Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
“ORMAI SI STA PERDENDO IL DIRITTO COSTITUZIONALE ALLA TUTELA DELLA SALUTE”
“Il tempo della manutenzione ordinaria per il Servizio sanitario
nazionale è scaduto”. Lo dice Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, in un’intervista con Fanpage.it a margine dell’evento organizzato per presentare il Piano di rilancio del Ssn. “Nell’indifferenza di tutti i governi, ormai si sta perdendo quello che è il diritto costituzionale alla tutela della salute, come documentano la lunghissima lista d’attesa, la necessità di ricorrere al privato, l’aumento della spesa di tasca propria, sino addirittura alla rinuncia alle cure”, afferma Cartabellotta, denunciando il grave stato in cui versa il comparto della sanità in Italia.
Se durante i mesi più duri della pandemia “tutte le forze politiche insistevano sulla necessità di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale, passata l’emergenza si sono tirate indietro”, spiega Cartebellotta, ricordando come in tutti i programmi elettorali ci fosse poco in campo sanitario. “La sanità pubblica non interessa, non porta consenso, e quindi finisce in coda all’elenco delle priorità della politica”, aggiunge il presidente di Gimbe.
Per poi parlare di uno dei maggiori problemi del servizio sanitario al momento, cioè la carenza di personale. “Dopo 15 anni passati a disinvestire sul personale sanitario, i nodi vengono al pettine. Abbiamo un tetto di spesa che risale al 2004, che ha bloccato contratti e assunzione, e ha fatto sì che venissero finanziate pochissime borse di studio per la specializzazione”, spiega Cartabellotta, affermando che oltre agli investimenti serve anche “motivazione”. E cita il caso del corso di laurea in Scienze infermieristiche: “I posti disponibili non vengono coperti. I giovani in non vogliono fare l’infermiere, perché è una professione poco retribuita, che offre poche prospettive di carriera. Non è più una professione attrattiva e viene considerata anche rischiosa, considerato quello che sta succedendo negli ultimi anni”.
Cartebellotta parla anche dell’avanzamento del settore privato in sanità, sottolineando che sia per quanto riguarda gli ospedali, ma anche le cliniche specialistiche, Rsa e assistenza sul territorio, spesso le strutture private sono ormai tante quante quelle pubbliche. “Quella che dovrebbe essere una scelta del cittadino, cioè di andare nel privato, oggi è diventata invece una necessità imposta dalle carenze del pubblico. A volte le persone, che per ragioni di salute non possono aspettare, sono costrette a rivolgersi al privato. Chi può pagare paga, chi non può pagare aspetta tempi inaccettabile. Quindi le famiglie o si impoveriscono oppure addirittura si rinuncia alle cure. È evidente che il sistema va ripensato”.
E ancora: “Dobbiamo capire che sanità vogliamo per i nostri figli. Noi abbiamo un Ssn che nel 1978 aveva come principi fondamentali l’equità, l’uguaglianza, l’universalità. Tutti principi che sono stati sostanzialmente traditi e oggi sostituiti liste d’attesa, impoverimento, spesa privata, migrazione sanitaria. Se vogliamo tenere fede a quella legge dobbiamo cambiare la rotta”.
Infine Cartabellotta conclude ribadendo che il diritto alla salute va garantito a tutti, anche indipendentemente dalla Regione di residenza. E in tal senso avverte sui rischi dell’autonomia differenziata: “Oggi abbiamo un’Italia spaccata in due. Dobbiamo appianare le differenze esistenti, altrimenti il gap tra Nord e Sud diventerà veramente incolmabile”.
(da Fanpage)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA SUL DEPISTAGGIO DELLE INDAGINI
Non ci sarebbe solo Cosa Nostra dietro la strage di via D’Amelio a Palermo, nella quale rimasero uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Anzi, dietro quel delitto, ci furono “convergenze di ambienti esterni”.
È quanto hanno affermato i giudici del processo per il depistaggio sulle indagini della strage del 19 luglio 1992 nelle oltre 1500 pagine delle motivazioni della sentenza del processo a carico di tre poliziotti, depositate ieri, mercoledì 5 aprile, in cancelleria.
Dunque, non solo Cosa Nostra voleva eliminare il giudice palermitano. Anzi, a far sparire la famosa Agenda Rossa di Borsellino non sarebbero neppure stati i mafiosi.
“A meno di non ipotizzare scenari inverosimili di appartenenti a Cosa nostra che si aggirano in mezzo a decine di appartenenti alle forze dell’ordine, può ritenersi certo che la sparizione dell’Agenda Rossa non è riconducibile a una attività materiale di Cosa nostra”, scrivono i magistrati.
A dimostrare l’ingerenza di terzi soggetti, per i giudici, ci sarebbe l’anomala tempistica della strage di Via D’Amelio, avvenuta a soli 57 giorni da quella di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone, e, per l’appunto, la sparizione dell’Agenda Rossa.
“Ne discendono due ulteriori logiche conseguenze – aggiungono -. In primo luogo, l’appartenenza istituzionale di chi ebbe a sottrarre materialmente l’agenda. Gli elementi in capo non consentono l’esatta individuazione della persona fisica che procedette all’asportazione dell’agenda senza cadere nella pletora delle alternative logicamente possibili ma è indubbio che può essersi trattato solo di chi, per funzioni ricoperte, poteva intervenire indisturbato in quel determinato contesto spazio-temporale e per conoscenze pregresse sapeva cosa era necessario e opportuno sottrarre”.
“In secondo luogo – dicono i giudici del processo depistaggio – un intervento così invasivo, tempestivo e purtroppo efficace nell’eliminazione di un elemento probatorio così importante per ricostruire – non oggi ma nel 1992 – il movente dell’eccidio di via D’Amelio certifica la necessità per soggetti esterni a Cosa nostra di intervenire per ‘alterare‘ il quadro delle investigazioni evitando che si potesse indagare efficacemente sulle matrici non mafiose della strage e, in ultima analisi, disvelare il loro coinvolgimento nella strage di via d’Amelio”.
Infine, per i giudici di Caltanissetta, “movente della strage e finalità criminale di tutte le iniziative volte allo sviamento delle indagini su via D’Amelio sono intimamente connesse”. Per questo, bacchettano anche alcuni testimoni sentiti nel corso degli anni, tra cui in particolare l’ex giudice Giuseppe Ayala.
“Pur comprendendone lo stato emotivo profondamente alterato appare inspiegabile il numero di mutamenti di versione rese nel corso degli anni in ordine alla medesima vicenda”. Per i giudici “restano insondabili le ragioni di un numero così elevato di cambi di versione, peraltro su plurime circostanze del narrato”. Secondo i giudici nisseni, Paolo Borsellino, “si sentì tradito da un soggetto inserito in un contesto istituzionale”.
(da Fanpage)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
FDI PERDE UNO 0,9%, IL PD GUADAGNA LO 0,4%
Sondaggi politici, Fratelli d’Italia è in calo e per la prima volta
scende sotto la soglia del 29%, attestandosi al 28,8%.
E’ questo il risultato della nuova Supermedia, che conferma anche la rilevante crescita del Pd, che prosegue nel recupero cominciato con l’arrivo di Elly Schlein alla segreteria, guadagnando lo 0,4% e riportandosi così sopra il 20%.
In lieve crescita nel centrodestra Lega e Forza Italia, e anche il Terzo Polo risale. Stabili i 5 stelle.
Supermedia Liste FdI 28,8% (-0,9%) Pd 20,1% (+0,4%) M5s 15,7% (=) Lega 8,8% (+0,3%) Terzo Polo 7,5% (+0,2%) Forza Italia 6,9% (+0,3%) Verdi/Sinistra 3,1% (-0,1%) +Europa 2,2% (+0,1%) Italexit 2,1% (=) Unione Popolare 1,6% (-0,2%) Noi Moderati 1,0% (=)
Supermedia Coalizioni 2022 Centrodestra 45,5% (-0,3%) Centrosinistra 25,4% (+0,3%) M5S 15,7% (=) Terzo Polo 7,5% (+0,2%) Italexit 2,1% (=) Altri 3,8% (-0,2%) (AGI) Red/Rap 061149 APR 23
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
LA QUOTA DI PROFITTO DELLE IMPRESE E’ CRESCIUTA DELL1,9%
Secondo gli ultimi dati Istat, relativi all’ultimo trimestre del 2022, il potere d’acquisto delle famiglie è sceso in modo deciso: -3,7% rispetto ai tre mesi precedenti.
Il loro reddito, infatti, è aumentato leggermente (+0,8% rispetto al periodo luglio-settembre 2022), e sono cresciuti anche i consumi (+3%), ma la crescita dei prezzi è stata molto più alta: +4,7% sul trimestre precedente.
Insomma, il livello dei salari e in generale del reddito è aumentato solo in modo marginale, e non ha potuto tenere il passo con l’inflazione che ha spinto i prezzi a salire ancora. Si parla del periodo ottobre-dicembre 2022, quando l’inflazione aveva raggiunto un picco: da allora l’aumento dei prezzi è rallentato, ma non per tutti i settori.
Infatti, il “carrello della spesa” tipico – che contiene alimentari, prodotti per la cura della casa e della persona – ha continuato a vedere un ritmo dei prezzi decisamente alto, e la situazione potrebbe non cambiare ancora per diverso tempo. Sono svantaggiate soprattutto le famiglie con un reddito più basso, che al calare del potere d’acquisto vedono avvicinarsi la possibilità di non riuscire a soddisfare i loro bisogni essenziali.
Una delle conseguenze del calo del potere d’acquisto, secondo quanto registrato dall’Istat, è anche la diminuzione della propensione al risparmio. È scesa al 5,3% a fine 2022. Ciò significa che le famiglie in media hanno potuto mettere meno soldi da parte e ne hanno dovuti usare di più per i propri consumi, come ad esempio la spesa e i servizi essenziali
Questa era la situazione di alcuni mesi fa, e potrebbe essere collegata agli ultimi dati sul commercio al dettaglio: a febbraio 2023, sempre secondo l’Istat, le vendite sono calate rispetto al mese precedente, sia per gli alimentari che per gli altri tipi di prodotti. Rispetto a un anno prima, invece, il dato è significativo: gli acquisti al dettaglio sono aumentati in valore (+7,9%) ma calati in volume (-4,9%). Ovvero, le famiglie in media hanno speso di più per comprare di meno. L’aumento dei prezzi, infatti, ha fatto sì che i consumi siano scesi ma la spesa sia aumentata.
Al contrario, l’Istituto di statistica ha registrato dei dati positivi per le imprese. A fine 2022, mentre il potere d’acquisto delle famiglie scendeva e i prezzi aumentavano, le società non finanziarie hanno avuto in media un aumento della quota di profitto dell’1,9% rispetto ai tre mesi precedenti. In questo caso, l’inflazione è stato un elemento positivo: ha portato ad aumentare i guadagni ancora più di quanto siano aumentati i costi di produzione, in media.
(da Fanpage)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
IL “MINISTRO-COGNATO” LOLLOBRIGIDA ACCETTA L’ACCERCHIAMENTO DEI GIORNALISTI, SEMBRA ASPETTARE LA DOMANDA. CHE PERÒ NON ARRIVA… I GIORNALISTI OSSERVANO CHE ORA SPETTEREBBE ALL’UOMO DEL GOSSIP FARSI AVANTI. E IL MINISTRO: “VOGLIO VEDERE CHI È IL PRIMO CHE LO SCRIVE!”… IL FATTO LO CHIAMA PER SAPERNE DI PIÙ, LUI NON RISPONDE. IL SUO ERA UN AVVERTIMENTO?”
Rachele Silvestri, deputata picena di Fratelli d’Italia (ex M5S fino
al 2020), sente il bisogno di inviare una lettera al Corriere della Sera per smentire una voce che rimbalza da settimane in tutto il Transatlantico e nelle redazioni dei giornali. L’oggetto è il mistero dell’amore che la vorrebbe mamma di un bimbo appena nato da “una relazione clandestina” con un “politico molto influente di Fratelli d’Italia”, per giunta “sposato”.
Politici e giornalisti ricordano una strana intervista rilasciata il 15 marzo allo stesso Corriere della Sera dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, anche lui di FdI, da oltre 15 anni compagno di Arianna Meloni, sorella della premier, con cui ha avuto due figlie: “Ormai – diceva Lollobrigida – di me si dice di tutto. Mi conoscono tutti, sono a capo di tutto, ho la gestione di enorme potere, finisco pure nel gossip. È tutto assolutamente falso”. Quale gossip? Che cos’è che è falso?
Non è dato saperlo: nessuna domanda, nessuna risposta. Le voci continuano fino alla lettera di ieri: “Alla fine, la presunta notizia è uscita su qualche organo di informazione e molti giornalisti mi hanno telefonato chiedendo un commento”. Ma la notizia non è uscita da nessuna parte, salvo qualche spiffero di Dagospia che alludeva genericamente a un “potente politico con un figlio illegittimo”: nessun nome, nessun personaggio riconoscibile. Almeno per i lettori.
Rachele Silvestri, che ha partorito il 27 dicembre, tre mesi dopo le elezioni, racconta: “Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi [”. Dunque è stata “costretta” a quel test: dai giornalisti, dalle dicerie o da qualcun altro? Mistero. Nel frattempo la voce, partita da Ascoli Piceno, chat dopo chat ha raggiunto Roma con strisce roventi di sospetti
Su Ascoli tira aria di neve. Al caffè Meletti, chi scrive è in attesa di Guido Castelli, già sindaco e oggi senatore di Fratelli d’Italia
Rachele, commessa al Penny market, già militante effervescente e combattente grillina, sceglie di abbandonare il M5S nella scorsa legislatura poco dopo essere entrata a Montecitorio, cioè nel 2020, quando i 5Stelle passano dall’alleanza con la Lega a quella col Pd. Devia verso Fratelli d’Italia, E l’estate scorsa ottiene di essere ricandidata.
Ma la sua Ascoli è off-limits. Viene proposta al proporzionale in Abruzzo: un ruolo di primo piano nella composizione delle liste ce l’ha Lollobrigida. Molte foto delle cronache locali lo ritraggono con Silvestri, Rachele viene rieletta, ma a rovinare la festa piomba ben presto la spirale maligna della vocina sulla gravidanza e la paternità. Chiedere dunque a Castelli. Viene? Invece no, urgenti e improvvisi problemi di famiglia gli impongono il dietrofront.
§Mentre Rachele Silvestri verga la ormai famosa lettera al Corriere sul test del Dna, il “ministro-cognato” Lollobrigida compare in Transatlantico accompagnato da Arianna Meloni. Che coincidenza. L’indomani, ieri, esce la lettera. E il caso diventa ufficiale, pubblico e politico. La notizia rimbalza su tutti i siti, sempre con quella domanda: ora si sa chi è la donna. Una donna che affronta la diceria con un’altra diceria: afferma che forse potrebbe essere addirittura un politico (della sua città?) a soffiare sul fuoco, calunniarla, riducendo a vizi le sue virtù, a convenienze le sue scelte pubbliche. Ma chi? Vattelapesca. Idem per l’uomo delle voci sulla presunta relazione clandestina e la paternità del bimbo, che continua a restare nell’ombra.
La deputata parla di un certificato sul vero padre, senza però mostrarlo. Ma perché ricorrere a quel test del Dna? Qualcuno gliel’ha chiesto, visto che lei è certa di se stessa? Di nuovo: vattelapesca. Ultima puntata (per ora) del giallo. Selvaggia Lucarelli, su Twitter, fa notare l’assurdità della situazione: “Non mi è ben chiaro perché, per mettere a tacere un gossip tra politici e giornalisti, debba esporsi pubblicamente SOLO la protagonista femminile della vicenda. Attendiamo che il protagonista maschile della storiaccia, vittima anche lui a quanto pare, uno che ha le spalle piuttosto grosse e coperte e a cui piace rivendicare l’italico orgoglio, faccia altrettanto. Che disinneschi anche lui la maldicenza, forza”. Il ritratto di Mister X comincia a prendere forma?
A quel punto l’excusatio non petita raddoppia e tracima. Chissà che non funzioni anche qui come nell’antico adagio: “La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo”.
Nel pomeriggio alla buvette il “ministro-cognato” Lollobrigida accetta l’accerchiamento dei giornalisti e prorompe: “Povera Rachele, anche la Lucarelli ne ha scritto”. Già, ma mica contro Rachele: contro il maschio mascherato, vittima anche lui della vocina. “Lollo” sembra aspettare la domanda. Che però non arriva. I giornalisti osservano che ora spetterebbe all’uomo del gossip farsi avanti. E il ministro: “Ma vi siete chiesti perché il nome non l’ha ancora fatto nessuno, non è ancora uscito su nessun giornale? Voglio vedere chi è il primo che lo scrive!”. Il Fatto lo chiama per saperne di più, lui non risponde. Il suo era un avvertimento? Un consiglio che non si può rifiutare? Il ministro vuole vedere, già. .
(da il Fatto Quotidiano)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
LE ASSENZE A PALAZZO MADAMA PER I VIAGGI ALL’ESTERO E PER I PROBLEMI NELLE AULE DI GIUSTIZIA… IL DUPLEX CON CALENDA IN MACERIE, LA BATOSTA SULLE NOMINE RAI: COME E PERCHE’ RENZI È DIVENTATO DIRETTORE DEL “RIFORMISTA”
In attesa di diventare allenatore della Fiorentina (è il suo sogno: e, prima o poi, riuscirà a realizzarlo), Matteo Renzi si è lasciato (o fatto?) nominare direttore de Il Riformista , un quotidiano che Piero Sansonetti — passato per lo stesso editore a dirigere l’Unità — ha finora tenuto su posizioni garantiste, nemico dichiarato di ogni populismo (che poi nessuno sa mai bene dove cominci e dove finisca, questo cosiddetto populismo).
Il fatto è che Renzi, al Senato, lo vedevamo già molto meno degli altri anche prima dell’annuncio di questa avventura editoriale. Tipo che chiedi ai suoi: dov’è? E quelli ti rispondono, tra il rassegnato e il mortificato: «Matteo è all’estero». Conferenze, simposi, seminari. Ogni tanto lo segnalano in Arabia, gira voce sia molto amico di Bin Salman (è sempre complicato capire le amicizie degli altri). Di sicuro, una volta s’arrischiò a dire che da quelle parti c’è «un nuovo Rinascimento». Che poi Renzi dovrebbe pure intendersene. Per Lucio Presta — che lo strapagò, sembra — ha infatti ideato e condotto un documentario su Firenze (visto, in verità, solo dalla moglie Agnese e pochi intimi).
Poi, per non farsi mancare niente, c’è l’attività letteraria. Ultimo libro pubblicato: «Il mostro. Inchieste scandali e dossier. Come provano a distruggerti l’immagine». Cioè, la sua. Perché, ecco: ci sarebbe pure l’impegnativa attività nelle aule di giustizia. Dove viene chiamato. E chiama.
Attualmente stiamo però tutti cronometrando la durata della convivenza con Calenda. La tremenda batosta alle regionali induce al pessimismo. Anche perché la coppia, a parte certe differenze al girovita (Calenda, piano piano, sta diventando una drop 2), ha tratti caratteriali profondamente simili (bum bum!). La politica c’entra e non c’entra. Del resto, come insegna Renzi, non si vive solo di quella.
(da “Corriere della Sera”)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
DA INIZIO ANNO GLI AUTOMOBILISTI SI SONO VISTI ALZARE I PEDAGGI DEL 2% MENTRE LA GRAN PARTE DEI CANTIERI È FERMA… INTANTO GLI AZIONISTI DI ASPI SI SONO DISTRIBUITI UN DIVIDENDO DI 924 MILIONI DI EURO
Dopo cinque anni di blocco, tra crollo del Ponte Morandi e
Pandemia, a inizio di quest’anno gli automobilisti che transitano sulle Autostrade per l’Italia si sono visti alzare i pedaggi del 2%, e tra giugno e luglio arriverà un altro più 1,34%. In cambio di questo sacrificio ci dovrebbe essere la realizzazione di investimenti e manutenzioni sulla rete più estesa d’Italia, 3000 km lungo tutta la Penisola. Ma gli investimenti sono in ritardo sulla tabella di marcia, per inceppi burocratici.
Intanto però Aspi finanziariamente va a gonfie vele, tanto che gli azionisti – la Cassa Depositi e Prestiti con il 51% e i fondi infrastrutturali Blackstone e Macquarie (con il 24% a testa) – si sono appena distribuiti un dividendo di 924 milioni di euro.
Partiamo dagli investimenti: il piano industriale dell’ad di Aspi Roberto Tomasi approvato nel 2020 prevedeva quasi 21 miliardi di investimenti al 2038 di cui 14 di opere e 7 di manutenzioni. Da quel momento a oggi sono stati fatti circa 3,5 miliardi di investimenti mentre il resto, circa 12-13 miliardi di grandi opere e 5,5 di manutenzioni, è ancora bloccato. Come mai?
Dalla firma del passaggio di proprietà dai Benetton alla Cdp, avvenuta nel maggio 2022, a bloccare l’inizio dei lavori era l’interpretazione di una legge che solo in autunno, con l’insediamento del nuovo ministro dei Trasporti Matteo Salvini, si è riusciti a chiarire. E proprio ieri sera sono arrivate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP) le linee guida attese da tempo. Così ora Aspi promette che entro l’inizio di giugno provvederà a integrare i progetti
Nel frattempo, però, sono saliti i costi dei materiali di costruzione del 40%, e quindi quelle stesse opere costerà molto di più realizzarle. Chi ci metterà i soldi? Tra i ministeri competenti e Aspi si è già cominciato a discuterne nei tavoli che dovranno portare all’approvazione nel 2024 del nuovo Piano economico e finanziario (Pef).
La società e gli azionisti di Aspi stanno facendo capire che occorre un maggiore aumento di tariffe, rispetto al più 1,6% all’anno previsto fino al 2038, oppure un allungamento della Concessione. Ma Salvini, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe assai restìo ad allargare le maglie anche perché i nuovi padroni delle autostrade stanno guadagnando molto bene: alcuni calcoli riservati dicono che il rendimento del loro investimento è intorno al 12-13%, che per i fondi infrastrutturali è molto oltre il normale che si colloca intorno al 5-7%.
La terza alternativa per finanziare gli extra costi insorti sarebbe quella che la stessa società ci metta i soldi che servono, attraverso un maggiore indebitamento o utilizzo di riserve o iniezione di capitale. Ma qui interviene la governance della scatola societaria che ha preso il controllo di Aspi nel maggio 2022.
Qualsiasi aumento dell’indebitamento o utilizzo di riserve di Aspi deve trovare il consenso anche dei soci di minoranza al 49%, cioé Blackstone e Macquarie. I quali finora hanno preferito mungere la mucca: nel 2021 Hri ha incassato 692 milioni di dividendo da Aspi (il 100% dell’utile, come previsto dallo statuto se vengono fatti tutti gli investimenti previsti nell’anno) e nel 2022 924 milioni. Ma questa volta, grazie al lavorio ai fianchi di Cdp, l’utile distribuito è stato pari solo al 75%, il 25% è andato a riserva.
Ora bisognerà vedere se Salvini gli concederà altro grasso per coprire gli extra costi o se la Cdp riuscirà a convincere i soci a guadagnare un po’ meno.
(da la Repubblica)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
‘LA MINISTRA DELLA RIFORME SONO IO! IO! MARIA ELISABETTA CASELLATI. VOGLIONO SCIPPARMI LA RIFORMA DEL PRESIDENZIALISMO. SCIAGURATI! AH, UNA PERA! AVVELENAMENTO! NON LO SAPETE CHE PERA (MARCELLO) VUOLE PRENDERE IL MIO POSTO?’”
Sono lettere dal carcere, il “carcere Casellati”. Un prigioniero ci ha scritto: “Era sera quando ho sentito queste voci: ‘La ministra della Riforme sono io! Io! Maria Elisabetta Casellati. Vogliono scipparmi la riforma del presidenzialismo. Sciagurati! Ah, una pera! Avvelenamento! Non lo sapete che Pera (Marcello) vuole prendere il mio posto?”.
Gli sciagurati sono i funzionari sopravvissuti al carattere della Casellati, ex presidente del Senato e ora ministra del governo Meloni.
Le parole di chi non ce l’ha fatta: “Sono in analisi”. Un altro: “Voglio dimenticare”. Un terzo: “E’ Full Metal Betty”.
Ieri, alla Camera, lo ha rifatto: “A luglio arriva il presidenzialismo. Ci siamo”. Trascurata, dimenticata. Inspiegabile. Dall’archivio. Era fine gennaio e ogni giorno, sotto il suo ufficio, sfilavano delegazioni di partito come a Milano durante la Settimana della Moda.
Al capo di gabinetto, Alfonso Celotto, era stata infatti assegnata un’altra missione (impossibile): “Mi serve un portavoce! Trovalo! Selezionalo!”. Sarebbe stato il suo ottavo portavoce in una manciata d’anni.
Una malalingua: “A un certo punto qualcuno lo avrebbe detto: ‘Ministra, nulla. Preferiscono andare a lavorare nelle campagne”. E lei: “Ah! Preferiscono il ministro Lollobrigida!”. Celotto si è dimesso e da quel giorno, dopo mezzanotte, balla sul cubo insieme a Sabino Cassese. Chi vuole bene a Betty suggerisce: “Ministra, facciamo noi”.
Al posto di Celotto viene chiamata Giulia Zanchi, con un cv da capo di segreteria all’Antitrust e all’Autorità di Regolazione dei Trasporti. Serve tuttavia un vice capo di gabinetto. E di nuovo: “Ministra, anche per lui, facciamo noi”. Viene spostato Claudio Tosi, che era capo della segreteria tecnica.
Casellati è un simbolo di Forza Italia, ma Meloni ha ben due campioni, ex di Forza Italia, e che campioni. Uno è Giulio Tremonti, venerato dalla premier. L’altro è Pera. Secondo tutti meriterebbe la presidenza della Commissione Bicamerale per le riforme. Ma se Pera fa il presidente della Bicamerale per le Riforme, la ministra delle Riforme cosa fa? Lo sgomento.
Un pomeriggio: “Voglio un’idea! Facciamo qualcosa”. I funzionari si guardano, stanno per piangere, quando uno si ricorda: “La botanica! Se la legge sul presidenzialismo non si può ancora fare, perché non tagliare le leggi inutili? Potare. Ricordate Calderoli quando bruciò le leggi?”.
Full Metal Betty sorride. Significa “grazia”: “Ottimo. Potiamo leggi”. I giuristi della ministra preparano la proposta di abrogazione di 2.535 decreti regi che essendo regi sono, di fatto, già leggi morte. Il testo viene presentato in Cdm lo stesso giorno del Codice degli Appalti di Matteo Salvini. I giornali si occupano ovviamente di Salvini e si dimenticano della Casellati.
Ieri, al Senato, la ministra rilancia: “Aboliremo 33 mila decreti regi e faremo pure il presidenzialismo. L’Italia è pronta”. E’ lo stesso paese dove da cinque mesi, in un ministero, vengono violati i diritti dell’uomo e del funzionario. E’ Alcatraz Betty. Sui muri delle celle sono impressi i nomi di chi ce l’ha fatta. Sono gli evasi dal Casellati bis.
(da il Foglio)
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Aprile 6th, 2023 Riccardo Fucile
LO STATO DEI LAVORI: LA RICOSTRUZIONE PUBBLICA ARRANCA
Erano le 3:32 del 6 aprile del 2009 quando una scossa di terremoto
di magnitudo 6.3 inghiottì l’Aquila e altri 56 altri borghi, uccidendo 309 persone, ferendone 1.500 e lasciandone senza un posto in cui stare almeno 100mila.
Sono passati 14 anni da quella notte e, a parte le commemorazioni a cui hanno partecipato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente del Senato, Ignazio La Russa, la città è ancora un cumulo di impalcature e cantieri.
Con notevoli differenze tra l’avanzamento della ricostruzione privata e quella pubblica, come dimostrano i dati.
L’USRC (Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere, definita così un’area colpita da terremoto,) dice che, per quanto riguarda i lavori portati avanti privatamente sia all’Aquila che nelle zone limitrofe, risultano 426 istruttorie avviate nel 2022 e 76 nel 2023 per progetti di riparazione con miglioramento sismico di aggregati/edifici, relative a 4000 immobili in totale; 626 cantieri in corso ad oggi nel Cratere; 201 cantieri in corso nei comuni Fuori Cratere; 83 pratiche ricadenti nel Cratere con lavori avviati nel 2022 e 23 pratiche con lavori avviati nel 2023 relativi rispettivamente a 784 e 219 immobili per un valore di 113 milioni; 6 pratiche con lavori avviati nel 2022 Fuori Cratere; lavori conclusi nel 2022 per 854 immobili e per 82 immobili nel 2023 nel Cratere; lavori conclusi per 184 immobili nei comuni Fuori Cratere nel corso del 2022.
Uno stato dei lavori che, seppur a distanza di così tanti anni si sperava fosse un po’ più avanzato, risulta comunque più efficiente rispetto al pubblico.
Roberta Gargano dell’Associazione “Città di Persone”, di cui fanno parte residenti e commercianti del centro storico dell’Aquila, sentita dall’Ansa, si è mostrata piuttosto preoccupata. «Non abbiamo idea di cosa sarà la città in futuro, non c’è un piano. Tentennano l’illuminazione pubblica, il ritiro della spazzatura, gli allacci ai servizi. Mancano i parcheggi. Molti residenti non riescono ancora a rientrare per queste problematiche, sono infatti tante le case in affitto e in vendita», spiega.
Colpa di appalti che non decollano, ditte che alla fine falliscono, lavori che cominciano e poi si fermano del tutto, o si prendono una pausa, spesso perché «i soldi stanziati non sono in cassa», come ha ribadito il vicesindaco Raffaele Daniele.
E a soffrirne è soprattutto l’economia, che non riesce a rimettersi in piedi: d’altronde le condizioni per farlo non ci sono, e fra gli 800 commercianti che hanno avuto il coraggio di riaprire la propria attività, molti non riescono a vedere possibilità di ripresa.
Complice il megacantiere che chiude strade e piazze, e tiene lontani i clienti. «Tante case ricostruite non vengono ancora riabitate per il problema dei parcheggi o per i tempi degli allacci ai servizi. I clienti che arrivano vengono da fuori e hanno difficoltà ad arrivare. Al Comune abbiamo chiesto parcheggi. Rischiamo di chiudere i negozi», commenta Ugo Mastropietro, presidente di Conflavoro Pmi L’Aquila.
E se da una parte soffrono i commercianti, con l’eredità lasciata dal sisma devono fare i conti pure gli studenti, che per andare a scuola hanno bisogno dell’auto, visto che gli istituti sono spesso piuttosto lontani.
Nel centro, infatti, non ci sono edifici che rispettano gli standard per garantire attività didattiche secondo l’attuale modello, e forse non ci saranno più.
Il sindaco Pierluigi Biondi ha riferito all’Ansa che l’attuale amministrazione ha avviato un piano da oltre 31 milioni per 8 strutture scolastiche, a cui si aggiungono 8 milioni del Pnrr stanziati per due scuole. Ma, osservando l’andazzo degli ultimi anni – e del Pnrr, verrebbe da dire – potrebbero volercene altri 14. E intanto studiare diventa complicato, con i trasporti che non coprono tutte le aree e i rumori e le polveri sprigionate dai cantieri.
L’USRC dice di aver introdotto all’inizio di quest’anno nuove modalità di approvazione delle istanze di contributo per la ricostruzione privata, la relativa assegnazione dei finanziamenti e il trasferimento delle risorse di cassa per accelerare l’avvio dei cantieri. Ben venga dare un’accelerata a tutto il sistema, ma il problema, però, è – e rimane -l’arretratezza del pubblico.
(da lindipendente.online)
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