Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL MIRACOLO DELLA GEO BARENTS CHE HA POSTO IL SALVO 440 MIGRANTI ALLA DERIVA DOPO 12 ORE DI LOTTA DISPERATA CONTRO ONDE ALTE 4 METRI… MALTA E ITALIA NON SONO INTERVENUTE
Poteva essere una strage ancora più grande, ancora più immane, di quella consumatasi a Cutro. Se è stata evitata, se centinaia di esseri umani sono ancora in vita, lo si deve al pronto intervento di una nave Ong, una di quelle a cui il governo securista di Giorgia Meloni e Matteo Piantedosi ha dichiarato guerra: la Geo Barents, la nave di Medici senza Frontiere che, nonostante ammende, minacce, ritorsioni amministrative e logistiche, continua ancora a solcare le acque tempestose del Mediterraneo.
Scrive Alessandra Ziniti su La Repubblica: “Malta si disimpegna e l’Italia accoglie i 440 migranti salvati dalla Geo Barents in zona Sar, di competenza de La Valletta. Finisce così, con la riproposizione del caso Malta, il travagliatissimo soccorso del peschereccio di 30 metri partito quattro giorni fa dalla Cirenaica e rimasto in balia delle onde altre quattro metri con i migranti senza acqua e cibo da due giorni. Il Viminale ha indicato come porto di sbarco Brindisi alla nave di Medici senza frontiere ma un centinaio di persone saranno trasbordate prima su un mezzo militare italiano e portate in Sicilia per non sovraccaricare troppo il porto pugliese. Malta, che aveva coordinato in un primo tempo il soccorso mandando due mercantili ad ombreggiare il barcone, si è poi tirata indietro quando è arrivata la Geo Barents in modo da non essere obbligata a concedere il porto ai 440 migranti.
Torna il nodo dei soccorsi nel Mediterraneo: se non fosse arrivata la nave umanitaria chi avrebbe portato in salvo queste persone? Le autorità marittime di Malta, nella cui competenza di zona Sar ricadeva il peschereccio di 30 metri sovraffollato segnalato da Alarm phone già lunedì, non sono mai intervenute con loro mezzi, aspettando, come fanno sempre, che il barcone riuscisse ad arrivare in acque italiane. Il centro di coordinamento di Roma, dal canto suo, alle ripetute richieste di soccorso di Alarm phone ha risposto picche invitando a chiamare La Valletta.
Uno scaricabarile sulla pelle delle persone interrotto solo dall’arrivo della Geo Barents, molto distante, che ha risposto alla richiesta di Alarm phone.
Solo dopo diverse ore, con il rischio altissimo che le circa 500 persone segnalate (ovviamente tutte senza salvagente) potessero cadere in mare se il barcone si fosse ribaltato, le autorità maltesi si sono decise ad assumere il coordinamento del soccorso. Ma Malta si è rifiutata di coordinare l’intervento della Geo Barents pe evitare, come prevedono le regole della Sar, di dover assegnare il porto per lo sbarco.
La nave umanitaria, arrivata in zona all’alba di ieri, è riuscita a mettere in mare i due gommoni d’altura solo nel pomeriggio per le condizioni del mare, i volontari hanno prima distribuito i salvagente alle persone costrette a rimanere a bordo del barcone ancora per diverse ore e solo in nottata sono riusciti a trasbordare tutti a bordo”.
Le autorità italiane ci hanno appena informato che cento persone scenderanno dalla Geo Barents dopo un trasbordo verso un’imbarcazione dell’assetto navale italiano al largo delle coste della Sicilia. Dopo questa operazione, Geo Barents andrà a Brindisi, porto assegnato per lo sbarco delle altre 339 persone. Una persona è stata invece evacuata la scorsa notte per ragioni mediche”. Lo riferisce Medici Senza Frontiere, che ieri ha soccorso 440 migranti su una nave motopesca nel Mediterraneo. Secondo quanto confermato dalla Prefettura di Brindisi, che ha convocato per oggi alle 17 un tavolo di coordinamento per tutte le operazioni, l’arrivo della nave è previsto per dopodomani, venerdì 7 aprile.
Non solo la Geo Barents. La nave Ocean Viking della Ong Sos Mediterranée ha soccorso nel pomeriggio di sabato 92 migranti stipati a bordo di un gommone “sovraccarico e sgonfio” al largo delle coste della Libia. Tra le persone salvate ci sono “9 donne e 40 minori non accompagnati“.Nella didascalia del post si legge anche la maggior parte di loro “è in condizioni esauste oppure ha riportato ustioni e ferite durante la traversata”. Sul posto è intervenuta anche una delegazione della Croce Rossa, che ha immediatamente soccorso i naufraghi più bisognosi. Molti di loro presentavano condizioni di ipotermia.
L’organizzazione umanitaria con sede a Marsiglia ha successivamente protestato per il porto di sbarco assegnatole. Il governo italiano ha infatti identificato nella città di Salerno il punto di arrivo. “880 chilometri di distanza, con il meteo in peggioramento. Temiamo che la navigazione possa colpire negativamente i sopravvissuti”, denuncia Sos Mediterranée.
(da Globalist)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
“LA DONNA ARRESTATA NON C’ENTRA NULLA”
“Il mio è un aiuto materiale e tecnico alla galassia dei gruppi che combattono contro il regime in Russia”, dice Ilya Ponomarev. “Sono in tutto circa un migliaio di partigiani, e non sono organizzati in una struttura piramidale”. La squadra che ha ucciso Tatarsky “si pone sotto l’egida dell’Esercito nazionale repubblicano ma in pratica è un’entità separata”. Rapporti con i servizi segreti ucraini? “Nessuno”.
Come “non c’è alcun rapporto” con l’opposizione liberale russa. “Che farebbe bene a decidersi e unirsi alla lotta armata, oppure smetterla di criticarmi e tacere”. E Daria Trepova, la donna arrestata per la bomba? “Non c’entra niente con chi ha eseguito l’operazione: è stata messa in mezzo dall’Fsb per intorpidire le acque”.
Ilya Ponomarev è considerato da alcuni esperti un millantatore in cerca di pubblicità per una futura carriera politica nel dopo Putin. Altri lo ritengono davvero l’ispiratore e il finanziatore della resistenza armata in Russia. Di cui, in realtà, non si sapeva niente finché non ne ha parlato lui.
È attraverso Ponomarev che il fantomatico Esercito nazionale repubblicano (Nra) ha rivendicato l’attentato dinamitardo che ha ammazzato il blogger militare ultra-nazionalista Vladlen Tatarsky e ferito una cinquantina di suoi simpatizzanti impegnati nel sostegno dell’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina.
A sostegno di chi prende Ponomarev sul serio, il fatto che avesse pubblicamente previsto alcuni degli atti di sabotaggio compiuti recentemente in Russia. È il caso dell’attacco al ponte della Crimea in ottobre. E anche quello dell’esplosione di San Pietroburgo: nei giorni immediatamente precedenti, aveva parlato sul suo canale Youtube di un’imminente azione militare della resistenza sul territorio russo.
Un’altra circostanza che può rafforzarne la credibilità, o almeno contrastare l’ipotesi che sia solo un politico in cerca di pubblicità per una futura carriera, è il fatto che Ponomarev la carriera in Russia l’aveva già, eccome. Fino al 2016 era un deputato della Duma, l’equivalente della nostra Camera. Ha lavorato per anni ai piani alti dell’amministrazione statale e per la privilegiatissima fondazione Skolkovo, sospettata dagli Stati Uniti di spionaggio informatico e coinvolta in Russia in una clamorosa inchiesta giudiziaria su una vasta rete di corruzione.
Dal dubbio che la sua indubbia carriera in Russia, non sia stata sempre cristallina, Ponomarev si è riscattato quando è stato l’unico membro del parlamento russo a non votare la legge sulla “propaganda gay” e a votare contro l’annessione della Crimea.
Accusato di appropriazione indebita in un procedimento da lui definito “motivato politicamente”, espulso dalla Duma, è emigrato in Ucraina e ne ha poi preso la nazionalità.
Dopo l’invasione russa, ha combattuto con le forze armate del suo Paese d’adozione. Di mestiere fa l’imprenditore e il finanziere, con successo. Ma la passione è sempre stata la politica. Ed è al centro politico che dirige a Kyiv che lo abbiamo raggiunto in videoconferenza.
È vero che lei ha collaborato con gli autori dell’attentato di San Pietroburgo? E se sì, come?
Non è stato un aiuto nella fase organizzativa. Organizzano sempre tutto loro sul terreno. Ma mi chiedono assistenza per i rapporti con i media. Mi chiedono di spiegare al pubblico cosa fanno e perché. Inoltre, ci sono da parte loro alcune richieste materiali.
In che senso? Finanziamenti? Lei finanzia gli attentatori?
Normalmente non è un aiuto finanziario. È soprattutto un‘assistenza materiale e tecnica.
Ovvero? Potrebbe elaborare?
Assolutamente no, per ovvi motivi di sicurezza.
L’organizzazione che ha ucciso Vladlen Tatarsky è la stessa che ammazzò Daria Dughina facendo saltare in aria la sua auto nell’agosto scorso alle porte di Mosca?
In realtà i gruppi di resistenza in Russia non sono strettamente integrati. Tutt’altro. Non esiste una verticale di comando con un capo unico. Lavorano in franchising, per così dire. Nelle diverse regioni. Non è un network rigido. Diciamo che il gruppo, quando nei giorni precedenti all’attacco ci mise al corrente dell’intenzione di colpire, si era già presentato come Nra, lo stesso dell’azione di Mosca. Ma tecnicamente è un gruppo separato.
Quindi non c’è un vero e proprio esercito di resistenti in Russia. O almeno non si tratta di terroristi organizzati e ideologizzati come i nihilisti o Narodnaya Volya nel XIX secolo, per fare un paragone storico. Oltre all’Nra, quali sono gli altri gruppi?
Diciamo che è una sorta di ambiente sottoculturale. Ci sono gruppi più integrati e meglio organizzati, come l’”Organizzazione militare degli anarco-comunisti”. E come “Ponte nero”, che ha attaccato una sede dell’Fsb (il servizio di sicurezza interna, ndr) nella regione di Rostov nel marzo scorso (un’esplosione e un incendio causarono la morte di almeno un agente e il ferimento di altri due, ndr). Ma gruppi come “Ferma il vagone”, per esempio, che compie sabotaggi sulle linee ferroviarie, sono davvero molto fluidi.
E quanti sono in tutto questi partigiani, nelle varie organizzazioni più o meno coordinate?
La mia stima è che siano un migliaio di persone.
E hanno qualche legame con l’opposizione politica al regime, in particolare con il team di Alexei Navalny?
Assolutamente nessuna. Navalny non ha proprio niente a che vedere con tutto questo.
E l’Sbu, il servizio segreto ucraino?
Invenzioni dei servizi di Mosca. L’Fsb doveva dire immediatamente qualcosa per alimentare la propaganda. Così ha accusato Navalny e l’intelligence di Kyiv.
Le autorità russe sono state in effetti molto veloci a puntare il dito contro il maggiore oppositore di Putin e contro l’Ucraina. E anche ad arrestare Daria Trepova, la donna che ha detto alla polizia di aver consegnato la statua esplosiva a Tatarsky. Vista anche la mancanza di ogni piano di fuga, potrebbe anche esser stata solo una complice involontaria. C’è qualcosa di strano nella sua vicenda. Lei che ne pensa?
Sembra anche a me molto strano quel che è successo con quella ragazza.
La conosce? Fa parte dei gruppi della resistenza anti-Putin?
Non so chi sia, non l’ho mai vista né sentita nominare prima. Nemmeno dalle persone dei gruppi della resistenza russa con cui parlo. La sua vicenda mi ricorda molto quella di Natalia Vovk, subito additata come la responsabile dell’uccisione di Daria Dughina e protagonista di una surreale fuga in cui sembrava far di tutto per farsi prendere. Ho pochi dubbi che la Vovk fosse in realtà un agente dell’Fsb impegnata a confonder le acque sulle responsabilità dell’attentato. E ritengo che anche il caso di Daria Trapeva sia stato artificialmente creato dall’Fsb fin dall’inizio, per motivi simili. Penso proprio che la Trapeva non abbia niente a che fare con la morte di Tatarsky e con le persone che hanno eseguito l’attentato. Credo sia stata incastrata dai servizi russi per intorbidire le acque.
Ma è vero che Daria Trepeva era in corrispondenza col suo amico e collaboratore Roman Popkov?
Non posso che ripetere quel che il mio amico Popkov mi ha detto ieri, dopo che è emerso il nome della Trepeva: la ragazza effettivamente lo contattò sui social. Tutto qui. Roman è un giornalista e riceve moltissimi messaggi dalla Russia. Uno di questi era di Daria Trepova. Ma non si sono più scritti, né si sono mai incontrati.
Ma lei non aveva mai sentito parlare di Daria Trepova, prima di ieri?
Le ripeto: no. Mai sentita nominare.
Lei ha detto che l’attentato contro Tatarsky non è stato un atto di terrorismo. Una bomba in un bar? E cos’è, se non terrorismo?
È una questione di definizioni. Qualcuno può dire che ogni azione violenta è terrorismo. Ma secondo me solo quando vengono colpite persone estranee alle ragioni dell’attacco si può parlare di terrorismo. Questa almeno è la mia personale visione. È terrorismo quello di Bin Laden contro le torri gemelle di New York. Perché chi si trovava all’interno di quegli edifici non aveva nulla a che fare con le guerre in Medio Oriente e in generale con le cause che per Bin Laden giustificavano l’attacco. Ma il caso dell’attentato di San Pietroburgo è diverso. Non è una tragedia che ha ucciso innocenti. È un atto di guerra compiuto nel rispetto delle convenzioni internazionali che regolano la materia.
Ma come? In quel bar c’erano civili, mica soldati. A parte Tatarsky, forse.
Erano propagandisti. Combattenti nemici. Tatarsky in particolare era un noto criminale di guerra, scappato di galera e arruolatosi nelle milizie separatiste del Donbass.
Il suo sostegno agli autori dell’attentato che uccise Daria Dughina ha compromesso la sua reputazione tra i liberali russi. Adesso la cosa si ripete. Gli esponenti dell’opposizione a Putin proprio non la potranno più vedere. Che si sente di dir loro?
Devono decidersi. Vogliono distruggere questo regime? Allora si uniscano alla lotta. Che in questo momento è sui campi di battaglia dell’Ucraina e nella resistenza armata russa. Se poi vogliono che qualcun altro faccia il lavoro per loro — e questa è la posizione della maggior parte dei cosiddetti liberali — allora che almeno stiano zitti, anziché parlare a sproposito criticando chi combatte e rischia la pelle anche per loro.
Ai liberali starà antipatico ma sulla tv di Stato russa proprio la vogliono morto, Ilya: nei talk show ogni cinque minuti qualcuno si augura la sua fine violenta. E si incita chiunque l’abbia a tiro a procuragliela il prima possibile. Non ha paura?
(Ponomarev piega la bocca in un sorriso). Prendo molte precauzioni fin dall’inizio di questa guerra. Che è stato nel 2014, non il 24 febbraio dello scorso anno. Molte persone a me vicine sono state ammazzate. Non solo in battaglia. Parlo anche di gente come Boris Nemtsov (politico che denunciò l’annessione della Crimea: fu ucciso nel 2015 di fronte al Cremlino, ndr), Sacha Litvinenko (ex agente dell’Fsb diventato oppositore di Putin: ucciso da un tè al polonio radioattivo nel 2007 a Londra, ndr) e di molti miei amici uccisi dagli assassini mandati dal regime di Putin. Usano spesso “armi di distrazione di massa”, come con Litivinenko. Perché vogliono che i loro omicidi siano esemplari e spaventino i loro nemici. Ma ora non c’è tempo per la paura. È in corso una guerra, scatenata da loro. La vinceremo. E i responsabili del regime saranno eliminati fisicamente o processati come criminali internazionali.
(da Fanpage)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
FINALMENTE NON DOVRANNO PIU’ ACCAMPARSI PER GIORNI FUORI DAGLI UFFICI DELLA QUESTURA… CI SONO VOLUTI MESI PER CAPIRE CHE ESISTE INTERNET
Fine delle file disumane, basta scontri con la polizia. Non ci sarà più alcuna alcuna lotteria per ottenere un documento. Dal 5 aprile i cittadini stranieri che vivono a Milano e intendono presentare la domanda di protezione internazionale, se provvisti di un documento di riconoscimento, potranno prenotarsi online attraverso il portale prenotafacile.poliziadistato.it.
Un cambio di direzione sperato, e ora ottenuto, da diverse realtà, come quelle del terzo settore che saranno anche soggetti attivi del nuovo meccanismo: anche le persone sprovviste di documento, dall’11 aprile, potranno infatti rivolgersi alle associazioni che si sono rese disponibili a raccogliere i dati anagrafici dei richiedenti e che avranno accesso al sistema di prenotazione.
Cambiano le regole quindi per i richiedenti asilo, mettendo forse fine alle notti in cui centinaia di profughi erano costretti ad adeguarsi a un sistema che ora lo stesso ministero degli Interni bolla come inefficace.
Come dimostrato da un documento pubblicato da Fanpage.it in esclusiva, la direttiva a tutte le Questure era quella di non permettere la pubblicazione di sistemi di prenotazione per i richiedenti asilo.
Ora si cambia: dopo mesi di cariche della polizia per mantere l’ordine pubblico e dopo intere notti passate accampati i richiedenti asilo, potranno esercitare il loro diritto di chiedere l’appuntamento per accedere alla richiesta di protezione internazionale online.
“In via Cagni abbiamo assistito diverse persone che sono rimaste ferite o hanno avuto malori nel tentativo di accedere agli uffici delle Questura o di mantenere il proprio posto in coda. Sono stati usati lacrimogeni e manganelli. Più di una volta si è reso necessario l’intervento di ambulanze e soccorritori”, raccontato i volontari del Naga, una delle associazioni maggiormente attive ad aiutare i rifugiati
“Il nostro monitoraggio continuerà – promettono dal Naga – sia sul territorio che sul funzionamento della nuova procedura per capire se sarà possibile la tempestiva registrazione della manifestazione della volontà di richiedere protezione internazionale”. Ma per ora la procedura sembra funzionare
(da Fanpage)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
L’UOMO SAREBBE STATO SORVEGLIATO COME UN SEMPLICE LADRUNCOLO QUANDO INVECE ERA UNA FIGURA STRATEGICA PER L’ESERCITO RUSSO. ARTEM USS DOVEVA ESSERE ESTRADATO IN AMERICA
Non una fuga, ma un’esfiltrazione. La ricostruzione delle ultime tracce italiane di Artem Uss, il giovane oligarca scappato dagli arresti domiciliari a fine marzo e ricomparso ieri a Mosca, fanno ipotizzare l’intervento diretto di apparati di intelligence: «In questi ultimi giorni particolarmente difficili persone forti e affidabili mi sono state vicine…», ha dichiarato all’agenzia statale Ria Novosti . E il riferimento alle “persone forti e affidabili” sembra confermare la pista investigativa che punta sul ruolo degli 007 russi.
Non sarebbe una sorpresa: le autorità statunitensi ritengono che Uss sia il regista della rete che procurava componenti hi-tech per gli armamenti più moderni usati dai russi in Ucraina e il quarantunenne è figlio del governatore di Krasnojarsk, politico e magnate molto vicino al Cremlino.
Quello che stupisce – e che avrebbe irritato non poco l’ambasciata Usa – è la totale assenza di misure di vigilanza intorno a lui, sorvegliato come un ladruncolo e non come una figura strategica per l’impegno bellico russo.
Così all’indomani dell’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Milano autorizzava la sua estradizione negli States, sospesa in attesa della Cassazione, Uss è uscito dalla cascina nei dintorni di Basiglio, ristrutturata in maniera lussuosa e affittata dalla moglie, dove più volte era stato visitato dai diplomatici russi.
Aveva l’obbligo di indossare un braccialetto elettronico, sprovvisto però di trasmettitore Gps: ha dato l’allarme quando si è allontanato, senza permettere di seguirlo. L’ultima immagine risale alle 14,07. Le telecamere lo hanno immortalato mentre sale su una Punto nera: l’utilitaria è intestata a un cittadino bielorusso che è stato interrogato e dice di non sapere nulla.
Più inquietante quello che accade dopo soli tre chilometri: ad aspettare la Punto di Uss ci sono ben quattro Suv scuri, praticamente identici.
Lui sale su una delle vetture, che partono subito. Ma stando all’ipotesi degli investigatori non procedono in corteo: come in un film di spionaggio, prendono strade diverse, in modo da depistare eventuali inseguitori. Nemmeno un drone avrebbe potuto stargli dietro. Due le possibili destinazioni: la vicinissima Svizzera o la più lontana Slovenia.
Adesso si stanno valutando i voli di jet privati nelle ore successive da piccoli aeroporti di entrambi i Paesi. Noleggiare un velivolo per Artem Uss non è un problema. Ha gestito a lungo la Swiss Avia di Cham sul lago di Zurigo, controllata tramite una sigla delle Cayman, e ha posseduto un’ azienda aeronautica tedesca con una filiale elvetica che per anni ha mosso Falcon ed elicotteri attraverso l’Europa.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
IL FUGGIASCO, RICOMPARSO IERI IN RUSSIA, ERA AI DOMICILIARI E, DOPO AVER SPEZZATO IL BRACCIALETTO ELETTRONICO (IL CUI ALLARME È PARTITO CON UN SOSPETTO RITARDO) SAREBBE STATO PORTATO VERSO L’EST EUROPA DA UN COMMANDO DI 6-7 PERSONE CON DELLE MACCHINE CON TARGA CROATA… OLTRE AGLI 007 DI MOSCA, HA PARTECIPATO ANCHE UN EX MILITARE ITALIANO CHE VIVE IN RUSSIA DA PIÙ DI 6 ANNI
Tutto sommato era prevedibile: Artyom Uss, l’imprenditore-spia russo fuggito dagli arresti domiciliari in Italia, è ricomparso ufficialmente ieri a Mosca. «In questi ultimi giorni particolarmente difficili mi sono state vicine persone forti e affidabili. Le ringrazio», ha dichiarato all’agenzia di stampa semi-ufficiale Ria-Novosti. Un riferimento per nulla velato alla complessa operazione dei servizi di sicurezza che ha riportato in madrepatria Uss, pedina evidentemente non trascurabile, e figlio del governatore della Regione di Krasnoyarsk.
Secondo il canale Telegram VChK-OGPU, considerato vicino alle forze di sicurezza russe e spesso attendibile, la liberazione di Uss è stata un’avventura in stile James Bond. Dopo che il 21 marzo la Corte d’Appello di Milano aveva approvato l’estradizione di Uss negli Stati Uniti, l’imprenditore ha rimosso il braccialetto elettronico ed è fuggito dal complesso residenziale di Basiglio dove aveva trascorso gli ultimi mesi.
A prenderlo in consegna un gruppo di 6 o 7 persone dell’Europa dell’Est che avrebbero utilizzato per la fuga macchine con targhe croate. Allo stesso Uss sarebbe stato fornito un passaporto russo con una falsa identità e il ritorno a casa sarebbe avvenuto attraverso la Turchia.
La parte più clamorosa della ricostruzione riguarda la presunta partecipazione alla fuga di «un ex ufficiale delle forze speciali dell’esercito italiano che ha vissuto a Mosca per più di 6 anni», perché «dopo aver lasciato l’esercito, si è trasferito in Russia, dove ha sposato una donna del posto». Sarebbe stato proprio l’Italiano, secondo VChK-OGPU, uno degli organizzatori dell’intera operazione.
Nell’autunno scorso Uss era stato messo sotto accusa dalla Corte distrettuale di New York, insieme al suo socio Yuri Orekhov e ad altri tre cittadini russi. Secondo i magistrati americani, grazie allo schermo della loro società di trading con sede ad Amburgo e succursali in varie parti del mondo (da Dubai alla Malesia), Uss e Orekhov avevano messo in piedi un sistema per fornire la Russia di microprocessori e componenti tecnologici utilizzabili a scopi bellici per aerei, missili, radar e satelliti.
All’apparenza nessuno sorvegliava l’uomo d’affari russo e anche l’allarme del braccialetto elettronico è scattato con sospetto ritardo.
(da Il Giornale)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
IN QUANTO NON GIORNALISTA NON AVRA’ LE RESPONSABILITA’ DI CARATTERE LEGALE
Si apprende che Matteo Renzi dovrebbe sostituire Piero Sansonetti alla direzione de Il Riformista. La domanda che in molti si pongono è se un senatore della Repubblica in carica possa o meno dirigere una testata giornalistica e con quali conseguenze, soprattutto se non risulta nemmeno iscritto all’albo dei giornalisti.
Considerando il primo punto, non sarebbe neanche la prima volta che un parlamentare ricopre il ruolo di “direttore” all’interno di una testata giornalistica: Renzi cita il caso di Sergio Mattarella a Il Popolo, ma ricordiamo anche un Walter Veltroni a l’Unità nel 1992.
Walter Veltroni venne eletto parlamentare della Repubblica italiana nel 1987 per due legislature di seguito (X e XI) diventando nel mentre direttore de l’Unità subentrando a Renzo Foa.
Era il 1992, come ricorda un articolo dell’epoca de la Repubblica riportando le perplessità di una parte della redazione e dei vertici della testata che preferivano un direttore non politico. Tra questi c’era anche Piero Sansonetti, all’epoca vicedirettore, che durante la conferenza stampa di oggi ha presentato l’arrivo di Matteo Renzi a Il Riformista.
Tecnicamente, secondo l’articolo 2 della legge 47/1948 sulla Stampa, se il direttore responsabile viene investito dal mandato parlamentare «deve essere nominato un vicedirettore, che assume la qualità di responsabile». Non è il caso di Matteo Renzi, in primo luogo perché non risulta iscritto all’albo dei giornalisti e dunque non può in alcun modo assumere il ruolo di direttore responsabile della testata.
Potrebbe farlo nel caso si trattasse di una testata o rivista di carattere tecnico, professionale o scientifica, entrando a far parte dell’Elenco speciale, ma Il Riformista non rientra in queste categorie.
Tra le domande poste al senatore c’era quella riguardante le questioni giudiziarie del senatore e Il Riformista.
Di fatto, Matteo Renzi non può ricoprire il ruolo di direttore responsabile, rischiando al massimo per gli articoli che pubblicherà a suo nome, godendo dell’eventuale intervento della Giunta per le autorizzazioni.
(da Open)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
LA COINCIDENZA: DIVENTA DIRETTORE DEL QUOTIDIANO CHE NEGLI ULTIMI MESI HA SEMPRE DIFESO MARCO MANCINI (LO 007 DELL’AUTOGRILL), ATTACCANDO CHI L’HA SILURATO DALL’INTELLIGENCE: BELLONI E GABRIELLI
Uscito malconcio dalla partita sulle nomine Rai, dove la sua pupilla, Maria Elena Boschi si è dovuta accontentare della vicepresidenza della Commissione di Vigilanza, Matteo Renzi ha già il radar puntato verso le sue prossime mosse, obiettivo europee 2024.
Sia Azione, del suo “partner in crime” Carlo Calenda, sia ”Arabia Viva”, infatti, pretendevano la guida della Vigilanza, sostenendo di non aver ricevuto adeguata rappresentanza nelle commissioni parlamentari.
La mancata nomina di MEB, se da un lato ha fatto masticare amaro Matteonzo d’Arabia, dall’altro non è dispiaciuta troppo a Don Ciccio Calenda, che vive con silenziosa goduria tutto ciò che porta al ridimensionamento della truppa di Italia Viva.
D’altronde, tra i due ego-leader del Terzo Polo, ormai è in corso una guerra fredda: Renzi e Calenda non si sono mai amati, caratterialmente “non si prendono”, e il progetto politico della fusione tra i loro due partiti appartiene al cestino dei ricordi, al punto che alle regionali in Friuli Venezia Giulia sono stati superati anche dalla lista dei No-Vax.
Quel che resta di Forza Italia dialoga ormai solo con Calenda, avendo ormai compreso che Renzi è la parte meno affidabile (e perdente) del tandem. Anche perché le grandi strategie di Matteonzo sono andate a farsi benedire: sperava, con il voto determinante per l’elezione di Ignazio La Russa a Presidente del Senato, che il suo partito potesse diventare una stampella del governo Meloni.
Ma dopo il siluramento di Licia Ronzulli e la svolta governista-tajanea degli azzurri, l’operazione è miseramente fallita, rendendo inutili i voti di cui dispone in Senato.
Non serve un pallottoliere per capire che le truppe renziane sono ridotte a quattri amici al bar: intorno a Matteo ormai sono rimasti pochi fedelissimi, tra cui Bonifazi, Marattin e Boschi. Gli stessi “italiaviveur” Bonetti e Rosato vanno a corrente alternata, praticando dei distinguo rispetto alla linea del loro leader.
Capita l’antifona, e subodorando aria da fine cuccagna, anziché perdere per KO, Renzi ha preferito perdere ai punti, facendo un’inversione a U rispetto al progetto di grande stratega d’Aula.
È in questo contesto che, una settimana fa, è arrivata la proposta di diventare direttore del “Riformista” da parte di Alfredo Romeo, già coinvolto nell’inchiesta Consip con suo padre, Tiziano, e con la dentiera avvelenata verso i magistrati. Da una parte. Dall’altra Matteonzo, rimasto invischiato nell’inchiesta della Fondazione Open, ha ingaggiato una violenta battaglia contro Travaglio e Ranucci e i giudici di Firenze, Turco e Nastasi, accusandoli di abuso di ufficio; una battaglia dalla quale è uscito con le ossa rotte.
L’elegante imprenditore napoletano, che negli ultimi tempi ha rotto misteriosamente i rapporti con il suo consigliori Italo Bocchino (anche lui venne indagato per il caso Consip), dopo aver acquisito l’Unità, dove ha piazzato il sodale Sandonetti, aveva offerto la direzione del quotidiano a due esponenti di Forza Italia, ricevendo un “no, grazie”.
Alla ricerca di un profilo tra l’iper-garantista e l’anti-giustizialista, Romeo ha pensato a Renzi, che negli ultimi mesi si è costruito un perfetto identikit da randellatore di magistrati, con le sue invettive contro la Procura di Firenze
Ricevuta la proposta, Renzi ha cominciato a far circolare voci sul suo bisogno di fare un “passo di lato”, di prendersi una pausa, di voler dedicare più tempo “per studiare, per leggere, per perdere quei dieci chili che ho preso”. Insomma, ha fatto scrivere al “Corriere della Sera” di avere necessità di un “pit-stop”, mai così provvidenziale.
Ps. Gli “addetti ai livori” hanno notato che Renzi è diventato direttore editoriale del quotidiano che per mesi ha sponsorizzato e difeso l’ex 007 Marco Mancini, attaccando i suoi principali nemici: Elisabetta Belloni e Franco Gabrielli, cioè coloro che l’hanno silurato dall’intelligence.
(da Dagoreport)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
SENATORE, CONFERENZIERE E ORA ANCHE DIRETTORE DI UN QUOTIDIANO: LA TERZA VITA DI MATTEO
Senatore semplice, conferenziere in giro per il mondo al soldo di Bin Salman e ora anche direttore di un quotidiano. Se il suo idolo Tony Blair fu tra i massimi esponenti della “Terza via”, per Matteo Renzi al momento si può parlare solo di una terza vita.
È iniziata ufficialmente oggi nella sala conferenze della Stampa estera in Italia, quando è stata ufficializzata la sua nomina alla direzione de Il Riformista. L’editore del quotidiano è l’imprenditore campano Alfredo Romeo, il cui nome negli ultimi anni si è intrecciato spesso con quello della famiglia Renzi. E non per motivi politici. Alfredo Romeo, infatti, è coimputato con Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier e attuale direttore (editoriale e non responsabile) de il Riformista, per traffico di influenze illecite nell’inchiesta Consip.
“Romeo galantuomo”. Confessò tangenti
“Alfredo Romeo è un galantuomo e le vicende giudiziarie che avete seguito mi convincono ancora di più di questo, perché l’inchiesta Consip ha dimostrato il ruolo avuto da pezzi deviati delle istituzioni” ha detto Renzi in conferenza stampa, anticipando le possibili domande dei cronisti sulla questione del rapporto tra il genitore del direttore e l’editore del direttore.
Romeo è stato prescritto nel 2000 per le tangenti pagate in cambio di appalti al comune di Napoli: si tratta di una vicenda ai primi anni ’90, quando l’imprenditore confessò di aver versato mazzette per 4 miliardi e 200 milioni. Condannato a due anni e sei mesi in Appello, la sentenza su Romeo venne annullata senza rinvio per intervenuta prescrizione.
Nelle vicende Consip Romeo ha finora collezionato un’assoluzione e una condanna, entrambe in primo grado. Nel novembre scorso è stato condannato a due anni e sei mesi per aver corrotto con centomila euro un dirigente della centrale acquisti, Marco Gasparri, in cambio di informazioni riservate che potessero aiutarlo a vincere le gare: per quest’accusa l’imprenditore delle pulizie era stato arrestato nel marzo del 2017. A Romeo è stata inflitta anche la pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per un anno. Romeo è stato invece assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di turbativa d’asta nell’ambito della maxi-gara Fm4.
Le accuse a Tiziano Renzi
Per quello stesso maxi applato, del valore di 2,7 miliardi, è finito a processo Tiziano Renzi, padre di Matteo, nuovo direttore del giornale di Romeo. Secondo le accuse, riassunte nell’avviso di conclusione indagini, Carlo Russo, imprenditore vicino al padre dell’ex premier, “agiva in accordo con Tiziano Renzi, sfruttando relazioni esistenti con Marroni (ex ad Consip), ottenute anche per il tramite del concorrente nel reato Renzi, come prezzo della propria mediazione illecita, costituita dall’istigare Marroni al compimento di atti contrari al proprio ufficio, consistenti nell’intervenire sulla commissione aggiudicatrice della gara Fm4, per facilitare la Romeo Gestioni, mediante l’innalzamento del punteggio tecnico nella fase in corso di valutazione tecnica dei progetti”. In cambio, sempre secondo l’accusa, si faceva dare da “Romeo, il quale agiva in accordo con Bocchino, utilità consistite nella stipula di un contratto di lavoro a favore” della sorella della sua compagna e “numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo, nonché si faceva promettere denaro in nero per sé e per Renzi Tiziano, nonché promettere la stipula di un contratto di consulenza”. Per questi fatti agli indagati erano accusati anche di aver turbato la procedura competitiva, cioè quel lotto della gara Fm4: accusa che però è stata archiviata.
Sansonetti all’Unità
Tornando al nuovo lavoro di Renzi, c’è da dire che l’ex Rottamatore ha preso il posto di Piero Sansonetti, che contestualmente passerà alla direzione de l’Unità, storica testata di sinistra rilevata da Alfredo Romeo, che ha spiegato la doppia scelta in una lunga nota pubblicata sul sito de il Riformista. “Ho accettato una sfida affascinante, sarò direttore per un anno” ha detto, per poi spiegare quale sarà la linea del suo giornale, che “spazierà tra il sovranismo di Meloni e la radicalità di Schlein” e che il suo lavoro punterà sulla “passione per il rapporto verità/vitalità”.
Non solo. Parlando di possibili lettori e di linea politica del giornale, Renzi ha assicurato che non ci sarà “un legame con il Terzo polo, il Riformista sarà letto da una parte della maggioranza, il centrodestra riformista, e l’area del Pd che non si riconosce nella Schlein”.
Parlando del suo doppio ruolo, Renzi ha sottolineato che “tanti parlamentari hanno fatto i direttori. Veltroni era vice direttore dell’Unità, Mattarella direttore del Popolo”, annunciando che “ci sarà un direttore, lo annunceremo a breve, perché non ho il tesserino“.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 5th, 2023 Riccardo Fucile
CHIUSE SETTE CUCINE SIA PUBBLICHE CHE PRIVATE. EMERSE GRAVI IRREGOLARITA’ IN UN TERZO DELLE STRUTTURE
Locali adibiti alla preparazione del cibo invasi da insetti e blatte, magazzini di alimenti pieni di escrementi di topi ma anche presenza diffusa di muffa sulle pareti delle cucine e batteri coliformi nell’acqua utilizzata per la preparazione di pasti, sono alcune delle gravi irregolarità emerse in numerose mense ospedaliere italiane da nord a sud durante una serie di blitz dei Nas dei carabinieri in diverse regioni italiane che hanno portato alla sospensione dell’attività o alla chiusura di 7 punti cucina in diversi centri ospedalieri italiani, sia pubblici che privati.
Come evidenziano dal Comando Carabinieri per la tutela della salute pubblica, uno dei casi più eclatanti scoperto dai nas del nucleo di Milano che hanno chiuso le mense di un istituto geriatrico e di un ospedale del capoluogo lombardo poiché invase da insetti e blatte nei locali di preparazione cibo e per il lavaggio stoviglie, nel magazzino e nelle celle frigorifere.
Analoga motivazione ha determinato la chiusura anche della mensa di una casa di cura accreditata di Napoli mentre il Nas di Ragusa ha sospeso l’attività dei locali della cucina di un ospedale dove e stata accertata la presenza di roditori e dei loro escrementi.
I controlli, condotti a campione, in generale hanno interessato 992 punti di cottura e preparazione pasti allestiti all’interno di altrettante strutture sanitarie. Di questi 340 hanno evidenziato irregolarità con l’accertamento di 431 infrazioni penali e amministrative, per complessivi 230mila euro di sanzioni pecuniarie, contestate a causa di violazioni nella gestione degli alimenti, nella mancata rispondenza in qualità e quantità ai requisiti prestabiliti dai capitolati d’appalto e dell’uso di ambienti privi di adeguata pulizia e funzionalità.
La maggioranza delle infrazioni ha riguardato aspetti amministrativi come le carenze strutturali e impiantistiche dei locali impiegati alla preparazione dei pasti, la mancata attuazione dell’autocontrollo e della tracciabilità degli alimenti per prevenire possibili episodi di intossicazione ma, come detto, non sono mancati casi limite.
Nel corso dei controlli nelle mense ospedaliere sono stati sequestrati oltre 400 kg di alimenti in quanto senza tracciabilità, scaduti o custoditi in ambienti inadeguati nonché destinati all’impiego nelle pietanze sebbene di qualità inferiore a quanto previsto.
Per 9 gestori di servizi mensa è scattata anche la denuncia per i reati di frode ed inadempienze in pubbliche forniture, detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione ed inosservanze alla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Come informano i Nas, nel corso dei controlli sono stati eseguiti anche numerosi tamponi su superfici di lavoro, vassoi e acqua utilizzata per la preparazione dei pasti per la ricerca di agenti patogeni e contaminanti. Dai risultatati sono emerse 5 positività per la presenza di cariche batteriche superiori ai limiti ammessi. Tra queste, 4 sono relative alla presenza di batteri coliformi nell’acqua utilizzata per la preparazione di pasti, individuate dal Nas di Palermo presso un’azienda di catering di Agrigento. Un altro caso di non conformità e stato accertato dal Nas di Parma presso l’area cucina di una clinica, nella quale un tagliere per la lavorazione delle carni e risultato contaminato da una carica batterica superiore ai limiti di legge.
(da Fanpage)
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