Destra di Popolo.net

LA PROCURA INDAGA SULLE ELEZIONI POLITICHE DEL 2022: “ALL’ESTERO HANNO VOTATO TROPPI CENTENARI”

Gennaio 29th, 2023 Riccardo Fucile

LA GUARDIA DI FINANZA STA LAVORANDO SULLA CIRCOSCRIZIONE ESTERO DEL NORD E CENTRO AMERICA

Sono troppi i centenari che hanno votato all’estero alle ultime politiche. Numeri record. Insomma, qualche cosa non torna. Per questo la procura indaga sul singolare caso della longevità degli italiani che vivono fuori dai confini nazionali.
In campo è scesa la Guardia di finanza che sta lavorando sulla circoscrizione estero dell’America settentrionale e centrale. Un collegio piuttosto ampio che raggruppa 22 Paesi: Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Canada, Costa Rica, Cuba, Dominica, Repubblica Dominicana, El Salvador, Giamaica, Grenada, Guatemala, Haiti, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Saint Kitts e Nevis e Stati Uniti d’America.
L’indagine parte da una denuncia presentata da Andrea di Giuseppe. Di Giuseppe, 58 anni, romano, residente a Miami Beach, è stato eletto alla Camera, in quota Fratelli d’Italia, proprio nel collegio elettorale nord e centro America. Il parlamentare, dopo aver acquisito i dati degli aventi diritto dal Ministero degli Interni, ha deciso ad ottobre di depositare un esposto: «Emerge una situazione – si legge nella denuncia – che non è credibile e che dimostra la non attendibilità della lista stessa, fatto che porta ad affermare che il risultato potrebbe essere alterato».
Il neodeputato, nella denuncia presentata dagli avvocati Romolo e Massimo Reboa, individua nel numero di persone che sono arrivate al secolo d’età, una delle principali vulnerabilità del voto all’estero: gli elettori della circoscrizione America settentrionale e centrale sono «437802. I centenari sono 2218, intorno allo 0,5%. I centenari che vivono in Italia sono 17156 (gennaio 2021)» con una percentuale molto più bassa rispetto ai loro coetanei che vivono oltreoceano.
Ora le ipotesi potrebbero essere due: la prima è che negli Usa, in Messico o in Canada (per citare solo alcuni Paesi) si vive meglio, quindi si campa di più rispetto a Roma o a Milano. Questo giustificherebbe un numero così elevato di persone che hanno soffiato le 100 candeline. Oppure che, in realtà, molti siano morti e non sia stato segnalato il decesso e qualcuno, al posto loro, abbia votato. «L’analisi dei dati rende realisticamente ipotizzabile – si legge sempre nella denuncia – che vi siano decine di migliaia di persone che risultano presenti nelle liste benché decedute e che quindi sia altamente probabile che, in loro nome, vi siano dei terzi che esercitano il diritto di voto. Fatto che potrebbe essere non occasionale, ma l’esecuzione di un consolidato disegno criminoso».
Ad ogni modo la segnalazione del deputato sta trovando i primi riscontri nel lavoro di investigatori e inquirenti. Anche perché il problema dei connazionali centenari sarebbe doppio. Non ci sarebbe solo la manina di qualcuno che esprime preferenze durante le elezioni politiche. Quella stessa manina andrebbe anche a ritirare la pensione del parente estinto.
«Attendiamo fiduciosi lo sviluppo delle indagini della guardia di finanza e della procura», fa sapere l’avvocato Reboa.
Per adesso il fascicolo è aperto a modello 45, quindi senza ipotesi di reato. La verifica sull’effettiva esistenza dei nostri connazionali centenari oltreoceano è appena iniziata.
(da La Repubblica)

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VENETO, LA CIRCOLARE ALLE SCUOLE DELL’ASSESSORA DONAZZAN (FDI) CHE RISCRIVE LA STORIA

Gennaio 29th, 2023 Riccardo Fucile

“PURTROPPO I RUSSI ACCERCHIARONO L’ESERCITO NAZISTA”

«Purtroppo già nel mese di dicembre i russi dilagano accerchiando le divisioni posizionate più a est». Così l’assessora all’Istruzione del Veneto, Elena Donazzan, ha voluto rievocare la battaglia di Nikolajewka del 26 gennaio 1943, con una circolare inviata alle scuole della Regione. L’obiettivo era quello di promuovere «i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale nonché dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano».
Si tratta della campagna italiana nell’Unione Sovietica, nella Seconda guerra mondiale, in cui persero la vita migliaia di soldati italiani, di cui buona parte alpini, che vennero mandati in guerra al fianco di Hitler.
La scelta di Donazzan arriva per celebrare la giornata degli alpini, istituita nella precedente legislatura e che già all’epoca il giorno scelto fu scoppiare la polemica. «La scelta di quella data è un errore. Gli alpini nella ritirata di Russia hanno vissuto situazioni drammatiche ed enormi dolori, ma eravamo là come invasori di uno Stato sovrano. La follia di Mussolini e Hitler coinvolse i nostri alpini in una tragedia immane», ha commentato nei giorni scorsi all’Arena il presidente dell’Associazione nazionale degli Alpini di Verona, Luciano Bertagnoli.
La polemica in politica. Ma l’assessora non si scusa
Anche il politica è esploso lo sdegno. A partire dal segretario del Pd in Veneto, Andrea Martella, che ha chiesto un intervento immediato del ministero dell’Istruzione «per stigmatizzare la circolare dell’assessorato agli istituti scolastici del Veneto che ‘piega’ la battaglia degli alpini a Nikolajewka del 26 gennaio 1943 ad una sorta di esaltazione del regime fascista. Chiediamo che si prendano ufficialmente le distanze da grette e pericolose forme di revisionismo surrettizio».
Della stessa opinione anche il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni: «Quel “purtroppo” è rivelatore del dispiacere per la sconfifitta delle forze nazifasciste. Se Meloni e Zaia fossero persone serie avrebbero già allontanato da tempo sia dal partito che dalle Istituzioni un simile personaggio».
Ma Elena Donazzan non ha intenzione di fare un passo indietro. «È una polemica inutile, pretestuosa e offensiva. Quel “purtroppo” che qualcuno vuol leggere in malafede, va letto invece in buonafede, perché riferito alle vittime italiane di quella battaglia. Chi mi critica è in malafede, lo fa in modo strumentale. Leggano cosa ha scritto Mario Rigoni Stern sulla battaglia di Russia», si difende l’assessora.
(da agenzie)

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L’ASILO DEGLI ORRORI SCOPERTO GRAZIE ALLE STAGISTE

Gennaio 29th, 2023 Riccardo Fucile

LA GARA TRA MAESTRE A CHI COLPIVA I BAMBINI

Oltre agli insulti, i piccoli sarebbero stati usati per un gioco folle: le insegnanti avrebbero usato ciabatte, pantofole e palline di plastica per colpire i bambini, assegnando un punteggio alle parti del corpo da centrare
Emergono nuovi dettagli nell’inchiesta sulle maestre dell’asilo nido privato a Vanzago, nel Milanese, dove diciassette bambini sarebbero stati costretti a subire maltrattamenti.
L’indagine è nata grazie alla denuncia di alcune studentesse dell’istituto professionale Puercher-Olivetti di Rho che svolgevano uno stage nella scuola in questione.
Al centro dell’inchiesta ci sono 5 maestre e la titolare dell’asilo. Una struttura che a vederla da fuori potrebbe sembrare come tante altre. Il profilo Facebook mostra i bambini impegnati e divertiti nelle classiche attività ludiche previste nelle scuole dell’infanzia. In realtà sarebbe stato solo un «inganno» ai genitori.
«Notavamo che facevano fare i lavoretti ai bambini giusto il tempo di fare la foto da mandare ai genitori, tutto sotto gli occhi di B. (la direttrice, ndr), che mi dava l’impressione di ripudiare i bambini», ha raccontato una stagista ai carabinieri.
Per il giudice delle indagini preliminari – che per le sei docenti ha disposto le misure dell’obbligo quotidiano di presentazione in caserma e l’interdittiva del divieto di esercizio della professione – le indagate avrebbero dimostrato «una tale incuranza, insensibilità e spregio verso i bimbi che ne confermano non soltanto una personalità fortemente negativa perché incapace di percepire il disvalore, ma anche una indiscutibile incapacità di autocontrollo sì da ritenere le stesse inidonee allo svolgimento della professione di educatrici». Inoltre, è emerso che il l’asilo nido poteva ospitare fino a 23 bambini, ma ce ne erano solitamente fino a 30.
Una delle studentesse ha descritto alle autorità il comportamento adottato dalla «più esagitata», la ventiseienne M.M. riferendo l’episodio di quando un piccolo di 14 mesi stava piangendo.
«Lo mette su una cesta-dondolo cullandolo un po’, il bambino continua a piangere. Allora M. prende la cesta con il bimbo, lo mette nel bagno adiacente la cucina e lo lascia lì al buio con la porta chiusa. Avevo modo di sentire il bambino che continuava a piangere, urlava. Infastidita di ciò, allora io vado a prendere il bambino, che si è aggrappato ai miei vestiti come a dirmi di non rimetterlo giù», ha dichiarato, come riporta Il Quotidiano Nazionale. Ma non solo.
«Ho notato che – prosegue – davano da mangiare a tutti i bambini con lo stesso cucchiaio e la stessa forchetta, anche se i bambini stavano male, infatti un giorno si presentarono all’asilo solo dieci bambini perché gli altri stavano male». Non essendoci lettini per tutti, i più piccoli spesso sarebbero finiti a «dormire in bagno e sui materassi nel salone».
Oltre agli insulti, i piccoli sarebbero stati usati per un gioco folle: dopo aver abbassato le tende che davano sulla strada, le insegnanti avrebbero iniziato a lanciare ciabatte, pantofole e palline di plastica assegnando un punteggio alle parti del corpo da centrare. Chi faceva cadere i piccoli prendeva più punti. Alcuni, stando sempre ai racconti delle stagisti, avrebbero riportato delle ferite e piccole fuoriuscite di sangue.
Le intercettazioni della dirigente
Nell’ordinanza del giudice spunta un’intercettazione telefonica della direttrice dell’asilo incriminato. Risale al 26 maggio 2022, a 9 giorni dall’inizio delle indagini dei carabinieri a seguito della segnalazione di 6 stagiste. «Bisogna giocare con queste cose perché se si vede che io sto gridando un bambino è maltrattamento? No!», dice la titolare. «Mi auguro cioè che almeno non valutino questo come maltrattamento», continua. «Loro, è quello che mi ha detto anche l’avvocato, partono dal momento in cui vedono ceffoni, tiri capelli, vomita e gli fai mangiare il vomito, tutte cose che sono successe che abbiamo visto in televisione, lo prende a calci… quello è maltrattamento».
E per queste parole, scrive il giudice, «appare assolutamente necessario impedire il protrarsi della situazione di pericolo per l’incolumità psico-fisica delle persone offese che occorre tutelare, evitando che si verifichino nuovi episodi aggressivi».
(da Open)

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BENVENUTI NEL MELONISTAN: IN GAZZETTA FIN QUI SOLO LEGGI A PRIMA FIRMA DEL PREMIER

Gennaio 29th, 2023 Riccardo Fucile

ARRIVA ANCHE LA PRIMA LEGGE PARLAMENTARE E LA FIRMA LEI

In una legislatura partita di corsa con la necessità subito di tamponare i guai della crisi energetica non sorprende che i primi mesi siano dominati da decreti e provvedimenti del governo.
Sono dieci quelli pubblicati finora divenuti legge in Gazzetta ufficiale e salvo il provvedimento sul bilancio 2023 sono tutti in origine decreti legge che hanno come prima firmatario il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che spesso per rendere più rapido l’iter ha dovuto porre in Parlamento la questione di fiducia.
Accade con questo governo a buon ritmo, non però così diverso da quello dei governi e delle legislature degli ultimi decenni. Con i ritmi che hanno caratterizzato i primi 100 giorni di governo non c’è stato tempo né alla Camera né al Senato di fare avanzare qualche disegno o proposta di legge di natura parlamentare, come sarebbe normale nelle democrazie. Anche se uno solo di quei testi ha messo il turbo pure in una situazione piuttosto complicata di giungla di lavori parlamentari.
È una proposta sull’equo compenso per i professionisti dal titolo “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”. Presentato alla Camera in bozza il 13 ottobre scorso, è stata stampata il 18 novembre 2022 e subito assegnata alla Commissione Giustizia della Camera che l’ha calendarizzata il 23 novembre 2022 e approvata il 19 gennaio 2023.
In quattro sole sedute (in mezzo c’erano le ferie di Natale e Capodanno) è stato esaminato il testo, vagliato e approvato o respinto ogni emendamento presentato, e preparato il testo da mandare in aula.
Un record di velocità nella storia parlamentare. Non ha perso tempo nemmeno l’aula di Montecitorio: il testo è stato illustrato dal relatore, discusso e votato dai deputati articolo per articolo dopo avere esaminato i 24 emendamenti approvati.
Poi l’aula ha approvato all’unanimità il testo (253 presenti, 253 sì) e dato mandato al comitato dei nove di coordinare testo prima dell’invio in Senato. L’aula della Camera ha discusso e approvato anche gli ordini del giorno collegati al testo. In quanto tempo? Un giorno solo: il 25 gennaio scorso. E questo è da guinness dei primati per la politica italiana.
La sera del 25 gennaio – e anche questo è da record – il nuovo testo scritto e coordinato è arrivato in Senato in orario utile per farlo comporre e stampare. La mattina del 26 gennaio la presidenza del Senato ha assegnato il testo miracoloso alla commissione Giustizia in sede redigente.
Questo significa che la commissione ha i poteri di vagliare eventuali emendamenti e approvare il testo senza che l’aula possa più farlo. Alla fine i senatori riuniti nell’assemblea di Palazzo Madama procederanno alla sola votazione finale degli articoli e del testo limitandosi alle dichiarazioni di voto. È una procedura quindi accelerata che fa pensare con ragionevole certezza che questa sarà la prima legge di natura parlamentare che in questa legislatura sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Come si chiamerà questa legge? Come sempre con il nome del primo firmatario, che se la potrà intestare. E anche qui si arriva al guiness dei primati. Perché il primo firmatario è Giorgia Meloni, che l’ha presentata nei pochi giorni in cui in attesa dell’incarico era semplice deputata.
Il suo testo è stato unificato ad altri, ma non ha mai perso nemmeno ora in Senato il nome del primo firmatario.
Quindi questa legislatura inizia con leggi firmate Giorgia Meloni capo del governo e concede al Parlamento come sua prima iniziativa autonoma una legge della deputata Giorgia Meloni, sia pure condivisa bipartisan. Non era mai accaduto fino ad oggi. Benvenuti nel Melonistan, anno primo
(da Open)

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LE FORZE ARMATE ITALIANE HANNO LE PEZZE AL CULO: IL GRADO DI EFFICIENZA DELL’ARTIGLIERIA PESANTE IN DOTAZIONE ALL’ESERCITO È VALUTATO INTORNO AL 25%, PER L’OBSOLESCENZA DEI MEZZI

Gennaio 29th, 2023 Riccardo Fucile

L’AERONAUTICA PUÒ VANTARE AEREI DI ULTIMA GENERAZIONE MA NON DISPONE DI UN’ADEGUATA QUANTITÀ DI MISSILI… LA MARINA HA NAVI ALL’AVANGUARDIA MA NON ALTRETTANTO PERSONALE

«La minaccia russa è una spinta a investire nella Difesa più di quanto fatto finora». Parla Meloni ma sembra di risentire Draghi. A quasi un anno dall’inizio del conflitto è evidente la continuità tra i due governi. C’è una tale convergenza di vedute che in Parlamento il discorso di Crosetto si è letteralmente sovrapposto a quello pronunciato dal suo predecessore, Guerini. «Va diffusa la cultura della Difesa»
È un concetto che cela l’obiettivo di innalzare fino al 2% del Pil gli stanziamenti per il settore. Una necessità dettata — più che dagli accordi Nato — dagli eventi della Storia. Le Forze armate italiane «stanno più o meno con le pezze alle terga», a sentire Mulè, che era sottosegretario alla Difesa con Draghi. Non c’è solo il problema di «ripristinare le scorte» . È una questione strutturale che riguarda tutte le Armi
Secondo fonti militari del Dicastero, infatti, il grado di efficienza dell’artiglieria pesante in dotazione all’Esercito è ora valutato «intorno al 25%», per l’obsolescenza dei mezzi e la cannibalizzazione dei pezzi di ricambio. L’Aeronautica può vantare aerei di ultima generazione ma non dispone di un’adeguata quantità di missili. La Marina ha navi all’avanguardia ma non altrettanto personale.
L’obiettivo del 2% non può essere vissuto come un sacrificio sull’altare del militarismo, «se è vero che — prosegue il dirigente del Pd — dentro quella spesa ci sono investimenti in innovazione e ricerca che hanno ricadute sul settore civile e producono occupazione».
Certo, in una fase economica e sociale molto delicata, può apparire paradossale inserire il dossier tra le emergenze. Il governo ha chiesto a Bruxelles di poter scorporare gli investimenti per la Difesa dal patto di Stabilità, sapendo di contare sul sostegno di tutte le forze parlamentari. Tutte tranne i Cinquestelle.
Eppure era stato Conte ad innalzare il bilancio della Difesa quando sedeva a palazzo Chigi, invertendo la regola dei tagli che andava avanti da ormai venti anni: 4 miliardi in più per tener fede alla promessa fatta a Trump di «arrivare al 2% del Pil».
(da il “Corriere della Sera”)

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QUALCUNO RICORDI A VALDITARA CHE I PROF GIÀ SONO I MENO PAGATI D’EUROPA

Gennaio 29th, 2023 Riccardo Fucile

NELLA SCUOLA MEDIA IN ITALIA LO STIPENDIO È DI 39.463 EURO, IN FRANCIA DI 44.365, IN GERMANIA 82.569. LA MEDIA UE È DI 45.015 EURO. PEGGIO DI NOI SOLO I PAESI DELL’EST. E LA RETRIBUZIONE A INIZIO CARRIERA È SOTTO LA SOGLIA DI POVERTA’

Se il concetto di costo della vita e salari messo sul tavolo dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara è vago e indefinibile, un secondo concetto è invece chiaro: i docenti italiani sono quelli che guadagnano meno in Europa.
La metà dei loro colleghi in Germania e Olanda. E il confronto è impietoso anche con le buste paga di insegnanti che vivono in Paesi dal Prodotto interno lordo più simile all’Italia. Fanno peggio solo i paesi dell’Est Europa, che non hanno certo il Pil italiano, dall’Estonia alla Repubblica Ceca passando per la Polonia.
Lo stipendio medio annuo lordo di un insegnante della scuola primaria in Italia è pari a 36.800 euro, in Francia 39.417 euro, in Olanda 60.019 euro, in Germania 74.937 e la media Ue comunque è di 42.599 euro.
Non va meglio nella scuola media: in Italia lo stipendio annuo lordo è mediamente di 39.463 euro, in Francia di 44.365, in Spagna di 44.962 euro, in Olanda di 72.869 e in Germania 82.569, mentre la media Ue è di 45.015 euro. Fanno peggio, sempre nella scuola media, l’Estonia (29.103 euro) o la Repubblica Ceca (32.754 euro): una magra consolazione
Gli stipendi d’ingresso nella scuola sono per una famiglia monoreddito sotto la soglia di povertà. Le buste paga nette mensili a inizio carriera ammontano 1.360 euro nella primaria e a 1.471 nelle superiori. §
Le soglie di povertà relativa proposte dall’Istat nel 2021 sono pari a 1.395 euro per una famiglia di tre componenti e a 1.709 euro per una famiglia di quattro persone.
Un docente di scuola superiore ha in media una retribuzione del 22 per cento inferiore rispetto a un lavoratore di un altro settore con lo stesso titolo universitario. In pratica, circa 350 euro in meno al mese.
(da la Repubblica)

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I LA RUSSA BROTHERS CON LE MANI SUL PIRELLONE, SALVINI HA MESSO IN CONTO IL COLLASSO DEL CARROCCIO NELLA STORICA ROCCAFORTE LOMBARDA

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

FONTANA SARÀ COMMISSARIATO. DAI FRATELLI D’ITALIA? MACCHÉ: DAI FRATELLI LA RUSSA! ROMANO POTREBBE DIVENTARE ADDIRITTURA VICEPRESIDENTE, E FORSE PURE ASSESSORE ALLA SANITÀ

I perfidi dicono già l’avvocato dovrà reinventarsi “notaio”: semplice ratificatore, cioè, di decisioni prese da altri.
Gli altri, nella fattispecie, sono i Fratelli d’Italia del nord. Lui è Attilio Fontana, presidente della Lombardia certo ormai della riconferma alla guida della regione, ma certo pure di dovere appoggiarsi, per governare, a un partito che non è il suo.
Matteo Salvini, del resto, il mezzo collasso nel giardino di casa del leghismo che fu, lo ha messo in conto. Sa che il trend è quello che è: e alla sera del 13 febbraio, quando inizierà lo scrutinio, dovrà fare buon viso a cattivo gioco.
Ha iniziato già, in effetti. Rivendicando, cioè, come in Lombardia “resterà il nostro presidente, l’Attilio”. Solo che se la subalternità alla destra meloniana è per certi versi nella logica delle cose a Roma e nel Lazio, lassù in Padania, sotto la Madonnina, quella di Fontana rischia di essere una vittoria amara. “Perché sarà un presidente commissariato dai meloniani”, se la ridono nel Comitato nord i bossiani ribelli.
Il Carroccio, che nel 2018 elesse trenta consiglieri, ne riporterà, se davvero si attesterà intorno al 12-13 per cento come pare, non più di dodici. FdI, che nel 2018 ebbe appena tre rappresentanti, assedierà il palazzo con una falange di ventisette, forse ventotto soldati. E la composizione della giunta ne conseguirà.
E sì che per Fontana potrebbe perfino andare peggio. Perché il suo vice in pectore, stando alle previsioni della vigilia, è quel Marco Alparone con cui l’Attilio ha un rapporto di consolidata intesa. Cosa che, invece, non si può dire di Romano La Russa. E non solo per via dei bracci mezzi tesi nei raduni dei nostalgici.
Il fatto è che Romano, che “fratello” d’Italia lo è a tutti gli effetti, proprio al fratello, presidente del Senato, fa diretto riferimento. Lo fa per la composizione delle liste (“Ignazio mi ha detto”, “Ignazio non vuole”, “Ora sento Ignazio”) e spesso anche nei vertici di maggioranza, quando scavalca, o aggira, l’autorità dell’altra generalessa lombarda di Donna Giorgia, e cioè Daniela Santanchè.
Potrebbe insomma essere lui, il La Russa meno noto, a contendere proprio ad Alparone i gradi di vicepresidente – e forse, si dice, quelli di assessore alla Sanità, magari alimentando la voce per cui, essendo il fratello di Alparone un dirigente regionale nel campo sanitario, si rischierebbe il conflitto d’interessi.
(da il Foglio)

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SAPETE CHE VUOL DIRE L’ENNESIMO STRALCIO DELLE CARTELLE ESATTORIALI SOTTO I MILLE EURO? CHE PAGANO SEMPRE I SOLITI FESSI

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

LO STRALCIO VALE 18 MILIARDI, UN REGALO AGLI EVASORI SERIALI CHE NON PAGANO MAI E ASPETTANO SOLO IL CONDONO…IL MAGAZZINO DEI CREDITI NON RISCOSSI AMMONTA A 1.100 MILIARDI DI EURO

Lo stralcio delle cartelle esattoriali sotto i mille euro, notificate tra il 2000 e il 2015, scatterà il 31 marzo e riguarderà circa 7 milioni di contribuenti, per un valore di 18 miliardi di euro.
Le cartelle interessate sono complessivamente 27 milioni, perciò molti di questi cittadini che usufruiranno della cancellazione hanno più di una cartella a carico. La sanatoria varata dal governo in manovra sicuramente dà una mano a quei contribuenti che davvero fanno fatica a mettersi in regola con la riscossione, ma la domanda che nasce spontanea è questa: il contribuente che in quindici anni ha collezionato 10 o 15 cartelle (se non di più), è un soggetto che non ce la fa a pagare o un evasore seriale che non vuole aprire il portafogli e aspetta solo il prossimo condono?
Tra queste 27 milioni di mini cartelle non sono conteggiate le multe degli enti locali o delle casse previdenziali private, che hanno tempo fino al 31 dicembre per decidere se cancellare solo gli interessi e le spese per le procedure esecutive e di notifica, o far pagare tutto, come prescrive la legge di Bilancio.
Per quanto riguarda le multe stradali, ad esempio, le grandi città hanno quasi tutte deciso di chiedere ai cittadini di versare l’intero importo stabilito inizialmente dall’atto.
Il dibattito se considerare lo stralcio un regalo agli evasori o un intervento per rendere più efficiente il sistema fiscale italiano vede fazioni opposte. Sta di fatto che il magazzino dei crediti non riscossi ammonta a 1.100 miliardi di euro.
La Corte dei Conti, con una delibera adottata recentemente, sostiene che non è più rinviabile una riforma del sistema di riscossione coattiva dei tributi, dei contributi e delle entrate locali.
(da “la Stampa”)

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ZELENSKY A SANREMO È UN DURISSIMO COLPO AL CUORE DELLA CASALINGA DI VLADIVOSTOK: IL FESTIVAL VALE MILIONI DI TELESPETTATORI IN RUSSIA

Gennaio 28th, 2023 Riccardo Fucile

QUANDO LA CASALINGA E IL VINAIO DI MOSCA TROVERANNO IL “NEMICO” ZELENSKY, DALLA PROPAGANDA UFFICIALE DESCRITTO “A CAPO DI UNA BANDA DROGATI E NEONAZISTI E SATANISTI”, AL POSTO DI TOTO CUTUGNO, DI PUPO E DEI RICCHI E POVERI, SARÀ FORSE A TUTTI CHIARO CHE QUALCOSA PER PUTIN È GIÀ PERDUTO

Zelensky al Festival di Sanremo è un durissimo colpo al cuore della casalinga di Vladivostok. Al di là d’ogni considerazione prosaica e delle mille obiezioni politiche e di opportunità che giungono dalla “quinta colonna” filo-russa vivamente attiva nel nostro Paese, l’evento prossimo, sebbene da remoto, ha valore tutt’altro che irrilevante.
Una pugnalata al silenzio domestico ufficiale della Russia putiniana, pronta ad abbattere virtualmente la stessa aura poliziesca presidenziale. Una risposta notevole sferrata, sia detto con retorica tinteggiata di glamour, a tutti gli aggressori, non soltanto in armi, dello Stato sovrano d’Ucraina.
Ben oltre ogni semplice atto di propaganda, il gesto assume anzi valore politico straordinario, unico, oltreché, va da sé, spettacolare, mediatico. Da Sanremo, lo spettro in mimetica di Zelensky apparirà appunto alla casalinga di Vladivostok, al tassista di San Pietroburgo, alla callista di Ekaterinburg, alla influencer di Smolensk, ai macellai di Groznyj.
Il Festival di Sanremo, dai giorni di Breznev e dell’Urss da molti incredibilmente rimpianta, storia nota, vale milioni di telespettatori in Russia. Quando le pupille della già citata casalinga di Vladivostok e del risaputo vinaio di Mosca troveranno d’improvviso il “nemico” Zelensky, dalla propaganda ufficiale descritto “a capo di una banda drogati e neonazisti”, e ancora “satanisti”, al posto di Toto Cutugno, del mio carissimo amico Pupo, dei rimanenti Ricchi e Poveri sarà forse a tutti chiaro che la battaglia è cosa seria, qualcosa per Putin è già perduto.
Non occorre ricordare che in Russia, proprio il Festival di Sanremo, è ragione di culto, il suo sipario canoro nel tempo ha offerto occasioni di remake feticistici, amabile parodia della lontana e amata Italia da evocare a un pubblico di telespettatori post-sovietici.
Con Ivan Urgant che nelle vesti del “bravo presentatore” italiano Giovanni Urganti portava in scena un cast di cantanti russi dai nomi italianizzati che, leggo testualmente, si alternavano “sul palco esibendosi con una serie di hit riadattate in italiano: Elard Giarahov diventa Dario Giaracci, Dead Blonde è Bionda Morta, My Michelle & Jeva Pol’na sono Mia Michela & Eva Pollini, Manizha è Manigi. E persino Valerij Leontjev, uno degli artisti pop più famosi in Russia, trasformato in Valerio Leonci”. Kermesse stroboscopica, stile anni ’80.
Apprezzabilmente, Ivan Urgant-Giovanni Urganti, lo scorso anno si è schierato contro la guerra d’aggressione all’Ucraina, e per questa ragione prontamente radiato dalla televisione pubblica russa. Zelensky, dal palco infiorato dell’Ariston, ne colmerà il vuoto in palinsesto.
(da Dagospia)

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