Destra di Popolo.net

ISRAELE E STATI UNITI CONDUCONO ATTACCHI CONTRO L’IRAN PER SABOTARE I PIANI DEGLI AYATOLLAH DI DOTARSI DELL’ATOMICA

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

TEHERAN INTANTO RIFORNISCE LA RUSSIA DI DRONI-KAMIKAZE E MISSILI

Segreti sono i dettagli, non la guerra. Perché le esplosioni che squassano i siti militari iraniani come a Isfahan sono evidenti, documentate persino da video. L’obiettivo è rallentare i piani strategici della Repubblica islamica. Dai missili ai droni, dalla tecnologia alla bomba. Lo hanno ripetuto ieri il premier israeliano Bibi Netanyahu e il segretario di Stato Antony Blinken in visita nello stato ebraico: non permetteremo che Teheran abbia l’arma nucleare.
La promessa congiunta è figlia della stretta cooperazione. Il capo della Cia William Burns, l’uomo delle crisi difficili, ha appena visto il capo del Mossad. Nel ristretto spazio del Mediterraneo le forze dei due Paesi alleati provano missioni a lungo raggio con il coinvolgimento degli eterni bombardieri B52 e dei moderni F35, con in coda tutto quanto potrebbe servire nel caso di un’operazione contro i mullah. Il regime ha scelto di schiacciare le proteste popolari e, nel contempo, di aiutare la Russia nell’invasione in Ucraina. Gli ha fornito i droni-kamikaze
Sabato a Isfahan sarebbero entrati in azione dei droni, quadrirotori secondo alcune indiscrezioni. Non portano cariche grandi, hanno dimensioni contenute.
Se si sono affidati ai quadrirotori vuol dire che ad agire è stato un piccolo team, che ha manovrato a distanza senza dover affrontare rischi. Ultimo evento di una serie lunghissima, profonda nei fendenti ma che non ha certo fermato l’Iran. Nel luglio 2001 trovano il cadavere di un colonnello coinvolto nello sviluppo di vettori. È nel suo ufficio, ha una pallottola in testa.
Nell’aprile 2006 deflagrazioni danneggiano l’impianto nucleare di Natanz. L’anno dopo muore un ricercatore atomico […] E il 6 ottobre sempre di quell’anno Israele distrugge un reattore in Siria dopo averne seguito il trasferimento dalla Corea del Nord. Il primo agosto 2008 un cecchino piazzato su un’imbarcazione centra un alto ufficiale siriano responsabile di programmi missilistici che si rilassa nella sua villa. A partire dal 2010 la cadenza dei colpi contro gli scienziati si intensifica
La sequenza ha dimostrato come il Mossad abbia penetrato i tanti cerchi di sicurezza, lo scudo non ha evitato l’uccisione di scienziati e del capo del programma atomico, il furto dell’intero archivio sul nucleare, i sabotaggi in laboratori con bombe nascoste nel mobilio, virus informatici, materiale difettoso. Infiltrazioni rese possibile da complicità — ogni cosa ha un prezzo, il denaro fa breccia — e dal supporto di oppositori, disposti a partecipare.
(da Corriere della Sera)

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I RUSSI HANNO CAPITO COME SFUGGIRE ALLA LEVA DI PUTIN, I GIOVANI HANNO ESCOGITATO METODI PER NON FARSI TROVARE

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

ALCUNI ESEMPI? NON VIVERE ALL’INDIRIZZO DI RESIDENZA UFFICIALE E LAVORARE IN NERO PER EVITARE CONTROLLI

«Il panico è passato, ormai ci siamo abituati a questa situazione», dice Evgeny, 28 anni, parlando della possibilità di una nuova mobilitazione in Russia. Il ragazzo, che lavora come barista in un popolare locale nel centro di San Pietroburgo, ha ricevuto l’ordine di arruolamento durante la scorsa mobilitazione ma non si è presentato all’ufficio. Dopo settimane di tensione, Evgeny ha capito come funziona l’arruolamento e come evitarlo: non vivere al suo indirizzo di residenza ufficiale e lavorare in nero per evitare che lo vengano a cercare.
Da diverse settimane ormai, si diffondono le voci di una seconda ondata di mobilitazione imminente in Russia. Secondo le fonti governative della Cnn, il governo russo starebbe per chiamare alle armi fino a 200.000 uomini, in aggiunta ai 300.000 già arruolati lo scorso autunno per combattere in Ucraina.
Una versione sostenuta ieri dal Ministero della Difesa britannico, secondo il quale il governo russo «tiene aperta l’opzione di un altro giro di arruolamenti», ma è preoccupato di provocare un aumento del dissenso interno.
Come mostra un sondaggio governativo riservato ottenuto dal canale Telegram russo Faridaily, la scorsa mobilitazione ha causato un forte choc nella popolazione ed è stata largamente percepita come il segnale che la guerra non stava andando secondo i piani. Per questo, secondo delle fonti governative interpellate da Faridaily, la prossima chiamata alle armi probabilmente non avrà carattere generalizzato ma avverrà in maniera più mirata e graduale.
La settimana scorsa la retorica del Cremlino è cambiata: Peskov ha detto che il decreto di mobilitazione continua ad essere attivo in quanto, oltre alla chiamata alle armi, includerebbe «altre misure necessarie per garantire l’adempimento degli obiettivi delle forze armate». Non è chiaro di quali misure si tratti esattamente.
Secondo alcuni media locali e canali Telegram, da qualche settimana gli uffici di reclutamento in diverse città della Russia starebbero convocando uomini per «verificare le loro credenziali». Per ora si tratta di casi singoli mentre, sempre secondo le fonti di Faridaily, non ci sarebbero segnali che indichino un’imminente chiamata alle armi su grande scala. Senza contare che una buona parte dei soldati arruolati lo scorso autunno non sono ancora stati impiegati al fronte.
(da La Stampa)

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RECORD MONDIALE PER LA NAVE ITALIANA “LAURA BASSI”

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

LA ROMPIGHIACCIO RAGGIUNGE IL PUNTO PIU’ A SUD DI SEMPRE

La rompighiaccio italiana “Laura Bassi” ha raggiunto il punto più a sud mai toccato da una nave. Si tratta di un sito fino a oggi inesplorato parte della Baia delle Balene alla latitudine di 78° 44.280′ S. Nell’area più meridionale del Mare di Ross mai navigata. Il record della nave dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) è stato battuto nell’ambito della campagna oceanografica della 38esima Spedizione Italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA). L’obiettivo della missione è effettuare campionamenti per il progetto Bioclever con cui i ricercatori studiano «la comunità ittica larvale della piattaforma continentale del Mare di Ross». Nello specifico, verranno valutati l’efficacia delle pratiche di gestione della fauna e l’impatto che questa soffre a causa dei cambiamenti ambientali e climatici. I primi stadi di vita dei pesci, infatti, sono tra i più sensibili alle variazioni di questo tipo, tra cui la temperatura, e possono quindi fare da campanello d’allarme per potenziali ricadute a cascata sul resto della fauna dell’area.
Il progetto
Nell’ambito del progetto ci sono anche il lancio e il recupero di boe e la messa a mare dei “mooring” per lo studio delle colonne d’acqua e la realizzazione di mappe delle aree non cartografate. Le operazioni sono state rese possibili dal mare insolitamente libero dai ghiacci. Al suo ritorno, la «Bassi» porterà con sé i campioni ottenuti dai carotaggi del ghiaccio iniziati lo scorso novembre nell’ambito del progetto europeo “Beyond Epica” guidato dal professor Carlo Brabante. Il rientro al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda è previsto per il 6 marzo 2023, mentre quello in Italia è atteso per la seconda metà di aprile.
Il salvataggio dei migranti
Il record di latitudine non è l’unico evento che ha reso speciale il viaggio della rompighiaccio italiana. A novembre, quando la nave si trovava nel Mar Jonio, diretta in Nuova Zelanda, ha salvato dalle onde 92 migranti in un’imbarcazione a una decina di ore di navigazione dal porto di Kalamata, in Grecia, dove i naufraghi sono poi sbarcati. Nello specifico si trattava di 23 bambini, alcuni in tenera età, 20 donne e 49 uomini in maggioranza di nazionalità afgana. A bordo della Bassi i migranti avevano ricevuto le prime cure mediche e erano stati rifocillati.
(da il “Corriere della Sera”)

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ALTRO CHE PONTE SULLO STRETTO: AVVISATE SALVINI CHE PER ANDARE DA TRAPANI A RAGUSA IN TRENO CI VOGLIONO 13 ORE E 8 MINUTI

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

QUATTRO CAMBI E 47 FERMATE PER UN TRATTO DI STRADA CHE, IN AUTO, SI PERCORRE IN TRE ORE E MEZZA…STIAMO PARLANDO DEL TRENO PIÙ LENTO D’ITALIA ED È LO SPECCHIO DEL CATASTROFICO STATO IN CUI VERSANO LE FERROVIE NELL’ISOLA

Dalla stazione di Trapani parte ogni giorno il treno regionale più lento d’Italia e magari d’Europa: tredici ore e otto minuti (salvo ritardi, festivi esclusi) per arrivare a Ragusa dopo quattro cambi e 47 fermate in altrettante stazioni «impresidiate», ovvero (burocratichese Fs) abbandonate alla natura (fanno, circa, 25 km/h). Da capoluogo a capoluogo, in auto servono tre ore e mezza, in treno dall’alba al tramonto
Lasciamo Trapani puntuali alle 6 e 50 . Prima tappa Palermo, in teoria a un tiro di schioppo: nel 1933 ci si arrivava in due ore e mezza, dal 1953 al febbraio 2013 in due ore. Poi un bel giorno la linea franò: «La ripristineremo in pochi giorni» dissero le Fs. Dopo dieci anni si gira ancora larghissimi sulla linea per Mazara, Marsala e Castelvetrano arrivando nel capoluogo dopo cinque ore.
Bella, bellissima è invece la stazione di Caltanissetta da dove parte (al tramonto) l’ultima frazione del viaggio
Arrivando a Modica
È quando entriamo rantolando nella stazione di Ragusa (cosa volete che siano 13 minuti di ritardo dopo un giorno intero di viaggio) Girolamo, macchinista «in transito», ci informa che la corsa non termina nel capoluogo, come pensavamo: il servizio si chiude mezz’ora dopo tra le meraviglie di Modica, dove il treno riposerà fino all’alba prima di ripartire per Siracusa. Sbarchiamo a Modica alle 20 e 30: nella stazione deserta le luci sono fioche e manca perfino il sottopassaggio.
Attraversiamo i binari spaesati come i contadini girgentini de Il Lungo Viaggio, uno dei racconti più belli di Leonardo Sciascia, che avevano affidato i loro risparmi e la loro vita a un intermediario, il signor Melfa, che li imbarcò a Gela con la promessa di traghettarli in America. Lasciati di notte su una spiaggia dagli scafisti dopo giorni passati sottocoperta, vagabondarono per ore prima di buttarsi «come schiantati sull’orlo di una cunetta: ché non c’era fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in Sicilia».
(da il “Corriere della Sera”)

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LA GERMANIA È DI NUOVO SPACCATA IN DUE: TRA CHI È D’ACCORDO A INVIARE I CARRI ARMATI IN UCRAINA (53%) E CHI NO (39%)

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

LA PERCENTUALE DI CHI NON VUOLE SPEDIRE GLI ARMAMENTI A KIEV SALE AL 65% A EST

«L’eterno grigio» del cielo berlinese è molto più che pura meteorologia, è una condizione dello spirito, un invito alla riflessione. E dal tetto del Berliner Scholss, non solo la cupola del Duomo di Berlino e la torre della televisione di Alexanderplatz acquistano una nuova prospettiva. Anche la guerra in Ucraina e il brulicare di opinioni sulla fornitura di nuovi sistemi d’arma, come i carri armati Leopard 2, guadagnano in chiarezza.
«Il giorno dopo l’aggressione di Putin all’Ucraina ho pensato: “datemi il mio libretto degli assegni e ditemi quanto vi serve per comprarvi armi e ricacciarlo indietro”», ci racconta Barbara, 64 anni, professoressa di germanistica.
«Questa naturalezza per poco mi è costata il legame con la mia migliore amica», dice. «Da un anno non possiamo più parlare di politica. È doloroso. Lei ripete solo pace, pace, pace e abbassa lo sguardo. Per noi tedeschi le cose sono più difficili», tenta di spiegare: «Per quelli nati del dopoguerra come me», continua Barbara, «c’era la generazione dei padri e dei nonni, implicata in crimini terribili, e poi c’era la nostra, nata in tempo di pace e cresciuta al motto “mai più guerra”». Non è semplice cambiare punto di vista: «Per noi essere buoni, stare dalla parte giusta, significa volere la pace».
Anche i sondaggi raccontano di questa spaccatura tra la popolazione, una divisione che è insieme politica, geografica e generazionale. Secondo un rilevamento Forsa di pochi giorni fa una stretta maggioranza dei tedeschi, il 53%, sostiene la decisione del governo di inviare i panzer Leopard 2, mentre il 39% non la condivide. E la percentuale dei contrari all’Est diventa ancora più alta: il 65 %. Nei nuovi Laender, come vengono chiamati le 5 regioni orientali, è alto in particolare il timore di una reazione militare russa contro la Germania, il 59% contro il 33% dei Laender dell’Ovest
Anche a sul fronte orientale della Germania il panorama è tutt’altro che omogeneo. C’è chi si sente ancora legato a quel che rimane dell’Unione sovietica e chi invece è rimasto, allora come oggi, ostile. […] «Da una parte l’Ucraina ha tutto il diritto di difendersi e riprendersi i suoi territori, dall’altro questo invio dei carri armati significa che la guerra durerà più a lungo e ci saranno più vittime» dice. «Il cancelliere però ha fatto bene a pensarci a lungo» conclude la pensionata. «Se stiamo uniti, siamo tutti più sicuri».
A Steffi, ingegnere bavarese da vent’anni a Berlino, non piace rispondere sulla questione dell’invio di armi: «Il punto non è essere favorevoli o contrari ai Leopard 2, a me è mancato un dibattito serio sulla partecipazione alla guerra», ci spiega, uscita da lavoro. «Io sono iscritta al partito dei Verdi anche perché si sono sempre detti contrari a mandare armi a Paesi in guerra. E adesso?». E aggiunge: «Se dici certe cose in pubblico vieni guardato male. Essere contro l’invio delle armi, equivale a sostenere Putin», dice.
(da “la Stampa”)

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ALUNNA IN IPOTERMIA, LA PRESIDE: “TREMAVA, QUI I TERMOSIFONI SONO ROTTI DA UN ANNO”

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

MA IL COMUNE DI CENTRODESTRA DI PALERMO E’ LATITANTE

L’impianto di riscaldamento potrebbe essere riattivato nei prossimi giorni. Parola di Rosaria Corona, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo di Palermo “Boccadifalco Tomasi di Lampedusa” al quale appartiene la scuola Emanuela Loi dove nei giorni scorsi un’alunna che frequenta la quinta elementare è andata in ipotermia per il freddo, tanto da necessitare un ricovero in ospedale.
Raggiunta da Fanpage.it, la preside della scuola primaria ha fatto sapere che questa mattina è stato effettuato un primo intervento da parte di una ditta privata, ma che il riscaldamento non è stato ancora riattivato: “Non ho parlato con i genitori della bambina e non ho avuto conferma che si sia trattato di un caso di ipotermia – spiega Rosaria Corona – ho visto la bimba tremare, e per questo abbiamo chiamato il 118. I problemi sono iniziati a gennaio dello scorso anno: i lavori da fare sono tantissimi: sia l’impianto termico che quello fognario hanno necessità di essere ripristinati, cosa che richiede tempo e soldi. E in questo solo il Comune può dare risposte”.
Cosa è successo nella sua scuola?
La bambina, e l’ho visto con i miei occhi, ha avuto un malessere, tremava, non stava bene. Da qui la decisione di allertare il 118: il personale sanitario ha poi deciso di trasportarla in ospedale per degli accertamenti. Essendo dati sensibili che riguardano una studentessa non siamo tenuti ad avere informazioni sul suo stato di salute, quindi saranno i genitori a decidere se diffonderli o meno, ma ciò che posso dire è che la bambina ha avuto un malore ed è stata portata in ospedale.
I genitori della bambina cosa vi hanno detto?
Nulla. I rappresentanti dei genitori nel consiglio d’istituto hanno fatto sapere alla scuola che si è trattato di un caso di ipotermia, ed è quello che ho scritto nella nota che ho inviato agli organi competenti.
L’impianto di riscaldamento della scuola è stato aggiustato?
L’intervento è stato effettuato da una ditta privata che abbiamo contattato noi in quanto scuola, con i soldi che il comune ci ha affidato, perché i lavori sono di competenza comunale. Prima che potesse essere realizzato però è passato del tempo, perché il circuito termico che riscalda la scuola è in un vano che non è di facile accesso, quindi tutte le ditte chiamate a intervenire hanno sempre rifiutato. È stato grazie all’aiuto di un genitore che sono riuscita a trovare una ditta specializzata nel settore che proprio oggi ha effettuato il lavoro con degli operatori specializzati. Di fatto è stato riparato solo un pezzo, ma i lavori da fare sono tantissimi. Diciamo che abbiamo tamponato per riattivare l’impianto di riscaldamento. Come ho scritto nelle mie note sia l’impianto termico che quello fognario hanno necessità di essere ripristinati, cosa che richiede tempo e soldi. E in questo solo il Comune può dare risposte.
Quindi l’impianto ha ripreso a funzionare?
Al momento no, la società da noi appaltata sta facendo ancora l’intervento ma siamo fiduciosi. Se nei prossimi giorni dovesse essere riattivato lo comunicherò in via ufficiale attraverso una nota come è giusto che sia.
Da quanto tempo si protrae questa situazione?
Per quel che riguarda il plesso interessato i primi problemi sono iniziati a gennaio dell’anno scorso, e da marzo abbiamo avuto la disattivazione della caldaia. Nel mio istituto comprensivo il plesso Tomasi di Lampedusa che è ubicato poco distante dalla scuola Emanuela Loi è senza riscaldamento da dieci anni. E parliamo di una scuola secondaria di primo grado, lì la caldaia è stata proprio disinstallata in quanto ritenuta fuori norma, perché vecchia, e il Comune non ha ancora ripristinato l’impianto. Il problema non è risolto.
(da Fanpage)

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BAGARRE ALLA CAMERA SUL CASO COSPITO, DONZELLI (FDI): “LA SINISTRA STA CON LO STATO O CON I TERRORISTI?”. LA LEGA PRENDE LE DISTANZE

Gennaio 31st, 2023 Riccardo Fucile

FURIA PD: “VERGOGNATI”

Basta un attimo e l’aula esplode. Si dibatte dell’istituzione della commissione Antimafia. Prende la parola Giovanni Donzelli, potente deputato di Fratello d’Italia, vicinissimo a Giorgia Meloni, vicepresidente del Copasir, con incarichi apicali nel partito e scelto di recente anche come commissario della federazione romana di FdI.
Fa riferimento a una visita in carcere all’anarchico, nel passato, di alcuni parlamentari del Pd, tra cui Andrea Orlando, Walter Verini e Debora Serracchiani, effettuata tra l’altro nell’esercizio delle loro prerogative di parlamentari. E cita parti delle affermazioni di Alfredo Cospito riportate da Repubblica in relazione al 41 bis.
Ecco le parole di Donzelli che accendono la miccia in Aula: ”Il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Allora voglio sapere, Presidente, se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest’Aula, oggi!”.
Un’equazione inaccettabile, per il Partito democratico. Un insulto che richiede scuse immediate. In un attimo, esplode il caos a Montecitorio. Paonazzo, prende la parola Federico Fornaro, poi tocca a Debora Serracchiani: “Sbaglia chi pensa di poterci dividere tra buoni e cattivi su temi così delicati. È stato un grave errore intervenire questa mattina con parole che avrebbero dovuto essere evitate nel modo più assoluto”, ha detto la capogruppo del Pd che ha invitato “Giovanni Donzelli a vergognarsi”.
“Ci sono molte ragioni per le quali potremmo invitare Donzelli a vergognarsi e non le ripeterò tutte in quest’aula, ne dirò solo due – replica di Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd – La prima è che il suo intervento non c’entra nulla con l’articolo uno della proposta di legge che stiamo esaminando. La seconda è che sta sporcando la profonda unità che stiamo cercando di costruire sui temi della lotta alla mafia. Unità. Le chiedo, presidente, di richiamare Donzelli al rispetto della sua funzione e di tutti noi che siamo in quest’aula”.
Sono furiosi, chiedono un intervento del gruppo di Fratelli d’Italia, pretendono una totale retromarcia di Donzelli. Che però, nei minuti successivi, non arriva. Anzi, la meloniana Lucaselli rilancia: ”La questione nasce da un fatto: è vero o no che alcuni parlamentari del Pd sono andati a trovare Cospito? Donzelli nell’ambito della critica politica ha semplicemente riportato un fatto”.
Il centrosinistra sceglie la linea dura. Parla anche Enrico Letta, chiede ”rispetto”. Cosa c’entra una visita in carcere effettuata da alcuni parlamentari con la mafia? ”Così – attacca il verde Angelo Bonelli – è complicato andare avanti! Onorevole Donzelli, lei ha detto una sciocchezza. Si scusi”. Il caso non accenna a chiudersi, la polemica infuria.
(da La Repubblica)

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“UNO SPORCO NEGRO MI DISTURBA”: AL PARCO NEMORENSE DI ROMA UNA DOTTORESSA SI RIVOLGE CON FRASI RAZZISTE AL LAVORATORE DI UNA COOPERATIVA, ARRIVATO TRE ANNI FA DAL MALI, CHE AIUTA A TENERE PULITO IL PARCO

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

“LE AVEVO SOLO DETTO DI RACCOGLIERE GLI ESCREMENTI DEL CANE, NON PENSAVO MI AGGREDISSE COSÌ. OGNI GIORNO CERCO DI FAR RISPETTARE LE REGOLE, EPPURE AD ALTRI NON IMPORTA. SE PROVO A DIRE LORO QUALCOSA MI DICONO CHE DEVO TORNARE IN AFRICA”

“Scusami un attimo. Che c’è uno sporco negro che mi disturba”. Quando torna a raccontare ciò che gli è successo Adama Doumbia sorride per lasciare che la cattiveria e l’intolleranza con cui ha avuto a che fare qualche giorno fa, scivoli via. “Le avevo solo detto di raccogliere gli escrementi del cane, non pensavo mi aggredisse così”.
Dietro quel sorriso gentile c’è la storia di una vita che non si stupisce e neanche si rassegna. In Italia è arrivato tre anni fa dal Mali. Ha trovato lavoro nel bar del Parco Nemorense, un giardino ai Parioli non lontano dalla maestosa Villa Ada. Molta ghiaia a terra, molti cani portati giù dai grandi palazzi che si affacciano su quell’intento di verde.
Nel bar Adama Doumbia, lavoratore di una cooperativa, presta servizio come manutentore. Tiene pulito il parco.
Pochi giorni fa mentre è al lavoro chiede a una signora di raccogliere e mettere nella bustina gli escrementi del suo labrador. Lei continua a parlare al telefono, come se lui non esistesse. Lui ripete l’invito. Lei a quel punto interrompe la telefonata stizzita: “Scusami un attimo. Che c’è uno sporco negro che mi disturba”.
Una frase a voce alta, pronunciata di fronte ad altri. Adama si ferma, resta in silenzio, la dottoressa richiama il cane e esce dal parco.
“Sì che ho sentito”, dice una testimone. “Ho visto questa donna mentre camminava velocemente parlando al telefono, chiamando ogni tanto il cane per farsi sentire. Dietro lei c’era il signore del bar che le chiedeva di raccogliere i bisogni ma con scarsi risultati. Prima si è voltata verso di lui urlandogli di tacere perché impegnata con un suo paziente in quanto dottoressa, poi, visto che lui insisteva, gli urlato l’insulto razzista”.
“È stato raccapricciante” – afferma la testimone – “Sono andata da lui per rincuorarlo, mi sono vergognata di essere italiana”.
Un episodio vile, così come tanti altri che ha vissuto sulla sua pelle: “Non è la prima volta che mi chiamano così. Ogni giorno cerco di far rispettare le regole, eppure ad altri non importa. Se provo a dire loro qualcosa mi dicono che devo tornare in Africa, oppure che sono negro e non devo parlare perché sono ospite”.
(da La Repubblica)

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“SONO STATO A UN FESTINO HARD CON MATTEO MESSINA DENARO”: LA TESTIMONIANZA RACCOLTA DA ISMAELE LA VARDERA, VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA DELLA REGIONE SICILIANA

Gennaio 30th, 2023 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DEL TESTIMONE: “PRIMA DI ENTRARE A QUELLA FESTA TI PERQUISIVANO. L’ORDINE ERA DI NON RIVELARE CHI ERA PRESENTE. A MEZZANOTTE ARRIVAVANO LE ESCORT. SNIFFANO QUASI TUTTI. MESSINA DENARO ERA SEDUTO CON UNO DELLE FORZE DELL’ORDINE E CON UN MEDICO. C’ERA PURE UN NOTO POLITICO”

Un testimone ha raccontato all’ex Iena Ismaele La Vardera, ora vicepresidente della commissione Antimafia siciliana, di aver partecipato, due anni fa circa, a festini hard col boss Matteo Messina denaro. Agli incontri a luci rosse, che si sarebbero svolti in una villa in provincia di Palermo, avrebbero preso parte anche un esponente delle forze dell’ordine, un medico e un politico.
Il racconto verrà trasmesso domani, in prima serata, su Italia 1.
“Sto andando a denunciare ai Ros dei carabinieri una storia che quando me l’hanno raccontata, onestamente, non ci potevo credere.”.
Comincia così il racconto che Ismaele La Vardera, ex Iena, oggi Vicepresidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia, decide di fare ai microfoni de Le Iene.
Filippo Roma ricostruisce la testimonianza raccolta dal deputato regionale e subito denunciata agli inquirenti, di un presunto testimone che parla di alcuni festini in una villa del palermitano, a cui avrebbe partecipato Matteo Messina Denaro e in cui avrebbe visto anche un uomo appartenente alle forze dell’ordine, un medico e un noto politico italiano. Questa testimonianza è al centro del servizio de Le Iene, in onda domani sera, martedì 31 gennaio, in prima serata, su Italia 1.
“Si parla di un Matteo Messina Denaro che frequentava salotti importanti della borghesia e che partecipava come se nulla fosse a dei festini”, dice La Vardera all’inviato. “Ho denunciato la testimonianza che mi hanno reso al Ros”, il reparto che ha da poco arrestato il superboss. “Il testimone è una persona per bene, che fa una vita normale, che aveva paura di parlare – continua La Vardera – perché le cose che poteva raccontare erano molto delicate e parlavano proprio di quella zona d’ombra che avrebbe potuto proteggere il boss latitante”.
La Iena e il politico ripercorrono insieme, riascoltandola, i passi salienti della testimonianza, in modo da chiarire, per quanto possibile, i passaggi più controversi. Il vicepresidente dell’antimafia siciliana riferisce a Filippo Roma ciò che il testimone gli ha raccontato, eliminando però numerosi dettagli che ne avrebbero potuto rivelare l’identità.
Il deputato regionale racconta di averlo incontrato, tramite una conoscenza in comune, e di avergli chiesto come mai abbia scelto di raccontare tutto a lui e non a magistrati e forze dell’ordine. “Purtroppo, ho molta paura, non mi fido di nessuno. Tu ti fideresti se allo stesso tavolo vedi persone che potrebbero rappresentare la legge insieme a Matteo Messina Denaro?” è la risposta del testimone. “Ma che vuol dire che ha visto uomini che rappresenterebbero la legge insieme al boss Messina Denaro?” domanda Filippo Roma a La Vardera.
“Questa persona mi riferisce che ha partecipato più volte a delle feste private; quindi, non si poteva entrare facilmente. Il dove non posso dirtelo perché, inevitabilmente può fare risalire a questa persona. L’obiettivo – chiarisce il vicepresidente dell’antimafia – è restituire ai magistrati tutto quello che so, senza filtri e a voi, semplicemente, frammenti di racconto, per il semplice fatto che questa storia più persone la sappiamo meglio è, a tutela di tutti.”.
La Vardera, a maggiore tutela sua e del testimone, ritiene importante condividere subito parte di queste informazioni con l’opinione pubblica. L’inviato chiede al deputato regionale se ha fatto un riscontro su questo luogo di cui parla il presunto testimone: “Ho trovato riscontri oggettivi attraverso visure catastali” risponde La Vardera e la Iena chiede anche per quale motivo questa persona venisse invitata a queste feste: “Anche a questa domanda non posso rispondere, inevitabilmente si risalirebbe alla persona.”, risponde lui.
(Ricostruzione della testimonianza raccolta da Ismaele La Vardera):
Testimone: “Due anni fa, dopo il periodo del Covid ho avuto la possibilità di essere presente ad una festa”.
La Vardera: “Chi è che ti chiama per invitarti a questa festa?”
Testimone: “Un amico di … (nel servizio nome e cognome saranno nascosti, ndr.). Prima di entrare veniva fatta una specie di perquisizione e non potevi portare all’interno il telefono”.
La Vardera: “Ma ti hanno perquisito fisicamente?”.
Testimone: “Si”.
(Intervista Le Iene a Ismaele la Vardera):
La Vardera: “Questa persona sostiene di esserci stata più di tre volte e quello che vedeva erano ostriche, champagne, gente ben vestita, notabili”, spiegando che il testimone fa capire come tra i presenti ci fossero delle persone che non si sarebbe mai aspettato di trovare per il ruolo delicato che hanno nella vita di tutti i giorni.
(Ricostruzione della testimonianza raccolta da Ismaele La Vardera):
Testimone: “Se sei un uomo delle Forze dell’ordine non vai ad una festa privata per fare sniffare gli amici tuoi. Tu lavori per la legge, tu hai questo ruolo importante. Questa cosa mi fa arrabbiare… ho notato che alcuni dei presenti entravano in una stanza.”.
La Vardera: “Cioè, tu vedevi che c’era cocaina sul tavolo? C’era qualcuno che sniffava?”
Testimone: “C’era cocaina. Non era farina 00; sì, quasi tutti.”
“Questi festini esattamente da chi erano frequentati e cos’altro si faceva?” domanda l’inviato a La Vardera a questo punto.
Testimone: “Quelli che erano lì mi si presentano solo per nome, e mi hanno spiegato che chiunque di quelle persone incontrate lì dentro, se io le avessi viste fuori, avrei dovuto far finta di non conoscerle.”
La Vardera: “Che tipo di persone c’erano?”
Testimone: “Tutte persone di classe. Mangiavano, conversavano.”
La Vardera: “Cosa si mangiava?”
Testimone: “Base di pesce: ostriche, ricci di mare, c’era anche il Mont blanc, champagne e vini molto costosi. Fino alla mezzanotte c’erano le cameriere normali, poi, dopo, arrivavano le escort. Ragazze di lusso.”
La Vardera: “Si faceva sesso dopo mezzanotte?”
Testimone: “Si. È stata data l’opportunità una sera.”
A questo punto del racconto, entrerebbe in scena, sotto falso nome, Matteo Messina Denaro.
(Ricostruzione della testimonianza raccolta da Ismaele La Vardera):
La Vardera: “E com’è che tu arrivi a capire chi è Andrea Bonafede, cioè Matteo Messina Denaro?
Testimone: “Io sono consapevole che questa che mi è capitata è una situazione più grande di me. Finché non ho visto i giornali però non avevo collegato. Poi quando ho visto il suo viso, l’ho riconosciuto. Lui era lì.”
La Vardera: “Cioè Matteo Messina Denaro era lì?”
Testimone: “Era lì, a quella festa. Quando l’ho visto, lui era lì seduto con uno che lavora a … (il testimone fa il nome del luogo che nel servizio sarà nascosto, ndr.), un appartenente alle forze dell’ordine ed uno che fa il medico.”
Il testimone aggiunge una serie di dettagli che porterebbero tutte all’identikit del boss latitante.
La Vardera: “Come fai a dire che è lui?”
Testimone: “Il viso di adesso, era lui là. Quello che ho incontrato alla festa a … (indica una data che nel servizio sarà nascosta, ndr.), si vedeva che era malato e sofferente.”
La Vardera: “L’hai notato tu?”
Testimone: “Si, si”
La Vardera: “Come si è presentato?”
Testimone: “«Ciao sono Andrea» e aveva ferite post operatorie”
La Vardera: “Come l’hai capito?”
Testimone: “Me L’ha detto lui, aveva una ferita fresca…aveva lo stesso occhiale scuro. E si vedeva un occhio difettoso sotto l’occhiale.
La Vardera: “Com’era vestito?”
Testimone: “In camicia e pantaloni. Sembrava una persona per bene, io ho notato un orologio importante. Aveva scarpa stile Hogan, ma della Hermes”.
La Vardera: “Lui parlava con altre persone?”
Testimone: “Sì. Uno che io conosco che lavora nelle forze dell’ordine.”
La Vardera: “Come fai a sapere che faceva parte delle forze dell’ordine?”
Testimone: “Perché… (spiega dove l’ha conosciuto ma nel servizio sarà occultato, ndr.). Poi, comunque sia, abbiamo parlato e mi ha fatto capire che lì non ci siamo mai visti.”
La Vardera: “Ah quindi lui ti ha detto non ci siamo mai visti?”
Testimone: “«Noi non ci siamo mai incontrati. Tu ti fai i fatti tuoi ed io i fatti miei e viviamo tutti felici e contenti».”
(Intervista Le Iene a Ismaele la Vardera):
Inviato: “Ti ha detto come si chiama il rappresentante delle forze dell’ordine e che grado ha?”.
La Vardera: “Questa cosa non mi sento proprio di dirtela perché ho paura. Gli ho detto «guarda, io comunque uscendo da qua parlerò con la Procura».
Inviato: “Ma ti ha detto, ad esempio, se era un personaggio importante nell’ambito delle forze dell’ordine?” continua l’inviato.
La Vardera: “Mi ha detto che aveva una particolare funzione all’interno delle forze dell’ordine. È giusto che i riscontri li faccia la Procura. Onestamente mi potrò sbagliare, ma le cose che diceva mi lasciano presagire che questa persona dice cose vere, aggiunge in più il dettaglio del medico, entra nello specifico dove lavora, cosa fa, qual è il ruolo, perché ha avuto a che fare con questo medico, e me l’ha fatto vedere.”
Inviato: “Tu lo sai chi è questo medico? Ce lo puoi dire?”
La Vardera: “No. Ritengo che non sia opportuno”.
(Continua la ricostruzione della testimonianza raccolta da Ismaele La Vardera):
Testimone: “Se sei una persona, per esempio come quell’Andrea Bonafede, non puoi stare seduto allo stesso tavolo con qualcuno che dovrebbe fare rispettare la legge”.
La Vardera: “Quando tu dici che in quella festa c’erano persone che lavoravano in tribunale come fai a saperlo?”.
Testimone: “Perché io sentivo cosa dicevano. Cose del tipo: «allora com’è andata la settimana scorsa quell’udienza»?
La Vardera: “Cioè, parlavano di questioni giudiziarie tra di loro?”
Testimone: “Si, parlavano di cose di lavoro.”.
La Vardera specifica all’inviato che questo testimone parla di soggetti che sarebbe in grado di riconoscere qualora la Procura glielo chiedesse. Nella conversazione si fa anche riferimento a un politico, visto da questa persona in uno di questi festini.
Testimone: “Ad uno di questi eventi c’era anche un noto politico”
La Vardera: “Chi era?”
Testimone: “Era … (il testimone fa nome e cognome ma nel servizio sarà omesso, ndr.)”
La Vardera: “Lo puoi affermare con certezza?”
Testimone: “Sì, certamente.”
La Vardera: “E quella stessa sera c’era pure Messina Denaro?”Testimone: “No”
La Vardera: “Ma anche quando c’era il politico si faceva uso di cocaina?”
Testimone: “Tutte le sere, droghe leggere e pesanti.”
Filippo Roma pone altre domande al Vicepresidente della Commissione antimafia siciliana.
(Intervista Le Iene a Ismaele la Vardera):
La Vardera: “Ha aggiunto che a uno di questi incontri ha preso parte un notissimo politico. non un politico qualsiasi, un politico importante.”
Inviato: “Te l’ha fatto il nome?”
La Vardera: “Sì”
Inviato: “Ci puoi dire chi è?”
La Vardera: “No, fino a prova contraria vorrei tanto che la Procura facesse delle indagini per stabilire la presenza o meno di questi soggetti all’interno di queste feste”
Inviato: “Maggioranza o opposizione?”
La Vardera: “Non te lo posso dire”
Inviato: “Politico nazionale o locale?”
La Vardera: “La sua caratura può essere assolutamente definita come politico nazionale.”
Inviato: “Quando ti ha fatto questo nome?”
La Vardera: “Non ci credevo”
Inviato: “Non ci credevi perché è un insospettabile?”
La Vardera: “No, non ci credevo perché già questa storia è assurda di per sé”
Inviato: “Ma è uno che la gente riconosce per strada?”
La Vardera: “Sì, tant’è che quando io vado via da lì, chiedo subito di essere ascoltato dalla Procura immediatamente, lo stesso giorno faccio la chiamata. Io voglio sapere tutta la verità. Cioè, io pretendo di sapere se ho avuto a che fare con un mitomane o con uno che sapeva. E a questo punto, se è una persona attendibile, questa persona va protetta”.
Inviato: “E non hai paura che invece possa essere una polpetta avvelenata?”
La Vardera: “Me lo sono chiesto e ti posso dire che in tutte le cose che ho trovato su questa storia non c’è stata nemmeno una che mi ha detto no, questa non è possibile. Quando tu ti trovi davanti una persona che è veramente preoccupata, che hai come l’impressione che quasi si sta pentendo delle cose che ti sta raccontando, ma ormai non può tirarsi indietro.”
(Continua la ricostruzione della testimonianza raccolta da Ismaele La Vardera):ù
La Vardera: “Come mai hai parlato con me e non con un magistrato o con dei Carabinieri?”
Testimone: “Per paura. Credimi, in questo momento sto tremando. Mi rendo conto di essere a rischio, che questa storia è troppo più grande di me e quasi quasi mi pento di averti parlato.”
(Intervista Le Iene a Ismaele la Vardera):
La Vardera, rispondendo alla domanda di Filippo Roma che chiede se è possibile incontrare il testimone, spiega: “In questa fase mi ha detto che non se la sente, ha paura, non vuole parlare. E io l’ho fatto presente, gli ho detto che mi batterò fino alla morte con tutti, perché il suo nome non verrà mai fuori sulla stampa, però chiaramente agli inquirenti lo devo fare perché devono capire se quello che dici sia vero oppure no”.
In attesa che la Procura faccia tutti gli accertamenti del caso, è una notizia che il Vicepresidente dell’antimafia siciliana sia andato a sporgere denuncia dai Carabinieri su tutto quello che ha sentito. Filippo Roma spiega che, nella ricerca di riscontri al racconto del deputato La Vardera, uno su tutti ha confermato la veridicità di quanto gli è accaduto, ma per proteggere l’identità del testimone non può aggiungere altro.
Esattamente una settimana fa anche il testimone è stato sentito a lungo dal Ros, che verificheranno cosa ci sia di vero in questa storia suggestiva, ma così incredibile da non poter escludere alcuno scenario. Infine, dice: “potrebbe essere una storia totalmente inventata da un mitomane, oppure una storia scritta a tavolino di sana pianta, ma sinceramente non sapremmo dirvi da chi e perché o potrebbe essere una storia vera raccontata da un testimone che ha messo a repentaglio la propria vita e che quindi va protetto”.
(da Dagoreport-Le Iene)

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