Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
LO HANNO SAPUTO DALLE FOTO DELLE TOMBE DEL CIMITERO DI NOVOSIBIRSK
Hanno saputo della morte dei loro cari, in guerra, in Ucraina, solo dalle foto delle tombe del cimitero di Novosibirsk. Lo denunciano famiglie, lo scrive “Novaya Tyva”.I parenti delle vittime sepolte a Novosibirsk denunciano non solo di non essere stati informati della sepoltura dei loro cari, ma anche della morte di quei militari.
Un giornale, “7×7 – Russia orizzontale” ricorda che alcuni di quei soldati mobilitati da Tuva sono stati addestrati a Novosibirsk. Dettaglio confermato, nel suo canale Telegram, dal governatore della regione, Vladislav Khovalyg.
“Novaya Tyva” introduce un elemento che ritorna: il Ministero della Difesa della Federazione Russa non ha notificato la morte dei soldati ai parenti per non pagare la copertura assicurativa e il “premio”una tantum previsto dalle norme introdotte da Putin con il crescere delle perdite nella cosiddetta “Operazione speciale”. Naturalmente, le autorità smentiscono questa versione.
All’inizio di febbraio, un gruppo di “mobilitati” di Tuva che si trovavano nelle zone di combattimento, in Ucraina, aveva registrato un videomessaggio, lamentando pestaggi e minacce da parte dell’esercito DPR.
Denunciavano pure una sostanziale e pericolosa disorganizzazione militare, di non essere stati assegnati a nessuna unità del Ministero della Difesa della Russia, di “non avere un comando”. Le autorità della repubblica in qualche modo hanno risposto all’appello, in particolare, l’ex capo di Tuva Kara-ool ha incontrato personalmente i mobilitati, e l’attuale governatore ha loro risposto che il Ministero della Difesa gli aveva promesso di trasferire quanti avevano registrato l’appello alla 55a brigata di fucili motorizzati separati. Per gli abusi subiti, si era mosso anche l’ufficio del procuratore militare che aveva avviato un’ispezione, inchiesta che alla fine ma non ha rivelato “alcun fatto di danno alla salute dei militari tuvani nell’autoproclamato DPR”.
(da Globalist)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
OLTRE AL MALFUNZIONAMENTO DELLE PIATTAFORMA, L’ANCI LAMENTA CHE MOLTE AMMINISTRAZIONI CENTRALI TITOLARI DI MISURE PNRR NON ABBIANO ANCORA PUBBLICATO I MANUALI OPERATIVI… C’E’ UN PROBLEMA FINANZIARIO PER I PICCOLI COMUNI: QUANDO BISOGNA PAGARE CHI EFFETTUA I LAVORI, VIENE CHIESTO AI SINDACI DI ANTICIPARE RISORSE DI CUI NON DISPONGONO
Il lungo carteggio tra il Comune di Martis, in provincia di Sassari, e il ministero dell’Economia, è cominciato il 27 luglio dell’anno scorso. L’oggetto: le persistenti difficoltà di accesso al ReGis, la piattaforma elettronica per la gestione dei progetti del Pnrr. A dicembre i responsabili tecnici del Comune non erano ancora riusciti a registrarsi alla piattaforma gestita dalla Ragioneria dello Stato, nonostante i diversi tentativi e le numerose quanto inutili “prese in carico” del sistema.
L’1 febbraio il Comune inviava l’ennesimo appello per la mancata liquidazione dei fondi dovuti, tra cui 17 mila euro per un intervento di qualificazione del centro urbano, 84 mila euro per la messa in sicurezza di strade e scuole, 50 mila euro per l’illuminazione pubblica. Sette mesi di messaggi inutili.
Il caso di Martis è solo uno dei tanti che hanno spinto il presidente dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani, Antonio Decaro, a scrivere una lettera al ministro del Pnrr Raffaele Fitto, al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al Ragionere dello Stato Biagio Mazzotta per denunciare l’inadeguatezza del sistema informatico a supporto del Pnrr e proporre un decreto che obbligherebbe tutte le amministrazioni centrali a completare tutte le procedure che le riguardano nel giro di pochi giorni, mettendo i Comuni in condizione di mandare avanti i progetti e di ricevere i finanziamenti.
Una richiesta alla quale il Mef non ha ancora risposto, lo farà in via ufficiale la prossima settimana. Ma intanto fa filtrare che su ReGis si sta lavorando per renderlo più flessibile e semplice
Accusati di essere i principali responsabili dei ritardi del Pnrr, i sindaci ora passano al contrattacco: nella lettera inviata al governo Decaro chiede di risolvere «le inadeguatezze e le lacune del sistema complessivo di controllo, di monitoraggio e di erogazione dei fondi, poiché tale situazione incide fortemente sulla spedita attuazione del Piano».
Ai Comuni sono stati assegnati il 60% dei progetti, e quindi sono i principali utilizzatori di ReGis. Oltre al continuo malfunzionamento di ReGis l’Anci lamenta il fatto che molte amministrazioni centrali titolari di misure Pnrr non abbiano ancora pubblicato i manuali operativi […] Il sistema, infine, risulta ancora non pienamente stabilizzato. Accanto alle questioni operative, ce n’è una di natura finanziaria che soprattutto i piccoli Comuni hanno già denunciato nelle ultime settimane: adesso che si è entrati nel vivo dei progetti e che quindi bisogna pagare chi effettua i lavori, viene chiesto ai sindaci di anticipare risorse di cui non dispongono.
Dalle amministrazioni centrali arriva il 10% dei fondi, ma i Comuni devono anticipare il 30%. E se la fattura non è “quietanzata” i pagamenti non arrivano. Un “disallineamento” che rischia di bloccare tutto. E c’è già un nutrito gruppo di piccole opere completate tra il 2020 e il 2021, per il valore di un miliardo e mezzo, che attende non solo gli anticipi, denuncia l’Anci, ma persino i saldi.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
APPELLO DEL PRESIDENTE A “LES ECHOS”: OCCORRE UNA AUTONOMIA STRATEGICA DELLA UE
«Per troppo tempo l’Europa non ha costruito l’autonomia strategica. È questa la battaglia del nostro tempo». È un Emmanuel Macron nuovamente in modalità “visionaria” quello di rientro dalla Cina, dove ha concluso una visita di tre giorni – in parte accompagnato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen – all’insegna degli accordi commerciali ma anche del lavorio diplomatico per riaprire una via diplomatica al fondo del conflitto tra Russia e Ucraina.
«Penso che la Cina condivida la nostra stessa constatazione, ossia che oggi è il tempo della guerra», afferma il capo dell’Eliseo in un’intervista al quotidiano francese Les Echos. «Gli ucraini resistono e noi li aiutiamo. Questo non è il tempo dei negoziati, anche se li si prepara e bisogna piantarne le fondamenta», è il senso della constatazione “condivisa” da Francia e Cina, per lo meno secondo Macron.
Ma in un’epoca di tensione e rischi geopolitici crescenti, Macron è preoccupato anche dallo scenario più ampio in cui rischiano di restare stritolati i Paesi europei.
«Il colmo per l’Europa sarebbe che proprio nel momento in cui riesce a chiarire la sua posizione strategica, finisca preda del disordine mondiale e di crisi non nostre», ammonisce il presidente francese, che mette in guardia contro il rischio che i Paesi europei diventino «vassalli» di altre potenze globali. No, quindi alla «logica dei blocchi contrapposti».
La terza via di Macron per l’Ue
Gli “elefanti nella stanza” dell’Europa sono ovviamente due: la Cina, certo, ma anche gli Stati Uniti – con i quali molti valori e obiettivi possono coincidere, ma gli interessi strategici di lungo periodo non necessariamente, lascia intendere Macron nella conversazione col quotidiano economico francese.
«Noi europei dobbiamo svegliarci», richiama il presidente francese. «La nostra priorità non è quella di adattarci all’agenda degli altri in qualsiasi regione del mondo».
Al contrario, la sfida è quella di aprire una “terza via”. «Se c’è un’accelerazione della deflagrazione del duopolio, non avremo né il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo dei vassalli. Se abbiamo qualche anno per costruirlo, possiamo invece essere il Terzo polo» dell’ordine mondiale.
Fuor di metafora, Macron lascia intendere che gli europei non dovrebbero seguire gli Usa o altri attori del Pacifico nell’approccio duro al dossier-Taiwan, rischiando di fatto di avvicinare un nuovo conflitto. «La questione che abbiamo di fronte noi europei è la seguente: abbiamo interesse a un’accelerazione su Taiwan?». Risposta chiara: no, sostiene il capo dell’Eliseo.
«La cosa peggiore sarebbe pensare che dobbiamo metterci in scia e adattarci al ritmo americano e a un’over-reazione cinese. Perché dovremmo andare al ritmo scelto dagli altri?», chiede Macron, secondo il quale il rischio in tal caso sarebbe quello di una «strategia autorealizzatrice» di un nuovo conflitto.
Autonomia strategica e investimenti militari
Per Macron la «battaglia dell’Europa» deve tornare a essere quella dell’autonomia strategica, dunque. Concetto caro al presidente francese, che lanciò l’idea della “sovranità europea” in campo industriale e tecnologico, ma anche militare, fin dall’inizio del suo primo mandato. «Dal discorso della Sorbona abbiamo vinto quella battaglia sul piano ideologico: abbiamo instillato l’idea di una difesa europea, di un’Europa unita che emette debito insieme, e ci siamo dotati di strumenti di difesa e di politica industriale», rivendica Macron.
Ma la strada non per tutti è tracciata chiaramente, e il capo dell’Eliseo sente il bisogno di fare un nuovo appello. «Non vogliamo dipendere dagli altri per le materie critiche. Il girono in cui non avremo più scelta sull’energia, sulla difesa o sull’intelligenza artificiale perché non abbiamo più le infrastrutture necessarie, usciremo temporaneamente dalla Storia», ammonisce Macron.
La maturazione dell’Ue dunque passa per scelte e investimenti urgenti e assai concreti, per l’Eliseo. Comprese le spese militari, per sostenere l’Ucraina, ma non solo. «Abbiamo creato un fondo europeo per missili e munizioni con una dotazione di 2 miliardi di euro», ricorda Macron, ma non è sufficiente. «È chiaro che abbiamo bisogno di un’industria europea che produca più rapidamente. Abbiamo saturato le nostre scorte. Se la storia accelera, serve in parallelo che acceleri l’economia di guerra europea», sprona Macron. La cui ultima stoccata di rientro dal Pechino è riservata ancora agli Usa, ma su un piano prettamente finanziario: «Non dobbiamo dipendere dall’extraterritorialità del dollaro». Parole che suonano come musica alle orecchie di chi ai quattro angoli del pianeta contesta la superpotenza americana.
(da Open)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
NELL’ISOLA ARRIVATI IN 741, HOT SPOT AL COLLASSO, I POVERETTI DORMONO ALL’APERTO… SALVINI NON CHIEDE LE DIMISSIONI DI PIANTEDOSI? O VALEVA SOLO PER LA LAMORGESE?
Migranti, 35 morti al largo di Lampedusa. I soccorritori: “Ci sono anche 18 dispersi”. Bloccate altre cinque barche con 180 persone. Ripresi gli sbarchi verso l’isola: sono 741 i nuovi arrivi
La Ong Resqship che ha tratto in salvo 22 persone e recuperato due cadaveri: ci sono altri migranti in mare dopo il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano
I 22 migranti salvati dalla nave Nadir, della ong tedesca Resqship, hanno riferito alla polizia che i dispersi nel naufragio, avvenuto nel Mediterraneo centrale, sono 18. La stessa nave ha sbarcato a Lampedusa due cadaveri. Fra i superstiti, invece, ci sono nove donne. Tutti, originari di Costa d’Avorio, Guinea, Camerun e Senegal.
Hanno riferito di essere salpati alle 3 di ieri da Sfax, pagando 3 mila dinari tunisini (circa 900 euro). Il mezzo usato per la traversata e naufragato è un barchino in ferro di 7 metri. Il soccorso è avvenuto in acque sar maltesi.
La ong Resqship, che ha soccorso i 22 naufraghi finiti in acqua, ha portato a Lampedusa anche le salme di due migranti. I cadaveri saranno trasferiti nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana dove, durante la notte, era giunta anche la salma nel nigeriano che ha perso la vita su un barchino che ha portato sull’isola altre 38 persone. Gli sbarchi a Lampedusa sono ripresi a pieno ritmo.
Altre cinque imbarcazioni, con un totale di 180 migranti, sono state agganciate o soccorse in area Sar dalle motovedette della Guardia costiera, delle Fiamme Gialle e dell’assetto Frontex.
I gruppi – composti da 37 (12 donne), 37 uomini, 39 (11 donne e 3 minori), 37 (7 donne e 2 minori) e 30 (8 donne e 4 minori) – hanno riferito d’essere partiti da Sfax in Tunisia e di essere originari di Costa d’Avorio, Guinea, Camerun, Congo, Nigeria, Togo, Marocco, Gambia e Ghana. Salgono a 20, con complessivi 741 migranti, gli sbarchi di oggi a Lampedusa.
Aumentano le partenze dalla Tunisia
Nelle ultime settimane si è impennato il numero di partenze dalla Tunisia: la notte scorsa la Guardia Costiera ha bloccato 5 tentativi di partenze, soccorrendo 231 persone a bordo di imbarcazioni in difficoltà. La maggioranza dei migranti soccorsi è risultata essere originaria di vari paesi dell’Africa subsahariana mentre 59 sono tunisini. E altri 10 sono stati fermati a Nabeul, Sousse e Monastir prima che prendessero il mare.
I numeri dall’inizio dell’anno
Numeri che si vanno a sommare a quelli dall’inizio dell’anno: nei primi tre mesi del 2023 sono 500 le partenze che la Guardia Costiera tunisina è riuscita a sventare mentre i soccorsi in mare hanno riguardato 14.406 persone, di cui 13.138 di vari Paesi dell’Africa subsahariana e 1.268 di nazionalità tunisina.
Il tratto di costa più utilizzato per le partenze, ha fatto sapere la Guardia nazionale di Tunisi, è risultato essere quello delle regioni di Sfax e Mahdia, dove nella prima parte dell’anno sono stati bloccati 388 partenze con 13.259 migranti soccorsi. Secondo la stessa fonte, durante le operazioni di prevenzione all’immigrazione irregolare sarebbero state arrestate 63 persone coinvolte nell’organizzazione di traversate illegali, con il sequestro di 135 imbarcazioni e 12 veicoli. Tragedie che non fermano comunque le partenze, come dimostrano i nuovi sbarchi avvenuti a Lampedusa dopo qualche giorno di tregua dovuto al maltempo.
Ripresi gli sbarchi a Lampedusa
Sull’isola ieri sono arrivati 84 migranti, tra questi 15 tunisini e un gruppo imprecisato di siriani, fra cui una donna, sbarcati dopo essere stati soccorsi da una motovedetta della Guardia di finanza. Si è trattato del primo sbarco dopo cinque giorni di maltempo e mare in burrasca. Oggi sono stati 134 nuovi arrivi nel giro di poche ore a Lampedusa. Si tratta di due imbarcazioni salpate da Sfax che sono state soccorse da una motovedetta della Guardia di finanza e da un mezzo di Frontex.
Le traversate per 2 mila dinari tunisini
Sul primo scafo, un natante in legno di 9 metri, c’erano 85 tunisini, compresi 19 minorenni e 8 donne, che hanno riferito di aver pagato 2 mila dinari tunisini per la traversata (circa 600 euro). Sulla seconda carretta del mare, di 6 metri, erano invece stipati in 49, compresi 6 minorenni e 14 donne, che hanno riferito di essere originari di Camerun, Costa d’Avorio, Guinea e Mali. Dall’inizio dell’anno, secondo il Viminale, sono arrivati in Italia 28.285 migranti, di questi 5.094 dalla Costa d’Avorio, 3.921 dalla Guinea, 2.778 dal Pakistan e 2.210 dalla Tunisia.
Hotspot al collasso
Tutti quanti sono finiti nell’hotspot, per l’ennesima volta saturo. E in cui ancora una volta più di millequattrocento persone sono costrette a sgomitare per un materasso lercio da gettare in un angolo per dormire, per il cibo, per una doccia. La maggior parte degli ospiti del centro è costretta a rimanere all’addiaccio anche durante la notte, quando le temperature calano e freddo e umidità, nel vallone isolato in cui sorge l’hotspot, si fanno sentire.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
IL NEONATO TROVATO LA MATTINA DI PASQUA NELLA CULLA DELLA VITA DEL POLICLINICO… IL MESSAGGIO DELLA MADRE… MA UN GOVERNO CIVILE NON DOVREBBE AIUTARE LE MADRI IN DIFFICOLTA’ ECONOMICA, INVECE CHE REGALARE SOLDI AGLI EVASORI?
La Culla per la vita del Policlinico di Milano si è attivata oggi alle 11,40 circa per accogliere un bimbo di pochi giorni. Si tratta di un neonato di circa 2,6 kg di etnia caucasica, in buona salute. E’ il terzo bimbo che viene affidato alla Culla per la vita – una versione moderna della ruota degli esposti – da quando è stata attivata nel 2007. Il piccolo è ora accudito dagli specialisti della Neonatologia alla clinica Mangiagalli del Policlinico, dove sta seguendo i controlli di routine.
Accanto al bambino è stata trovata una lettera, scritta come se a parlare fosse il bebè, ma firmata “mamma”. “Ciao mi chiamo Enea”. “Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile”.
La mamma usa parole di grande affetto, spiegano dall’ospedale. A quanto si apprende, parla di coccole, dice di volergli molto bene, ma di non potersi occupare di lui. Racconta che il bimbo “è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok”.
“E’ una cosa che pochi sanno – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. E’ una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo ad una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori”.
(da La Repubblica)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
LA RIFORMA DELLE PENSIONI SLITTA A DATA DA DESTINARSI … I RITARDI SUL PNRR CI HANNO GIA’ FATTO PERDERE 7,6 MILIARDI DI PIL NEL 2022 E POTREBBERO ROSICCHIARNE ALTRI 5,4 NEL 2023
Anche se i tecnici sono convinti che l’economia quest’anno potrebbe crescere anche di più dello 0,9% che sarà indicato nel Documento di economia e finanza (Def) che il Consiglio dei ministri varerà martedì, la cautela suggerita dal ministro dell’Economia Giorgetti nella definizione dei nuovi parametri economici e le incognite legate all’attuazione del Pnrr alla fine porteranno il Mef a non strafare.
Il miglioramento dei conti certificato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che dopo la frenata di fine 2022 nella sua ultima nota congiunturale ha segnalato una «marcata espansione» della nostra economia nel primo trimestre, fa ben sperare ma non basta ad imprimere una svolta. Con Pil che sale dello 0,9% contro lo 0,6% dell’ultimo obiettivo programmatico (ed un +0,3 di tendenziale) migliorano infatti un po’ tutti i parametri, col deficit tendenziale che dal 4,5% precedente dovrebbe scendere al 4,35% ed il debito pubblico che dal 144,6% di fine 2022 dovrebbe attestarsi al 142-143%, ma i margini per la finanza pubblica restano comunque stretti.
L’intenzione del governo è quella di mantenere al 4,5% il deficit programmatico per il 2023, in modo da liberare all’incirca 2,8 miliardi di euro. Un piccolo tesoretto col quale però si farebbe fatica a soddisfare le tante richieste che arrivano dalla maggiorazione e anche da fuori (a partire dai sindacati da settimane sul piede di guerra) e che spaziano dal taglio dell’Irpef, come primo step della riforma fiscale, alla riduzione del cuneo e la riforma delle pensioni. Riforma che con questi chiari di luna da più parti si dice che dovrà essere rinviata a tempi migliori.
Difficile immaginare per quest’anno interventi significativi sul fronte della politica economica. Dovendo scegliere, però, è molto probabile che Giorgia Meloni voglia puntare sul taglio delle tasse che, come ama ripetere, è una delle priorità del governo.
La variabile Pnrr, ha senz’altro un peso significativo. I ritardi, come segnalava nei giorni scorsi Confesercenti in base ai calcoli effettuati dal Cer (Centro Europa Ricerche), ci hanno già fatto perdere 7,6 miliardi di Pil (0,4 punti) nel 2022 mentre quest’anno potrebbero costarcene altri 5,4.
Secondo il Def 2021 tra il 2020-21 ed il 2022 l’Italia avrebbe infatti dovuto spendere già 47,2 miliardi di euro di fondi Ue mentre in realtà la Nota di aggiornamento 2022 ne ha certificati appena 20,5. La differenza, pari a 26,7 miliardi, è stata così spalmata sul quadriennio successivo rendendo però ancora più ardua la sfida. Secondo i piani, solo quest’anno andrebbero messi a terra 40,9 miliardi di investimenti (2,2 in più delle previsioni iniziali), 46,5 nel 2024 (+5,5), 47,7 nel 2025 (+13,5) e 35,9 nel 2026 (+5,5) anno in cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe essere integralmente completato.
(da La Stampa)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
IL TIMORE È CHE ALCUNI POSSANO SVIGNARSELA E CERCARE RIPARO ALL’ESTERO MAGARI BARATTANDO PROTEZIONE IN CAMBIO DI DOCUMENTI E SEGRETI
Divieto di libero espatrio per ministri, capi-dipartimento e per tutti gli alti funzionari governativi russi che non siano in missione ufficiale. Dall’obbligo sono esclusi solo i dipendenti dell’amministrazione presidenziale. I fedelissimi di Putin. A riportarlo il sito di informazioni “The Bell”.
E, forse, come effetto dell’inquietudine che negli stessi ambienti di Mosca si è diffusa dopo la pubblicazione sui social di documenti secretati sull’appoggio degli alleati occidentali all’Ucraina per il contrattacco atteso di primavera. Non solo. Ieri altre carte segrete sono state diffuse e, secondo il New York Times, «gli Usa stanno spiando gli alleati», soprattutto gli ucraini
Nelle ultime settimane i servizi di sicurezza russi avevano sequestrato passaporti di funzionari, ex funzionari e dirigenti delle aziende di Stato per evitare che uscissero dalla Russia. Putin ha paura che dopo le clamorose defezioni di alcuni stretti consiglieri e di oligarchi, alcuni dei quali trovati morti “suicidi”, altri possano fuggire e consegnare in Occidente segreti e rivelazioni.
Lo stesso starebbe accadendo in Ucraina grazie alla chat “Voglio vivere”, che lancia un salvagente ai soldati russi desiderosi di disertare. La finestra temporale per ottenere un trattamento di favore come prigionieri si sta esaurendo a mano a mano che si avvicina la controffensiva.
Tra le operazioni propedeutiche alla controffensiva (e difesa), guerra ibrida e disinformazione. I blogger militari russi, per esempio, sono convinti che i documenti trapelati dal Pentagono con dettagli del futuribile contrattacco ucraino sarebbero in realtà un’astuta macchinazione delle intelligence occidentali per disorientare i generali russi.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
I CARABINIERI PROCEDONO PER “DANNEGGIAMENTO DELLA COSA PUBBLICA”
Hanno divelto i tappetini in gomma messi a protezione dei bambini sotto i giochi nel parco di località Colli a Monte San Giovanni Campano (Frosinone) e li hanno impiegati per disegnare una grossa svastica nel centro della piazzetta. Il fatto è stato scoperto in mattinata e segnalato ai carabinieri dal sindaco Emiliano Cinelli.
L’episodio è avvenuto dopo la mezzanotte, a quell’ora infatti i fedeli sono usciti dalla chiesa al termine della veglia pasquale e tutto era ancora in ordine. Il sindaco si è detto certo che si sia trattato di “una bravata compiuta da un gruppo di ragazzi durante la notte e non un gesto politico”. In città non si sono mai registrati episodi di estremismo. I carabinieri procedono per “danneggiamento della cosa pubblica”.
Monte San Giovanni Campano è un centro del frosinate con circa 13mila abitanti, decorato con medaglia di bronzo al merito civile per gli episodi della II Guerra Mondiale nei quali la popolazione si distinse; in città era presente un distaccamento germanico ed il 40% delle abitazioni venne distrutto dai bombardamenti.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2023 Riccardo Fucile
NELLE ULTIME 24 ORE 23 SBARCHI HANNO PORTATO A LAMPEDUSA 679 PERSONE
«Ci sono 400 persone in pericolo nel Mediterraneo». A dare nuovamente l’allarme nel giorno di Pasqua è la rete di soccorso internazionale Alarm Phone, che su Twitter spiega di aver ricevuto una chiamata nella notte da una barca partita da Tobruk, in Libia. «Abbiamo informato le autorità, ma nessuna operazione di salvataggio è stata confermata. Non mettete a rischio 400 vite: soccorreteli subito!», esorta l’associazione. Verso metà pomeriggio, Alarm Phone ha aggiunto che l’imbarcazione sarebbe ferma nella zona Sar di Malta senza carburante e con diversi litri di acqua a bordo. «Tre persone in pericolo si sono gettate in mare, temendo che la barca si potesse capovolgere da un momento all’altro – continua la rete di soccorso internazionale -. Dove sono i soccorsi? Le persone in pericolo sono nel panico, riferiscono che la barca è alla deriva, la stiva è piena d’acqua, una delle persone che si era lanciata in mare è a bordo priva di sensi. Le autorità Sar Ue sanno dove sono e che rischiano la vita. Cosa aspettano a intervenire?». Secondo quanto riferito da Alarm Phone, un mercantile sarebbe passato non lontano dalla zona dove si trova l’imbarcazione con 400 migranti, ma non si sarebbe fermato a prestare soccorso.
Riprendono gli sbarchi
Tra ieri e oggi, si stima siano stati 23 gli sbarchi registrati a Lampedusa, per un totale di 679 persone giunte sull’isola. La maggior parte dei migranti dice di essersi imbarcato a Zarzis, Chebba, Jebiniana e Kerkenna – tutte città della Tunisia – e di aver pagato fino a 4mila dinari (poco meno di 2mila euro – ndr) per riuscire ad arrivare in Italia. Dopo i 17 sbarchi di ieri e i 5 della notte, nell’hotspot di Lampedusa ci sono 1.436 migranti. Nel pomeriggio, l’equipaggio della nave della Ong Resqship ha comunicato di aver recuperato un gruppo di migranti naufragati: 22 sopravvissuti e 2 deceduti. I cadaveri sono in fase di trasferimento nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana dove, durante la notte, era giunta anche la salma nel nigeriano che ha perso la vita, verosimilmente a causa di un malore, spingendo un barchino con 38 persone a bordo al largo di Sfax.
(da agenzie)
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