Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
A METTERSI DI TRAVERSO È IL PRESIDENTE DI ITA ANTONINO TURICCHI, UOMO DI FRATELLI D’ITALIA, FEDELE DI FAZZOLARI… IL DUELLO CONTINUO CON SALVINI STA RIMBALZANDO ANCHE SULL’AEROPORTO DI FIUMICINO DOVE FAZZOLARI STA IMPEDENDO LA REALIZZAZIONE DELLA QUARTA PISTA
Come mai l’operazione Lufthansa-Ita, malgrado tutti gli sforzi del ministro del Mef Giorgetti per chiuderla subito, non va in porto e la trattativa è continuamente prorogata (ora al 12 maggio)?
Tale snervante stop-and-go rientra nel duello in atto nel governo tra Meloni e Salvini. A mettersi di traverso, facendo girare i cojoni ai tedeschi, è il presidente di Ita Antonino Turicchi, uomo di Fratelli d’Italia, fedele di Fazzolari, che non aspetta altro che la fine del mandato di Scannapieco (31 dicembre 2023) per occupare la prima poltrona di CDP. In attesa, marca il territorio per Fratelli d’Italia.
Il duello continuo con Salvini, ministro delle Infrastrutture, sta rimbalzando anche sull’aeroporto di Fiumicino dove Fazzolari sta impedendo la realizzazione della quarta pista.
Tanto animosità tra i due partiti di maggioranza del governo ha sempre lo stesso motivo: le elezioni europee del 2024 che si svolgono col sistema proporzionale, quindi ogni partito corre per conto suo.
Ma ci vuole ancora un po’ di tempo. L’indicazione – giunta da fonti vicine al dossier – è che la trattativa è stata prorogata al 12 maggio e che ‘tutto prosegue bene’.
Lufthansa ha presentato un’offerta lo scorso gennaio e punta a rilevare, attraverso un aumento di capitale riservato, il 40% di Ita per un esborso tra i 250 e i 300 milioni di euro. Il gigante tedesco ha poi l’opzione di acquistare le quote rimanenti in mano al Mef, al momento azionista unico, “successivamente” e salire così al 100% della newco.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
“IL REDDITO DI CITTADINANZA NON C’ENTRA NULLA, MANCA LA VOGLIA DI FARE QUESTO LAVORO”
Con l’arrivo della stagione estiva e primaverile aumentano le possibilità di trovare un impiego anche temporaneo, in particolare nei servizi della ristorazione, dell’intrattenimento e di altri settori. C’è però chi non riesce a trovare dipendenti per portare avanti le attività. È il caso di Stefano Molitierno, ristoratore di Jesolo e gestore, assieme ad altri tre soci, di un noto locale notturno sul litorale della città. Nei mesi scorsi l’imprenditore ha rilevato un altro locale a Treviso e, dopo averlo ristrutturato, lo ha aperto al pubblico. L’imprenditore, però, non riesce a trovare un numero sufficiente di dipendenti che possano assicurare continuità all’attività del locale e, in un’intervista a Il Messaggero, dichiara: «Non posso gestire il locale solo con due persone: io stesso non posso continuare a lavorare per 15 ore al giorno. A fine mese chiuderò il locale a tempo indeterminato: non trovo altro personale e non posso toglierlo dagli due locali, visto che anche negli altri siamo al limite e comunque a Jesolo c’è la stagione che sta per partire. Pagheremo l’affitto del locale ma per ora non continuerò più questa avventura».
Il caso
Molitierno racconta di aver messo online centinaia di annunci, ma di non aver ricevuto risposte. E assicura: lo stipendio è in linea con il contratto nazionale, con paga di base pari a circa 1.500 euro mensili, oltre al pagamento di eventuali straordinari, inclusi i giorni di riposo e il versamento dei contributi. «Daremo quanto previsto e quanto pattuito, questo aspetto non è in discussione», sottolinea. Lo sfogo dell’imprenditore è dovuto anche al fatto che un ormai ex dipendente del locale ha deciso di rassegnare le dimissioni per motivi personali. A tal proposito Molitierno spiega: «Non si può gestire un’attività in questo modo: un giorno puoi contare su dipendente e l’altro no». L’imprenditore jesolano, nel corso dell’intervista, spiega di aver anche pensato di acquistare dei robot per sopperire alla mancanza di personale. Tuttavia, prosegue ancora, «è una spesa grossa che in questo momento non mi sento di affrontare anche se forse può essere davvero un’alternativa visto che c’è sempre meno manodopera».
Non è colpa del reddito di cittadinanza
Secondo il punto di vista dell’imprenditore, il fatto di non trovare personale non è imputabile al reddito di cittadinanza: «Probabilmente manca la voglia di fare questo lavoro, di lavorare dietro a un banco e di fare il cameriere. Forse oggi i giovani hanno alle spalle famiglie più forti ed è passata la voglia di mettersi in gioco».
E infine l’imprenditore conclude: «Lo ripeto, non riguarda solo il nostro settore, ma un po’ tutti. Probabilmente il Covid ha cambiato le priorità a favore del tempo libero. Mi chiedo, però, fino a quando questa situazione può essere sostenibile». In qualsiasi caso, Molitierno ha le idee chiare: qualora non dovesse riuscire a trovare personale metterà in vendita l’attività: «Vedremo a settembre se la situazione si sbloccherà. In caso contrario, la scelta sarà ancora più drastica: metterò il locale in vendita. Una sconfitta? No, più di così non so davvero cosa fare».
(da Open)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
“IN ITALIA NON AVREBBERO GARANZIE SU CIBO, ALLOGGIO E ACQUA CORRENTE”… ESATTAMENTE: FINIREBBERO IN MEZZO A UNA STRADA, COME VOGLIONO I SOVRANISTI
La Corte suprema olandese ha stabilito che i Paesi Bassi non potranno rimandare in Italia i richiedenti asilo.
Il rischio (concreto) è che finiscano a vivere per strada, violando di fatto i loro diritti umani.
«Al momento i richiedenti asilo in Italia rischiano di trovarsi in una situazione in cui non sono soddisfatti i loro bisogni primari più importanti, come l’alloggio, il cibo e l’acqua corrente», ha dichiarato il Consiglio di Stato olandese, citato da Dutch news.
La decisione della massima autorità di giustizia amministrativa olandese è stata presa in una causa intentata da due migranti. Il più alto tribunale olandese ha infatti dichiarato che due uomini, uno dei quali aveva fatto richiesta di asilo per tre volte in Italia, non possono essere rimandati indietro in base ai termini dell’accordo di Dublino, che stabilisce che i casi dei rifugiati devono essere valutati nel primo Paese dell’Ue in cui mettono piede.
Il ministro dell’Immigrazione olandese, Erik van der Burg – spiega il giornale locale – si era rifiutato di prendere in considerazione le loro richieste e valutato inoltre il loro rimpatrio.
«L’Italia è un Paese importante e molte persone arrivano da lì», ha spiegato il ministro. Tuttavia il Consiglio di Stato, intervenuto sulla vicenda, ha messo in guarda i Paesi Bassi sul rischio di violazione dei diritti dei migranti a causa della mancanza di strutture di accoglienza in Italia qualora questi ultimi venissero rimpatriati. In precedenza il tribunale aveva inoltre stabilito che i rifugiati non possono essere rimpatriati in Croazia, Grecia e Malta per ragioni simili.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
LE ISTRUZIONI DEL 2023 PER IL 730 SONO IN TOTALE 160 PAGINE. QUELLO DELLE PERSONE FISICHE ADDIRITTURA 434 PAGINE. PROVANDO A MISURARLE, SI TRATTA DI 175 METRI DI FOGLI… IL PROBLEMA È LA GIUNGLA DI DEDUZIONI E DETRAZIONI, E SE NON SI PROCEDE CON UN’OPERA DI RAZIONALIZZAZIONE NON NE USCIAMO PIÙ
Perfino i commercialisti si lamentano. Proprio loro che hanno tutto da guadagnare: più è complessa la dichiarazione dei redditi e più i cittadini sono costretti a transitare dai loro uffici e pagare parcelle. Eppure da anni si dice: «Stiamo semplificando». Che non è vero si capisce guardando le istruzioni del 2023 relative alla dichiarazione dei redditi del 2022. Partiamo dal 730, che dovrebbe essere il più semplice perché riguarda i dipendenti e i pensionati: sono 144 pagine di istruzioni e 16 di modello, in totale 160 pagine.
Quello delle persone fisiche (modello che possono utilizzare i professionisti e i lavoratori autonomi): sono 383 pagine di istruzioni (divise in tre fascicoli) e 51 di modelli. In totale 434 pagine. Provando a misurarli sono rispettivamente 47 metri per il 730 e 128 metri per le persone fisiche. Nel 2013 si chiamava «Unico», ed erano 277 pagine totali. Quasi un raddoppio in 10 anni.
Il quadro più pesante del modello redditi persone fisiche (ma vale anche per il 730) è quello degli oneri e delle spese deducibili, che da anni ogni legge di bilancio sforna a getto continuo. Sulle 167 pagine totali di istruzioni del primo fascicolo, ben 54 sono costituite dal quadro RP (oneri e spese).
Nei nostri modelli non ci sono guide, bisogna fare riferimento alla normativa, che è enormemente complessa. Per esempio le spese sanitarie sono divise per patologie, per familiari a carico, per disabilità, per i cani guida, e spese veterinarie. E poi il Caf o commercialista devono conservarle per la verifica per 5 anni.
Il problema (che la riforma fiscale dice di voler risolvere) è proprio questa giungla di deduzioni e detrazioni, e se non si procede con un’opera di razionalizzazione e semplificazione non ne usciamo più.
In Francia le spese mediche stanno in una riga, e riguardano anche il coniuge più 2 familiari. Il contribuente deve indicare solo l’importo. In Italia invece il modello «redditi persone fisiche» è solo per singoli. La congiunta non si può fare. In Germania si compila online. Il contribuente (o chi per esso se autorizzato) entra nel sito dell’agenzia tedesca, si identifica fornendo le credenziali, e trova la compilazione guidata.
In Italia (come pure in Francia) abbiamo la «precompilata» per il 730, ed esiste dal 2015. Ogni anno l’Agenzia ne sforna 23, 2 milioni (che è il totale dei contribuenti che può utilizzarla). Funziona così: il contribuente la controlla, se i conti gli tornano, la rispedisce al mittente (senza passare dal Caf o dal commercialista).
Nel 2022 ne sono state accettate e rispedite senza modifiche 967.000. Vuol dire che il fisco ha fatto correttamente il suo dovere e il cittadino ha detto ok nel 4% dei casi (e quindi non è più richiesto conservare per 5 anni gli scontrini per le spese sanitarie). Su tutte le altre precompilate invece il contribuente, il suo commercialista o il Caf hanno dovuto metterci mano.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
“FA PARTE DI UNA PIÙ AMPIA CAMPAGNA CONTRO LA GENITORIALITÀ OMOSESSUALE CONDOTTA DALLA MELONI, CHE SI È ESPRESSA CONTRO QUELLA CHE DEFINISCE ‘LA LOBBY LGBTQ’”
Michela Leidi è diventata mamma la scorsa estate, quando la moglie ha dato alla luce la figlia Giulia. La coppia è stata travolta dal vortice gioioso e insonne della prima genitorialità.
Questo mese, un tribunale ha ordinato di cancellare il nome di Leidi dal certificato di nascita di Giulia, in quanto la sua inclusione era “contraria all’ordine pubblico”. La sentenza, che ha lasciato la bambina con un solo genitore legale, la madre biologica, è stata una sorpresa che parte di una tendenza crescente di iniziative contro i genitori dello stesso sesso da parte dei tribunali e del governo italiani.
“Ho pianto tutte le mie lacrime”, ha detto la signora Leidi, un’educatrice di 38 anni di Bergamo, nel nord Italia. “Non ho mai perso un’ecografia, dal momento in cui è stata concepita a quello in cui è nata. Eppure è come se non esistessi”, ha detto. Ora sta cercando di adottare Giulia, un percorso tortuoso in Italia.
La legge non specifica se le coppie dello stesso sesso debbano essere riconosciute come genitori. Il riconoscimento dei genitori sui certificati di nascita è stato in gran parte lasciato ai sindaci. Anche se le decisioni possono variare a livello locale, molti genitori dello stesso sesso hanno ottenuto il riconoscimento dal 2016, quando l’Italia ha legalizzato le unioni civili gay.
Ora, il governo di destra del primo ministro Giorgia Meloni sta dicendo ai sindaci che non possono più scegliere. Infatti, sta spingendo affinché i genitori gay non biologici vengano cancellati retroattivamente dai documenti di nascita. Secondo le associazioni dei diritti degli omosessuali, potrebbero essere colpite centinaia di famiglie.
Il giro di vite sui certificati di nascita fa parte di una più ampia campagna contro la genitorialità omosessuale condotta dalla Meloni, che si è spesso espressa contro quella che definisce “la lobby LGBTQ” e in difesa dei valori cristiani della famiglia.
La Meloni proviene da un ambiente di estrema destra, ma ha lavorato duramente per accrescere le sue credenziali di conservatrice tradizionale, perseguendo politiche favorevoli all’establishment in materia di economia e affari esteri.
Allo stesso tempo, il suo governo ha cercato di accontentare i suoi elettori di destra con posizioni dure sull’immigrazione, sui diritti degli omosessuali e sull’identità nazionale. Recentemente, i suoi colleghi di partito hanno inveito contro l’uso strisciante di parole inglesi in italiano, proponendo multe per “anglomania”.
Fratelli d’Italia è da tempo ostile alla genitorialità omosessuale. “Tutti i bambini hanno una madre e un padre. Dire che hanno due madri o due padri non significa dire la verità”, ha dichiarato di recente Eugenia Roccella, ministro italiano per la Famiglia. L’uso di madri surrogate è un crimine “più grave della pedofilia”, ha dichiarato Federico Mollicone, un importante legislatore del partito, scatenando una tempesta di fuoco.
La maternità surrogata è illegale in Italia, come nella maggior parte degli altri Paesi europei, ma l’Italia sta andando oltre. Il governo sta lavorando a un disegno di legge che renderebbe la maternità surrogata all’estero penalmente perseguibile in Italia, una mossa che colpirebbe soprattutto gli uomini gay. Molti avvocati sostengono che una simile disposizione sarebbe inapplicabile.
“È bastato che il governo cambiasse”, ha dichiarato Alessia Crocini, attivista del gruppo LGBT Famiglie Arcobaleno. “Il clima che si è creato negli ultimi mesi è davvero da caccia alle streghe”.
L’Italia è in controtendenza rispetto ai Paesi occidentali, che per lo più si sono mossi verso una maggiore uguaglianza di diritti e riconoscimento per le coppie dello stesso sesso. Le coppie dello stesso sesso non possono sposarsi in Italia. Alle lesbiche è vietato l’accesso ai trattamenti di fertilità. L’adozione gay è consentita solo in circostanze eccezionali.
La vasta influenza della Chiesa cattolica contribuisce a spiegare perché l’Italia si sia mossa più lentamente di molti altri Paesi occidentali nell’espansione dei diritti degli omosessuali. I leader della Chiesa italiana si sono opposti alla legge del 2016 che ha legalizzato le unioni civili in Italia. Nel 2021, il Vaticano ha esercitato pressioni contro una proposta di legge che mirava a criminalizzare la violenza e la discriminazione contro gli omosessuali davanti al Parlamento italiano, sostenendo che avrebbe interferito con la libertà religiosa della Chiesa. Il disegno di legge non è passato.
L’opinione pubblica italiana sui diritti degli omosessuali è diventata più liberale negli ultimi dieci anni. Un sondaggio globale condotto da Ipsos lo scorso anno ha rilevato che il 63% degli italiani vede con favore la genitorialità tra persone dello stesso sesso, rispetto al 73% degli americani e al 39% dei polacchi, uno dei Paesi socialmente più conservatori d’Europa.
Ma i valori tradizionali della famiglia sono particolarmente importanti per gli elettori della Meloni. Circa il 58% di coloro che votano per il suo partito Fratelli d’Italia si oppone all’adozione da parte di coppie gay, rispetto al 32% degli italiani in generale, secondo un sondaggio Ipsos condotto il mese scorso.
“Negli ultimi anni c’è stato un cambiamento significativo nell’opinione pubblica. Prima c’era molto scetticismo, molta opposizione” all’espansione dei diritti degli omosessuali, ha dichiarato Lorenzo Pregliasco, responsabile dell’istituto di sondaggi Quorum/YouTrend in Italia. “Il governo di destra ha un forte mandato elettorale e ritiene di essere in grado di stabilire l’agenda su questioni di valori su cui i suoi elettori sono d’accordo”.
Negli ultimi mesi, il governo e i tribunali italiani hanno adottato nuove misure per limitare la posizione delle coppie gay. Roma si sta opponendo a una proposta dell’Unione Europea per un certificato di paternità valido in tutto il blocco, perché costringerebbe l’Italia a riconoscere lo status di genitori dello stesso sesso.
A dicembre, la Corte Suprema italiana ha bloccato le autorità locali dal riconoscere i certificati di nascita stranieri di bambini nati tramite maternità surrogata
Il mese scorso, il governo ha detto alla città di Milano, capitale italiana degli affari e della moda, di smettere di registrare i genitori gay non biologici.
“Solo i genitori che hanno un rapporto biologico con il bambino possono essere menzionati nei certificati di nascita prodotti in Italia”, ha dichiarato il Ministero dell’Interno in una lettera al sindaco e al procuratore capo di Milano. La lettera chiedeva che i certificati di nascita esistenti “venissero rettificati”.
“Stanno trattando questi certificati come errori che possono essere facilmente corretti. Le madri sono trattate come dei refusi”, ha dichiarato Susanna Lollini, un avvocato che lavora con gruppi LGBT.
Il Parlamento europeo, organo legislativo dell’UE, ha chiesto all’Italia di revocare la sua decisione sui certificati di nascita, descrivendola come “parte di un attacco più ampio contro la comunità LGBTQI+ in Italia”. Roma afferma che sta semplicemente applicando le leggi esistenti. Ma molti avvocati sostengono che la legge italiana sia ambigua.
La pressione ha portato molti sindaci in tutto il Paese a smettere di registrare i genitori gay non biologici sui certificati di nascita. Ma, in assenza di una legislazione chiara, alcuni sindaci stanno andando avanti. Tra questi c’è Sergio Giordani, sindaco della città nordorientale di Padova.
“Non c’è una legge chiara quando si parla di due madri”, ha detto Giordani, che non ha un’affiliazione politica. “Sto seguendo la mia coscienza. Faccio ciò che ritengo giusto. Lo faccio per i bambini”.
Questo mese, il procuratore distrettuale locale ha iniziato a rivedere i 34 certificati di nascita rilasciati da Giordani a bambini con due madri dal 2017, il primo passo verso la potenziale cancellazione dei nomi dei genitori non biologici.
Denise Rinehart, cittadina americana di 49 anni, vive nella città italiana di Bologna con la moglie e i loro due figli. Quando il loro figlio più piccolo è nato nel 2021, la signora Rinehart, genitore non biologico, è stata inserita nel suo certificato di nascita. La donna teme che sia questione di tempo prima che la sua posizione giuridica venga cancellata.
“Potrebbe sicuramente accadere”, ha detto la signora Rinehart, che lavora in teatro. “Temo che lo faranno con tutti”. La coppia è già impegnata in una battaglia giudiziaria che riguarda il loro primo figlio, che legalmente è solo figlio della signora Rinehart. Lei vuole che la moglie italiana, Giulia Garofalo Geymonat, sia riconosciuta come secondo genitore. Finché ciò non avverrà, il bambino di 7 anni, nato e cresciuto in Italia, non avrà diritto alla cittadinanza italiana.
“La mia più grande preoccupazione è che mi vengano negati i diritti di genitore sul nostro primo figlio e che a mia moglie vengano tolti i diritti di genitore sul nostro secondo figlio”, ha dichiarato la signora Garofalo Geymonat, 45 anni. “Se uno di noi muore o si ammala, questi bambini non sono protetti”.
Per molte coppie gay e lesbiche in Italia, l’unico modo per essere riconosciuti come genitori è l’adozione. Ma l’adozione è un processo particolarmente lento in Italia.
Nadia Lettieri e sua moglie hanno presentato la richiesta di adozione a un tribunale della loro città natale, Napoli, nel 2020, subito dopo la nascita del loro primo figlio. La prima udienza è stata fissata per ottobre 2023.
“Mia moglie è costretta ad adottare i bambini che ha visto nascere e che ha cresciuto con me”, ha dichiarato la signora Lettieri. Per questo mi fa arrabbiare quando la gente ci dice: “Basta che passiate per l’adozione, che problema c’è?””.
Il figlio più piccolo, Mattia, che ha un anno, è entrato e uscito dall’ospedale per problemi respiratori fin dalla nascita. Solo la signora Lettieri ha il permesso ufficiale di accompagnare il bambino in ospedale e di assentarsi dal lavoro per occuparsi di lui.
“Dobbiamo implorare i medici di permetterle di vedere nostro figlio, anche quando era in terapia intensiva”, ha detto la signora Lettieri. “Dipendiamo dalle concessioni dei singoli, dal loro buon cuore, che siano insegnanti o medici. Non è possibile vivere così”.
(da www.wsj.com)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL TUTTO MENTRE LE AGENZIE DI RATING METTONO NEL MIRINO L’ITALIA PER LE CONSEGUENZE DEL FLOP RECOVERY
L’offerta italiana di asili nido pubblici è una delle più basse dell’Unione europea. Per questo avremmo dovuto realizzare più di 260 mila nuovi posti entro il 2025, ma l’obiettivo è «irrealizzabile». Sarà questo uno dei passaggi più difficili dell’informativa con cui oggi il ministro degli Affari comunitari, Raffaele Fitto, farà il punto in Parlamento sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In attesa dello sblocco della rata del secondo semestre 2022, il governo sta lavorando ai 27 obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno. Ebbene, fra questi ce ne sono almeno tre che l’Italia non riuscirà a completare: uno è il già citato obiettivo intermedio sugli asili, un secondo riguarda la costruzione di impianti per il rifornimento delle auto ad idrogeno.
Dopo settimane di silenzio, Fitto ha inaugurato la stagione della trasparenza che contempla l’ammettere errori e ritardi. In buona sostanza, oggi il ministro ufficializzerà in via preventiva la difficoltà a raggiungere gli obiettivi di giugno. Un’ammissione particolarmente delicata, visto che il governo stesso, dopo aver promesso la completa revisione del piano entro il 30 aprile, ora ha preso tempo fino alla scadenza legale del 31 agosto.
Una fonte tecnica, sotto la garanzia dell’anonimato, spiega bene l’accaduto: «Avevamo l’opportunità di rivedere alcuni di questi obiettivi, ma avendo preso tempo sull’intero Piano ora tocca rispettare le scadenze intermedie». Questa frase sintetizza la difficoltà del governo Meloni a gestire tutti i problemi, solo in parte attribuibili alla nuova maggioranza: l’eccesso di ambizione, i ritardi della burocrazia, i rallentamenti dovuti alla riforma della governance, in ultima analisi l’approccio troppo politico di Fitto.
Ora che il decreto di riforma dei poteri del Piano è approvato, Fitto cerca di far ripartire la macchina burocratica. Chiara Goretti, fin qui la responsabile della struttura di missione a Palazzo Chigi, dovrebbe restare ai vertici della struttura. Il problema asili, ben presente ai tecnici fin da Mario Draghi, è fra le più discusse a Palazzo Chigi sin da allora: i tempi dei Comuni sono troppo lunghi.
La scorsa settimana, durante una lunga riunione a Chigi, Fitto ha discusso del problema con il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Quando il problema non sono i meri ritardi burocratici, c’è da fare i conti con decine di richieste di modifica dei progetti. Per accelerare i tempi il ministro degli Affari europei e Valditara hanno chiesto aiuto alle strutture provinciali del Tesoro.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
DIVENTERÀ IL PADRONE ASSOLUTO DI ITALIA VIVA – “DOMANI”: “UN PARTITO ACCENTRATORE GESTITO DA UN UOMO SOLO AL COMANDO. DAL DOCUMENTO EMERGE UN DEFICIT DEMOCRATICO NON INDIFFERENTE”
Un partito accentratore gestito da un uomo solo al comando. È questo ciò che emerge dallo statuto di Italia viva pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 19 aprile e che conferisce enormi poteri nelle mani di una sola persona: il presidente. Se dopo la rottura con Carlo Calenda e la nomina a direttore editoriale del Riformista si pensava che Matteo Renzi mettesse in secondo piano la sua carriera politica, il nuovo statuto smentisce le aspettative. L’ex presidente del Consiglio è vertice indiscusso del partito.
All’articolo 3 del documento si legge che Italia viva si ispira «dal punto di vista organizzativo ai principi di sussidiarietà, di democrazia, di separazione». Una premessa che fatica a trovare riscontro nel resto dello statuto. Sono diversi gli organi del partito di Matteo Renzi che rischiano di essere rilegati a una mera emanazione del presidente, su tutti il comitato nazionale e l’assemblea.
Se per prassi il congresso è l’organo supremo di un partito e tipicamente elegge i membri dell’assemblea e il segretario (come accade ad esempio all’interno di Azione o del Partito democratico), in Italia viva non è così.
L’assemblea nazionale non viene eletta e oltre a essere composta dal presidente, dai membri del comitato nazionale, dagli europarlamentari e parlamentari, dai membri di governo associati a Italia viva, dai presidenti di regione, dagli assessori regionali e da altre figure di partito, siedono in assemblea anche «150 amministratori locali individuati dal presidente nazionale», e «150 associati ed esponenti della società civile individuati dal presidente».
Possono partecipare all’assemblea con diritto di parola ma senza diritto di voto anche i componenti degli organismi di garanzia e i coordinatori territoriali. Figure scelte anche queste dal presidente […] Il comitato nazionale, solo su proposta del presidente, può revocare o sostituire uno o entrambi i coordinatori territoriali.
62 membri del comitato nazionale sono designati o nominati da una persona sola: Matteo Renzi. Alla domanda sugli enormi poteri di nomina che lo statuto garantisce alla figura del presidente, l’ex sindaco di Firenze risponde: «Lo statuto di Italia viva è pubblico ed è stato votato». […]
Dal documento pubblicato nella Gazzetta ufficiale emerge un deficit democratico non indifferente . Una volta ottenuta la carica, il presidente, chiunque esso sia, ha in mano il controllo del partito. Italia viva rimane così un’organizzazione gerarchica e accentrata nelle mani di una sola persona che stride con la visione di «casa aperta a tutte le donne e a tutti gli uomini che si identificano nei valori propri dello stato liberale, laico, inclusivo» e, soprattutto, «fondato sulla divisione dei poteri», come scritto nell’articolo 1 dello statuto.
(da EditorialeDomani)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
IN BILICO GAL E PAL, I SUSSIDI PER GLI OCCUPABILI : TOGLIERE AI POVERI PER REGALARE AI RICCHI
Nemmeno l’ultima bozza di riforma del Reddito di cittadinanza è chiusa. Palazzo Chigi considera il testo messo a punto sotto la regia della ministra del Lavoro, Elvira Calderone, ancora morbido e spinge per togliere del tutto o quantomeno stringere ancora le norme sulla Gal, Garanzia per l’attivazione lavorativa, cioè la prestazione da 350 euro al mese per i cosiddetti occupabili.
La riforma del Reddito dovrebbe far parte del menù del consiglio dei ministri che Giorgia Meloni ha convocato, con un colpo a effetto, il primo maggio, festa del lavoro. Obiettivi della premier: annunciare un nuovo taglio del cuneo fiscale sulle retribuzioni fino a 35 mila euro lordi; smontare il decreto legge Dignità, rendendo più facile per le imprese assumere a termine; abolire il Reddito di cittadinanza e sostituirlo con un sussidio per le famiglie povere non accessibile a single e coppie abili al lavoro
La Gal
Per gli occupabili l’ultima bozza prevede una prestazione ad hoc, la Gal appunto, di appena 350 euro al mese, al massimo per 12 mesi non ripetibili, contro i 500 euro più eventuali 280 euro per l’affitto previsti per il sussidio ordinario di povertà, ribattezzato Gil, Garanzia per l’inclusione, che inoltre ha una durata massima di 18 mesi ripetibili. Ma anche la Gal non soddisfa Palazzo Chigi, dove la linea è sempre stata: «Niente sussidio a chi può lavorare».
L’idea iniziale, infilata nella legge di Bilancio, era che gli occupabili sarebbero stati coinvolti in corsi di formazione per aiutarli a trovare un lavoro quando, da agosto, cesserà per loro il Reddito di cittadinanza. Ma il piano è fallito. Che fare allora? Meloni e il sottosegretario alla presidenza, Giovanbattista Fazzolari, non vogliono più correre il rischio di erogare la Gal a occupabili che stanno sul divano. Di qui la tentazione di far saltare la Gal. Del resto, secondo i falchi, i potenziali richiedenti la Gal, che la bozza di relazione tecnica stima in 426 mila nel 2024, in realtà spesso un lavoro ce l’hanno, ma in nero e finora lo hanno cumulato illecitamente con il Reddito di cittadinanza
La Pal
Se saltasse la Gal, salterebbe anche la Pal, la prestazione temporanea da settembre a dicembre 2023 pensata per gli stessi occupabili, in attesa della Gal che scatterebbe dal 2024. Resterebbe quindi solo la Gil per le famiglie con dentro minori, anziani e disabili, stimate in 709 mila per una spesa nel 2024 di 5,3 miliardi.
L’abolizione della Gal farebbe risparmiare quasi 2,2 miliardi, sempre nel 2024: soldi che farebbero molto comodo in vista della prossima manovra. La discussione è aperta perché la Lega è per mantenere la Gal, magari con una stretta, legandola alla partecipazione effettiva a corsi di formazione o altre misure di politica attiva e solo per la durata delle stesse (per esempio, due mesi di corso). Così chi lavora in nero non avrebbe né tempo né convenienza a partecipare. Secondo questa tesi, le domande di Gal sarebbero poche e lo Stato risparmierebbe senza bisogno di cancellare la prestazione. Il nodo va sciolto entro lunedì.
(da Il fatto Quotidiano)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL CASO DELL’UCCISIONE DELLE MARMOTTE IN ALTO ADIGE: IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA FU CONDANNATO A RISARCIRE 500.000 EURO
Plana sui tavoli della corte dei Conti il dossier orso, che ormai da settimane sta tenendo banco in Trentino. E ci arriva, sembrerebbe, per capire quali siano stati e quali siano gli interventi della Provincia per monitorare gli orsi, dai bidoni antiorso ai collari ad altri atti, come l’informazione per aiutare visitatori e residenti ad instaurare un buon rapporto con i plantigradi, come comportarsi in caso di incontri, o la prevenzione per aiutare allevatori o agricoltori a gestire nel modo migliore la vicinanza con questi animali. Ma anche perché la loro uccisione costituirebbe un danno erariale non indifferente.
L’altra questione parimenti importante sono i danni causati dai plantigradi che generano perdite nelle casse dello Stato e che quindi potrebbero spingere i magistrati contabili ad aprire un fascicolo per capire quali interventi, anche in questo caso, abbia attuato la Provincia di Trento per contenere e per monitorare. Dal sito che dovrebbe fornire indicazioni sul monitoraggio, per esempio, si scopre che “Gli aggiornamenti in mappa sulle posizioni degli orsi M62 e JJ4 sono momentaneamente sospesi a causa del difettoso segnale proveniente dai relativi radiocollari”, anche se in realtà JJ4 è stata catturata.
Secondo il rapporto Grandi Carnivori, pubblicato nel 2022, gli attacchi degli orsi e dei lupi al bestiame sono costati alle casse dello Stato 337.587 euro, dei quali 172.373 provocati dall’orso (bestiame ma anche arnie e danni all’agricoltura) e 165.231 euro per le prede del lupo. A queste somme vanno aggiunte quelle dei risarcimenti alle vittime di aggressioni.
Danno erariale, dunque, per una gestione sbagliata e per una prevenzione mancata e assente, ma danno erariale anche nel caso di abbattimenti: l’orso è una specie protetta, è sotto la tutela dello Stato, è di proprietà pubblica, è una specie di interesse comunitario, e la sua uccisione, se le ordinanze di Fugatti dovessero superare le decisioni del Tar, costituirebbe appunto un danno erariale. Era già accaduto con le marmotte in Alto Adige: la caccia aperta dall’ex presidente Luis Durnwalder gli era costata alla fine quasi 500 mila euro.
“Secondo la sentenza, ogni singolo animale appartenente alla fauna selvatica ha un suo valore”, scriveva la Lav, promotrice del ricorso, all’indomani della sentenza, “anche ‘a prescindere dalla sua collocazione nel contesto ambientalistico e nell’ecosistema’, con il relativo danno erariale in caso di sua uccisione illegittima. La regola generale delle norme a protezione della fauna selvatica per la Corte è ‘il divieto di abbattimento degli animali'”. Adesso, sottolineava ancora riguardo quella decisione dei magistrati contabili, “chi ha il compito di amministrare, ed aggiungiamo di proteggere, la fauna selvatica, potrà rispondere in prima persona di eventuali atti illeciti”.
(da agenzie)
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