Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
SOGNAVA DA ANNI DI METTERSI ALLA GUIDA DI UN MEZZO PESANTE… OVVIAMENTE SUBISCE GLI INSULTI DI QUALCHE RIFIUTO UMANO, MA ANCHE I COMPLIMENTI DI TANTI ITALIANI CIVILI
Hanane Serkouh ha realizzato il sogno che coltivava sin da quando, ancora bambina, osservava il camion del padre autotrasportatore: mettersi alla guida di un mezzo pesante.
Quarantaquattro anni (in Italia da 41), di origini marocchine, è riuscita infatti a diventare un’autista della Sasa, l’azienda di trasporto pubblico altoatesino. Un lieto fine, però, inquinato dai commenti razzisti di cui è bersaglio quotidianamente. Mentre attraversa la linea 1 di Merano o la 201, che collega a Bolzano, Hanane indossa infatti il velo: come ricostruisce il Corriere del Trentino, per lei è simbolo di dignità, libertà e rispetto per una fede che ha abbracciato in tarda età. Ma per alcuni passeggeri, emblema di una diversità da condannare.
«Non rispondo: ho paura che mi aggrediscano»
«Non si tratta di ragazzini immaturi: fino ad ora a creare problemi sono sempre stati adulti, per lo più donne – ha raccontato Hanane -. La prima volta è stato uno shock. Lavoravo da circa sei mesi e a causa del traffico il bus aveva un leggero ritardo, guidavo in modo sicuro ma spedito. Una signora italiana si è avvicinata a me e, senza alcun pretesto, ha iniziato a prendermi a male parole: “Ma come guidi? Vai al tuo Paese, chi ti ha dato la patente?”. Gridava, io ho iniziato a sudare freddo dalla paura. Poche settimane dopo una signora tedesca voleva scendere dove non era prevista fermata e al mio rifiuto mi ha apostrofata con insulti razzisti». Ma non sono stati gli unici episodi. «Lavoro da tre anni ed è già successo molte volte. L’ultima un mese e mezzo fa. Un uomo pretendeva che spegnessi l’aria condizionata ma era inverno, era già spenta. “Non capisci l’italiano? Sono io che ti pago”. Urlava, mi insultava, l’autobus era pieno e nessuno ha detto niente». In questi casi, lei avrebbe modo di reagire: «il protocollo prevede di fermare il bus, aprire le porte e chiamare i carabinieri». Ma non sempre ha l’energia o la voglia di farlo: «il giorno della signora tedesca in escandescenze era il mio ultimo giro, ero già vicina al capolinea e ho lasciato perdere», spiega ancora. In generale, la sua risposta alle persone che la insultano è gelida. Ma solo all’apparenza: «Le guardo in silenzio, ascolto senza rispondere e mi chiudo nella cabina di guida. Entro in una bolla in cui non capisco più niente. Vado a casa, piango, sto male per una settimana e poi passa». La sua assenza di reazioni deriva anche dalla paura che la situazione degeneri: «Per quello non rispondo: potrebbero tirarmi uno schiaffo».
Una scelta autonoma
Della situazione, racconta Hanane, sono a conoscenza sia l’azienda che i colleghi. «Alcuni mi dicono: fai finta di non sentire. Altri consigliano di reagire, buttando fuori queste persone. Non potrei mai farlo, non è il mio carattere. Però ho scritto due lettere raccontando ai superiori quello che era successo: non ho mai avuto risposta». Le aggressioni, comunque, non avvengono solo a bordo dell’autobus: «Due settimane fa ero a fare la spesa con mia mamma a Lana e una signora, passandoci accanto, ha detto Scheiß Ausländer (stranieri di m…), pensando che non capissi il tedesco ma sono bilingue. La titolare ha fatto finta di non sentire». Secondo lei, è anche il velo che indossa a creare imbarazzo, in quanto «simbolo della sua religione»: «Il Corano prevede che le donne indossino il foulard e io lo porto per convinzione e rispetto, non certo per obbligo di mio padre o mio marito. Anche perché sono divorziata». Alla religione islamica, racconta, si è avvicinata non per imposizione, ma dopo aver studiato: «I miei sono di mente aperta, hanno lasciato il Marocco da giovani e hanno cresciuto me e mio fratello come persone libere, senza inculcarci alcun credo. Solo dieci anni fa, studiando per conto mio, ho abbracciato la religione islamica e ho capito che è giusto che la donna si copra il capo. E siccome non penso di fare del male a nessuno, lo faccio». A chi adotta questi comportamenti, Hanane vorrebbe porre una domanda: «Chiederei perché si sono azzardati, senza conoscermi, a rivolgermi parole violente che mi hanno fatta soffrire». Nel frattempo, una risposta se l’è già data: «Il razzismo non ha causa ma tanti sintomi, in primis la cattiveria. La cui sola cura è la conoscenza, la cultura, il confronto con chi è diverso».
Altri due sogni nel cassetto
In ogni caso, la discriminazione non ha compromesso il suo amore per il lavoro: «Per me è come se fosse un hobby, mi rilassa, è una terapia quotidiana. Del “mio” autobus sono anche gelosa: è un dodici metri, largo poco più di due, ma guidarlo non è difficile, mi viene spontaneo. Anche sulle linee di montagna, con strade strette o neve, non ho alcun problema. Si vede che era il mio destino, oltre che il mio sogno». E poi, non tutti sono ostili: «Molti sorridono, mi fanno complimenti, apprezzano una donna emancipata con un lavoro considerato maschile». Un lavoro che però non è bastato a esaurire tutti i suoi sogni nel cassetto: «Mi piacerebbe scrivere un libro: la biografia di una ragazza che ho conosciuto in treno, con una storia che mi ha colpito. E recitare in un film: vorrei una piccola parte con un regista italiano, tedesco o marocchino, visto che sono trilingue. Accetterei qualsiasi ruolo, purché non debba togliere il foulard».
(da Open)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
UN GESTO DI STRAORDINARIA SPORTIVITA’: “L’AMICIZIA CONTA PIU’ DI UNA VITTORIA”
Il fair play al suo massimo livello. È un gesto di straordinaria sportività quello che ha visto protagonista la ferrarese Emilia Rossatti nella finale dei campionati italiani Under 23 di scherma a Vercelli: nella finale per il titolo tricolore di spada femminile, la portacolori dell’Accademia Bernardi Ferrara ha scelto di non approfittare dell’infortunio dell’avversaria Gaia Traditi, in vantaggio 12-9 al momento di una dolorosa distorsione alla caviglia destra, rinunciando all’assalto nei 17 secondi che restavano da disputare e consegnandole di fatto la medaglia d’oro. E un posto sicuro ai prossimi Europei di categoria, in programma a Budapest nel mese di maggio.
Diciassette secondi sembrano pochi, ma nella scherma sono più che sufficienti per rimontare tre stoccate di svantaggio, specie contro un’avversaria che non riesce a caricare sul piede destro.
E a quel punto arriva il gesto degno di De Coubertin: l’arbitro chiama il «pronte, a voi», ma Rossatti ha già concordato con il suo maestro Riccardo Schiavina di non attaccare, indietreggia, prende distanza dall’avversaria e lascia scadere il tempo, sigillando la vittoria della Traditi.Mentre scorrono quei 17 secondi pieni di umanità e valori, il pubblico di Vercelli dedica una standing ovation alla ferrarese Rossatti e al suo gesto fino all’alt dell’arbitro Francesca Calabrò allo scadere del tempo di gara. Gaia ed Emilia si abbracciano in lacrime, alla pari dei rispettivi maestri, ricevendo i complimenti del presidente federale della Federscherma Paolo Azzi: «La scherma emoziona sempre e a volte fa anche commuovere».
Sul podio le due ragazze sorridono e si abbracciano di nuovo. «Non so come ringraziarla, l’amicizia vale più di una vittoria», ammette la Traditi indicando la sua avversaria e amica ferrarese.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
CI SONO ALTRE DECINE DI RICORSI, E SE LO STATO DOVESSE PAGARE LE FATTURE ARRETRATE DI TUTTI GLI ENTI LOCALI, L’IMPATTO SAREBBE DEVASTANTE
A pochi giorni dal varo di un Documento di economia e finanza all’insegna della “prudenza” e della riduzione del deficit, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è arrivata una tegola che potrebbe stravolgere i piani del governo Meloni.
Il ministero dell’Economia ha infatti dovuto, sulla base di una sentenza dei mesi scorsi, iniziare a risarcire i danni morali ad alcune imprese calabresi che vantano crediti nei confronti di Province, Comuni in dissesto, Aziende sanitarie locali e società controllate dagli stessi enti pubblici.
Nei prossimi giorni il governo dovrà far sapere come intende procedere per la liquidazione dei crediti veri e propri, circa 3 milioni di euro. Ma gli esborsi potrebbero allargarsi a macchia d’olio.
La Corte di Strasburgo, infatti, nei prossimi mesi dovrà pronunciarsi su altre decine di ricorsi partiti da Crotone e relativi a imprese con base in Calabria, Campania e Sicilia. La storia infinita dei debiti non pagati della pubblica amministrazione – di cui Matteo Renzi all’inizio del suo mandato a Palazzo Chigi aveva promesso lo “sblocco totale” – torna dunque a presentare il conto.
Se il governo non paga la documentazione passerà al vaglio del comitato dei ministri presso il Consiglio d’Europa, l’organismo internazionale che vigila sull’esecuzione delle decisioni della Corte. Difficile stimare l’impatto potenziale del pronunciamento, ma di sicuro la montagna dei debiti commerciali non pagati è ancora oggi imponente.
Nell’ultima relazione annuale di Bankitalia si legge che “nel 2021 i debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche ammontavano a circa 53 miliardi”, come nel 2018. Se lo Stato centrale fosse chiamato a saldare le fatture non onorate dagli enti locali le ricadute sui conti pubblici potrebbero quindi essere. A poco vale sulla carta il governo, una volta che ha pagato, possa rivalersi sugli enti locali, che rischierebbero così il dissesto.
In teoria oggi tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del ricevimento, con l’eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale per i quali il termine massimo è di 60 giorni.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
IN BEN 18 PAESI EUROPEI ESISTE UNA PROTEZIONE COMPLEMENTARE
La protezione speciale, che il governo ha annunciato di voler eliminare, non esiste solo in Italia. Ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha confermato la stretta sull’accoglienza dei migranti: “Ho come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade al resto d’Europa”.
Anche la Lega ha annunciato che il governo abolirà la misura: “La protezione speciale è un unicum italiano che crea condizioni attrattive per l’immigrazione: la azzereremo”, ha dichiarato venerdì il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni.
In realtà le cose non stanno così, e il permesso di soggiorno per protezione speciale per i migranti, che è una forma di protezione in Italia che spetta ai richiedenti asilo che non hanno le caratteristiche per ottenere né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, è uno strumento presente e utilizzato anche in altri Stati. Semplicemente assume nomi diversi. Ma questo non significa di certo che non esistano forme complementari di protezione.
Come ricorda anche Filippo Miraglia, vicepresidente Arci, nell’Unione europea ci sono 18 Paesi su 27 che hanno una forma complementare di protezione, che quindi aggiunge un terzo permesso di soggiorno ai due che derivano dalla Protezione Internazionale, quest’ultima uguale in tutta l’Ue.
La protezione speciale è concessa infatti al cittadino straniero richiedente asilo nei casi in cui la Commissione Territoriale non gli riconosca né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, ma allo stesso tempo ritenga che non sia possibile il suo allontanamento dal territorio nazionale, perché rischierebbe la vita. Nel 2022 sono stati in tutto 10.865 i beneficiari, il numero più alto tra le 3 tipologie di protezione.
Miraglia ha ricordato che l’ufficio legislativo del Senato, in occasione della conversione in legge del decreto Sicurezza voluto da Salvini, DL 113/2018, ha pubblica un dossier che è ancora rintracciabile a questo link: nel dossier in questione, da pagina 47 in poi, vengono riportati gli approfondimenti legislativi di ogni singolo Paese, in totale 18 Paesi. Vengono menzionati: Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Svezia, Ungheria.
A dimostrazione del fatto che a differenza di quanto ha cercato di sostenere il sottosegretario Molteni, la Lega è a conoscenza del fatto che la protezione speciale non è affatto un “unicum” italiano, e che, come sottolinea il responsabile immigrazione di Arci, “non siamo soli in Europa ad avere una forma complementare di protezione”.
Per cancellare la protezione speciale per i richiedenti asilo, al Senato i gruppi di maggioranza hanno già fatto sapere che presenteranno un emendamento al decreto Cutro, che ora è all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato, e che dovrebbe arrivare in Aula martedì 18 aprile.
(da Fanpage)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
I SINDACI DI ROMA, MILANO, NAPOLI, TORINO, BOLOGNA E FIRENZE
«Come Sindaci, come Amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre Comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italia». Comincia così un documento congiunto dei sindaci di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Firenze. «La preoccupazione delle città è massima a fronte di emendamenti proposti da alcuni partiti al DL 591 dopo le tante evidenze a cui il nostro ordinamento ha dovuto porre rimedio in questi anni – scrivono Gualtieri, Sala, Manfredi, Lo Russo, Lepore e Nardella – Non bisogna ragionare in ottica emergenziale ed è secondo noi sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal SAI, precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità».
Il documento prosegue così: «Non condividiamo la cancellazione della protezione speciale, misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità. Tutto questo mentre il sistema dei Cas, mai uscito da un assetto emergenziale, è saturo e purtroppo inadeguato ad accogliere già oggi chi proviene dai flussi della rotta mediterranea come da quella balcanica. Insufficiente, sia per numeri sia per le modalità d’accoglienza sia per i servizi di accompagnamento, protezione ed inclusione, assenti. E in questo quadro occorre ripensare anche il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati cui occorre applicare logiche distributive che evitino la concentrazione nelle sole grandi città.
Le nostre città sono infatti impegnate già oggi, spesso con sforzi oltre i propri limiti e frequentemente oltre le proprie funzioni e competenze, a porre rimedio con risorse proprie alle manchevolezze di un sistema nazionale adeguato.
La soppressione della possibilità di costruire un unico sistema di accoglienza pubblico, trasparente e professionale (come il SAI), garantendo percorsi dignitosi e tutelanti anche per le persone richiedenti protezione internazionale, non può comportare la nascita di nuovi grandi centri di accoglienza o detenzione nei nostri territori. La storia degli ultimi vent’anni di accoglienza in Italia dimostra chiaramente come modelli emergenziali, con standard qualitativi minimi e volti al mero “vitto e alloggio” abbiano procurato ferite enormi nelle nostre comunità e non abbiano garantito diritti esigibili alla popolazione rifugiata. E soprattutto abbiano fallito processi di inclusione efficaci e duraturi».
Per queste ragioni i sindaci propongono quattro punti:
1. che sia rinforzata l’unitarietà del Sistema di Accoglienza italiano, valorizzando l’esperienza virtuosa del SAI, ovvero supportando attivamente la rete dei Comuni che quotidianamente affrontano in prima persona le sfide che i movimenti migratori in ingresso sottopongono ai nostri servizi, ai nostri territori e alle nostre comunità. Con un solo obiettivo: garantire percorsi di effettiva inclusione e tutela compatibili con i territori, evitando grandi centri di accoglienza, senza servizi e senza tutele, per tutti.
2. il Sai rimanga accessibile a richiedenti protezione e rifugiati.
3. i Cas vengano trasformati in hub di prima accoglienza, dedicati alle procedure di identificazione e di screening sanitario per poi procedere a trasferimenti rapidi nel sistema di seconda accoglienza ed inclusione, appunto il SAI.
4. vengano ripristinati i criteri di riparto che il Piano nazionale di accoglienza aveva indicato.
«In assenza di azioni positive mirate o, peggio, con azioni sbagliate, le ricadute saranno infatti l’irregolarità diffusa o lunghi percorsi di ricorsi giudiziari che paralizzeranno le vite di molte persone inabilitandole e rendendole facili prede del lavoro nero, che invece non manca -scrivono -. Infine, come Amministrazioni locali, auspichiamo che ancora una volta l’Italia non si contraddistingua per una regressione relativa al sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati: da troppi anni questo tema necessita di una riforma importante e strutturale, che miri ad un equilibrio nazionale del sistema di accoglienza imprescindibile dal coinvolgimento dei Comuni e dagli obiettivi di inclusione, protezione e con una diffusione omogenea a livello nazionale. Siamo convinti, insieme ad altre voci autorevoli, che dopo circa vent’anni e anche alla luce di alcuni temi di strutturale cambiamento demografico e sociale non si debba continuare a parlare di emergenza e che proprio in questo momento occorra la lungimiranza di aprire una discussione per scegliere una via legale all’immigrazione e alla regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae, premessa a comunità solidali, capaci di proporre percorsi di vera emancipazione e autonomia alle persone nel pieno interesse del nostro Paese».
(da La Stampa)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
IL VIA LIBERO DEFINITIVO ARRIVEREBBE A FINE NOVEMBRE, TROPPO TARDI PER USARE LE RISORSE RESIDUE. E COSÌ, L’ITALIA POTREBBE PERDERE IL 30% DEI FINANZIAMENTI
Dall’Etiopia dove si trova in visita di Stato la premier Giorgia Meloni ribadisce e rende ufficiale la linea sul Pnrr che l’altro giorno era stata anticipata in Parlamento (sollevando polemiche) dalla sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Matilde Siracusano:
«Per le modifiche al Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha detto Meloni – ci prendiamo il tempo necessario a ottenere il vero obiettivo, che non è fare i primi della classe e presentare una settimana prima il lavoro, ma presentare un lavoro che ci consenta di spendere al meglio le risorse. Non so dare una data precisa, ma posso dire che noi rispettiamo le prescrizioni che ci vengono fornite dall’Europa, e la prescrizione della Commissione Ue è agosto».
La premier si riferiva al dubbio sui tempi di presentazione a Bruxelles delle modifiche al Pnrr, rese necessarie dall’incremento dei costi dovuto all’inflazione e alla difficoltà della politica e della burocrazia italiana nel progettare ed eseguire i lavori con i fondi europei.
La Commissione ha manifestato disponibilità a concedere tempo all’Italia, ma non molto; la prima scadenza suggerita da Bruxelles sarebbe il 30 aprile, mentre il limite ultimo invalicabile è il 31 agosto, e quello si è riferita ieri Meloni. C’è però un problema: una volta che l’Italia ha presentato le modifiche al Pnrr, la Commissione di Bruxelles avrà due mesi per valutarle, e il Consiglio dei ministri Ue un altro mese per approvarle.
Il “sì” definitivo arriverebbe perciò a fine novembre, troppo tardi per destinare le risorse residue entro fine anno; il rischio per l’Italia in tal caso è di perdere fino al 30% dei finanziamenti europei
(da “La Stampa”)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
L’ATTIVISTA DI ORIGINI GHANESI: “UNO SCATTO IPOCRITA E OSCENO”
“Uno scatto osceno”, ipocrita, se lo si raffronta con le politiche migratorie del governo e la retorica in questo campo della destra.
La fotografia di Giorgia Meloni ieri ad Addis Adeba, dove sorridente abbraccia tre bambini neri, non è passata inosservata.
La scrittrice e attivista Djarah Kan ha scritto un post molto duro sulla propria pagina Instagram mettendo in fila le contraddizioni dell’immagine.
“Una cosa che ho imparato da ex bambina nera tenerissima e coccolata anche dai peggiori fascisti – ragiona Kan – è questa: sei carinissima finché sei un esemplare di piccola taglia perché non riconosci il bene dal male, non sai cosa voglia dire esigere giustizia ed equità e inoltre non hai la più pallida idea di cosa sia il fascismo, o il razzismo, o il capitalismo rapace e più furioso che spolpa il tessuto sociale della tua gente da secoli, fino al midollo, lasciando in terra solo le ossa e la disperazione di chi vive con l’incubo di essere stato maledetto dalla povertà”.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
FORTUNATAMENTE, I PRETI AVEVANO DECISO DI NON EFFETTUARE LA CERIMONIA: “AVEVAMO FISSATO LA MESSA ALLE CINQUE DEL MATTINO, MA INTORNO ALLE 2.30 ABBIAMO SENTITO L’ESPLOSIONE”
Le feste non fermano la guerra tra Russia e Ucraina, che ormai va avanti da oltre un anno. In un bombardamento avvenuto nella notte della Pasqua ortodossa, un missile russo S-300 ha distrutto la chiesa di San Michele Arcangelo nel villaggio di Komyshuvakha, nella regione di Zaporizhzhia.
Secondo quanto riporta Ukrinform, la chiesa è stata devastata, insieme alla biblioteca e la sala per le preghiere. «Grazie al buon senso dei nostri preti a quell’ora non c’era la cerimonia e la benedizioni del cibo per Pasqua, perché solitamente la chiesa è molto affollata», ha detto il capo della comunità, Yurii Karapetian
«Avevamo fissato la messa alle cinque del mattino, ma intorno alle 2.30 abbiamo sentito l’esplosione, abbiamo annullato tutte le cerimonie ed iniziato a rimuovere le macerie», ha dichiarato il sacerdote Volodymyr.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2023 Riccardo Fucile
L’EX AGENTE DEL KGB APPOGGIA LA GUERRA E FA FINTA DI INVOCARE LA PACE
Il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato alla veglia pasquale nella cattedrale del Cristo Redentore a Mosca, il più grande tempio ortodosso del Paese. Kirill appoggia la guerra ma invoca la pace
Da una parte il guerrafondaio neo-zarista che con la sua guerra ha provocato migliaia e migliaia di morti e dall’altra il Patriarca omofobo con l’elmetto che quella guerra ha giustificato, salvo adesso invocare ipocritamente la pace.
Il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato alla veglia pasquale nella cattedrale del Cristo Redentore a Mosca, il più grande tempio ortodosso del Paese. La funzione religiosa, trasmessa in diretta televisiva, è stata officiata dal Patriarca della Chiesa ortodossa russa, Kirill.
In abito scuro, con una candela in mano, il capo del Cremlino, accompagnato dal sindaco di Mosca, Sergei Sobyanin, ha risposto con il tradizionale «È veramente risorto» alle parole del patriarca. In un messaggio ai credenti in occasione della Pasqua, Kirill ha chiesto una «pace giusta e duratura» per i popoli di Russia e Ucraina.
Il patriarca ha indicato che gli ortodossi chiedono a Dio «che con la sua misericordia e bontà guarisca le ferite del corpo, e specialmente quelle spirituali, consoli ogni dolore e conceda ai popoli fratelli usciti dallo stesso fonte battesimale del Dnepr una pace giusta e duratura».
(da agenzie)
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