Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
L’ANPI NON LO INVITA SUL PALCO DEL 25 APRILE E NE CHIEDE LE DIMISSIONI… L’ARROGANZA E L’ERRORE DELLA MELONI DI AVER VOLUTO IMPORRE ALLA PRESIDENZA DEL SENATO UN POLITICO INADATTO AL RUOLO
Fratelli d’Italia difende le parole del presidente del Senato, Ignazio La Russa, su via Rasella, l’attacco partigiano contro un reparto di occupazione nazista nel ’44. “Via Rasella non fu un atto di cui andare fieri”, dichiara Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo FdI alla Camera: “Strumentalizzare le parole di La Russa non ha senso perchè la vergognosa rappresaglia dei nazisti che colpì italiani antifascisti, ebrei e cittadini semplici non potrà mai essere giustificata da nessuno”.
Evita dichiarazioni invece la ministra del Turismo Daniela Santanché: “Io mi occupo di turismo, non commento”, dice a La Spezia.
Solo nel primo pomeriggio, a quarantotto ore dalle parole incriminate, arrivano le scuse del presidente del Senato: “Spiace sinceramente che nell’ambito di una lunga intervista rilasciata a Libero, a seguito delle mie poche parole in risposta ad una precisa domanda sulle pretestuose critiche indirizzate a Giorgia Meloni in occasione delle celebrazioni per l’Eccidio delle Fosse Ardeatine – a cui ho più volte partecipato con profondo sdegno e commozione – sia nata una polemica più ampia di quella che volevo chiudere”, scrive in una nota La Russa. “Fatte salve le persone che hanno commentato pretestuosamente e in prevenuta malafede, voglio invece scusarmi con chi anche in forza di resoconti imprecisi abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso”, aggiunge.
Lo stesso La Russa prima delle scuse si era difeso dalle polemiche per le frasi pronunciate giovedì e pubblicate ieri dal quotidiano Libero, in cui definiva l’azione della Resistenza come “una delle meno gloriose”, perché a suo dire colpì “una banda musicale di semi-pensionati, non biechi nazisti delle SS”.
“Forse avrei potuto specificare meglio che si trattava effettivamente di nazisti, quello sì, ma mi pareva una cosa ovvia. Però in effetti potevo essere più preciso su quello – ha dichiarato il fondatore di FdI al Corriere – Se avessi voluto su via Rasella avrei detto ben altro. D’ora in poi non parlerò più di fatti storici, solo di attualità – promette – e mi aspetto che mi si giudichi su quello che faccio e dico sui temi d’attualità, non sul passato, del quale semmai parlerò con gli storici”.
Poi la nota per scusarsi e provare a chiudere la vicenda. “Ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti, ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio. Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo”.
La presa di distanze della Lega
Sul caso, dopo 24 ore di silenzio, interviene anche la Lega, col sottosegretario Claudio Durigon: “Fascismo e nazifascismo hanno in qualche modo rovinato l’Italia in quegli anni e non credo che oggi possano più tornare, per nostra fortuna. L’antifascismo è stato sicuramente, con i partigiani, una cosa utilissima all’Italia e se oggi abbiamo questa democrazia è proprio grazie a questo”.
L’Anpi, l’auspicio di dimissioni e il 25 aprile
Alla manifestazione nazionale del 25 aprile a Milano l’Anpi non ha invitato a parlare dal palco né il presidente del Senato Ignazio La Russa, né quello della Camera Lorenzo Fontana. Cosa già avvenuta negli anni passati (dal palco intervennero Laura Boldrini nel 2013 e Pietro Grasso nel 2017) ma che, dopo le polemiche per le parole di La Russa su via Rasella prendono un ulteriore significato. “La seconda carica dello Stato – commenta il presidente milanese dell’Anpi Roberto Cenati – dovrebbe essere un punto riferimento per tutti, unire il Paese non per dividerlo e lui sta facendo un’azione divisiva denigrando la resistenza che invece è stato un moto unitario di tutti i partiti e di popolo che ci ha liberato dal nazifascismo, ha restituito la libertà a tutti. E’ chiaro che al corteo partecipa chiunque vuol partecipare”, aggiunge, e quindi “tutti sono benvenuti” anche e soprattutto perché “vogliamo che il 25 aprile sia una manifestazione partecipata e non divisiva”. Anche per questo a parlare dal palco non sono tradizionalmente invitati esponenti del governo, “di qualsiasi coalizione siano”. E non sempre sono invitate le prime cariche dello Stato.
Quest’anno però nella decisione del Comitato permanente antifascista hanno pesato anche le “esternazioni” fatte in passato da La Russa e da Fontana. Sul palco interverranno quindi il sindaco di Milano Giuseppe Sala, lo stesso Cenati, il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, il segretario della Cisl Luigi Sbarra, la presidente nazionale dei partigiani cristiani Mariapia Garavaglia, quello dell’Aned, l’associazione ex deportati, Dario Venegoni mentre sarà proiettato su un maxischermo l’intervento del partigiano Aldo Tortorella, deputato ed ex presidente del Pci che il 10 luglio compirà 97 anni. A parlare sarà poi una studentessa per “dare voce ai giovani perché raccolgano il testimone della memoria”.
“La Russa dovrebbe avere la coscienza delle dimissioni da presidente del Senato dopo le sue parole su via Rasella perché è palesemente inadeguato al ruolo che ricopre”, dichiara il presidente dell’Anpi Pagliarulo a Radio Popolare, sulla possibile richiesta di dimissioni da parte dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani. Sulla presenza di rappresentanti del governo e della maggioranza alle celebrazioni del 25 aprile, Pagliarulo afferma: “Condivido la scelta di Roberto Cenati, presidente provinciale dell’Anpi di Milano, di non invitare rappresentanti delle istituzioni sul palco della manifestazione dopo le imbarazzanti dichiarazioni di La Russa. Mi sembra una scelta saggia dopo una situazione così delicata e sgradevole che si è venuta a creare con le dichiarazioni del Presidente del Senato”.
Le polemiche dell’opposizione
L’ultima uscita della seconda carica dello Stato viene biasimata dal Pd. “Qui non siamo più nel campo delle gaffe. Ormai La Russa ne ha inanellate una serie per cui a me pare di poter dire, con educazione, che la seconda carica dello Stato è ricoperta da chi non ne ha le caratteristiche”, afferma il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, definendo le sue parole “vergognose e bugiarde”.
“Il Presidente del Senato insiste – dichiara il senatore del Pd, Filippo Sensi – Se possibile, peggiora la sua posizione. C’e una sola parola per definirla. Una sola strada per contrastarla. Tutto nella nostra Costituzione, nei fondamenti della Repubblica, della democrazia della quale portiamo il nome come Partito democratico”.
Duro anche il segretario della Cgil, Maurizio Landini: “Il presidente del Senato La Russa, come tanti altri, dovrebbe ricordarsi sempre che se oggi la nostra è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e ci sono libere elezioni che hanno permesso al suo partito di essere in parlamento e al governo è grazie ai partigiani e agli antifascisti che hanno difeso il nostro Paese e che hanno sconfitto il nazifascismo nel nostro Paese”. ha dichiarato a Rai Radio1. “Senza quegli atti, senza quella lotta – ha aggiunto Landini – il nostro Paese non sarebbe oggi una democrazia. Sarebbe necessario che chi ha giurato sulla Costituzione la riconosca, la applichi e si batta in questa direzione”.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
CHI E’ “PASHA MERCEDES” FINITO AGLI ARRESTI DOMICILIARI
«Niente di strano, solo ‘Pasha Mercedes’ con una sciarpa Louis Vuitton». Con queste parole il sito di notizie indipendente bielorusso Nexta commenta ironicamente una foto che ritrae il metropolita e vicario del monastero di Kiev “Pershersk Lavra” Pavel, destinatario della feroce ironia della testata a causa del suo gusto per il lusso.
L’immagine immortala il momento in cui il metropolita parla con i fedeli e i giornalisti prima di essere portato da agenti dei servizi ucraini davanti al magistrato per l’interrogatorio. Lui stesso, infatti, ha riferito di aver ricevuto questa mattina un mandato di perquisizione da parte delle autorità ucraine.
E successivamente ha annunciato di esser stato messo agli arresti domiciliari, anche se al momento la notizia non ha ancora avuto una conferma ufficiale. «Ora la mia casa sarà perquisita», ha affermato. Aggiungendo di essere accusato di «collaborazione con la Russia e incitamento interreligioso», in quanto avrebbe «maledetto il presidente Zelensky» per una una sua citazione di versi del Vangelo. Il servizio stampa della Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca ha in precedenza confermato che il metropolita è stato convocato per un interrogatorio.
Le accuse
La procura generale di Kiev su Telegram, citata da Unian, ha riservato parole durissime al metropolita, a loro dire colpevole di aver «offeso i sentimenti religiosi degli ucraini» e di aver «giustificato l’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina».
Il sospetto, in particolare, riguarda quella che definiscono la «violazione dell’uguaglianza dei cittadini a seconda della loro razza, nazionalità, appartenenza regionale, credenze religiose, e la giustificazione-negazione dell’aggressione armata della Federazione Russa contro l’Ucraina e glorificazione dei suoi partecipanti».
«Secondo le indagini, il religioso nei suoi discorsi ha ripetutamente insultato i sentimenti religiosi degli ucraini, sminuito le opinioni dei credenti di altre fedi e ha cercato di creare atteggiamenti ostili nei loro confronti», conclude l’accusa. Pavel per il momento ha respinto le accuse dei servizi ucraini (Sbu), ribadendo di essere «contro l’aggressione» ma senza menzionare esplicitamente la Russia: «Non ho fatto nulla per essere accusato. Questo è un caso politico. Non sono mai stato dalla parte dell’aggressione. Sono contro l’aggressione. E ora mi trovo in Ucraina. Questa è la mia terra»
Lo strappo tra chiesa russa e ortodossia ucraina
Quello di oggi è un nuovo round del conflitto intorno alla Pechersk Lavra di Kiev. L’ortodossia ucraina ha tagliato i rapporti con Mosca e ha dichiarato la sua piena indipendenza dalla chiesa russa. Il 29 marzo avrebbe dovuto essere l’ultimo giorno per il clero della Chiesa ortodossa ucraina filo-russa per lasciare lo storico complesso monastico rupestre. La Pechersk Lavra di Kiev ospita un ramo del cristianesimo ortodosso in Ucraina che è tradizionalmente fedele al patriarca Kirill, leader della chiesa russa. Il quale si è dimostrato uno stretto alleato del presidente Vladimir Putin ed è accusato di essere sostenitore della guerra contro l’Ucraina. Per questo ai monaci è stato ordinato di lasciare il monastero, mentre da giorni i fedeli di rito russo stazionano davanti all’edificio religioso. Intanto il ministero della Cultura di Kiev ha intentato una causa contro la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca (Uoc-Mp) per non aver permesso alla commissione ministeriale di prendere possesso del Monastero delle Grotte nella capitale.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
AGGRESSIONI RAZZISTE AI MIGRANTI SUDSAHARIANI, CLIMA SEMPRE PIU’ TESO
La Tunisia è diventata la nuova Libia. Tunisi non è più un posto sicuro per i rifugiati. Sono queste le frasi che in tantissimi scrivono su Twitter, condividendo diversi video su quanto sta accadendo nella capitale tunisina, davanti alla sede dell’agenzia Onu per i rifugiati. Da alcuni giorni è in corso un sit-in, organizzato da migranti originari per lo più dai Paesi dell’Africa subsahariana che chiedono di essere evacuati. Denunciano un clima di odio e razzismo crescente, che spesso si trasforma in veri e propri rastrellamenti per cacciare i migranti dalle loro case.
Con la crisi economica che si fa sempre più profonda, le tensioni sociali sono peggiorante. Sono stati denunciate diverse aggressioni per le strade ai danni dei migranti, tra insulti e veri e propri attacchi fisici. Il presidente tunisino Kais Saied ha addossato la colpa della crisi ai richiedenti asilo, affermando che nel Paese sia in corso un tentativo di “sostituzione etnica”. Ma per il governo italiano, che teme un aumento della pressione migratoria e si sta occupando dell’assistenza finanziaria del Paese, non sarebbero in corso violazioni dei diritti umani in Tunisia, come invece denunciano diverse organizzazioni.
La pagina “Refugees in Tunisia” sta diffondendo in queste ore diversi video di quanto sta accadendo, specialmente delle proteste che continuano davanti alla sede dell’Unhcr. “Non siamo al sicuro”, “Dobbiamo essere evacuati”, dicono i migranti.
“Non c’è futuro qui per noi o per i nostri figli. Abbiamo solo bisogno di essere evacuati”, racconta un ragazzo. “Lanciamo un appello all’Unione europea e all’Unione africana, venite in nostro aiuto prima che comincino a ucciderci”, ha aggiunto, chiedendo che vengano liberati coloro che sono stati imprigionati per il solo fatto di essere migranti.
Diverse persone da settimane rimangono accampate di fronte alle istituzioni internazionali, dove si sentono più al sicuro dagli attacchi razzisti che la popolazione dalle regioni subsahariane sta subendo. L’Agenzia Onu per i rifugiati, da parte sua, ha condannato le violenze, chiedendo alle autorità tunisine di proteggere queste persone e perseguire i responsabili. Ma nulla sembra essere cambiato e il clima nel Paese è sempre più teso.
Nelle ultime ore molti migranti che stanno protestando a Tunisi hanno anche denunciato come le forze di sicurezza tunisine siano intervenute per disperdere i manifestanti, cercando di arrestare arbitrariamente diverse persone.
(da Fanpage)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
LA MELONI HA TOLTO IL DOSSIER DALLA SCRIVANIA DEL VIMINALE E L’HA TRASFERITO A PALAZZO CHIGI DOVE VERRÀ PRESO IN CARICO DA UNA CABINA DI REGIA INTERMINISTERIALE RAFFORZATA DAI VERTICI DEGLI APPARATI DI SICUREZZA
I due argomenti più importanti sono stati il Pnrr e il dossier migranti. Ed entrambi hanno un filo conduttore, condiviso dalla prima carica dello Stato e dalla presidente del Consiglio. Sia sul Piano di ripresa e resilienza oggetto di valutazione a Bruxelles, sia su quella che da oggi all’estate può diventare un’enorme emergenza, l’Italia è chiamata a fare uno sforzo maggiore, indipendentemente dalla collaborazione o dall’interlocuzione con l’Unione europea.
Su entrambi i dossier Roma deve anche muoversi da sola, se così di può dire, condizione necessaria perché poi in sede comunitaria arrivino aiuti reali. Si può fare un esempio concreto.
Meloni lo ha annunciato a Sergio Mattarella, una cabina di regia sui migranti è ormai strutturata a Palazzo Chigi, una prossima riunione si terrà martedì ed è il tentativo costante di coordinare al meglio una risposta di tutto il sistema nazionale alla progressione degli sbarchi.
Del resto il dossier ha una quota di politica estera, una di sicurezza, una finanziaria legata agli aiuti diretti alla Tunisia, una di civiltà legata allo stato dei centri di accoglienza: per questo martedì intorno a un tavolo ci saranno il ministro della Difesa, Guido Crosetto, da cui dipende la nostra Marina, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, e probabilmente anche i vertici dei nostri apparati di sicurezza.
Come nel caso dei migranti da parte di Bruxelles la cooperazione potrà essere massima se le competenze nazionali saranno dispiegate al massimo della loro efficacia. Due ore di colloquio, con l’agenda del premier che viene modificata, hanno fatto pensare a una sorta di convocazione urgente della presidente del Consiglio da parte di Mattarella. In primo luogo per l’apprensione istituzionale che suscitano le notizie degli ultimi giorni sul Piano di ripresa europeo.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
ATENE FA MEGLIO DI ROMA
Non è bastata la crescita dell’occupazione nel 2022, passata dal 58,2% al 60,1%, per evitare all’Italia di restare in ultima posizione tra i Paesi Ue e ben lontana dalla media Ue a 27 del 69,9%.
Secondo le ultime tabelle diffuse da Eurostat, l’Italia è stata sorpassata anche dalla Grecia, che ha visto un miglioramento di 3,5 punti salendo al 60,7%.
Per l’Italia ultima posizione quindi sia per l’occupazione femminile al 51,1%, a quasi 14 punti dalla media Ue al 65%, sia per quella maschile al 69,2%, a fronte del 74,8% della media Ue.
Il tasso di occupazione femminile aveva registrato un aumento di 2,1 punti sul 2021, superando la crescita della media Ue. Ma fa meglio la Grecia che ha guadagnato tre punti in più passando dal 48,2% al 51,2% tra il 2021 e il 2022.
Quasi irraggiungibile la Germania, che sale dal 72,2% al 73,5%. Sul fronte dell’occupazione maschile non bastano i 2,1 punti di crescita per evitare il sorpasso greco, con Atene che guadagna quasi quattro punti passando dal 66,4% al 70,3%. Anche qui Berlino vola lontano con un’occupazione maschile dell’80,9% rispetto al 79,3% dell’anno precedente.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
NEL NOSTRO PAESE, PER L’ESERCENTE, LA TRANSAZIONE CON LA CARTA COSTA MENO RISPETTO ALLA MEDIA EUROPEA… GLI ESERCENTI BORBOTTANO? SARA’ CHE CON I PAGAMENTI ELETTRONICI È IMPOSSIBILE FARE IL “NERO”?
L’Italia è tra le trenta economie con più alta incidenza del contante al mondo (è 28esima su 144 Paesi, un posto in meno dello scorso anno), con un valore del contante in circolazione sul Pil pari al 14,3%.
La Penisola perde una posizione anche nella classifica dei Paesi europei per processo di transizione cashless: è terzultima, davanti solo a Romania e Bulgaria. Questo, però, non per un’avversione degli italiani ai pagamenti digitali, dal momento che oltre sette su dieci vorrebbero aumentare la transazioni cashless.
E’ quanto emerge dal ‘Cash Intensity Index 2023’, presentato oggi a Villa D’Este a Cernobbio, in occasione della tavola rotonda della Community Cashless Society.
A livello regionale, la classifica 2023 della Community Cashless Society è aperta per il sesto anno consecutivo dalla Lombardia. Fanalino di coda nei pagamenti digitali la Calabria.
Il Nord Italia si classifica tutto nella top-10, il Mezzogiorno nelle ultime sette posizioni, mentre al Centro le migliori sono Toscana (4° posto) e Lazio (5° posto). Nella classifica delle Città metropolitane Firenze si conferma per il secondo anno consecutivo al 1° posto davanti a Milano e Genova.
Dal rapporto della Community Cashless Society emerge anche che i costi delle commissioni sostenuti in Italia dagli esercenti sono inferiori alla media europea e al costo di gestione del contante (1%).
Secondo uno case study elaborato ad hoc, i pagamenti cashless riportano – in media – costi inferiori rispetto al contante e l’accesso al credito d’imposta del 30%, entrato in vigore con il Dl 124/2019, consente ai piccoli esercenti di pagare commissioni ancora inferiori alla media.
Osservando i risultati del modello, infatti, il costo medio si attesta tra lo 0,7% e lo 0,9% dei ricavi incassati con carta e decresce al ridursi del fatturato in quanto aumenta il peso (in percentuale sul totale) dei ricavi esenti da commissioni. Ricorrendo al credito d’imposta, inoltre, tale costo si abbassa ulteriormente fino allo 0,5%/0,6%.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
QUANTO COSTA SPOSTARSI PER PASQUA
Si avvicina Pasqua e milioni di italiani viaggeranno tra le città per raggiungere le famiglie con cui trascorrere le festività.
Ma come ogni festa ad aumentare non sono solo gli spostamenti, ma anche i prezzi dei voli. È cosa nota ormai che alcuni viaggi raggiungono prezzi esorbitanti sotto le feste, in particolare per quelli da Nord a Sud.
E Assoutenti ha realizzato uno studio, riporta il Sole 24 Ore, che delinea quanto costerà per gli italiani viaggiare durante la Pasqua alle porte. Si stima che saranno almeno 8 milioni le persone che partiranno, mentre circa 2 milioni e mezzo sono gli indecisi.
Nelle ultime festività di Natale, il caro voli era finito anche nel mirino dell’Antitrust che avevano avviato un’istruttoria contro alcune compagnie aeree (Ryanair, Easyjet e Wizz Air) per capire se avessero distorto la concorrenza aumentando i prezzi dei biglietti sulle tratte per la Sicilia.
Queste vacanze però sembra non essere cambiato molto. Ecco i prezzi delineati da Assoutenti, che intanto fa appello al Governo per vigilare il comportamento delle compagnie aeree che effettuano collegamenti soprattutto per le isole come Sicilia e Sardegna.
I prezzi per i viaggi dal Nord al Sud
I voli verso la Sicilia sono da sempre tra i più costosi. Il volo di sola andata da Roma a Catania per giovedì 6 aprile parte da 369 euro. Mentre quello dalla Capitale a Palermo inizia da 253 euro. Se da Milano si vuole raggiungere Brindisi, sempre quel giorno, il prezzo inizia da 182 euro. Se dal capoluogo lombardo si vuole arrivare a Cagliari si parla, invece, di 154 euro. Da Roma sarebbe invece ben 160. Prezzi base, a cui poi andranno aggiunti i prezzi aggiuntivi, come ad esempio i bagagli o eventuali assicurazioni sul biglietto.
La situazione (che non migliora) dei treni
Non solo aerei. Anche chi decide di muoversi con il treno, non trova grandi sconti. La tratta Torino-Napoli per i prossimi 6 o 7 aprile costa con 95,90 euro con la compagnia Italo e 92,90 con Trenitalia. Raggiungere, invece, Salerno partendo da Milano – sempre con Trenitalia – costa almeno 104 euro. Da Milano a Bari sono 169,90 euro e 164 da Torino a Reggio Calabria. Con Italo non ci si discosta molto se non di qualche decina di euro. «Il trasporto ferroviario registra aumenti del +4,9% su base annua, mentre i voli nazionali sono rincarati rispetto allo scorso anno addirittura del +71,5%, quelli internazionali segnano invece un +59%», dichiara il presidente dell’associazione Furio Truzzi.
I viaggi all’estero
Se spostarsi dal Nord al Sud dell’Italia è un colpo ai portafogli degli italiani, anche per l’estero non ci sono buone notizie. Il volo di sola andata Milano-Sharm el-Sheikh del 7 aprile costa ben 521 euro. Leggermente meno se si decide di partire dalla Capitale (400 euro). Per raggiungere Capo Verde si parla di oltre 700 euro sia da Milano che da Roma. Chi punta alle Seychelles metta in conto cifre simili. Da Malpensa, rileva ancora l’associazione, sono 690 euro e da Fiumicino 500. Infine, Milano–Maldive ben 750 euro.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
L’ESPONENTE DEL GOVERNO HA RILASCIATO UNA INTERVISTA SULLA LIBERTA’ DELLE DONNE
Una donna posa in modo provocante, avvolta da un drappo con i colori della bandiera francese. È la protagonista di una delle quattro foto che occuperanno per intero le pagine del numero della rivista Playboy che uscirà il prossimo 8 aprile.
La notizia ha fatto sussultare i frequentatori dei palazzi del potere a Parigi perché la donna che si è concessa all’obiettivo, mentre tra le strade continuano ad esplodere tensioni e violenze contro la riforma delle pensioni, non è una tradizionale modella. Ma il Segretario di Stato con delega all’Economia Sociale e Solidale, Marlène Schiappa.
La quale ha deciso di aprirsi con il magazine fondato da Hugh Hefner, in un’intervista basata «principalmente sulla libertà delle donne ma anche sul femminismo, la politica e la letteratura».
Ben dodici pagine, in cui saranno discussi diversi temi: dalla violenza sulle donne e intrafamiliare, all’economia solidale, passando per ecologia e riscaldamento globale.
«Marlène Schiappa è l’unica ministra in grado di rispondere alle domande di una rivista come Playboy, è anche la prima politica a occuparsene», si vanta chi le sta intorno, secondo quanto riporta Le Parisien. E la ragione di ciò è da rintracciare nella sua personalità al di fuori degli schemi.
Chi è Marlène Schiappa
A differenza della maggioranza dei politici francesi formati all’Ena, la scuola nazionale d’amministrazione, Schiappa proviene dalla società civile. Nata a Parigi nel 1982, figlia di uno storico e di una vicepreside, è cresciuta in una tenuta comunale multirazziale a nord della capitale francese. Le sue stesse origini sono miste: nelle sue vene scorre sangue corso e italiano (i suoi nonni erano di Bergamo). Ha studiato geografia alla Sorbona per un anno, ma poi ha conseguito la laurea in comunicazione all’Università di Grenoble. Il suo impegno politico si è dimostrato tanto costante quanto precoce: già nel 2001, si presenta in una lista associativa durante le elezioni municipali di Parigi. Successivamente, oltre a lavorare alcuni anni per l’agenzia pubblicitaria Euro RSCG, alimenta la sua passione per la scrittura, dedicandosi alla stesura di articoli per svariati giornali e blog.
Ha partorito anche interi volumi: saggi sulla conciliazione tra famiglia e lavoro, ma anche un libro biografico sull’amore tra la bisnonna e un diplomatico italiano, e alcuni romanzi erotici firmati sotto pseudonimo. L’anno che segna un punto di svolta è il 2008, quando il nome di Schiappa inizia ad essere noto grazie alla creazione del suo blog Maman travaille. Una sorta di forum per mamme lavoratrici, che avrà così tanto successo da trasformarsi successivamente in un’associazione per rilanciare diverse proposte sull’uguaglianza tra uomini e donne e sul miglioramento dell’equilibrio tra vita professionale e privata.
La scalata al potere
L’impegno per la parità di genere sarà uno dei tratti distintivi del suo impegno politico, che parallelamente continua a dare frutti: nel 2014, viene nominata vicesindaco per l’uguaglianza a Le Mans (città nella quale, nel frattempo, si è trasferita).
Attraversa dunque tre governi: nel 2017, con Edouard Phillipe, viene nominata Segretario di Stato incaricato della parità tra donne e uomini. Nel corso del mandato, fa parlare la norma da lei promossa (l’omonima «legge Schiappa»), volta a punire le molestie di strada e quelle informatiche, oltre ad ampliare a definizione di stupro negli articoli 222-23 del codice penale nazionale. Era il 2018, lo stesso anno in cui fa parlare la sua decisione di donare ciocche di capelli ad un’associazione che produce parrucche per donne malate di cancro.
La stessa chioma che, insieme ad altre caratteristiche estetiche, scatenò i commenti dei media al momento della sua elezione. E la sua conseguente indignazione: «Quando ho letto i primi ritratti che parlavano di me, sono rimasta di stucco. Si cominciava con i miei lunghi capelli, il trucco, i vestiti: delle donne si guarda prima il fisico, poi la vita privata e solo dopo la competenza».
Decise quindi di passare allo chignon, «per essere presa sul serio». Tre anni dopo, nel luglio 2020, viene nominata Ministro Delegato per la Cittadinanza, insieme a Gérald Darmanin, nel nuovo governo di Jean Castex. A distanza di due anni, sotto il governo di Elisabeth Borne, arriva il ruolo che tutt’oggi riveste, quello di Segretario di Stato responsabile dell’Economia Sociale e Solidale e della Vita Associativa.
In questi panni (metaforicamente), ha deciso di posare per Playboy: le indiscrezioni parlano di esponenti politici su tutte le furie.
Nonostante l’ufficio del ministro ha puntualizzato che Marlène è «vestita e indossa un lungo abito bianco» in tutte le foto, le testate locali riportano alcuni spezzoni di conversazione. «Non importa il vestito, è inammissibile!», avrebbe sbuffato un consigliere ministeriale. Quest’ultimo teme che la sua scelta danneggi l’immagine del governo, nel bel mezzo della crisi sociale in corso.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
LA POSIZIONE ANTIDILUVIANA SULLA TUTELA DELL’AMBIENTE
Possiamo abbracciare la transizione ecologica, e in pochi anni tornare leader globali, oppure continuare a difendere un mondo che è passato.
Come dice Salvini, può essere davvero che a Bruxelles girino altre valigette piene di bigliettoni, dopo quelle del Qatar, sganciate per togliere di mezzo prima possibile le auto a benzina e diesel. Esattamente come può essere che l’industria tradizionale dell’automotive non abbia ottenuto protezione per decenni, e incentivi miliardari, a titolo gratuito.
Perciò, se lasciamo perdere le ipotesi campate in aria – ben felici di conoscere i misfatti semmai saltassero fuori – resta sul tavolo la posizione antidiluviana delle nostre destre sull’Ambiente.
Se avessimo cominciato a costruire noi le batterie per le vetture elettriche, invece che lasciare questo campo ai cinesi, con la creatività dei nostri produttori avremmo la fila, pure da Pechino, per acquistarle.
Invece lo Stato ha regalato montagne di denaro pubblico alla Fiat, sotto forma di contributi, rottamazioni, cassa integrazione, senza pretendere che si aggiornasse la tecnologia.
Così noi siamo stati scavalcati da chi appena trent’anni fa non sapeva fare altro che copiarci. Ora siamo allo stesso bivio. Possiamo abbracciare la transizione ecologica, e in pochi anni tornare leader globali, oppure continuare a difendere un mondo che è passato.
D’altra parte, anche se Salvini non lo dice, in Italia stanno nascendo le più grandi Gigafactory d’Europa per le batterie (in Piemonte) e il solare (in Sicilia).
Industrie per cui serviranno sempre più occupati, mentre nei vecchi stabilimenti si licenzia. E non serve essere geni per capire chi ha futuro e chi no.
(da agenzie)
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