Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
ALTA TENSIONE A TRENTO PER LE PREVISTE MANIFESTAZIONI A DIFESA DELLA VITA DI JJ4, ALTRA QUERELA A FUGATTI PER ISTIGAZIONE A DELINQUERE DA PARTE DEL PARTITO ANIMALISTA
“Sono arrivati in questi minuti i preavvisi delle manifestazioni che si svolgeranno domenica 23 a Casteller, la riserva faunistica a ridosso della zona sud di Trento dove si trovano Jj4 e Mj5, e domenica 30 ad Avio, paese dove vive il presidente della Provincia Fugatti. Domani mattina alle 10,30, intanto, in piazza Dante si ritroveranno gli animalisti dell’Oipa, mentre già da lunedì ho predisposto l’ordinanza di vigilanza nell’area faunistica”. Lo dice il questore di Trento, Maurizio Improta, in merito alle manifestazioni degli animalisti previste, a più riprese, sul territorio per scongiurare gli abbattimenti degli orsi ritenuti più aggressivi.
“Allo stato c’è un monitoraggio costante h24, per scongiurare eventuali irruzioni nella zona protetta in vista dell’arrivo dei turisti della cronaca nera il fine settimana, gente che, come andava a vedere la casa di Misseri in Puglia o la Marmolada, vuole farsi magari una passeggiata lungo i sentieri che costeggiano la recinzione dell’area faunistica per farsi la foto con l’orso che fa capolino. C’è gente che vive anche di queste cose e dobbiamo stare attenti a tutto, governando la situazione cercando di mantenere tutto nella maniera più tranquilla possibile. Ho chiesto personale delle squadre dei reparti per avere maggiore presenza su tutta la giornata, con un occhio anche gli attivisti no tav e i tifosi in arrivo per l’ultima partita in casa del Trento”.
Manifestazione sotto casa di Fugatti
Intanto il Partito animalista europeo è pronto a manifestare sotto casa del presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti. “Domenica 30 aprile manifesteremo, insieme ad altre sigle animaliste, ad Avio, paese dove risiede Fugatti, proprio sotto casa sua, in una frazione di mille abitanti e dove cercheremo di portare più persone di quante vi vivono. Il presidente è molto determinato, ma io sono uscito ora dalla stazione dei carabinieri dove ho depositato la seconda querela contro di lui per istigazione a delinquere e delitto tentato”. Lo annuncia il presidente del Pae (Partito animalista europeo) Stefano Fuccelli.
“Rispetto alla prima denuncia – spiega Fuccelli – c’è il fatto che ho citato la nuova ordinanza di ieri firmata ieri dallo stesso Fugatti e soprattutto cambia il soggetto Mj5: sono due denunce per due diverse azioni commesse da Fugatti. Siamo in contatto con le altre associazioni e so che la Brambilla presenterà oggi un nuovo ricorso al Tar. Stiamo agendo in tutti i campi, seguendo tutto l’iter consentito dalla legge cerchiamo di farci sentire. Da un recente sondaggio fatto in Trentino, il 71% è contrario all’abbattimento dell’orsa. Non solo, considerato che la Lav se ne farebbe carico, trasferendola in un’altra regione, viene a decadere lo stato di necessità e urgenza relativo a quello che potrebbe essere il pregiudizio per l’incolumità pubblica”.
Ma qual è la soluzione alternativa proposta dagli animalisti? “Consegnare gli orsi su cui pende una condanna di morte alle associazioni che hanno già trovato per loro una sistemazione altrove. Quanto agli altri, la responsabilità è dell’amministrazione che aveva il compito e il dovere di mettere in sicurezza la zona. Il Trentino ha preso moltissimi fondi pubblici, sia italiani che europei, per il progetto “Life Ursus” ma una volta presi i soldi con quelli avrebbe dovuto organizzare la gestione degli animali. Perché non hanno realizzato corsi di formazione con la cittadinanza, informazioni, percorsi indicati? Gli orsi sono stanziali, localizzati, perché non hanno delimitato con delle reti quell’area?
La responsabilità incide unicamente nell’Amministrazione – ribadisce Fuccelli – Fugatti sostiene di aver ereditato una situazione pregressa, una scusa di una politica becera che ci ha portato al disastro sociale in cui viviamo. Non governa da un mese, è quasi a fine mandato. Se c’è una persona che è morta, la colpa è dell’amministrazione e non dell’animale”.
Tra l’altro, aggiunge, “non è stato nemmeno stabilito ancora se di fatto quel ragazzo sia andato addosso all’animale o se l’animale abbia aggredito il runner perché correva e lo ha inseguito. Non sono state fatte ancora indagini peritali, stiamo ancora assistendo a quello che ci dice solo la Provincia, che può dire ciò che vuole. Lo abbiamo visto con l’orsa Daniza, quando l’aggressione del ragazzo è diventata il pretesto per ampliare gli impianti sciistici, cosa che non potevano fare finche c’era l’orsa che era tutelata. Una volta uccisa, hanno disboscato centinaia di ettari di bosco per realizzare il raddoppiamento delle funivie e un bacino artificiale per innevare la stazione sciistica”.
(da Trento Today)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
CRITICHE ANCHE A LA RUSSA: “SU QUESTIONI IMPORTANTI COME VIA RASELLA NON SI PUO’ SCHERZARE”
Gianfranco Fini ha condannato le parole di Francesco Lollobrigida a proposito della sostituzione etnica. L’ex segretario di An, intervistato da La7, ha però minimizzato: “Lollobrigida ha detto una colossale sciocchezza, io non lo conosco, ai miei tempi era un ragazzo. Lasciamo perdere la macchina del fango che è un’altra cosa. L’ammissione di ignoranza? Prendiamone atto, uno scivolone, è capitato e capiterà a tanti”.
“Ma cerchiamo di stare più in alto, il tema c`è, è giusto prevedere sgravi per le famiglie che mettono al mondo più bambini ma il tema immigrazione anche questo governo continua a guardarlo da un lato, ovvero evitiamo che le frontiere siano un colabrodo, che è un problema di tutta l`Ue. Il flusso migratorio è aumentato a dismisura, serve un piano Mattei, ma, attenzione, vogliamo porci il problema di come si diventa italiani e questo lo deve fare la destra”.
“An era molto più avanti di oggi su questo, poniamoci il problema di come si diventa italiani, allora lo Ius soli l’Italia non se lo può permettere ma An presentò diverse proposte di legge sullo Ius scholae. Quindi chi nasce in Italia chiede di diventare cittadino? Dimostri di conoscere lingua e storia italiana, faccia un giuramento di fedeltà ai valori della Costituzione”.
Gianfranco Fini ha poi parlato delle celebrazioni del 25 aprile e delle polemiche sulla pessima uscita di Ignazio La Russa a proposito dei fatti di via Rasella. “Vorrei un 25 aprile, come credo tutti gli italiani, non all’insegna di una pacificazione, di un `vogliamoci bene´. I fascisti che erano rimasti tali consideravano ancora alleati i tedeschi, collaborarono anche ad alcune stragi. Su questioni importanti come la strage di via Rasella non si può fare battute o scherzare. La Russa, che è uomo intelligente, si è reso conto di aver preso una cantonata”.
“Nel 1945 c’era chi stava dalla parte giusta e chi no. Stare però dalla parte sbagliata non può essere una colpa da far ricadere oggi sui nipoti”.
CASO USS: FINI, FALLA NEL SISTEMA DI CONTROSPIONAGGIO ITALIANO
“Allora – ha aggiunto Fini – se Uss aveva questo braccialetto, quando è scappato è scattato l’allarme. E lì chi è intervenuto? Oppure, come io credo, quel braccialetto è stato disattivato. Il controspionaggio italiano dov’era? E se c’era, dormiva? Quando Uss arriva a Mosca ringrazia gli amici “preparati e capaci che mi hanno aiutato”.Qualcuno tiene carte coperte. Spero di essere smentito. Il controspionaggio è possibile che non si sia reso conto di questo signore. Non è la fuga di un ladro di polli”. All’intervistatrice che chiede si sia trattata di una falla nel servizio di controspionaggio, Fini risponde: “sì, non mi convince quello che il governo dice”.
(da agenzie)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
LA LAV TORNA AL TAR ANCHE PER LUI: “NON HA UCCISO NESSUNO”… “FUGATTI HA UN DELIRIO DI ONNIPOTENZA VOLTO A STERMINARE ANIMALI INNOCENTI”
La Lega anti vivisezione ha annunciato un nuovo ricorso al Tar stavolta contro il decreto di abbattimento di Mj5, l’orso considerato responsabile dell’aggressione di un uomo in valle di Rabbi lo scorso 5 marzo.
La stessa associazione aveva ottenuto la sospensiva da parte del tribunale amministrativo sull’ordinanza del presidente della provincia di Trento, Maurizio Fugatti, che aveva ordinato l’uccisione di Jj4, l’orsa che ha ucciso il runner Andrea Papi.
Secondo la Lav, Mj5 «non ha ucciso nessuno e deve essere lasciato libero di poter continuare a vivere nei boschi».
Secondo il responsabile degli animali selvatici della Lav, Massimo Vitturi, la decisione di abbattere Mj5 è ingiusta perché l’orso «non è fonte di morte, ma ha avuto un solo incidente con una persona, un dettaglio importante che abbassa notevolmente il tanto millantato criterio di pericolosità dell’orso».
Gli animalisti contestano a Fugatti l’intera gestione del problema del contenimento della popolazione degli orsi in Trentino. Ne sarebbe una prova «la condanna a morte di 70 orsi», che secondo la Lav «ci dà il polso di quanto la situazione gli stia sfuggendo di mano. Ci appelliamo al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, affinché fermino il delirio di onnipotenza di un uomo che si sta giocando il tutto per tutto pur di sterminare degli animali innocenti».
(da Open)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
IL SOSPETTO E’ CHE PROPRIO L’INTELLIGENCE RUSSA ABBIA ASSOLDATO IL COMMANDO CHE HA ESFILTRATO USS PORTANDOLO FUORI DALL’ITALIA
A Mosca gli esperti della nomenklatura sanno chi è il nume tutelare al Cremlino di Aleksander Uss, il padre del fuggitivo di Basiglio: Sergej Shoigu, il potente ministro della Difesa. Un legame che nasce alla fine degli anni Settanta nell’università a Krasnoyarsk — Sergej al Politecnico, Aleksander a Legge — quando hanno iniziato a fare politica nel Pcus.
Poi entrambi hanno lavorato nell’industria dell’alluminio, la grande risorsa di quelle terre che ha poi creato la ricchezza di oligarchi come Oleg Deripaska. Il vento della Perestrojka scatenato da Gorbaciov ha spinto la carriera di Shoigu, che nel 1990 si è trasferito nella capitale e poi ha scalato le posizioni di governo. Ma i due sono rimasti vicini, tanto che nel 2017 sarebbe stato proprio il ministro della Difesa a suggerire a Putin la promozione di Uss al vertice della regione siberiana, scrigno delle materie prime più preziose.
Aleksander Uss non manca di omaggiare il suo sponsor. Chissà se nel ringraziamento formulato al ritorno in patria dall’evaso Artem Uss non ci fosse anche un riferimento al vecchio amico di famiglia. Il giovane ha parlato di «persone forti e affidabili» che gli erano state al fianco «nei giorni drammatici» della detenzione italiana. Non bisogna dimenticare che agli ordini diretti di Shoigu c’è il Gru, il servizio segreto militare protagonista delle azioni più temerarie in Europa: gli agenti che hanno avvelenato i dissidenti, corrotto a Roma un ufficiale della Marina e infiltrato una donna sotto falso nome nel comando Nato di Napoli. Insomma, i professionisti migliori per organizzare l’esfiltrazione del giovanotto dagli arresti domiciliari milanesi.
L’ultima trasferta nota di Shoigu a Krasnoyarsk risale allo scorso agosto: si è recato nella fabbrica Kramash per ispezionare la produzione dei nuovi missili intercontinentali Sarmat. Si tratta dell’ultima “arma dell’Apocalisse”, che può scagliare dieci testate atomiche — come ha dichiarato Putin due mesi fa — «in qualunque angolo della Terra, senza venire intercettata ». Guarda caso, secondo il mandato di cattura statunitense, tra le strumentazioni che Artem Uss avrebbe contrabbandato in Russia ci sarebbero stati anche sistemi destinati a questo mostruoso ordigno hi-tech, così micidiale da venire ribattezzato “Satan” dalla Nato.
(da La Repubblica)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
POI C’È LA NOTA DEGLI STATI UNITI: ARRIVATA IL 29 NOVEMBRE 2022, E TRASMESSA ALLA CORTE D’APPELLO DI MILANO SOLO 20 GIORNI DOPO… INFINE IL MANCATO SEQUESTRO DEI TELEFONINI, DI CUI USS HA POTUTO DISPORRE TRANQUILLAMENTE PER TRE MESI
Esistono a volte dei paradossi. Nella politica soprattutto. E così può succedere che un ministro metta nel mirino alcuni magistrati per non aver chiesto il carcere di un soggetto poi evaso, quando in realtà quello stesso ministro avrebbe potuto chiedere uguale misura, ma non lo ha fatto.
Per Nordio, i giudici “tenevano un comportamento connotato da grave e inescusabile negligenza”. Ma in questa storia come si è comportato il ministro che oggi punta il dito contro i magistrati?
Partiamo proprio da uno dei poteri di Nordio: in base all’articolo 714 del codice di procedura penale avrebbe potuto chiedere una misura coercitiva (anche il carcere) per l’imprenditore. Cita il codice: “In ogni tempo la persona della quale è domandata l’estradizione può essere sottoposta, a richiesta del ministro della Giustizia, a misure coercitive”.
Certo l’ultima parola sarebbe sempre stata dei giudici, ma questa richiesta, dopo la concessione dei domiciliari, non è mai arrivata. Nell’atto dell’azione disciplinare, Nordio, tra i punti che i giudici non avrebbero presero in considerazione, cita anche una sua richiesta del 19 ottobre per “il mantenimento della misura cautelare della custodia in carcere”: richiesta che però è arrivata quando Uss era già in cella a Busto Arsizio.
Il 29 novembre 2022, quattro giorni dopo l’ordinanza dei giudici sui domiciliari, negli uffici di Via Arenula arriva una nota degli Stati Uniti in cui si esortano le autorità italiane a disporre la custodia cautelare in carcere proprio per il pericolo di fuga. L’alert arriva alla V sezione della Corte d’appello di Milano il 19 dicembre 2022, ossia 20 giorni dopo l’invio al ministero.
Alla nota americana aveva già risposto, il 6 dicembre 2022, il Dipartimento per gli Affari di giustizia: “Questo ministero rappresenta come sia di esclusiva spettanza della competente Corte d’appello italiana (stabilire quale sia la misura cautelare più idonea anche nell’ambito della procedura di estradizione”: quindi a decidere sono i giudici.
Via Arenula assicura anche che “la misura cautelare degli arresti domiciliari – che nel caso di Uss è resa più sicura dall’applicazione del braccialetto elettronico – è in tutto equiparata alla misura cautelare della custodia in carcere”. Questa nota di risposta viene ricevuta dalla Corte d’appello il 9 dicembre.
C’è poi la questione dei telefonini di Uss. Già nella richiesta degli Stati Uniti per l’arresto provvisorio del 21 ottobre, le autorità Usa chiedevano “il sequestro dei dispositivi elettronici e altri oggetti pertinenti in possesso del latitante”. Uss è stato fermato il 17 ottobre a Malpensa e condotto in carcere.
Quando va ai domiciliari (il 2 novembre) quei cellulari gli vengono restituiti. E se da una parte la polizia non ha effettuato il sequestro subito dopo il fermo, dall’altra il ministero della Giustizia non si è affrettato a inoltrare il sollecito americano proprio su questo aspetto.
La rogatoria infatti arriva a dicembre e resta ferma in Via Arenula fino al 17 febbraio, quando viene ricevuta dalla Procura di Milano. I cellulari alla fine saranno sequestrati dalla procura solo il 13 marzo scorso, nove giorni prima dell’evasione di Uss e dopo tre mesi che ne disponeva tranquillamente.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
TRA INCERTEZZE, SILENZI E “TRUCCHETTI”, L’ITALIA STA TRASCINANDO FINO ALL’ESTATE LA RISOLUZIONE DEI TRE PROBLEMI IN SOSPESO: LE MODIFICHE AL PNRR, LA RATIFICA DEL MES E LE CONCESSIONI BALNEARI
Una “minirevisione” degli obiettivi 2023 del Pnrr. Per non perdere i soldi delle prossime due tranche di finanziamenti e poi giocarsi tutto nel “grande ingorgo” dell’estate. Dove confluiranno tutte le correzioni al Piano di Riforme e Resilienza, e le scelte sul Mes e i balneari. Ecco il piano del governo che sta provocando la reazione infastidita della Commissione Ue.
Palazzo Chigi ha infatti ormai deciso e comunicato agli uffici comunitari che ad aprile non presenterà la nuova formulazione del Piano. Lo farà a luglio. Il gabinetto italiano non considera perentoria la scadenza di questo mese. Nel frattempo però ha chiesto di rivedere gli obiettivi del semestre in corso.
Per non perdere i soldi, sostanzialmente il ministro per i Rapporti con l’Ue, Raffaele Fitto, ha contattato la Commissione per eliminare gli impegni “irraggiungibili” dalla lista del semestre in corso. Di fatto vuole anticipare i “ritocchi” anziché attendere l’esame successivo. Una tattica, però, che a Palazzo Berlaymont non convince del tutto.
Non si fidano, cioè, che poi in estate venga effettivamente ricalibrato l’intero Pnrr. Il secondo motivo: è un segnale che indebolisce l’Ue e rende più intransigenti i “falchi” del nord in vista dei prossimi impegni.
Proprio per questo il governo italiano, consapevole delle difficoltà, sta mettendo sul tavolo almeno altri tre dossier da collegare in un’unica trattativa. E guarda caso tutto entrerà nel vivo tra giugno e luglio, in una sorta di “ingorgo europeo”.
L’altro dossier è il Mes. Palazzo Chigi vuole, appunto, prendere tempo per arrivare all’estate. La ratifica non è prevista prima di due mesi e Meloni vuole legarla al buon esito delle trattative sulle due prossime tranche di fondi del Recovery. Non è un caso che abbiano avanzato una “prerichiesta” per utilizzare anche gli stanziamenti del RepowerEu. Senza questa mossa non sarebbe possibile aspettare luglio per la definizione del nuovo Piano.
I “frugali” del nord sono in fermento. La Germania ha già formalmente protestato per la mancata ratifica del Meccanismo di Stabilità che blocca uno strumento fondamentale per i salvataggi delle banche in crisi.
Il secondo dossier, riguarda la normativa sulle concessioni balneari. Come previsto, ieri la Commissione non ha presentato la lettera per la procedura di infrazione. Devono almeno aspettare la sentenza della Corte Ue che dovrebbe esprimersi sull’argomento oggi. Poi nelle prossime settimane potrebbero compiersi gli ulteriori passi. Proprio per questo anche su questo terreno tutto slitterà di un paio di mesi. E ancora ci ritroviamo tra giugno e luglio.
Un negoziato su tre tavoli, dunque, che sta facendo infuriare la Commissione e le principali Cancellerie, a cominciare dalla Germania e la Francia. Che potrebbero far ricadere le conseguenze sulla riforma del Patto di Stabilità. Un passaggio fondamentale per l’Italia: dal primo gennaio tornerà in funzione e se non si cambiano le procedure per il rientro dal debito eccessivo, la situazione italiana diventerebbe immediatamente critica.
Il governo Meloni appare pronto a cedere sui balneari e sul Mes. Ma le modalità stanno innervosendo pezzi sempre più importanti e ampi dell’Unione europea. Un gioco al “rischiatutto” con una sola puntata da trasmettere in estate.
(da La Repubblica)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
L’UNICO MODO PER CONVINCERE CHI HA COMPETENZE A LAVORARE NEL PUBBLICO È PAGARE BENE E DARE UNA PROSPETTIVA DI CRESCITA
Oltre un terzo dei funzionari assunti con contratti a termine per gestire i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha già lasciato il posto, optando per alternative migliori.
L’ammissione è di Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei e appunto del Pnrr. Con un po’ di immaginazione e molto ottimismo, si può anche guardare alla situazione con speranza. Perché il possibile disastro al quale potremmo andare incontro almeno mostra dove si potrebbe intervenire.
Qualche tempo fa Marco Carlomagno, a capo della Federazione lavoratori e funzioni pubbliche (Flp), ha reso noti altri dati interessanti. Le varie amministrazioni pubbliche, come è noto, sono in prima linea nell’ideazione e nella gestione dei progetti del Pnrr. Il loro personale nel complesso è però da tempo circa il 50 per cento di quello che dovrebbe essere, con un’età media che supera i cinquanta anni e, se si guarda ai comuni, solo l’uno per cento che ne ha meno di trenta.
Stessa situazione, con qualche eccezione, nelle amministrazioni centrali, nella sanità e nella scuola, dove si fa ricorso al precariato per coprire le carenze di organico. Intendiamoci, l’età anagrafica non significa poi molto al contrario delle competenze, ma certo è un’indicazione. Anche perché le competenze che servirebbero la pubblica amministrazione non le ha, come più volte segnalato proprio in rapporto al Pnrr.
Nonostante ciò, ci si ostina ad organizzare concorsi, anche per programmatori, proponendo posti di lavoro a poco più di mille euro al mese che fatalmente si risolvono in un nulla di fatto con i candidati scelti che non prendono servizio perché non gli conviene o che se ne vanno appena possono.
La buona notizia quindi è che c’è spazio per migliorare e per innovare, a patto di pagare bene le competenze e di dare una prospettiva di crescita. L’altra è che di quei funzionari a tempo determinato chiamati a dare una mano sul Pnrr è andato via solo un terzo. Poteva andare peggio, tutto sommato.
(da La Repubblica)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
SEMPRE PIU’ SIMILI AL BLOCCO DI VISEGRAD CHE ALLE DEMOCRAZIE EUROPEE: “SONO ESSERI UMANI, NON IDEOLOGIE”
Al Parlamento europeo si stava votando una relazione sulla «depenalizzazione universale dell’omosessualità». Testo su cui i deputati di Strasburgo hanno lavorato nelle ultime settimane, alla luce delle discriminazioni contro la comunità Lgbtqi+ portate avanti in Uganda.
Il documento ha ricevuto 416 voti a favore, 62 contrari e 36 astensioni. Ma nell’iter di approvazione è stato anche inserito un emendamento che riguarda esplicitamente alcuni influenti leader politici e governi dell’Unione europea, «come nel caso di Italia, Polonia e Ungheria».
Il blitz è stato portato avanti da Verdi e Sinistra e ha avuto successo: l’emendamento è passato con 282 voti a favore, 235 contrari e 10 astensioni.
Nel file che condanna Roma, Budapest e Varsavia per la propaganda anti-Lgbt si legge: «Il Parlamento europeo esprime preoccupazione per gli attuali movimenti retorici anti-diritti, antigender e anti-Lgbt a livello globale, alimentati da alcuni leader politici e religiosi in tutto il mondo, anche nell’Unione europea. Il Parlamento ritiene che tali movimenti ostacolino notevolmente gli sforzi volti a conseguire la depenalizzazione universale dell’omosessualità e dell’identità transgender, in quanto legittimano la retorica secondo cui le persone Lgbtqi+ sono un’ideologia anziché esseri umani. Il Parlamento condanna fermamente la diffusione di tale retorica da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell’Unione europea, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia».
Non essendo disponibili, come da regolamento, i tabulati delle votazioni, non è possibile conoscere i nomi degli eurodeputati che hanno votato l’emendamento.
Secondo fonti del gruppo dei Socialisti, che ha dato ai suoi eletti indicazione di voto favorevole, il Partito democratico si sarebbe allineato alla decisione dei colleghi. Anche il Movimento 5 stelle avrebbe espresso il suo “sì” all’emendamento, così come gli europarlamentari di Verdi e Sinistra, appartenenti ai gruppi firmatari della proposta.
(da Open)
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Aprile 20th, 2023 Riccardo Fucile
MENTRE NELLA MAGGIORANZA INFURIANO LE POLEMICHE SUI RITARDI E LE DIFFICOLTA’ A SPENDERE IL SOLDI DEL PNRR, LA MELONI A SORPRESA CHIEDE NUOVI PRESTITI ALL’EUROPA
L’unica cosa certa è che il governo vuole cambiare il Pnrr. Su questo Giorgia Meloni è stata chiara, fin dal suo insediamento, a palazzo Chigi. Il piano per spendere i 191 miliardi – tra sovvenzioni e prestiti europei – va modificato, per adattarlo alle conseguenze della crisi energetica e del caro delle materie prime. Il problema è che dopo mesi di dibattito sul tema, l’esecutivo non ha ancora detto cosa e come vuole cambiare.
Raffaele Fitto è il super-ministro di Meloni, con la delega, tra l’altro, all’attuazione del piano di ripresa e resilienza. In questi mesi, i giornalisti hanno cercato di capire le intenzioni del governo dai (molti) interventi di Fitto, dal podio di convegni organizzati sulla materia, e dalle sue (poche, quasi nulle) risposte, alle domande della stampa. Il ragionamento del ministro si fonda su due dati. Il primo, esplicitato chiaramente il 28 marzo scorso, è che “è matematico che alcuni interventi del piano non possono essere realizzati entro il 2026”, cioè la data ultima fissata dall’Europa, per il collaudo dei progetti.
Secondo elemento. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e il boom dei prezzi dell’energia, la Commissione Ue ha promosso il Repower Eu, che dà la possibilità agli Stati membri di aggiungere, ai loro piani di ripresa, un capitolo dedicato, appunto, ai temi energetici. Il problema per l’Italia, è che il Repower è alimentato principalmente dai finanziamenti del Next Generation Eu, ancora disponibili. Ma il nostro Paese ha già chiesto tutta la quota di prestiti che gli spetta, secondo la ripartizione europea. Anche se su questo tema, in realtà, nelle ultime, ore si è aperto un nuovo giallo, di cui ci occuperemo più avanti.
Insomma, partendo da questi presupposti, il governo intende chiedere alla Ue, l’autorizzazione a spostare una parte degli investimenti dal Pnrr al fondo di Coesione, che ha una scadenza più lunga, 2029 anziché 2026. Altri progetti dovrebbero essere invece definianziati e portati su un binario morto. In questo modo, si punta a “liberare” diversi miliardi, da utilizzare, da un lato, “per rafforzare progetti strategici delle grandi aziende energetiche, come Eni, Enel, Snam, Terna” e, dall’altro, per dare “incentivi a famiglie e imprese, sul fronte dell’efficientamento energetico”, come tratteggiato da Fitto, nel corso di un evento dell’Associazione Civita, a Roma, il 19 aprile.
Ecco, qua si ferma quello che conosciamo fino a oggi. Ancora non si sa, invece, quali e quanti progetti il governo intende sostituire e con quali altri interventi, né tantomeno la quota di risorse, che si chiede di ricollocare. Il 30 aprile doveva essere il termine, in cui l’esecutivo avrebbe dovuto presentare il nuovo Pnrr. Le istituzioni europee infatti hanno invitato gli Stati membri a consegnare i piani rivisti, entro quella data. Ma soprattutto, quella era la deadline, più volte citata esplicitamente da Fitto. “Il 30 di Aprile sarà la data entro la quale presenteremo il programma e ci sarà una quantificazione specifica”, diceva ad esempio il ministro l’8 febbraio scorso, ai microfoni di Fanpage.it, che chiedeva chiarimenti sulla strategia del governo.
Con l’avvicinarsi della scadenza, però, la data del 30 di aprile è scomparsa dai discorsi degli uomini e donne dell’esecutivo. “Stiamo lavorando, non diamo scadenze”, abbozzava Fitto, il 5 aprile scorso, davanti a chi gli domandava se il termine rimanesse quello fissato. Pochi giorni dopo, il 14 di aprile, il governo ha annunciato in parlamento di avere bisogno di più tempo, sottolineando come le regole europee diano la possibilità di presentare i piani rivisti, fino a fine agosto.
Un allungamento dei tempi effettivamente consentito dalle norme Ue, ma che complica ulteriormente la realizzazione concreta dei progetti. E soprattutto rivela le difficoltà dell’esecutivo, incapace di rispettare i termini che esso stesso si era dato. In privato, Fitto avrebbe lamentato “le resistenze dei ministeri”, a fornire dati ed elementi necessari, a valutare lo stato di attuazione degli investimenti. Quando però il 19 aprile, a margine dell’evento romano dell’Associazione Civita, Fanpage.it ha chiesto conto del balletto sulle date, Fitto si è limitato ad assicurare: “stiamo lavorando e non ci sono ritardi”. Abbiamo insistito, facendo notare che era stato lui stesso a indicare il 30 aprile, come data per svelare il nuovo piano. Ma il ministro ha svicolato: “Ci sono altre domande?”
Non riusciamo a spendere i soldi, ma ne chiediamo di più
Sì un’altra domanda c’è. Perché parlando davanti al parlamento europeo il 17 aprile, i commissari Ue Gentiloni e Dombrovskis hanno rivelato un’altra notizia. Per rimpolpare il capitolo del Pnrr sull’energia, l’Italia avrebbe chiesto ulteriori prestiti – oltre ai 121 miliardi già ottenuti -, attingendo alle risorse residue del Next Generation Eu, a cui potrebbero rinunciare altri Stati membri, che ne avrebbero diritto. Una posizione sorprendente, se si pensa come – di fronte alla difficoltà di realizzare i progetti del piano – nelle scorse settimane, alcuni esponenti della maggioranza (soprattutto lato Lega) avessero avanzato l’ipotesi di rifiutare a una parte dei finanziamenti del Recovery, già destinati al nostro Paese.
Il paradosso di un governo che chiede più soldi, mentre non riesce a usare quelli che ha, è in parte spiegabile. Come detto, infatti, Meloni e i suoi sono convinti che i fondi destinati alla questione energetica, siano più facili da spendere, rispetto a quelli per altri tipi di investimenti. Anche qui però siamo alle ipotesi, perché gli stessi Gentiloni e Dombrovskis hanno detto che la richiesta dell’Italia è al momento “generica”. Pure su questo argomento, abbiamo provato a chiedere dettagli a Fitto, a margine del convegno di Civita. Ma il ministro non ha voluto rispondere e, scortato dallo staff dell’evento, si è rifugiato, lontano dai microfoni, sulla splendida terrazza romana, sede dell’iniziativa. Così, per ora, l’unica certezza rimane il fatto che Meloni vuole cambiare il Pnrr. Ma nessuno ancora sa come.
(da Fanpage)
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