveva una carta d’identità con timbro autentico del comune di Campobello di Mazara. E il giudice si chiede anche come sia stata possibile la «profezia» di Salvatore Baiardo. Che in un’intervista aveva detto che Messina Denaro era molto malato e avrebbe potuto decidere di costituirsi in cambio di protezione.
La profezia
«Avevo già notato allora la precisione del suo racconto. Ora si deve fare il possibile per capire come abbia potuto prevedere tutto questo. E soprattutto come e attraverso chi aveva saputo delle condizioni di salute di Messina Denaro», spiega Di Matteo. Ieri è infatti emerso che Messina Denaro aveva subito un’operazione per cancro al colon nell’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo. Il suo medico curante, un dottore di Campobello, aveva effettuato le prescrizioni di accompagnamento. Durante una risonanza magnetica i medici hanno scoperto anche una metastasi al fegato. Quattro cicli di chemioterapia hanno portato il paziente a pesare 68 chilogrammi per 177 centimetri di altezza. Il 4 maggio 2021 una nuova operazione per altre metastasi.
Messina Denaro pentito?
Messina Denaro, secondo Di Matteo, è stato un capo particolare di Cosa Nostra. Era il preferito di Totò Riina, ma ha portato l’organizzazione nel nuovo millennio. Frequentando ambienti nuovi, avendo relazioni con donne straniere e utilizzando non solo i pizzini, ma anche la tecnologia per comunicare. Si può pentire? «Non lo so. Auspico che, se decidesse di parlare, lo faccia pienamente. Ma anche lo Stato deve fare la sua parte senza avere paura di fare domande e di ascoltare risposte come avvenuto in passato. Messina Denaro non deve aggiungere qualche tassello sulle stragi. Ma farci capire chi ha voluto gettare nel panico un Paese, con finalità terroristiche».
(da agenzie)

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LA PROCURA DI MILANO È COSTRETTA A CHIEDERE L’ARCHIVIAZIONE SUI FONDI RUSSI ALLA LEGA

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

NON ESSENDOSI PERFEZIONATA L’OPERAZIONE DI COMPRAVENDITA SULLA PARTITA DI PETROLIO TRAMITE CUI SAREBBE ARRIVATO IL FINANZIAMENTO ILLEGALE AL CARROCCIO. PER DIMOSTRARE IL PASSAGGIO DI DENARO SERVIVA UNA ROGATORIA, CHE MOSCA HA SEMPRE NEGATO AGLI INQUIRENTI ITALIANI

A prescindere “da ogni valutazione circa il fatto che il segretario della Lega Matteo Salvini”, mai indagato nell’inchiesta, “fosse eventualmente a conoscenza delle trattative portate avanti da Savoini, Meranda e Vannucci, volte ad assicurare importanti flussi finanziari al partito” bisogna “evidenziare che non sono emersi elementi concreti circa il fatto che il medesimo abbia personalmente partecipato alla trattativa o comunque abbia fornito un contributo causale alla stessa”.
Lo scrive il procuratore di Milano Marcello Viola in un comunicato, pronto da ieri e diffuso solo oggi, sulla richiesta di archiviazione del caso Metropol.
Nelle sei pagine di comunicato, che avrebbe dovuto essere diffuso ieri dopo che è stata firmata e vistata la richiesta di archiviazione per Savoini e gli altri due indagati (richiesta inoltrata oggi all’ufficio gip), “non è stato acquisito alcun elemento indicativo del fatto” che Salvini “fosse stato eventualmente messo al corrente del proposito di destinare una quota parte della somma ricavata dalla transazione ai mediatori russi perché remunerassero pubblici ufficiali russi”.
“Non essendosi perfezionata l’operazione di compravendita” sulla partita di petrolio, scrive la Procura, “neppure a livello di scambio di documenti contrattuali, non appare possibile affermare, con adeguata certezza, se proprio Ets”, società del gruppo Eni, “o altra diversa entità, avrebbe in concreto sopportato l’esborso necessario a consentire la formazione di un margine destinato al finanziamento illegale del partito della Lega”.
In assenza “di elementi concludenti in ordine all’identità dei destinatari delle somme – spiega la Procura – rinvenienti dalla transazione petrolifera, e al ruolo pubblico dei beneficiari, la contestazione” di corruzione internazionale “non pare in concreto configurabile”.
Rimane da osservare, si legge ancora, “in ordine alla residua possibilità di contestare al partito della Lega l’ipotesi di tentato finanziamento illecito (art. 7 L. 195/1974), che le condotte emerse non hanno raggiunto connotati di concretezza ed effettività idonei a raggiungere, almeno potenzialmente, lo scopo”
L’obiettivo dell’operazione che avrebbe dovuto garantire un finanziamento da 50 milioni alla “Lega Per Salvini premier”, ma l’affare venne poi abortito dopo la diffusione dell’audio dell’incontro, da parte di uno degli stessi partecipanti all’incontro, che finì sui giornali e mise fine alle trattative. L’indagine della procura aveva portato al sequestro dei telefonini degli indagati, e dall’analisi delle conversazioni gli investigatori avrebbero ricavato “elementi, sia pure indiretti, indicativi del fatto che Salvini fosse informato delle trattative sull’operazione di acquisto di prodotti petroliferi dalla Russia”, senza però che siano “mai emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega avesse personalmente partecipato alla trattativa o comunque fornito un contributo causale; e neanche elementi che Salvini fosse stato messo al corrente del proposito di destinare una quota della somma ricavata dalla transazione ai mediatori russi perché remunerassero pubblici ufficiali russi”. Tanto da non svolgere “nessuna attività di indagine” nei confronti del segretario della Lega, mai indagato nell’inchiesta.
Attraverso perquisizioni e sequestri era stata anche rinvenuta la foto di un foglio con i dettagli dell’accordo nei cellulari di Savoini, Meranda e Vannucci. Nell’appunto comparivano presunte percentuali da dividere tra la Lega (4%) e gli intermediari russi (6%) su una partita di petrolio del valore di un miliardo e mezzo di dollari. La procura aveva chiesto alle autorità russe di poter ascoltare a verbale alcune persone, tra cui i presunti intermediari identificati. Richiesta rimasta senza risposta. Da qui la richiesta di archiviazione. Ora sarà il gip a decidere se accogliere la richiesta di archiviazione dell’indagine, durata tre anni e mezzo.
(da agenzie)

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CROCE ROSSA? NO, CROCE ROTTA. DOPO LA PRIVATIZZAZIONE, FIOCCANO I COMMISSARIAMENTI DELLE SEDI LOCALI

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

DAI RIMBORSI IRREGOLARI DI COMO ALLA PARENTOPOLI DI CROTONE, DECINE DI INCHIESTE SCUOTONO LA “CRI” … E LA CROCE ROSSA NAZIONALE SCARICATA LA SUA VALANGA DI DEBITI A UNA BAD COMPANY, LA ESACRI ISTITUITA NEL 2016, ORA VA AVANTI SENZA FARDELLI

La Croce Rossa chiede soccorso. Non quella nazionale, che scaricata la sua valanga di debiti a una bad company, la «Esacri» istituita nel 2016, ora va avanti senza fardelli, grazie anche al surplus di appalti e commissioni piovuti dal cielo per via dell’emergenza pandemica, come rimarca nella sua ultima relazione del 2022 la Corte dei Conti.
Il problema sono le miriadi di sedi locali, che con la privatizzazione sono diventate autonome anche dal punto di vista del bilancio e dove i commissariamenti fioccano.
Il comitato Croce Rossa di Crotone, ad esempio, è stato commissariato per la terza volta nell’arco di otto anni a causa di «una preoccupante situazione sia associativa che amminstrativo-gestionale». Leggasi assunzioni familiaristiche, stipula di un sub comodato con la locale Asp non consentito dalla legge, assenza di attività di volontariato
La cattiva gestione è ugualmente all’origine del commissariamento della Cri di Como.
A Vercelli la locale Croce Rossa è commissariata da quasi sei mesi ed è alle prese con una difficile situazione economica, con lo spettro di esuberi tra il personale dipendente. Il presidente regionale della Cri, Vittorio Ferrero, ascrive alle minori donazioni ricevute le difficoltà economiche. Ma intanto l’ultimo deficit accertato per il 2021 è di 130 mila euro.
Per cercare di capire come stanno andando invece le cose al livello nazionale, dove al posto di Francesco Rocca alla guida della Cri è arrivato Rosario Valastro, che già ricopriva la carica di vice presidente: dopo la privatizzazione che ha portato nel 2016 ad accollare tutti i debiti alla bad company Esacri, la Cri, senza più fardelli alle spalle, nel 2020 ha visto crescere il suo attivo del 13,9% rispetto all’anno precedente, certifica l’ultima relazione della Corte dei Conti del settembre scorso. Dove però si rimarca anche che questo è avvenuto grazie a un forte aumento della produzione, pari al 68,2%, frutto anche delle convenzioni sottoscritte con le amministrazioni pubbliche e delle donazioni ricevute per fronteggiare l’emergenza Covid. Come andrà in tempi di pace si vedrà.
(da la Stampa)

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