Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
I SOVRANISTI DA UNA VITA TAGLIANO LE MISURE DI INTEGRAZIONE IN MODO CHE GLI IMMIGRATI FINISCANO PER STRADA, COSI’ IL BUON BORGHESE PARANOICO SI LAMENTA PER IL “DECORO” E DA COGLIONE QUAL’E’ VOTA PER LORO
«La maggioranza sulla protezione speciale ha depositato in Commissione un unico sub-emendamento. Il nostro obiettivo comune è quello di evitare che le giuste necessità di proteggere stranieri perseguitati nei loro Paesi si trasformino, come è accaduto col governo giallo-rosso e col ministro Lamorgese, in sanatorie di fatto per tutti i clandestini che arrivano in Italia”
Lo dichiarano i firmatari del sub-emendamento Daisy Pirovano (Lega), Marco Lisei (Fdi) e Maurizio Gasparri (Fi).
Le espulsioni per motivi di salute (cazzi loro se stanno male)
Diventano più rigide anche le condizioni che legittimano le espulsioni di stranieri dall’Italia per motivi di salute. Nel sub-emendamento al decreto migranti, proposto dalla maggioranza al Senato, si chiede di fatto che il divieto di espulsione valga in caso di «condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine», e non più in caso di «gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie», come previsto attualmente dal decreto legislativo n.286 del 1998, il testo unico sull’immigrazione.
Inoltre – nelle intenzioni della maggioranza – quegli stranieri, che non possono essere espulsi, non potranno più avere un permesso di soggiorno convertibile in permesso di lavoro. Quindi devono vivere in mezzo a una strada o sfruttati dal lavoro nero.
Intanto il ministro dell’Interno Piantedosi in merito allo stato di emergenza varato dal governo precisa: «Ho profondo rispetto per la Cei, sono d’accordo se il discorso emergenza viene visto in maniera tecnica; non esiste in Italia un allarme immigrazione. Esiste un tema più acuto di gestione nei luoghi di sbarco, ma lo stato di emergenza di cui si è parlato, il provvedimento che ha adottato il Governo, altro non è una formula tecnica di cui peraltro si è fatto anche ricorso in modo meno controverso come il modello utilizzato per i profughi ucraini, e non credo che nessuno volesse dire che ci stesse un’emergenza sugli arrivi degli ucraini».
«Siamo di fronte ad un governo assurdo che prima porta in Parlamento un decreto sbagliato, fatto solo per la propaganda, poi dichiara lo stato d’emergenza». Cosi’ il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. «Oggi Piantedosi lo derubrica a fatto tecnico ma la maggioranza, succube della Lega, presenta emendamenti a quel decreto che stravolgono e aboliscono la protezione speciale. Contorsioni continue che confermano che questa destra non sa e non può risolvere un problema strutturale come l’immigrazione ed allora si affida a misure di pura propaganda, sulla pelle dei migranti, che non risolveranno nulla ma allargheranno solo i confini dell’illegalità e del sommerso. Siamo di fronte a scelte che nulla hanno a che fare con l’umanità ma sono figlie di una pericolosa demagogia: i migranti non cercano il porto più vicino per la ‘protezione speciale’ ma perchè scappano da guerra e fame».
Gli fa eco Pierfrancesco Majorino della segreteria Pd su twitter. «Il governo vuole togliere la ‘protezione speciale’ per i migranti. L’unico risultato di una scelta che ricalca quelle di Salvini sarà quello di generare nuovi senzatetto, irregolari, nuove vittime di sfruttamento. Per poi, ovviamente, cavalcare la paura. Una vera vergogna».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
PRENDE IL POSTO DI GIULIO CENTEMERO, ANCHE LUI CON PROBLEMI GIUDIZIARI: UN ANNO FA È STATO CONDANNATO CON RITO ABBREVIATO A OTTO MESI, CON L’ACCUSA DI FINANZIAMENTO ILLECITO PER I 40 MILA EURO
Fuori un condannato, dentro un altro. Succede che il consiglio
federale della Lega, riunito a Milano, decida di cambiare l’amministratore. Va via, dopo nove anni, il deputato Giulio Centemero, che nel marzo del 2022 è stato condannato a otto mesi con l’accusa di finanziamento illecito per i 40 mila euro ricevuti da Esselunga: la vicenda risale al giugno 2016.
Secondo l’accusa, Centemero aveva concordato il pagamento della somma di denaro con il fondatore della catena di supermercati, Bernardo Caprotti, poi deceduto. Attraverso l’associazione “Più voci”, di cui Centemero era rappresentante legale, la somma sarebbe poi stata utilizzata per sanare i conti dell’emittente del Carroccio, Radio Padania.
Ma anche il sostituto di Centemero, il commercialista Alberto Di Rubba, sta regolando i propri conti con la giustizia. E per un altro reato di natura contabile: Di Rubba, assieme all’altro revisore contabile Andrea Manzoni, è stato condannato a 5 anni nel processo con rito abbreviato che l’ha visto imputato per la compravendita del capannone di Cormano, nel milanese, acquistato dalla Lombardia Film Commission e attraverso cui, secondo le accuse, sarebbero stati distratti 800 euro di fondi pubblici.
I reati contestati sono di peculato e turbata libertà di scelta del contraente. Nelle scorse settimane fece già discutere la nomina di Di Rubba quale consulente dei gruppi parlamentari della Lega.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
UTILIZZATI AL POSTO DELLA FANTERIA, A COMINCIARE DALLA FONDAMENTALE BATTAGLIA DI HOSTOMEL: DI UN BATTAGLIONE DI 900 UOMINI NE SONO TORNATI SOLO 125
Le Falangi di Spetsnaz sono stati sacrificate dai generali russi. Le unità migliori sono state impiegate al posto della semplice fanteria ed esposte, secondo i documenti riservati del Pentagono, a perdite terrificanti dall’inizio dell’invasione.
L’Armata ha eseguito la prima fase con un mix di reparti che si sono rivelati subito inadeguati e il peso della missione è stato rovesciato su commandos, parà e «aerotrasportati».
Nell’assalto alla base di Hostomel, a nord di Kiev, ma anche nel sud, gli «specialisti», invece che compiere incursioni e azioni rapide, sono stati impiegati in attacchi a centri abitati, postazioni ben difese, linee dove gli ucraini erano pronti ad accoglierli.
In alcuni settori hanno conquistato territori, in altri si sono infranti contro lo schieramento nemico, in entrambi i casi hanno visto i loro ranghi ridursi in modo drammatico.
Con un rate del 90-95% di uomini neutralizzati. Una «diminuzione» annotata dall’intelligence americana attraverso foto satellitari, intercettazioni, fonti dirette e indirette. Di un battaglione di 900 uomini ne sono tornati solo 125, numeri simili per altri impiegati a oriente e nel settore meridionale.
La decimazione avrebbe portato alla rimozione di alcuni ufficiali, accusati di aver provocato conseguenze disastrose per le truppe d’élite. Ma ancora più pesanti potrebbero essere gli effetti sul futuro.
Il training di questi militari richiede un lungo periodo, quindi Mosca non può rimpiazzarli riempiendo le file con coscritti o riservisti. Considerazione, però, che vale anche per l’esercito di Zelensky, con schiere di veterani morti per rallentare l’avanzata.
Il Cremlino ha manovrato puntando sulla quantità e il coinvolgimento — come a Bakhmut — dei mercenari della compagnia Wagner. Proprio in questa località il comando ha inviato, di nuovo, appartenenti alla componente aerotrasportata, in quanto la resistenza avversaria si è rivelata coriacea. Mentre in diversi punti del fronte bellico sono apparse le «compagnie Z», nuclei più agili e flessibili per migliorare gli attacchi.
Dal campo, intanto, arrivano frammenti sulle tattiche e le difficoltà. A Bakhmut gli ucraini sono costretti a ripiegare sotto una pressione costante, arduo alimentare l’avamposto.
I difensori hanno creato trappole esplosive all’interno degli edifici ancora in piedi: si ritirano, aspettano che i russi ne assumano il controllo e li fanno saltare per aria provocando morti e feriti.
Gli invasori, secondo quanto scritto in rete, dovendo conquistare ciò resta della città accettano il rischio. L’alternativa è spianare con un tiro incessante dell’artiglieria, tecnica portata avanti nelle ultime settimane con maggiore intensità. In zona sarebbero arrivati anche dei mercenari di un «ditta» diversa dalla Wagner, con una rotazione resa necessaria dalla durezza degli scontri.
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
PALAZZO CHIGI SCARICA LA RESPONSABILITÀ SULLA MAGISTRATURA MA IL GOVERNO ERA STATO ALLERTATO PIÙ VOLTE DAGLI AMERICANI… E’ STATA OPPORTUNA LA CONCESSIONE DEI DOMICILIARI A UN RICERCATO INTERNAZIONALE COME USS?
Nella storiaccia di Artem Uss, l’oligarca russo ai domiciliari a
Milano e fatto scappare dagli 007 russi, c’è una sola certezza: i servizi segreti di Putin, in Italia, fanno quello che vogliono! E allora bisogna chiedersi: noi, un controspionaggio ce l’abbiamo o no? Aise e Aisi dov’erano? E il Dis?
A Mosca si vantano dell’operazione di esfiltrazione. Alexander, padre dell’imprenditore fuggito da Basiglio, ha ringraziato addirittura Vladimir Putin: “Non è solo il nostro presidente, ma è soprattutto un uomo con un cuore grande e generoso”.
Ha lasciato intendere che l’operazione è stata “benedetta” dal Cremlino e ha aggiunto: “Il nostro Paese ha molti amici e persone oneste che lo sostengono e che al momento giusto sono pronte ad aiutare. So di cosa parlo…”. Sta forse evocando un ruolo di italiani (ex militari?) nell’operazione?
Chiunque sia coinvolto, il governo italiano aveva sufficienti informazioni per controllare in modo più stringente Uss, come confermato da Giuliano Foschini e Fabio Tonacci, oggi su “Repubblica”.
Gli americani avevano avvisato l’Italia almeno due volte della pericolosità del magnate russo, che smerciava componenti tecnologiche per Putin, aggirando le sanzioni. La prima, subito dopo la sua cattura: “Esiste un altissimo pericolo di fuga”.
La seconda, dopo la decisione della Corte di Appello di Milano di concedere i domiciliari: “esortiamo le autorità italiane a prendere tutte le misure possibili per disporre nei confronti di Uss la misura della custodia cautelare per l’intera durata del processo di estradizione”.
A oligarca scappato, alla presidenza del Consiglio è partito lo scaricabarile. L’agenzia AGI, già diretta dall’attuale capo ufficio stampa di Palazzo Chigi Mario Sechi, ha diffuso un lancio nel quale era riportata una dichiarazione di Giorgia Meloni, rilasciata durante l’audizione di ieri al Copasir.
La premier avrebbe detto: “Non è stata colpa del governo ma di un altro organo dello stato”, scaricando tutte le responsabilità sulla magistratura. Dichiarazione poi smentita dal presidente del Copasir, Lorenzo Guerini.
Al netto delle responsabilita’ dirette, tutte da accertare, è evidente che ci siano state delle falle nella vigilanza di Artem Uss.
La stessa decisione di concedergli i domiciliari, “nelle more del verdetto della Cassazione sull’estradizione chiesta dagli Stati Uniti’’, con il senno di poi, appare la scelta meno appropriata per tenere sotto controllo un ricercato internazionale per il quale gli americani avevano chiesto l’estradizione.
Ma Elisabetta Belloni, capo del Dis che coordina Aisi e Aise, rispetto a una spia russa, con una guerra in corso in Ucraina e una richiesta di estradizione dell’intelligence americana, non può non occuparsene.
Tutti erano stati allertati, gli americani ci avevano avvisato che Artem Uss era pericoloso, e noi lasciamo che il controllo di un tipino così sia in mano ai carabinieri di Basiglio, con il solo compito di andare a verificare la sua presenza in casa ogni 72 ore? Si doveva mettere in moto un ben di Dio, e invece, nisba! Risultato? I russi in Italia spadroneggiano, come se l’Italia non avesse un’intelligence…
(da Dagoreport)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELL’ICS: “UNA LEGGE DEL 2015 IMPORREBBE UN PIANO ANNUALE”… “SIAMO SOTTO LA MEDIA EUROPEA PER DOMANDE DI ASILO”
Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza a causa dell’aumento degli sbarchi. Ma per gli addetti ai lavori, in realtà, la situazione non sarebbe affatto straordinaria ed emergenziale.
Lo dicono i numeri, per cui l’Italia è addirittura sotto la media europea per quanto riguarda le domande di asilo. Non solo: anche considerando la prima accoglienza, il problema non starebbe nell’aumento degli arrivi, quanto nella programmazione che il governo non fa. Nonostante la normativa lo imporrebbe.
Ne abbiamo parlato con Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà e coordinatore del gruppo asilo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)
Non c’è alcuna emergenza sugli arrivi dei migranti
“La prima cosa da fare è guardare bene i dati – ha detto Schiavone – Questi possono essere ingannatori: se consideriamo l’aumento degli sbarchi di questi giorni è facile giungere a una conclusione allarmista, di un’emergenza apparentemente oggettiva. Se però proviamo a vedere le cose con un minimo di prospettiva le cose stanno diversamente”.
Per comprendere meglio la situazione bisogna guardare ai dati raccolti a livello europeo: “Prendiamo ad esempio i dati diffusi alla fine del 2022 dalla Commissione europea in relazione alle domande di asilo presentate nei vari Paesi dell’Unione in rapporto alla popolazione: notiamo subito che l’Italia non solo non è in una posizione di chissà che esposizione, ma è addirittura al di sotto della media europea”.
Schiavone quindi ha aggiunto: “Gli arrivi non sempre coincidono con le domande di asilo, questo lo sappiamo, però la stragrande maggioranza delle persone che arrivano presenta la richiesta di protezione. Ci sono anche tanti richiedenti asilo che dopo aver presentato la domanda tentano di abbandonare l’Italia, perché la percepiscono come Paese di transito. Alla luce di tutto questo, possiamo dire è che non c’è alcuna emergenza. I numeri, che sono ciò a cui dobbiamo guardare, non ci indicano un’emergenza”.
Il governo non programma l’accoglienza come dovrebbe
Il problema principale, secondo Schiavone, sarebbe però un altro. Non riguarderebbe tanto gli sbarchi quanto la prima accoglienza. Il governo, parlando delle sue politiche migratorie, ha spesso affermato che il sistema stia rischiando il collasso. Una narrativa è stata smentita da alcuni studi e che non si assumerebbe le sue responsabilità: infatti, programmare gli interventi necessari a garantire l’accoglienza di chi arriva è un compito del governo. Che però non viene assolto.
“Purtroppo nessuno parla mai del sistema di accoglienza, ma è proprio questo il vero scandalo della situazione – ha detto Schiavone – L’Italia non fa una programmazione dell’accoglienza, perché partiamo dall’idea ingenua che non si possa programmare niente. Questo non solo non è vero, perché è possibile prevedere almeno una buona parte dei fenomeni, ma è la stessa legge che prevede che il governo sia obbligato a fare un piano di previsioni rispetto al fabbisogno di posti in accoglienza”.
Si tratta di una legge del 2015. “L’articolo 16, secondo comma, del decreto legislativo 142 del 2015, che regola il sistema di accoglienza, dice testualmente che il ministero predispone annualmente, salvo la necessità di un termine più breve, un piano nazionale per l’accoglienza. Il quale, in base alle previsioni di arrivo per il periodo considerato, individua il fabbisogno dei posti da destinare alle finalità dell’accoglienza”.
Le previsioni sull’aumento degli arrivi
Insomma, ogni anno il governo dovrebbe costruire il sistema di accoglienza basandosi sul fabbisogno previsto. Se poi la situazione reale dovesse essere diversa da quelle che erano le previsioni, allora è possibile parlare di interventi di emergenza. “Ma se il piano di previsione non c’è, di che emergenza stiamo parlando?”, ha detto Schiavone, per poi sottolineare che gli strumenti per fare le previsioni non mancano: ci sono i rapporti della Commissione Ue, le statistiche di Eurostat, i rapporti dell’Agenzia europea sull’asilo. E tutti i dati già dall’anno scorso parlavano di un aumento dei flussi per il 2023: “Tutti questi documenti già nel 2022 indicavano un aumento medio in Europa, e quindi per forza anche in Italia, di oltre il 40%. Alla luce di questi dati, che cosa è stato fatto? Non solo tutto questo era prevedibile, era anche obbligatorio prevederlo”.
Schiavone ha quindi ribadito come “il governo italiano viola la legge sistematicamente, lasciando il sistema nel caos e non facendo alcuna programmazione”. Per poi sottolineare come tutto questo non avvenga per caso: “La creazione di una situazione di tensione, paura e allarme poi giustifica scelte e misure straordinarie. In generale giustifica una determinata gestione del potere. Creare una fabbrica di incertezza del genere è un obiettivo politicamente pianificato”.
I rischi legati allo stato di emergenza
Ci sono anche dei rischi concreti, che pesano sulle persone migranti, legati allo stato di emergenza. In primis c’è il rischio che le domande di asilo vengano esaminate male, o che si aprano centri di accoglienza che non rispettano gli standard minimi. “Quando si crea un’atmosfera di emergenza e presunta insostenibilità tutta la macchina ne risente – ha spiegato Schiavone – Tra l’altro in Italia le commissioni che esaminano le domande di asilo non sono organi amministrativi, ma sono emanate dallo stesso ministero e hanno sempre risposto a stimoli politici, nonostante non dovrebbero. Sicuramente quello che si verificherà (e questo non è un rischio, ma una certezza) è un ulteriore e grave peggioramento del sistema di accoglienza. Con la dichiarazione dello stato di emergenza si potranno aprire posti di qualunque tipo e genere, con standard anche infimi. Molto più bassi di quelli dei Cas ordinari, che sono già scarsi”.
Le conseguenze? “Avremmo molte più persone buttate in capannoni dismessi e questo non farà altro che aumentare la ghettizzazione dei richiedenti asilo e la percezione di una situazione ingestibile. Questa è una macchina che si auto-alimenta”, ha concluso Schiavone.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE LEGHISTA DICE CHE NON E’ CAMBIATO NULLA E INSISTE PER AMMAZZARLA DOPO LA CATTURA
Cattura autorizzata, abbattimento sospeso e apertura all’ipotesi
di trasferimento fuori dal Trentino Alto Adige. La caccia a JJ4, l’orsa che ha attaccato e ucciso Andrea Papi sul Monte Peller in Val di Sole, può dunque proseguire.
Questo il senso della sentenza del Tar di Trento, che ha accolto il ricorso delle associazioni animaliste Lav e Lac contro la prima ordinanza di soppressione del presidente della Provincia, Maurizio Fugatti.
Il provvedimento del tribunale amministrativo è però ben diverso da quello che due anni fa rigettò la prima ordinanza di abbattimento contro JJ4, dopo l’attacco a due cacciatori sempre sul Peller.
Il Tar ora ha infatti accolto il ricorso degli animalisti “in via interinale”, ossia in attesa di acquisire il fascicolo processuale da parte della Provincia: completo di “referti sanitari sulle cause del decesso” del runner trentino e tali da spiegare “il tipo di ferite” trovate su Papi. I giudici chiedono inoltre di entrare in possesso delle analisi genetiche che hanno consentito di individuare in JJ4 l’esemplare che ha ucciso il runner solandro.
La sospensiva si riferisce però al primo ricorso animalista, promosso l’8 aprile, cioè prima dell’identificazione di JJ4 grazie al Dna. Non presa in considerazione l’ultima ordinanza di abbattimento di Fugatti, del 13 aprile, che già riporta il parere favorevole di ministero dell’Ambiente e Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca ambientale a cui spetta l’ultima parola sul destino di animali appartenenti a specie protette. “Non sono oggetto della decisione”, scrivono i giudici, “altre ordinanze che abbiano confermato o precisato la misura soppressiva”.
Il Tar osserva inoltre che “appaiono tuttavia allo stato sussistere tutti i presupposti per la legittima emanazione” dell’ordinanza di cattura e soppressione. Per questo la sospensiva chiede ad Ispra di esprimere il proprio parere, già superato dai fatti, “non oltre cinque giorni dalla cattura”, stabilendo che nel frattempo “la soppressione dell’animale dovrà avvenire unicamente nel caso di comprovato pericolo per il personale impiegato nelle operazioni”.
Il deposito dei documenti richiesti dai giudizi amministrativi alla Provincia dovrà avvenire non oltre il 27 aprile, mentre la camera di consiglio per la trattazione collegiale dell’incidente cautelare è fissato per l’11 maggio.
La sintesi è che il Tar ha autorizzato la cattura di JJ4, sospeso il suo abbattimento fino all’11 maggio in attesa di valutare tutti gli atti, esprimendo però già un parere di massima positivo all’ordinanza di soppressione.
La sospensiva si riferisce però a un ricorso animalista già superato dall’ultima ordinanza di Fugatti, emesso dopo il parare positivo di Ispra all’abbattimento.
Fatte salve le consuete battaglie giudiziarie, da parte dei giudici una sola importante indicazione: nell’evenienza della cattura, l’orsa JJ4 “dovrà essere reclusa in attesa di formale parere reso da Ispra circa la necessità della soppressione”, o della “possibilità di un suo eventuale trasferimento in altro sito esterno alla regione Trentino Alto Adige”.
Se dunque venisse individuato un territorio disposto a ospitare JJ4, impedendole di tornare ad attaccare persone dove già l’ha fatto in almeno tre occasioni, il Tar raccomanda di valutare questa ipotesi come preferibile all’abbattimento.
Le associazioni animaliste e ambientaliste ora esultano e rivendicano “una grande vittoria che prova la sete di vendetta politica di Fugatti”.
Il presidente trentino ai collaboratori più stretti confida invece la sua soddisfazione per un pronunciamento che “non cambia la sostanza dell’ordine di abbattimento” di JJ4, che verrà portato a termine non appena catturata e identificata. Fugatti ha anche convocato il consiglio provinciale in seduta straordinaria per “discutere collegialmente la gestione dei grandi carnivori in Trentino”.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
“SE LA DARANNO A NOI NON FINIRA’ IN UNO ZOO, AVRA’ UNA STRUTTURA DEDICATA A LEI”
Il TAR di Trento ha annunciato la sospensione dell’abbattimento dell’orsa JJ4, responsabile dell’uccisione del runner Andrea Papi lo scorso 5 aprile in un bosco di Caldes in Val di Sole, Trentino Alto Adige.
A comunicarlo con un post su Twitter la Lega Anti Vivisezione (LAV), che si era immediatamente attivata con una proposta formale al presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti e al Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin per impedire l’abbattimento. L’associazione animalista ha infatti trovato un rifugio sicuro e protetto per l’orsa e ha dato disponibilità a occuparsi del trasferimento dopo la cattura.
Essendoci una concreta e valida alternativa all’abbattimento la Provincia trentina ha il dovere di vagliarla; in caso di abbattimento, infatti, si potrebbe configurare l’ipotesi di reato di uccisione di animale “non necessitata”, come specificato dalla LAV nel suo precedente comunicato. L’organizzazione animalista ha sottolineato che il Tribunale regionale amministrativo (TAR) di Trento ha accolto le motivazioni del suo ricorso e ha commentato con entusiasmo la decisione: “Gli orsi e i cittadini trentini hanno diritto a vivere in pace”. Ma dove finirà realmente l’orsa JJ4?
Innanzitutto è doveroso sottolineare che l’orsa, con la sospensione dell’abbattimento decisa dal Tribunale di Trento, ha diritto a restare libera e selvatica in natura, fino alla sua eventuale cattura.
La LAV specifica di non aver preso in considerazione alcuno zoo, ma è stato trovato un rifugio sicuro e protetto che al momento è tenuto segreto ed è conosciuto solamente dai vertici dell’organizzazione.
Verrà reso noto ai diretti interessati – il presidente della giunta trentina Fugatti e il ministro Pichetto Fratin – quando risponderanno alla proposta formale avanzata dalla stessa LAV.
Nel frattempo lo Zoo Safari di Fasano, in provincia di Brindisi (Puglia), si è detto disponibile ad ospitare JJ4. In un post su Facebook la struttura esprime il proprio cordoglio alla famiglia di Andrea Papi e, “non condividendo l’opzione dell’abbattimento, si rende disponibile, qualora necessario, ad accogliere l’orsa, eventualmente realizzando un’apposita struttura ex novo, sentite le Autorità competenti”. La proposta dello zoo brindisino non è legata quella della LAV.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
DETTO “IL CAMALEONTE”, È DIVENTATO IL “CONSIGLIERE OMBRA” DI GIORGIA MELONI SULLA SANITÀ… IL PROBLEMA È CHE VAIA HA UN “CURRICULUM” GIUDIZIARIO NON TRASCURABILE E UNO SCIENTIFICO NON IDONEO ALLA CARICA
Una condanna penale e un’altra della magistratura contabile alle
spalle, un curriculum che non menziona altre specializzazioni oltre a quella di “statistica sanitaria”, un h-index, l’indice che misura il livello scientifico delle ricerche pubblicate, che è neanche un quarto di quello vantato da Gianni Rezza.
Colui che “Franceschiello” Vaia – come lo aveva ribattezzato il suo ex assessore alla sanità laziale, Alessio D’Amato, un secolo prima di nominarlo a capo dello “Spallanzani”- è candidato a sostituire il mese prossimo alla direzione della prevenzione al ministero della Salute. Un posto di importanza strategica nella malaugurata, ma non improbabile ipotesi di una nuova pandemia.
Al dicastero di Orazio Schillaci già si misurano i passi che lo separerebbero dalla stanza di Gianni Ippolito, il direttore del dipartimento Ricerca che quando era lui il numero uno allo Spallanzani arrivò alle mani con il “camaleonte”, altra definizione affibbiatagli da D’Amato.
Il ruolo di direttore, prima delle Usi e poi delle Asl, lo ha mantenuto per oltre 15 anni, passando indenne ai cambi di colore delle giunte che via via si succedevano, prima nella sua Campania, poi nel Lazio. Dove “Lady Asl” – l’imprenditrice della sanità privata Anna Iannuzzi – lo tira dentro lo scandalo delle tangenti che fioccano dalle parti delle cliniche romane. Dopo una fuga a Gaeta, non da Garibaldi ma dal Gip, Vaia finirà ai domiciliari prima che le accuse finiscano in prescrizione.
A pesare su di lui sono invece rimasti il patteggiamento a Napoli a un anno e sette mesi di reclusione per una storia di appalti e tangenti, con ipotesi di associazione e delinquere e corruzione. Il direttore quando si è candidato alla guida dello Spallanzani, ha sventolato il provvedimento di estinzione dei reati oggetto di quella sentenza, ma la condanna resta.
Un curriculum più lungo di quello scientifico. Dove l’h-index di Vaia è di 17 punti contro i 67 di Rezza. Senza contare che la maggioranza delle pubblicazioni sono cofirmate con ricercatori dello Spallanzani di cui è alla guida.
Riguardo la «comprovata esperienza professionale nella direzione di strutture organizzative complesse» ci sono invece due deliberazioni del Policlinico Umberto I di Roma che dimostrano come Vaia non avesse i titoli per ricoprire il ruolo di direttore sanitario. Secondo i calcoli dell’Umberto I gli emolumenti non dovuti ammonterebbero a 320mila euro, ma poi tra l’ospedale e il medico si è raggiunto un accordo di conciliazione che non aggiusta però il curriculum sanitario del candidato alla successione di Rezza.
Che in realtà aveva puntato alla presidenza dell’Iss, che è anche il più grande istituto pubblico di ricerca in Europa. Forse un po’ troppo, tanto che li a sostituire il Professor Silvio Brusaferro, in scadenza di mandato a luglio, dovrebbe arrivare il direttore della clinica di malattie infettive al “San Martino” di Genova, Matteo Bassetti.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 14th, 2023 Riccardo Fucile
LA TENUTA DEI CONTI PUBBLICI ITALIANI DIPENDERÀ NEGLI ANNI A VENIRE DAI FLUSSI MIGRATORI: L’ARRIVO DI POPOLAZIONE STRANIERA IN ETÀ LAVORATIVA POTRÀ MIGLIORARE IL RAPPORTO DEBITO-PIL ANCHE DI 30 PUNTI
A questo amabile governo, così applicato nella lotta all’immigrazione sebbene con risultati non proprio prodigiosi poiché nei primi cento giorni dell’anno, rispetto a primi cento dello scorso, il numero di immigrati sbarcati in Italia è cresciuto del triplo vorrei sottoporre un grafico semplice semplice.
Rappresenta l’impatto dell’immigrazione sul debito pubblico nei prossimi quarant’anni. Una curva indica lo scenario A: se la situazione resta più o meno com’è, il debito pubblico aumenterà di una decina di punti sul Pil. L’altra curva indica lo scenario B: se l’immigrazione diminuisce di un terzo, il debito pubblico, oggi al 144 per cento, salirà intorno al 200 per cento del Pil. L’ultima curva indica lo scenario C: se l’immigrazione aumenta di un terzo, il debito pubblico scenderà sotto il 130 per cento.
Pertanto gli immigrati dovremmo andare e prenderceli noi. Non vorrei sembrare troppo sarcastico ma sì, sono una risorsa, proprio come diciamo noi radical chic […] il grafico non mi è stato fornito da George Soros, ma è a pagina 125 del Documento di economia e finanza, appena approvato dal governo e firmato in calce dal ministro Giorgetti e dalla premier Meloni.
La tenuta dei conti pubblici italiani dipenderà negli anni a venire dai flussi migratori. L’arrivo di popolazione straniera in età lavorativa potrà migliorare il rapporto debito/Pil anche di 30 punti. È quanto si legge nella relazione che accompagna il def appena «licenziato» dal consiglio dei ministri: una tesi già ipotizzata da numerosi studi demografici ma che per la prima volta fa breccia nel centrodestra.
Secondo questi calcoli la riduzione o l’aumento dei flussi migratori in Italia avranno un impatto (in positivo o in negativo) fino a 30 punti percentuali. […] un aumento della popolazione di origine straniera del 33% farebbe calare il debito pubblico di 30 punti. Se invece l’apporto dell’immigrazione sul totale dei residenti in Italia dovesse rallentare o calare peggiorerebbero gli equilibri della finanza pubblica dal momento che da un lato verrebbe meno la manodopera necessaria a sostenere lo sviluppo economico e dall’altro aumenterebbe la domanda di prestazioni assistenziali e sanitarie.
In altre parole, dato l’andamento della natalità in Italia (che anno dopo anno abbatte record negativo) nel breve e medio periodo non possiamo contare su un improvviso boom di nascite. L’immigrazione- sempre secondo l’analisi che accompagna il def – non è l’unica variabile demografica che rischia di impattare sui conti pubblici: ci sono anche l’allungamento delle speranze di vita e la fertilità («che cala e fa aumentare il debito»).
Se l’obiettivo è quello di sostenere il bilancio dello stato grazie al lavoro (e alle tasse) che arrivano da nuovi residenti, occorrerà invertire la tendenza attuale.
Nel 2018 l’allora presidente dell’Inps Tito Boeri aveva dal canto suo affermato che «per mantenere il rapporto tra chi percepisce una pensione e chi lavora su livelli sostenibili, è cruciale il numero di immigrati che lavoreranno nel nostro Paese». Con particolare riferimento specificò lo stesso Boeri, all’immigrazione regolare. La tesi scatenò le ire dell’allora ministro dell’interno Matteo Salvini, oggi tornato vicepremier.
La Ragioneria generale dello Stato calcola invece che, alla luce degli scenari attuali, la popolazione italiana calerà a 55 milioni contro i circa 60 attuali e che la percentuale di over 65 crescerà al contrario fino a 18,4 milioni. Una proporzione che di fatto renderebbe insostenibili gli attuali livelli di welfare.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »