Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
L’APPELLO AI FIANCHEGGIATORI: “ADESSO CHE LA PAURA E’ STATA ARRESTATA, PARLATE”
Una fredda domenica di gennaio, la prima senza Matteo Messina Denaro in libertà. Come in tutte le città, anche a Campobello di Mazara vi è stata la santa messa, in una delle parrocchie del centro, celebrata però da mons. Domenico Mogavero vescovo emerito di Mazara del Vallo. Ai microfoni di Fanpage.it dichiara che in passato “Avevo invitato Matteo Messina Denaro a costituirsi o a venire da me o comunque a lasciare la latitanza liberando, Castelvetrano e oggi sappiamo Campobello, da una cappa di piombo che infanga tutto il territorio”.
Monsignor Mogavero è ben noto in Italia per il suo impegno verso l’immigrazione ma soprattutto per il suo impegno contro la mafia in una diocesi, quella di Mazara, che ne ha passate di tante in merito a queste vicende. In passato il vescovo ha anche pubblicato un libro “La chiesa che non tace” riferito ai rapporti con la mafia nel territorio. Molti campobellesi invece hanno taciuto. “Oggi gioiamo di questo fatto che ci ha sorpreso per i tempi e per i luoghi, non pensavo che potesse essere beccato a Palermo o che avesse tutta questa ramificazione qui a Campobello. Tanti hanno gioito, italiani, castelvetranesi e campobellesi – afferma Mogavero – tanti altri, chi per amicizia, chi per paura oggi temono che gli sia chiesto conto di certi fiancheggiamenti e coperture.” Ciò che sottolinea il prelato però è che le coperture vanno distinte per le loro caratteristiche anche perché è chiaro che chi ha paura è quasi legittimato ad averla di fronte ad un sanguinario di questo genere. Un appello giunge invece forte e chiaro dalle parole di monsignor Mogavero ai fiancheggiatori: “Adesso la paura dovrebbe essere passata perché lo Stato ha vinto ed ha catturato il sanguinario, quindi è inoffensivo. Parlate, potreste svelare elementi che possono giovare alle indagini.”
Mons. Mogavero come dicevamo è uomo ed istituzione molto presente nella lotta contro la mafia basti pensare al 2013 quando negò i funerali al boss di Mazara del Vallo, Mariano Agate. Sul coraggio che ha avuto arriva un monito dal vescovo: “Non ci vuole tanto coraggio, bisogna essere coerenti con il proprio ministero”.
Tantissima commozione e anche qualche lacrima scorre nel volto del vescovo quando dice che “non è persona per cui possiamo avere pietà perché ha ammazzato innocenti ma soprattutto bambini. Non credo lui si convinca a parlare, è un uomo duro che ha sparso tanto sangue e non credo che abbia la voglia di parlare”.
Infine un invito da parte di Mogavero “ad uscire nelle piazze, nelle strade e diciamo la nostra soddisfazione e soprattutto il nostro no alla mafia ed ai malavitosi.”
(da Fanpage)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
NEL COVO A CAMPOBELLO DI MAZARA SONO STATI RITROVATI BIGLIETTI AEREI INTESTATI AL GEOMETRA ANDREA BONAFEDE. L’IPOTESI È CHE SI SIA RECATO PIÙ VOLTE ALL’ESTERO, IN INGHILTERRA E SUDAMERICA
Viaggi all’estero, spostamenti alla guida di una Giulietta nera o con l’autista,
cene si sospetta non da solo visti gli importi esosi delle ricevute, e colazione al bar. Matteo Messina Denaro, almeno negli ultimi due anni in cui ha vissuto a Campobello di Mazara, nel Trapanese, sembra incredibilmente avere condotto una vita normale, quella di un cittadino agiato. Che, evidentemente, non è incappato in nessun controllo in strada dove, anche se si nascondeva dietro la falsa identità di Andrea Bonafede, il suo prestanome, ora indagato a piede libero, con molta probabilità sarebbe stato riconosciuto.
Le indagini sono complesse e a più livelli. È un puzzle in divenire, enorme e complicatissimo. Ieri una nuova tessera: la Giulietta nera del padrino. Era parcheggiata, dalla mattina dell’arresto, in un garage di fronte alla casa del suo uomo di fiducia che gli faceva da autista, Giovanni Luppino, arrestato in flagrante insieme al padrino.
Oltre ai documenti […] della Giulietta, nel covo di via Cb31 sono stati trovati decine libri di filosofia e storia tra cui una biografia di Putin, ricevute di ristoranti e alcuni biglietti aerei. Adesso gli investigatori incrociando le informazioni stanno cercando di capire se il capomafia si sia recato all’estero, tra le ipotesi Inghilterra e Sudamerica. I biglietti sarebbero intestati al geometra Andrea Bonafede.
Una fonte riservata raccontò che il padrino di Castelvetrano nel 2003 sbarcò all’aeroporto di Catia La Mar, a una ventina di km da Caracas in Venezuela con un volo che prima aveva fatto scalo a Parigi e Amsterdam.
Con lui ci sarebbe stata una donna, con la quale avrebbe pranzato in un locale nella città di Valencia, tra i commensali Francesco Termine di Ribera e Vincenzo Spezia di Campobello di Mazara, uomini del narcotraffico che sarebbero stati poi arrestati.
“Matteo era di livello superiore. Era di un’eleganza, di uno stile per noi inarrivabile, un uomo colto. Leggeva Nietzsche, libri di romanzieri importanti, scrittori sudamericani. A volte faceva citazioni per noi incomprensibili. In 30 anni di solitudine chissà quanti libri avrà letto”, raccontano alcuni amici di gioventù di Messina Denaro, parlando in un bar, a Selinunte, borgo marinaro a 10 minuti da Castelvetrano, dove il boss mafioso trascorreva spesso le sue giornate.
Degli amici storici del boss, qualcuno è in carcere, qualcun altro è collaboratore di giustizia, uno, Giuseppe Clemente, condannato all’ergastolo, si è suicidato in cella, altri sono stati condannati per mafia o favoreggiamento e sono liberi. Nessuno rinnega quell’amicizia.
“Matteo è una persona gentilissima, generosa. Forse avrà una doppia personalità considerate le tante condanne. Ma con gli amici era un galantuomo”
(da agenzie)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA HA RITIRATO IL DISCUSSO EMENDAMENTO CHE ELIMINAVA LA MESSA A GARA DEGLI STABILIMENTI. FORZA ITALIA E LEGA INVECE VANNO AVANTI
Spiaggiata sui balneari. Questa l’istantanea che raffigura la maggioranza di governo ora divisa sulla delicata vicenda che punta alla proroga delle concessioni per gli stabilimenti balneari del Belpaese.
A spiazzare gli alleati è stata in primis FdI, il partito di Giorgia Meloni, che – d’improvviso ha deciso il dietrofront rispetto a venerdì (aveva presentato un emendamento al Milleproroghe con prima firmatarita Lavinia Mennuni, senatrice molto vicina al premier) e di non inserire più, tra gli emendamenti “segnalati” dal gruppo al Senato, proprio quello che puntava ad eliminare il termine del 31 dicembre 2023 per la validità delle concessioni balneari prorogandole senza fine certa.
Un obiettivo perseguito da analoghi emendamenti di Fi e Lega che, però – al contrario ieri hanno mantenuto la barra dritta “segnalando” i due emendamenti azzurri sottoscritti anche dal partito di via Bellerio.
Il primo è firmato dai forzisti Ronzulli-Gasparri e dai leghisti Centinaio-Marti e punta a un allungamento della proroga delle concessioni di due anni, l’altro è firmato da Marti-Centinaio-Romeo-Gasparri e ambisce a istituire un tavolo tecnico interministeriale per varare la riforma, in attesa della quale restano valide le concessioni, senza un termine perentorio.
Proprio sulla questione, tra l’altro, ieri è intervenuto Matteo Salvini rivelando di aver parlato con Giorgia Meloni. «Quello dei balneari è un tema che spero entro l’estate venga chiuso positivamente con l’ok delle associazioni una volta per tutte» ha precisato il leghista, «ho parlato col premier e abbiamo un’idea che coincide, quindi conto che anche questa, dopo anni e anni di attesa, sia una pratica che il nuovo governo va a chiudere».
Ma Salvini non aveva fatto i conti con la retromarcia del gruppo di Fdi arrivata a una manciata di minuti di distanza dalle sue dichiarazioni.
(da Libero)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
IL GOVERNO NON HA PREVISTO ALCUN PERCORSO VERSO IL LAVORO, SENZA RETE 440.000 FAMIGLIE
Nessun corso di formazione. Nessuna offerta di lavoro. Nessun recupero
dell’obbligo scolastico. Mancano sei mesi, dei sette previsti, prima che 440 mila famiglie – almeno 600-700 mila persone – perdano dal primo agosto il Reddito di cittadinanza. Ma nulla si è mosso nei loro confronti. Il taglio dell’assegno vale 1 miliardo. L’ha deciso la prima legge di bilancio del governo Meloni che ha abolito il Reddito, promettendo per il 2024 un nuovo sussidio per i poveri.
Anpal in bilico
La promessa di supportare e rimettere in carreggiata questi “occupabili” – in grado di lavorare, ma senza posto – potenziando le attività di formazione e accompagnamento a un impiego sembra destinata a restare un annuncio. Anzi, il governo sarebbe anche tentato di azzerare l’Anpal, l’Agenzia per le politiche attive che coordina le Regioni nell’assistenza ai beneficiari del Reddito, ora diretta dal commissario Raffaele Tangorra dopo la non felice parentesi dell’italo-americano Mimmo Parisi.
L’idea sarebbe quella di portare le funzioni di Anpal all’interno del ministero del Lavoro. I sindacati, allarmati per l’impatto sui dipendenti, hanno chiesto un incontro – per ora senza esito – alla ministra del Lavoro Marina Calderone. Anche perché analoga intenzione – il rientro nel ministero – riguarderebbe pure l’Inl, l’Ispettorato nazionale del lavoro al cui vertice il governo Meloni ha da poco nominato Paolo Pennesi al posto di Bruno Giordano.
Esclusi anche i non occupabili
Sembra dunque che per le 440 mila famiglie la sola prospettiva sia quella di restare senza sostegno in piena estate e di cavarsela poi in autonomia. D’altro canto questo numero, inserito nella relazione illustrativa alla manovra, non identifica per forza gli “occupabili”, come la narrazione meloniana tende a far passare. Ma solo le famiglie – così dice la norma di legge – senza bambini, disabili e anziani. Quindi single, coppie senza figli o con figli maggiorenni a carico, a prescindere se siano in grado di lavorare o meno. Un senza fissa dimora, per fare un esempio, dal primo agosto sarà senza sostegno.
Il nodo della formazione
I sei mesi intensivi di corsi di formazione, indicati in manovra come requisito obbligatorio per non decadere dall’assegno, riguardano tutti i percettori di reddito tenuti a stipulare un patto per il lavoro. Non solo quelli che non hanno figli piccoli, disabili o anziani nel nucleo. I giovani tra 18 e 29 anni che hanno lasciato la scuola dell’obbligo e sono privi di titolo di studio devono iscriversi ai corsi per gli adulti (Cpa), inaccessibili però ad anno già iniziato. E d’altro canto manca ancora il protocollo d’intesa, previsto dalla norma in manovra, tra ministero del Lavoro e ministero dell’Istruzione.
La chimera di un’offerta
Quanto poi all’unica offerta di lavoro – se rifiutata, si decade dal Reddito, ma ancora non si sa se deve essere “congrua” al curriculum o no – non arrivava prima, si teme che non arrivi neanche ora. Con una contraddizione ancora più forte: i percettori di Reddito inseriti nel programma Gol – Garanzia di occupabilità dei lavoratori – finanziato dal Pnrr non sono per forza gli stessi che perderanno il sussidio dal primo agosto. E questo perché in Gol finiscono davvero gli “occupabili”. Mentre le 440 mila famiglie nel mirino del governo Meloni, come detto, sono selezionate solo se al loro interno non hanno minori, disabili o anziani.
I dati di Gol
C’è poi il tema dell’effettiva occupabilità di chi prende il Reddito, visto che per il 70% si tratta di soggetti con bassissima qualifica e scolarità. Lo racconta l’ultimo report di Anpal su Gol. Nel 2022 sono stati presi in carico dai centri per l’impiego delle Regioni 709.127 persone in cerca di impiego (obiettivo Ue di 300 mila più che raddoppiato). Per l’86% si tratta di donne, under 30, over 55, disoccupati di lunga durata. Un quarto del totale prende il Reddito e di questi solo il 12,8% finisce nel primo profilo su quattro, quello dei più facili da ricollocare. Contro il 73,2% di chi è in Naspi, quindi in disoccupazione, più vicino al mondo del lavoro. Hanno trovato un posto grazie a Gol in 64 mila: di questi solo 4 mila con il Reddito.
(da La Stampa)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
L’EX GELATAIO COMPLICE DEI GRAVIANO RIBADISCE PERCHE’ AVEVA “PREVISTO” L’ARRESTO DEL BOSS
È novembre del 2022, alla trasmissione «Non è l’Arena» un signore grassoccio, con i capelli grigi retti all’indietro dagli occhiali da sole, una camicia azzurra e le bretelle a rombi, dice qualcosa che non può passare inosservato.
Parla dei boss Giuseppe e Filippo Graviano, già reggenti del mandamento di Ciaculli-Brancaccio, oggi rinchiusi in carcere in regime di 41 bis: «L’unica sua speranza (dei Graviano), e me lo auguro anche io per loro, è che venga abrogato l’ergastolo ostativo e che comincino a godersi la famiglia, i figli. E magari chi lo sa che avremo un regalino. Magari presumiamo che un Matteo Messina Denaro sia molto malato, che faccia una trattativa lui stesso per consegnarsi e fare un arresto clamoroso, e magari arrestando lui esce qualcuno che ha l’ergastolo ostativo senza che ci sia clamore… Sarebbe un fiore all’occhiello», dice. A parlare è Salvatore Baiardo, fiancheggiatore dei boss di Cosa Nostra, personaggio misterioso e oscuro.
Due mesi dopo, lunedì scorso, Messina Denaro è arrestato a Palermo. Era malato da due anni e mezzo per via di un tumore aggressivo al colon. Le parole di Baiardo diventano una «profezia». Fanno il giro del web.
Nino Di Matteo, consigliere togato del Csm, non è convintissimo alle capacità divinatorie dell’uomo già prestanome dei Graviano e sostiene che la vicenda «meriterebbe approfondimenti». Aggiunge: «È difficile credere che dichiarazioni così nette, precise e insinuanti siano state fatte senza il loro consenso, o senza addirittura un loro mandato».
Intanto però Baiardo è diventato una sorta di personaggio difficilissimo da avvicinare. Di lui – va detto – fonti investigative e inquirenti di provata credibilità sottolineano l’inaffidabilità. Ora, alla domanda se davvero presume (come detto a La7) che ci sia stata una trattativa che abbia condotto all’arresto dell’ex latitante, risponde che «se l’ho detto in quella trasmissione è perché ne ero più che convinto».
E se questa (per lui) asserita interlocuzione sia stata solitaria o meno, aggiunge: «Penso che quando si fa una trattativa ci sono sempre più persone (che prendono parte alla stessa, ndr)».
Secondo Baiardo, Matteo Messina Denaro, fin dalla scoperta della malattia, avvenuta il 17 novembre 2020 con la diagnosi di tumore invasivo al colon fatta dai medici dell’ospedale di Mazara del Vallo, «credo si sia sempre curato a Palermo».
Niente viaggi lontano dal suo feudo nel trapanese, insomma, in cliniche del Nord o all’estero. Se ancora tra i Graviano vadano cercati i nuovi riferimenti apicali di Cosa Nostra, smentisce: «Non credo, anche perché Graviano si era trasferito al Nord proprio per cambiare vita».
E poi, sull’imprendibilità per 30 anni del capo della mafia trapanese e su come questo sia stato possibile, sottolinea che «come avevo già detto per Graviano, affinché ciò avvenga sono necessarie complicità a largo raggio, a 360 gradi». Infine giudica praticamente impossibile l’eventualità che Messina Denaro possa pentirsi: «Non credo proprio che lo farà mai».
Ora, per dovere di cronaca, alcune cose vanno specificate. A partire dal fatto che Baiardo, già complice dei Graviano, favoreggiatore della loro latitanza e – per capirci – uomo che ha scarso credito nei palazzi in cui si amministra la giustizia, ha sempre cercato di tirare fuori i fratelli delle stragi del ‘92 e anche da altre accuse, ad esempio la partecipazione a quella stagione di attacco frontale allo Stato: «Erano in Piemonte – ha ripetuto spesso in passato anche al processo ‘Ndrangheta stragista – e non a Palermo».
Baiardo, ex gelataio a Omegna sul lago d’Orta, ora residente in Lombardia in località imprecisata, ha scontato quattro anni di carcere per favoreggiamento dei Graviano. Era stato il primo a raccontare alla Dia che i fratelli Graviano erano stati latitanti nella zona di Omegna. Recentemente, a «Report», aveva rivelato anche dei presunti contatti fra i due boss palermitani (i Graviano) con Marcello Dell’Utri e presunti incontri con Silvio Berlusconi. Stasera tornerà a parlare a «Non è L’Arena». Alcuni suoi verbali, rilasciati alla Dia di Firenze, che intanto sugli attentati del 1993 ha riaperto l’inchiesta, sono secretati.
(da La Stampa)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
I DATI AGCOM: SU TUTTE LE RETI DOMINANO POLITICI UOMINI
A dicembre 2022, il 71% dello spazio di parola del Tg1 è andato al centrodestra.
Il 52% se non si considerano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quello della Repubblica Sergio Mattarella, quelli di Camera e Senato, e i ministri.
Si tratta dell’8% in più rispetto al risultato elettorale della coalizione di centrodestra.
A rivelarlo è il monitoraggio AgCom di dicembre che evidenzia come il 20% dello spazio di parola del telegiornale di RaiUno sia andato a Giorgia Meloni.
Un minuto su cinque che diventa quasi uno su quattro al Tg2. Per confronto, Mattarella è al 6%.
Dato decisamente squilibrato anche quello sulla distribuzione di genere. Il 66% degli esponenti politici che parlano ai telegiornali è uomo, il 34% è donna. Una cifra che si avvicina ma non si allinea alla distribuzione del Parlamento italiano, composto per il 69% da uomini e per il 31% da donne. Se però non si considera l’ampio spazio che viene dedicato alla premier, la prevalenza maschile aumenta ancora, e raggiunge l’81%.
Forza Italia si prende il 20% dei Tg Mediaset
Ad essere presi in esame sono stati tutti i telegiornali di Rai, Mediaset, Sky, La7 e TgCom24. Al Tg1, il partito ad avere più spazio è FdI, con il 7,8%. Segue Forza Italia con il 6,03%. Poi il M5S al 5,72% e il Pd a 5,38%. La Lega si ferma al 2,45%.
A compensare lo sbilanciamento del Tg1 ci pensano il Tg3 e Rai News. Con il loro contributo, la presenza del centrodestra nei telegiornali Rai “si ferma” al 64%.
Anche se il partito più mostrato è il Pd, con il 12,36% del tempo concesso. Sulle reti Mediaset, invece, spicca lo spazio dato a Silvio Berlusconi e al suo partito.
Nei telegiornali del Biscione, Forza Italia è di gran lunga il partito che trova più spazio: il 18,2% di quello concesso. Per confronto, FdI si ferma al 4,38%, non lontano dalla Lega al 4,26%.
(da Open)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
ECCO COME LONDRA, VIENNA E PARIGI LA COMBATTONO
La storia di Giuseppina Giugliano, bidella pendolare tra Napoli e Milano, seppur con tutte le sue controversie, ha portato nuovamente alla ribalta un tema che riguarda moltissime città, sia italiane che europee: quello del caro affitti.
Trovare casa, o anche solo una stanza, nelle grandi città del Paese – da Milano a Roma passando per Bologna – e del continente – da Parigi a Londra, da Ginevra ad Amsterdam – è diventato sempre più difficile negli ultimi anni, con prezzi per una stanza singola che spesso si avvicinano pericolosamente e addirittura superano il 50% dello stipendio medio dei lavoratori di queste città.
Mentre per offrire una qualità di vita dignitosa, viene normalmente indicato dagli esperti il 30% come quota limite che la rata d’affitto può occupare rispetto al salario mensile.
A Milano, come noto, non è raro spendere 600-700 euro per una stanza singola vicino al centro, e si toccano i 1.800 euro al mese per un bilocale. Secondo Housing Anywhere, il capoluogo meneghino è la quarta città d’Europa per il prezzo degli affitti.
Più cara di Parigi, Berlino e Monaco di Baviera. Il salario medio di una posizione entry level? 27 mila euro l’anno.
Per tentare di risolvere il problema, diverse città si sono mosse in differenti direzioni, con risultati in certi casi molto buoni. Oggi vediamo tre approcci: quello di Londra – dove gli stipendi vengono adeguati al maggior costo della vita nella capitale; di Vienna – che ha fatto delle case popolari la propria firma; e di Parigi, che si è scagliata contro gli affitti brevi.
L’aggiustamento londinese
Secondo il sito specializzato SpareRoom, l’affitto di una camera singola nella capitale britannica, costa in media 906 sterline al mese. A fronte di un salario medio di 32,500 sterline annue per i lavori in posizioni entry level. Le cifre sono ben diverse se si guarda a tutto il Paese, con l’affitto di una camera singola che scende di un terzo, e arriva a 660 sterline al mese, e gli stipendi che seguono un trend simile, attestandosi a 25,500 sterline annue.
Una differenza corposa tra la capitale e il resto del Paese, che il Regno Unito ha cercato di affrontare con un adeguamento degli stipendi di Londra al maggior costo della vita nella città sul Tamigi.
In media, un lavoratore di Londra percepisce 4 mila sterline l’anno in più di un’altra persona che fa lo stesso lavoro, per la stessa compagnia, ma in un’altra città. Si tratta di un aiuto che si è dimostrato fondamentale per permettere agli abitanti della capitale britannica di avere uno standard di vita accettabile.
Anche se, secondo uno studio pubblicato a maggio 2022 dalla Loughborough University, per essere adeguato ai recenti aumenti, il sussidio dovrebbe arrivare a 6,500 sterline annue.
Il modello Vienna
Se Vienna appare al vertice delle classifiche sulle migliori città per qualità della vita, il merito è anche del successo della sua politica sugli immobili.
Nella capitale austriaca, circa sei persone su dieci vivono in case che vengono pagate grazie a qualche forma di agevolazione. Le case popolari si trovano in tutti i quartieri della città, non solo in periferia, e molte volte hanno poco a che vedere con la fatiscente edilizia popolare italiana. Si tratta di immobili indistinguibili da quelli privati. Il sistema funziona anche perché i bassi prezzi delle case del Comune e dello Stato costringono i privati all’adeguamento.
Non si possono proporre prezzi troppo alti perché altrimenti nessuno si presenterebbe a vedere le case. In un certo senso, viene limitata l’azione del libero mercato sull’immobiliare.
Il risultato è che sono sufficienti poco più di mille euro per affittare un appartamento di 85 metri quadrati e due camere in zone residenziali, per un monolocale ne bastano tra 700 e 850. Per una stanza singola in zone centrali ne bastano intorno ai 500, ma se ci si allontana dal centro, anche meno. Il tutto a fronte di uno stipendio medio per posizioni entry level di circa 32 mila euro l’anno.
Parigi contro Airbnb
A portare in alto gli affitti, negli ultimi anni, ha contribuito anche la diffusione di piattaforme come Airbnb, che con gli affitti brevi hanno permesso a molti di proporre sistemazioni nelle case di loro proprietà a prezzi maggiori rispetto quelli a lungo termine. Nel caso di Parigi, fino a 3,5 volte più lucrative degli affitti a lungo termine. Nel 2016, la Francia ha approvato una legge che consente alle amministrazioni cittadine di togliere la possibilità di affittare per brevi periodi ai proprietari se questi non rispettano determinati parametri. È ancora presto per capire quanto la nuova legge impatterà sul prezzo degli affitti. Ma quando è entrata in vigore, le proprietà listate da Airbnb nella capitale francese erano tra il 4 e il 7% del totale. Numeri che riducono ancor di più la disponibilità di alloggio a medio e lungo termine, facendo aumentare i prezzi.
(da Open)
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Gennaio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
“NON SERVE UN PARTITO DEGLI ELETTI O UN PARTITO DELLE CORRENTI, CI SERVE UN PARTITO CHE SIA COMUNITA’ E CHE SAPPIA ASCOLTARE”
Alle primarie del 26 febbraio manca più di un mese, e i quattro candidati
proiettati verso la segreteria del Pd continuano gli incontri sui territori. Oggi la tappa di Napoli è toccata all’ex europarlamentare Elly Schlein, che nella città ha chiuso il tour campano.
Dopo una mattinata trascorsa nel salernitano, l’ex vice di Stefano Bonaccini arriva nel capoluogo di regione per visitare la “Casa di Matteo”, struttura che accoglie bambini in stato di adozione o affetti da patologie ad alta complessità assistenziale, e il Museo Civico Gaetano Filangieri.
“C’è stata un’enorme frattura con il mondo del lavoro in questi anni, per effetto anche di errori che il Pd ha fatto”, ha detto l’aspirante segretaria alle telecamere di Fanpage.it. “La prima grande questione è contrastare la precarietà che sta condizionando l’esistenza di moltissime persone soprattutto al Sud, giovani e donne”.
“La prima cosa da fare – ha spiegato – è quello che hanno fatto in Spagna, limitare i contratti a termine, perché sono quasi l’unica forma di contratto che conoscono tanti giovani. Vuol dire non avere una prospettiva solida per costruirsi un futuro e per uscire di casa, vuol dire abolire gli stage gratuiti perché non pagano l’affitto, vuol dire fare come chiedono i sindacati una legge sulla rappresentanza, perché questo significa spazzare via quei contratti pirata che condannano interi settori dell’economia alla precarietà”.
“E Poi c’è accanto a questo la grande battaglia del Pd nel parlamento per il salario minimo, cioè una soglia sotto alla quale non si può chiamare lavoro perché è sfruttamento. Credo che sia una battaglia da fare insieme alle altre opposizioni, perché anche loro hanno presentato delle proposte sul salario minimo e mi appello a loro perché questa battaglia la proseguiamo insieme, perché purtroppo la maggioranza che governa il Paese non ha fatto passare quelle proposte, perché non vede il lavoro povero, perché ha deciso con la prima manovra di colpire i poveri anziché contrastare la povertà. Il Governo non guarda in faccia quei 3 milioni di lavoratori che anche se lavorano non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena”.
“La seconda grande questione è quella delle diseguaglianze, sociali, di genere e territoriali. Stiamo contrastando con forza il disegno di legge di Calderoli sull’autonomia differenziata, perché vuole perpetuare i divari territoriali che colpiscono il Sud da molto tempo”.
“Noi siamo contro quest’idea, perché pensiamo non ci possa essere il riscatto dell’Italia non possa esserci senza il riscatto del Sud”.
“E c’è una terza grande questione, quella dell’emergenza climatica. Vogliamo un modello nuovo di società, perché abbassare le bollette è fondamentale nel momento in cui tutte le famiglie e le imprese stanno soffrendo il caro energia. Ma vuol dire anche eliminare le emissioni climalteranti. Quindi più chiarezza su questi temi”.
“A noi non serve né un partito degli eletti, né un partito delle correnti. Ci serve un partito che sia davvero della sua comunità e che sappia ascoltarla su alcune scelte fondamentali, che non abbia paura di consultarla”.
“Un pezzo del gruppo dirigente ha preferito fare altre scelte – ha aggiunto – ma va bene così, è un congresso ed è fatto apposta. A me piace quando ci confrontiamo sulle idee e sulla linea politica. Di certo io non sono una che sta offrendo posti, al massimo sto offrendo un posto nuovo da ricostruire insieme per farci sentire tutti di nuovo a casa”.
Schlein propone di cambiare nome al Pd
Per Elly Schlein la proposta del cambio nome del partito dopo il congresso lanciata oggi da Provenzano, nasce “anche da Bologna, dal sindaco Lepore, ed è sicuramente un tema che può essere sottoposto agli iscritti anche se in questo momento questo congresso ci deve servire innanzitutto a mettere al centro idee, contenuti e una visione chiara, coraggiosa”
(da Fanpage)
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