Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
ESISTE DAVVERO O E’ UN FANTASMA?
Marta Fascina esiste? Sta a Berlusconi come Clizia sta al poeta Montale: è il fantasma che lo cambia. C’è chi ha dubitato della sua esistenza, chi per anni ha cercato una sua foto. La prima, per molto tempo la sola, è stata scattata nel 2013. Era il comitato del Pdl, a Portici, provincia di Napoli.
È il comune dove ha abitato e frequentato il Liceo Flacco. In città: “Mai vista”. La sua casa di origine è in via San Cristoforo. A un chilometro di distanza, in via Libertà, è cresciuta Noemi Letizia, la ragazza che nel 2009 fece perdere la testa e il governo a Berlusconi. Il sindaco, di sinistra, Vincenzo Cuomo: “Che io sappia, mai tornata”.
È nata in Calabria a Melito di Porto Salvo, ma si è trasferita in Campania a otto anni ed è dunque solo un nome all’anagrafe. Un giornalista locale: “Mi dispiace. Niente”.
Nel febbraio del 2018, Mimmo De Siano, coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, ricevette una chiamata. Era lui, il presidente, il Cav., e gli chiedeva di “tutelare” e candidare in posizione alta, anzi, altissima (elezione certa) la dottoressa Marta Antonia Fascina. L’accento è sulla i.
Venne inserita in ben due collegi plurinominali. A Napoli nord, al terzo posto (dietro Mara Carfagna) a Napoli sud, al secondo posto (al primo c’era Paolo Russo). Onorevole prima ancora di essere eletta. De Siano al telefono: “Presidente, obbedisco. Ma posso chiederle chi è?”.
E’ la terza donna. Giorgia Meloni a destra, Elly Schlein a sinistra e lei sopra, ad Arcore, l’isola di Utopia italiana. In un venerdì di marzo, a soli 33 anni (è già alla seconda legislatura) Marta ha chiesto al sire di ridimensionare Licia Ronzulli e di promuovere il deputato Alessandro Sorte, il suo tenero Mammolo, coordinatore regionale della Lombardia. Il sire ha accordato.
Un giorno, dicono a Villa Grande, a Roma, Berlusconi rivolgendosi ai suoi ospiti fece un segno che chi era presente non ha mai più dimenticato. Alzò il dito della sua mano destra, lo portò in alto, verso il capo, e disse: “Marta ha testa. Io amo la sua testa”. Marta ha baciato Silvio e da allora è Martaneve e vive chiusa nel suo castello con la golf cart: “Silvio, guida piano”. Altri assicurano che sia stata Marina a presentarla al padre. Sono congetture, come questa: “Ora anche Marina la teme”. Una terza versione: “Stava celata ad Arcore. Era il bromuro contro Francesca Pascale”.
Questa è un’ulteriore variazione sul tema ed è raccolta sempre a Portici: “Si parla di una valanga di lettere spedite da Marta a Berlusconi. C’è chi l’ha vista alle Poste. Giorno per giorno. Continuamente. Assiduamente. Faceva la fila. Colla e francobollo. Ostinata. Berlusconi rimase stupito da tanta tenacia e chiese di conoscerla. In pratica esiste l’epistolario tra Silvio e Marta”. La madre è un ex insegnante in pensione. L’ex marito, il padre di Marta, è cancelliere presso il Tribunale di Napoli. L’altro figlio è Claudio, militare a Bolzano. Il 19 marzo del 2022, tutta la famiglia Fascina era a Villa Gernetto, a Lesmo, insieme a Gigi D’Alessio, Matteo Salvini, Sgarbi, Fedele Confalonieri e altri sessanta invitati per il primo “non matrimonio” tra Marta e Silvio.
Era più vero del vero anche se era finto, una promessa di unione, una stregoneria che ha incantato pure Confalonieri che scherzando avrebbe detto: “Solo Silvio poteva inventarsi l’über matrimonio”. Gli anelli nuziali erano d’oro, di Damiani. Il vestito della sposa lo ha cucito per l’occasione Antonio Riva.
Il padre di Marta ha perfino alzato la veletta e le ha avvicinato le labbra sulla fronte. Martaneve esiste. Alle ultime elezioni è stata eletta nel collegio di Marsala, ma per un consigliere regionale di FI: “E’ probabile che non sappia neppure come ci si arrivi a Marsala”. Dopo la separazione di Berlusconi dalla Pascale molti hanno provato a raccontare questo ultimo e speciale rapporto. Ma si può raccontare il silenzio? Quando Giorgia Meloni e Salvini vengono invitati a Villa Grande, o ad Arcore, lei, Martaneve, c’è sempre ma sempre tace.
Che biografia può possedere una donna di soli 33 anni che da cinque anni vive reclusa, e felice, tanto da temere la bomba atomica e commissionare un rifugio bunker?
E’ vero che lo abbia commissionato ma nel suo caso è più simile alla campana di vetro. Gli episodi di vita parlamentare che riguardano l’onorevole Fascina sono alla fine tre. Nel dicembre 2021 stigmatizza il mensile tedesco Siegessaule Magazin, colpevole di aver pubblicato in copertina l’opera del blogger Riccardo Simonetti, un uomo travestito da Madonna. Per Martaneve era stato “profanato un simbolo”.
Dopo il fallimento della famigerata “operazione scoiattolo”, la ricerca di voti per fare eleggere Berlusconi presidente della repubblica, una sua frase stizzita: “Il nostro presidente dimostra di essere un gigante immenso in un teatro di personalità insignificanti, irrilevanti e passeggere”.
Durante la crisi del governo Draghi, e l’uscita dal partito di Renato Brunetta, pubblica sul suo profilo Instagram questo giudizio: “Roma non premia i traditori”. E’ accompagnata dal video de Un Giudice, la canzone di De Andrè, e dal verso: “Un nano è una carogna di sicuro…”.
E’ convinta che il suo Silvio sia stato raggirato da donne che puntavano solo alla materialità, vittima di una congiura, e che lei sia la sua “purezza”. Perfino questo lunedì, prima che Berlusconi venisse ricoverato al San Raffaele, i soli militanti che sono riusciti a sentire Berlusconi sono i fortunati di Bergamo dove il direttore d’orchestra è l’amico di Martaneve, Sorte.
Era stato convocato un comitato provinciale del partito quando improvvisamente Sorte dice: “Amici, abbiamo una telefonata”. Era Martaneve e annunciava: “Amici, il presidente vuole comunicarvi un importante cambiamento. Vai Silvio”.
Stava per essere ufficializzata la nomina di Sorte al posto di Licia Ronzulli, come coordinatore della Lombardia, ma il Cav. fa confusione con Alessandro Cattaneo che ha rimosso dalla carica di capogruppo alla Camera: “Ho deciso di nominare Alessandro…”. In sottofondo si sente la voce di Martaneve che suggerisce “Sorte, Sorte”. Ma lui, Berlusconi: “Alessandro Cattaneo”. A quel punto la telefonata si interrompe.
Non è escluso che possa essere una burla di Berlusconi, un modo per irridere chi dice “Non è più lui” o chi alza le braccia perché “ora bisogna cercare una nuova casa. Forza Italia è finita. Marta vuole la guida”, un modo ancora per burlarsi, finanche, di Martaneve che ai deputati raccomanda: “Non dovete passare da Licia. Se avete richieste chiedete a me”.
(da il Foglio)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
SUL CANTO SALVINI E FEDRIGA IN SILENZIO: QUESTI SAREBBERO I “PATRIOTI”?
Diventa un caso la chiusura del comizio finale del centrodestra
a Udine, dove sono saliti sul palco per sostenere il governatore uscente del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga alcuni big della coalizione con Matteo Salvini e Antonio Tajani.
Il comizio in piazza XX settembre si è concluso con l’inno di Mameli, che però non tutti hanno voluto intonare.
Se per esempio cantavano gli esponenti di Fratelli d’Italia e Forza Italia, compreso il ministro degli Esteri, non altrettanto hanno fatto i leghisti sul palco, da Salvini al sindaco di uscente di Udine, Pietro Fontarini, oltre che Fedriga.
Bocche serrate per gli esponenti del Carroccio, fatta eccezione per il viceministro Vannia Gava, che invece ha cantato l’inno con gli alleati.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
TASSE, CHI PAGA E CHI NO: LA NON PUNIBILITA’ PER I REATI FINANZIARI E’ L’ENNESIMO STRAPPO AL PRINCIPIO DI UGIAGLIANZA E IL CODICE DEGLI APPLATI PARE UN PESCE D’APRILE
Fino a quando coloro che pagano le imposte subiranno senza reagire? Secondo la Corte dei Conti, il condono allargato previsto dalla manovra del governo Meloni rischia di “attenuare l’effetto deterrente esercitato dalle attività di controllo e di riscossione, inducendo in molti contribuenti, anche non gravemente colpiti dalla crisi indotta dalla lunga pandemia e dall’eccezionale aumento dei costi dei prodotti energetici, il convincimento che il sottrarsi al pagamento dei tributi possa essere notevolmente vantaggioso”. Così Chiara Brusini sul Fatto Quotidiano del 2 dicembre 2022.
Se errare è umano, perseverare è diabolico e il Consiglio dei ministri ha varato un altro provvedimento che esclude la punibilità per i reati previsti dalle leggi finanziarie (nel gergo comune “reati tributari”) in caso di concordato con il fisco.
Si tratta di un ulteriore strappo al principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge previsto dall’art. 3 della Costituzione. Già la situazione normativa è sconcertante. Ad esempio, secondo la legge penale comune, che vale per tutti i cittadini, se io consegno 5 euro a un conoscente perché mi vada a comprare il gelato e costui se li tiene oppure compra il gelato e se lo mangia lui commette il reato di appropriazione indebita di cui all’art. 646 Codice penale, aggravato dall’abuso di relazione di prestazione d’opera (comprarmi il gelato) per l’art. 61 n. 11 Codice penale, ora perseguibile a querela. Tale delitto è punibile “con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000” (pena così aumentata dall’art. 1 comma 1, lettera u, della legge 9 gennaio 2019, n. 3), aumentabile fino a un terzo per la circostanza aggravante.
Invece se un soggetto dotato di partita Iva, incassa l’Iva da un cliente (che non è sua, ma dello Stato e che non paga lui, ma il cliente che gliel’ha corrisposta saldando la fattura) e non la versa “entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo”, commette il reato di cui all’art. 10 ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 solo se l’omesso versamento è “per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta”. Tale reato è punito “con la reclusione da sei mesi a due anni” senza multa. Già questa disparità di trattamento tra persone normali e partite Iva è incomprensibile, ma il Consiglio dei ministri, il 30 marzo 2023, ha approvato un decreto che introduce cause speciali di non punibilità per alcuni specifici reati tributari, quali gli omessi versamenti, ovvero quelle imposte dichiarate ma non versate, e l’indebita compensazione, quando le somme spettanti all’Erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà, non spettano o sono inesistenti. In questi casi non sono più previsti sanzioni penali per i contribuenti che si accordano con il Fisco e regolarizzano la loro posizione.
Fantastico! Se ti scoprono e ti accordi, cioè versi quello che comunque avresti dovuto versare non sei punibile. Quello che non mi ha comprato il gelato (o se l’è mangiato lui), non essendo una partita Iva e trattandosi del mio gelato anziché del denaro dello Stato, invece è punibile. Ma che Paese è questo? Davvero le disparità di trattamento possono essere spinte fino a questo punto di irragionevolezza
Poiché le cattive notizie, come le disgrazie, non vengono mai da sole, il 29 marzo il governo ha anche approvato il nuovo Codice degli appalti che entrerà in vigore il 1° aprile 2023 e che sembra, infatti, un pesce d’aprile.
Con questa novità non saranno più necessarie le gare usuali fino a concorrenza di importi di 5.300.000 euro. Il presidente dell’Anac ha affermato: “Soglie troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”.
L’Anac ha emesso un comunicato in cui dice, fra l’altro, che condivide l’esigenza di velocizzare le procedure, ma “la velocità, però, deve andare di pari passo con la legalità, la trasparenza e le pari opportunità nell’ambito di un mercato concorrenziale sgombro da privilegi e zone d’ombra: l’esperienza nel settore dimostra, invece, che il rafforzamento delle attività di prevenzione della corruzione e di consolidamento dei presidi di vigilanza e monitoraggio contribuisce a creare regole chiare e certe che concorrono alla crescita e allo sviluppo del Paese”.
Non ho mai avuto simpatia per le regole complesse che infastidiscono e penalizzano le imprese oneste, ma non creano alcun problema a quelle disoneste. Nel 1992 un importante manager spiegò che, per gli appalti di un grande ente, le imprese si riunivano e sorteggiavano la suddivisione degli appalti; che in quell’ente si pagavano tangenti praticamente a tutti, oltre a finanziare (illegalmente) i segretari dei principali partiti e che quel sistema era standardizzato (nel 1992) da almeno vent’anni, Ebbi conferma di questi fatti da un altro soggetto che disse che, presso lo stesso ente, lo avevano pregato di non portare più denaro in valigette, ma in sacchi neri, perché dopo aver regalato le valigette vuote a parenti, amici, conoscenti e passanti, avevano ancora due stanzoni pieni di valigette vuote che non riuscivano a smaltire.
Giusto quindi semplificare le regole, ma dissennato abolire le gare.
Se la situazione è quella descritta (e non ci sono segnali che consentano di ritenere che sia migliorata), meglio mantenere le gare d’appalto, semplificate quanto si vuole, ma mandando ufficiali di polizia giudiziaria sotto copertura a partecipare a queste gare, in modo da arrestare in flagranza del reato di turbativa d’asta coloro che li avvicineranno per dir loro che non devono vincere la gara.
Altrimenti i soldi del Pnrr finiranno ai ladri perché senza asta non esiste neppure la turbativa.
Già oggi in Italia le opere pubbliche costano circa il doppio di quanto costano all’estero e sono fatte male e mantenute peggio, le strade franano, i ponti crollano e a pagare sono sempre i cittadini (quelli che pagano le imposte si intende).
A nessuno viene in mente che prima o poi quelli che pagano le imposte (e più in generale rispettano le leggi) perderanno la pazienza?
Piercamillo Davigo
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
L’ESPONENTE DI CENTRODESTRA, FEDELISSIMO DI MUSUMECI, COLTO IN FLAGRANTE
Venticinque mila euro per “oliare il sistema”, per avere la
certezza che quella pratica che doveva essere esitata in consiglio comunale a Pachino, non avrebbe avuto intoppi.
L’imprenditore ne parla con la Polizia. Appuntamento preso. Lo scambio di denaro avviene, alla luce del sole. Grazie alla collaborazione dell’imprenditore gli uomini della Squadra mobile, dopo avere accertato e documentato l’effettiva consegna del denaro contante, bloccano il vicesindaco di Pachino, il 57enne Aldo Russo esponente di Diventerà bellissima – tra l’altro assessore alla Trasparenza e Legalità – ed un suo collaboratore, ex dipendente di ente regionale, G.D.M. 68 anni, pensionato. E avevano la mazzetta in mano.
Sono accusati di concussione ai danni di un imprenditore ragusano. Ieri a Pozzallo, la Squadra mobile di Ragusa ha eseguito il provvedimento, beccando i due con le mani in pasta.
Secondo quanto ricostruito, la vittima, titolare di una società immobiliare, nel 2020 aveva chiesto all’Ufficio tecnico del Comune di Pachino un permesso per la realizzazione di un immobile di media struttura di vendita. Tale concessione, dopo due anni, aveva ottenuto il parere favorevole dall’ufficio preposto e sarebbe stata oggetto di approvazione in sede di Consiglio comunale nel mese di aprile. E allora parte la telefonata: il vicesindaco di Pachino chiama l’imprenditore chiedendo una somma di denaro per definire in maniera favorevole la sua pratica in quanto, a suo dire, alcuni consiglieri non erano d’accordo a deliberare favorevolmente.
Insomma, 25.000 euro per essere sicuri. L’incontro si e’ concluso con la richiesta da parte del vicesindaco, che nella circostanza si era presentato in compagnia di un altro, della somma di 25 mila euro affinche’ la maggioranza del Consiglio comunale si esprimesse positivamente. L’imprenditore, non volendo assolutamente cedere a tale richiesta, non ha esitato a rivolgersi alla polizia. L’appuntamento per la consegna, lo scambio di denaro e la presenza degli agenti della Squadra Mobile di Ragusa che dopo avere documentato il passaggio effettivo dei soldi, sono entrati in azione. I due sono stati tratti in arresto e condotti nel carcere di Ragusa.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
LETTERA AL PRESIDENTE DEL SENATO
Illustre signor presidente del Senato, le scrivo per segnalarle un pesce d’aprile che la riguarda. Un buontempone che si spaccia per la seconda carica dello Stato e imita alla perfezione la sua voce ha dichiarato che l’azione di guerra partigiana del 23 marzo 1944 in via Rasella non ebbe come bersaglio un reggimento di poliziotti altoatesini in partenza per il fronte con i nazisti, ma «una banda musicale di semi-pensionati».
Forse intendeva dire «di baby-pensionati», dal momento che il più anziano aveva 42 anni e il più giovane 28.
Il fatto poi che fossero di ritorno dal poligono di tiro, anziché da una sala concerti, avrebbe dovuto far sorgere qualche ulteriore dubbio al suo sosia.
D’altronde le prime a smentirlo furono le SS di Kappler, che di certo non avrebbero allestito il macello delle Fosse Ardeatine per vendicare qualche innocuo musicista in disarmo. Si discute da sempre sull’opportunità politica di quell’attentato nel cuore della Capitale, ma nemmeno il revisionista più accanito si era mai spinto a mettere in dubbio che i partigiani avessero colpito dei soldati nemici.
Conoscendo e apprezzando il suo tradizionale riserbo, del resto consono al ruolo istituzionale che ricopre, immagino che si asterrà dal commentare questo scherzo di cattivo gusto.
Però la esorto a forzare per una volta il suo carattere schivo. E a spiegare al sedicente Ignazio La Russa che tra il presidente del Senato e un battutista da apericena esiste ancora qualche differenza.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
IN ARRIVO ALKSEJ PARAMONOV
L’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov lascia l’incarico. Al
suo posto arriva il direttore del primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri Aleksej Paramonov. Razov era in Italia da 10 anni. Paramonov è stato decorato come Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana nel 2018 e come Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia nel 2020. La Repubblica scrive che l’avvicendamento era nell’aria. E diventerà ufficiale la prossima settimana. Dopo la guerra in Ucraina l’ambasciatore aveva trovato molti motivi di scontro con l’Italia. Durante i primi giorni del conflitto ha querelato La Stampa e Domenico Quirico per un articolo in cui si parlava di uccidere Putin. La querela è stata archiviata dal tribunale. Razov aveva anche accusato i media italiani di fare propaganda, mentre le prime voci sulla sua sostituzione risalgono al luglio scorso.
Il sostituto
Anche all’epoca si diceva che a sostituirlo sarebbe stato Paramonov. Dipinto come un falco: definì l’Italia «uno dei paesi più ostili». Minacciando «conseguenze irreversibili» in caso di adesione al sistema di sanzioni contro Mosca. Paramonov attaccò all’epoca anche l’allora ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Definendolo «uno dei principali falchi e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano». E parlando del sostegno della Russia all’Italia all’inizio della pandemia di Covid-19: «In accordo con l’intesa raggiunta a livello di Presidente della Russia e Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia nel marzo-aprile 2020, all’Italia è stata fornita un’assistenza significativa attraverso il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Industria e Commercio e Ministero della Salute della Russia». Nel giugno 2022 invece Paramonov aveva lodato le iniziative di pace del Vaticano.
Il viaggio di Salvini e le segnalazioni all’antiriciclaggio
L’ambasciata guidata da Razov aveva anche pagato i biglietti per il viaggio di Matteo Salvini a Mosca. Sulla vicenda il Copasir aprì un’indagine. Successivamente l’ambasciata aveva anche postato su Twitter una serie di scatti che ritraevano Putin con i politici italiani, in primis Silvio Berlusconi. Infine l’ambasciata era finita nelle segnalazioni antiriciclaggio di Bankitalia. Nel dossier datato 5 gennaio 2023 l’Uif descriveva nei minimi particolari le operazioni sospette. Tra cui c’erano anche curiose richieste per spese in contanti. Che in totale ammontavano a un milione di euro. Razov scrisse all’epoca anche al ministro della Difesa Guido Crosetto accusando l’Italia di discriminare i cittadini russi.
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
“QUELLA DEL PRESIDENTE DEL SENATO E’ UNA MITOLOGIA PRIVA DI FONDAMENTO STORICO”
Lutz Klinkhammer, 62 anni, è uno storico tedesco. I suoi campi d’indagine sono lo sviluppo del nazismo e la seconda guerra mondiale. Klinkhammer è anche vicedirettore dell’Istituto Storico Germanico di Roma.
E in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica smentisce il presidente del Senato Ignazio La Russa.
Il quale ieri ha sostenuto che l’attentato di via Rasella è stata «una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza: quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati, e non nazisti delle SS».
Lo storico dice che la storia gli giunge nuovissima: «Confesso di non aver mai letto questa notizia in nessun libro di storia. È esistita una vulgata non solo di marca neofascista che riteneva i soldati della Bozen “ciò che di meno pericoloso si poteva trovare nell’esercito tedesco”. Ma si tratta appunto di una mitologia, priva totalmente di fondamento storico».
Revisionismi
Lo storico spiega che quelli morti a via Rasella «erano soldati del terzo battaglione, reggimento di polizia Bozen. Per mettere a fuoco che cosa siano stati i battaglioni di polizia creati da Himmler, il capo delle SS, bisogna leggere il libro di Cristopher Browning “Uomini comuni”: questi battaglioni parteciparono allo sterminio degli ebrei nell’Est d’Europa. E il quindicesimo reggimento di polizia, che precedette a Roma i soldati della Bozen, prese parte al rastrellamento degli ebrei il 16 ottobre del 1943». E ricorda che i soldati della Bozen «portavano la stessa divisa della polizia d’ordine nazista che era quella indossata dai rastrellatori. Formalmente erano tutti inquadrati nell’impero delle SS, sotto Himmler, che infatti il 24 febbraio – un mese prima dell’attentato di via Rasella – emanò un decreto per il quale i reggimenti di polizia dovevano prendere il nome di “Reggimenti di polizia SS”». E facevano quindi parte dell’apparato repressivo dei nazisti a Roma.
La Bozen
«In origine i reggimenti di polizia con personale altoatesino erano quattro: uno di questi era la Bozen. Furono creati da Himmler subito dopo l’inizio dell’occupazione tedesca in Italia perché le forze naziste non erano sufficienti. Andarono a reclutare i soldati tra gli altoatesini perché in maggioranza nel 1939 avevano optato per la Germania, quindi inclini all’identità austrotedesca», aggiunge.
E non è nemmeno vero che i soldati della Bozen fossero tutti altoatesini: «Solo i soldati di grado inferiore. Erano stati reclutati tra l’annata 1884 e il 1926, senza badare alla differenza tra “optanti e rimanenti, cioè tra chi nel 1939 aveva scelto di aderire alla Germania e chi invece preferiva restare in Italia». Mentre gli ufficiali «erano tutti tedeschi, soprattutto provenienti dalla Germania settentrionale: questo creava problemi con i soldati semplici, non solo per la diversità linguistica ma anche perché i tedeschi del Nord considerava gli altoatesini alla stregua dei meridionali…».
Italia e Germania
Infine, Klinkhammer spiega la differenza tra Italia e Germania su fascismo e nazismo: «Le culture della memoria, italiana e tedesca, sin dagli anni Novanta vanno in direzioni opposte. La Repubblica di Berlino della memoria dei crimini nazisti ha fatto una ragione di Stato. E negli stessi anni è cominciata in Italia la guerra delle memorie, con lo sdoganamento dei ragazzi di Salò dopo lo sdoganamento del ventennio fascista. A me pare che questo tipo di revisionismo storico sia paragonabile a quello di alcuni paesi ex comunisti dove sono rivalutati come patrioti anticomunisti chi aveva combattuto al fianco dei nazisti. Ma questo genere di operazioni memoriali non tiene conto dei documenti storici. E questo è un problema».
(da agenzie)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
COSA SI SONO DETTI IERI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E LA PREMIER… I RITARDI CI SONO E NON SI POSSONO IMPUTARE AL GOVERNO PRECEDENTE
Un’ora e mezzo di colloquio. Come al solito, «disteso e
collaborativo». Ma tanto lungo da costringere la premier Giorgia Meloni a rinunciare al viaggio annunciato in Friuli Venezia Giulia.
E le indiscrezioni che invece parlano di un Sergio Mattarella piuttosto deciso nello spiegare alla presidenza del Consiglio che i ritardi del Pnrr ci sono. E che non si possono imputare al governo precedente, ovvero quello di Mario Draghi.
Meglio quindi riporre l’obiettivo polemico dell’Unione Europea che mette i bastoni tra le ruote all’attuale esecutivo. Ed evitare di parlare di progetti «irrealizzabili», come ha fatto il ministro Raffaele Fitto. Dopo le reprimende pubbliche, è arrivato quindi il momento dei colloqui privati. E anche delle difese d’ufficio, come la telefonata tra l’ex premier e Meloni.
La guerra del Recovery Plan
L’appuntamento con Mattarella era in agenda, assicurano dallo staff della premier. Un incontro che in altre circostanze è rimasto al riparo dalle cronache. Ma che cade in un momento intenso per il governo, che a breve deve chiudere la partita delle nomine e che in questi ultimi giorni ha visto lo scontro ruvido, poi rientrato, con l’Anac per le soglie degli appalti, e l’attacco da parte delle opposizioni per «lo scudo penale» su alcuni reati fiscali (nessun condono, replica secca la premier, «questo governo non li fa») e per i ritardi sul Pnrr. Meloni ha fatto una illustrazione puntuale al capo dello Stato sullo stato del negoziato con la Ue sul Recovery Plan. Che il governo vuole modificare – la sua tesi – per risolvere le criticità emerse in questi mesi ed evitare di non raggiungere tutti gli obiettivi. Nell’intervento video che ha regalato agli elettori al posto del viaggio in Friuli è tornata però a sottolineare che il piano «non l’abbiamo fatto noi».
Il colloquio
«Potete criticare, avere il vostro punto di vista, ma prima dovete mettervi nelle condizioni di poter trattare», è invece il virgolettato attribuito a Mattarella dal Fatto Quotidiano. Che dimostra come per il Quirinale sia necessario prima di tutto conseguire l’obiettivo. Poi ci sarà spazio per le polemiche politiche. E su una «irrealizzabilità» che tocca i cantieri ma non le iniziative legislative, secondo quanto ha sostenuto lo stesso centrodestra.
D’altro canto che sia difficile riuscire a impegnare tutti i soldi in poco tempo è un’opinione comune anche tra le imprese. «Guardi che tutti sapevano che quei 200 miliardi da spendere erano fuori portata per l’Italia. Lo sapevano fin dall’inizio Conte, lo stesso Draghi e Gentiloni. Ciò non toglie che sia stato giusto cercare di portare a casa più risorse possibile E che si tratti di una sfida senza precedenti davanti alla quale non dobbiamo arrenderci, ma trovare una soluzione», ha detto l’ad dell’impresa edile Pizzarotti Franco Luzzatto.
(da La Repubblica)
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Aprile 1st, 2023 Riccardo Fucile
MULTE ALLE PAROLE FORESTIERE, DONNE FORNI DI PATATE, SS MUSICISTI PENSIONATI: UN’ESCALATION PER TROLLARE IL PAESE
Multe alle parole forestiere, donne che sfornano patate (arrosto), bimbi frigorifero. Poi attacchi contro i cinesi che portano a Bruxelles valigie piene di soldi per convincerci sulle auto elettriche. Soprattutto i nazisti uccisi a via Rasella che non erano SS ma una banda di musicisti pensionati. Ore di ordinaria follia verbale di esponenti del governo e della maggioranza che svuotano di senso (e di pesci) persino la giornata di domani, primo aprile.
Messe in fila, sono una sequenza impressionante che sorprende per pervasività e uso dei media più disparati.
La partenza col botto è del vicepremier Matteo Salvini che sul presto, intorno alle 8, parlando a Radio Capital usa la metafora dei bambini frigorifero (o automobili) per scongiurare la maternità surrogata.
Il picco arriva verso le 11 – podcast di Libero – con il presidente del Senato Ignazio La Russa che riscrive a modo suo la storia dell’attentato partigiano che porterà alla reazione delle Fosse Ardeatine.
Non si finisce di registrare le reazioni nell’orbe terracqueo (da Schlein a Bernard Henri-Levy) che l’Agi diffonde un progetto di legge – primo firmatario il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli – per multare chi usa nelle istituzioni pubbliche (scuole comprese) le espressioni non italiche. E il ministro del made in Italy Urso? Lo denunciamo?, gigioneggiano persino i 5 stelle.
E la premier che si definisce “underdog”? Ha buon gioco Della Vedova.
Ce ne sarebbe già a sufficienza ma nel pomeriggio si ricomincia.
Uno dei solitamente più sobri, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, entra nella competition (ops, competizione) e difendendo le donne di fronte all’”utero in affitto”, esclude che i loro corpi siano dei “forni per sfornare patate arrosto”. Il cerchio si chiude con il bis di Salvini che rischia l’incidente diplomatico con Pechino.
Carlo Calenda esasperato parla di “scontro titanico” tra Rampelli e La Russa “per la posizione più cretina”. Ovviamente da Fratelli d’Italia gli rispondono a tono una cosa del tipo: “Per primo arrivi tu”.
Un’escalation, non giustificata da elezioni locali come le regionali in Fvg, che potrebbe finire nei manuali di comunicazione politica sotto la voce “trollare un Paese”, ossia portarlo in giro per distrarlo dalle difficoltà in cui versa un governo.
Sempre che – il sospetto che non sia così è forte – il rumore orchestrato ad arte sia davvero frutto di una strategia.
(da La Repubblica)
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