Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
A TERNA FUORI IL COCCO DELLA MELONI, STEFANO DONNARUMMA, DENTRO IL LEGHISTA IGOR DE BIASIO COME PRESIDENTE E GIUSEPPINA DI FOGGIA AD … ALLE POSTE MATTEO DEL FANTE CONFERMATO AMMINISTRATO DELEGATO E PRESIDENTE SILVIA ROVERE IN QUOTA FAZZOLARI… ALL’ENI CONFERMATISSIMO CLAUDIO DESCALZI AD E GIUSEPPE ZAFARANA VA ALLA PRESIDENZA – A LEONARDO LA SPUNTA IL TANDEM ROBERTO CINGOLANI (AD) E, IN QUOTA CROSETTO, STEFANO PONTECORVO (PRESIDENTE)
Il decisionismo da Marchese del Grillo di Giorgia Meloni (“io sono io e voi non siete un cazzo”) esce un po’ ammaccato dalla partita delle nomine. Ha dovuto accettare che la politica è mediazione, trattativa, sangue e merda. Se nelle scorse settimane aveva ostentato un cipiglio autoritario, indisponibile a ogni mediazione, alla fine ha ingranato la retromarcia per accontentare i suoi alleati, Lega e Forza Italia.
Dopo aver passato gli ultimi sei mesi a strombazzare il nome di Stefano Donnarumma come ad in pectore di Enel, la Ducetta s’è dovuta sciroppare Paolo Scaroni (in quota Forza Italia) come presidente e Flavio Cattaneo (in quota Lega) come amministratore delegato.
Appena partito per Washington quel semolino del ministro dell’Economia Giorgetti, i due volponi della politica Salvini e Gianni Letta hanno obbligato Donna Giorgia a scendere a miti consigli.
Un passo indietro obbligato per tenere unita la coalizione ed evitare malumori e pericolose spaccature. In Terna ha dovuto silurare il suo amatissimo Stefano Donnarumma per fare spazio a Giuseppina Di Foggia come ad e al leghista Igor De Blasio come presidente.
Non che alla premier sia andata così male: ha portato a casa la riconferma del suo adorato Claudio Descalzi in Eni, di Matteo Del Fante in Poste. Inoltre ha piazzato il geniale ma vanesio Roberto Cingolani come ad di Leonardo, in barba ai desiderata del ministro della Difesa Crosetto, che avrebbe preferito Lorenzo Mariani.
La “scossa” presa su Enel può essere utile per Giorgia Meloni. La postura autoritaria assunta negli ultimi tempi, con un atteggiamento sempre più insofferente verso critiche e dissenso, le sta alienando simpatie e consensi. Persino nel suo stesso partito. Forse insufflata di lodi dal suo stesso cerchio magico, che la idolatra come una novella Giovanna d’Arco, Donna Giorgia s’era convinta a puntare tutto su un blitz di Pasqua per decidere in solitaria a chi affidare le poltrone più importanti delle partecipate di Stato.
L’argine imposto da Lega e Forza Italia, che ha portato alla nomina del tandem Scaroni-Cattaneo, è un dato politico significativo: obbliga la Meloni a un bagno di realpolitik. Non può decidere tutto da sola: l’attività di governo, soprattutto in un sistema frastagliato e instabile come quello italiano, è soprattutto mediazione e compromesso. Con gli alleati non si guerreggia, si tratta. Anche perché, al di là di ogni velleità di comando, contano i numeri in Parlamento: senza Lega e Forza Italia, Fratelli d’Italia non governa.
Certo, le nomine in Enel sono come i peperoni a cena: pesanti da digerire. Paolo Scaroni non è amato da Claudio Descalzi, di cui è stato capo in Eni, non eccita il Quirinale, ha alle spalle un consolidato rapporto con la Russia che oggi suona piuttosto ingombrante.
(da Dagoreport)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
“IL NOSTRO PAESE HA MOLTI AMICI CHE AL MOMENTO GIUSTO SONO PRONTE AD AIUTARE”: NELLA FUGA SAREBBE COINVOLTO ANCHE UN EX MILITARE ITALIANO
“Ci sono molte versioni su come sia andata, ma non farò commenti. Sono solo contento che mio figlio Artem sia tornato a casa. E per questo ringrazio Vladimir Putin: non è solo il nostro presidente, ma è soprattutto un uomo con un cuore grande e generoso”.
Con un videomessaggio Alexander Uss, ricchissimo governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk ed esponente politico di Russia Unita, ha pubblicamente lodato il Cremlino per il rientro in patria del figlio, evaso a fine marzo dagli arresti domiciliari a Basiglio in provincia di Milano.
Il giovane Artem Uss era stato fermato a Malpensa lo scorso ottobre per un mandato di cattura statunitense: gli Usa lo accusano di essere il regista del traffico di componenti elettroniche che permettono alle industrie russe di proseguire la produzione di missili, droni e bombardieri usati in Ucraina oltre che di un colossale contrabbando di petrolio.
Poche ore dopo la sentenza della Corte d’Appello di Milano che accoglieva la richiesta di estradizione negli Usa, Artem ha lasciato la residenza extralusso dove si trovava ai domiciliari con il braccialetto elettronico ed è sparito. Nonostante le segnalazioni formali e ufficiose delle autorità statunitensi, non c’erano misure di vigilanza: una figura chiave per la macchina bellica russa è stata trattata come un ladruncolo.
Le indagini fanno ipotizzare che la sua fuga sia stata gestita come un’operazione militare di esfiltrazione, pianificata dai servizi segreti russi con l’aiuto di esperti di sicurezza europei. Quattro auto scure di grande cilindrata, identiche, lo attendevano e sono partite in direzioni diverse, impedendo così di seguirlo con droni o satelliti. Poi Artem Uss è ricomparso a Mosca il 4 aprile e ha lodato l’aiuto di “persone forti e affidabili”.
Ora il padre ha pubblicamente ringraziato Putin, con cui ha rapporti personali da anni, per il ritorno a casa del figlio. Una mossa che ha irritato alcuni organi nazionalisti, tra cui il sito Zapad24, secondo i quali le sue dichiarazioni espongono inutilmente il Cremlino alle accuse occidentali.
Ma il governatore Uss ha pronunciato un’altra frase sibillina: “Il nostro Paese ha molti amici e persone oneste che lo sostengono e che al momento giusto sono pronte ad aiutare. So di cosa parlo…”.
La lettura di alcuni siti russi è che si riferisse al ruolo di italiani per la condotta della fuga: un altro media nei giorni scorsi ha parlato di contractor italiani – ex militari – coinvolti nell’operazione.
Uss dal 2018 è il governatore della regione di Krasnoyarsk, una zona della Siberia ricca di materie prime: carbone, petrolio, alluminio, metalli pregiati e legname. Professore di diritto – è anche presidente dell’università locale – sin dalla stagione di Eltsin è stato una sorta di rappresentante politico dei potenti oligarchi locali, tra cui Oleg Deripaska – citato pure nell’indagine Usa sul figlio – e poi ha aderito al partito di Putin
Numerose inchieste giornalistiche nel 2021 hanno accusato Alexander Uss di corruzione, con una rete di società in patria e all’estero gestite pure dai familiari, indicandolo come titolare di beni per centinaia di milioni di euro. Anche per questo, la vicenda del figlio ha reso scomoda la sua posizione per il Cremlino e potrebbe essere presto sostituito. Su un sito nazionalista è stato inserito un commento al video di ringraziamento al Cremlino che pare accennare alla guerra in Ucraina: “Il suo ragazzo è stato salvato, gli altri no…”.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
LE ALTERNATIVE SONO DUE: O SI TAGLIA O SI APRE L’ENNESIMO FRONTE CON L’EUROPA SUL DEFICIT, SFORANDO LA SOGLIA DEL 3,7%
Se le casse sono vuote, non restano che le promesse. Giorgia Meloni prova a riempire di senso un Def fragile. E lo fa annunciando durante il Consiglio dei ministri misure per la natalità, accompagnate da una spruzzata di propaganda con lo stato d’emergenza sull’immigrazione.
I nodi, però, sono destinati a venire comunque al pettine con la legge di bilancio, che sarà di appena quattro miliardi: è questo il margine di deficit che l’esecutivo si è ritagliato nel Documento di economia e finanza approvato ieri, già vincolandolo all’allentamento della «pressione fiscale». Risorse che potranno essere usate per finanziare la manovra d’autunno.
Davvero poca cosa, almeno a mettere in fila gli impegni presi: la riforma del fisco, quella delle pensioni, il sostegno alla famiglia e la conferma per un altro anno del taglio al cuneo fiscale, che da ieri vale oltre 7 miliardi e scade il 31 dicembre. Provvedimenti gravosi e per adesso senza copertura, a meno che Meloni non scelga di aprire un clamoroso fronte con l’Europa sul deficit, sforando la soglia del 3,7% proprio nell’anno in cui entra in vigore il nuovo patto di stabilità. Improbabile, rischiosissimo. L’alternativa è trovare all’interno del bilancio le risorse per coprire le promesse elettorali. Tradotto: risparmi di spesa e, quindi, tagli.
La verità è che la coperta è corta. E che Meloni deve affrontare anche un altro gigantesco problema: il suo alleato più forte, Matteo Salvini, ha deciso di minarne il consenso proprio sfruttando il nodo delle casse vuote. È per questo che anche ieri il leghista Riccardo Molinari ha bombardato Palazzo Chigi, su ordine del capo: «Con pochi miliardi quota 41 non si fa, questo è chiaro. Dovremmo capire quante risorse avremo e come potremo avvicinarci all’obiettivo. Stesso discorso della flat tax».
La partita è soprattutto politica. Salvini vuole colpire l’accordo tra la premier e Antonio Tajani. E non intende regalare quel che resta di Forza Italia a Meloni, senza combattere. Per questo, si muove nervosamente e a tutto campo. Il primo obiettivo è schiacciare FdI verso il centro, riconquistando l’elettorato più di destra. Punta a normalizzare Meloni, inchiodandola alle promesse non esaudite, intestandosi le battaglie più popolari nell’area sovranista e lasciando alla leader l’onere di deludere le aspettative
È il cuore della sua strategia. Salvini ritiene che il tempo farà la sua parte. «Giorgia si logorerà, è naturale stando a Palazzo Chigi», ha ripetuto in privato in questi giorni ai parlamentari berlusconiani che l’hanno cercato, allarmati dalla svolta meloniana di Forza Italia. Il suo obiettivo è convincere un gruppo di azzurri a traslocare (presto o tardi) nel Carroccio, sconvolgendo gli equilibri di maggioranza al Senato. A conferma delle sue tesi private, cita sempre più spesso i sondaggi di FdI, in costante calo: l’ultimo di Swg segnala una flessione dello 0,4%, anche se a dire il vero il partito della leader è comunque stimato al 29,3%. L’offensiva è iniziata, le Europee diranno chi avrà avuto ragione.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
UNA PIATTAFORMA COME SE FOSSE IL BALCONE DI PIAZZA VENEZIA, CON UN BICCHIERE DI VINO IN MANO
“Cittadini, armatevi e partite!”. Ha deciso di festeggiare così Luca Balloch, eletto una decina di giorni fa sindaco di Faedis, un piccolo comune di meno di tremila abitanti in provincia di Udine.
Balloch è salito su una piattaforma, che ha fatto tirare su mentre alzava al cielo un bicchiere di vino, pronunciando le parole tra le risate dei presenti, che hanno ripreso tutto e condiviso la scena sui social.
Il sindaco ha imitato il discorso di Benito Mussolini, con cui veniva annunciata la dichiarazione di guerra dell’Italia nel 1940 a Piazza Venezia a Roma. Balloch era candidato in una lista civica che appoggiava il presidente di Regione, il leghista Massimiliano Fedriga.
A Faedis si è votato in concomitanza con le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, stravinte da Fedriga e rivendicate con forza dalla Lega. Balloch non risulta essere iscritto ad alcun partito, ma la lista con cui si è candidato era legata al presidente di Regione.
L’area politica, poi, appare abbastanza evidente dal “singolare” festeggiamento messo in scena. Nella Regione, ormai da anni feudo della Lega e del centrodestra, è stato rieletto Fedriga con una sorta di plebiscito. Molto simile a quanto accaduto nel Veneto di Luca Zaia in precedenza.
(da Fanpage)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
IL GIOVANE MUSICISTA RUSSO E’ SCAPPATO IN TEMPO IN EUROPA
Quando il 24 febbraio 2022 i carri armati russi varcano il confine con l’Ucraina, dando inizio a quella che – nei piani di Putin – dovrebbe essere una “guerra lampo” per rovesciare il governo di Kiev, Dmitrii, 27 anni, si trova a Mosca: da tre anni vive in un appartamento della capitale componendo musica ed esercitandosi con il suo inseparabile sassofono e – mentre fuori imperversava la pandemia di Covid-19 – sogna un giorno di poter viaggiare in Europa e negli Stati Uniti e vivere del suo talento.
Quel giovedì notte, 24 febbraio, Dmitrii riceve però un messaggio da un amico: “È iniziata la guerra”. Nei giorni successivi comprende che è sempre più concreto il rischio che, al posto del suo sax, debba presto imbracciare un fucile e indossare una divisa militare per prendere parte a un conflitto che non condivide e che giudica un atto di imperialismo. Ha una sola speranza. Lasciare la Russia, cercare riparo in Europa e da lì coltivare i suoi sogni: quelli di un musicista di 27 anni, non di un soldato membro di un esercito d’invasione. Fanpage.it ha raggiunto Dmitrii a Bruxelles, dove oggi vive e compone musica. Questa è la sua storia: quella di un orgoglioso disertore che, alle armi, ha preferito la pace e la non violenza.
Dmitrii, parlaci un po’ di te. Chi sei?
Preferirei non scriveste il mio vero nome ma solo il mio nome d’arte, Derli Sax. Sono nato 27 anni fa, il 2 novembre 1995, nella città di Gusev, regione di Kaliningrad, Russia. Ho studiato in una scuola di musica per dieci anni poi, nel 2013, mi sono trasferito a Mosca. Lì ho studiato sassofono al Gnesin Jazz College per quattro anni, poi ho studiato ingegneria del suono presso l’Istituto russo di Arti Teatrali per altri quattro anni. Ho suonato in varie orchestre e gruppi musicali esibendomi centinaia di volte all’anno. Ho anche un canale YouTube con la mia musica per sax.
Hai svolto il servizio militare in Russia?
Sì, ho prestato servizio nell’Esercito e per un anno ho suonato il sassofono nella Military Band Service of the National Guard of Russia. Nel maggio del 2015 ho suonato anche nella Piazza Rossa, in occasione del 70esimo anniversario della vittoria sovietica sul nazismo.
E dove ti trovavi il 24 febbraio 2022? Ti aspettavi che Putin potesse ordinare l’invasione dell’Ucraina?
Quel giorno ero a Mosca e ricordo di aver ricevuto un messaggio da un amico: “È iniziata la guerra”. Mi aspettavo da tempo che ciò potesse accadere perché dalla fine del 2021 truppe e mezzi militari avevano iniziato a spostarsi verso il confine tra Russia e Ucraina. Per me era chiaro che, nonostante le rassicurazioni di tutti i media statali russi, non si trattava di esercitazioni. Col tempo ho imparato che ogni volta che un politico russo dichiara una cosa la verità è sempre l’opposto.
E cosa hai fatto subito dopo?
Mi sono detto: “Muoviti!”. Era l’occasione giusta per andarmene. Da due anni, a causa del Covid, ero molto frustrato perché non potevo viaggiare all’estero a causa delle restrizioni, ma ho sempre voluto partire per una grande avventura e lo scoppio della guerra è stata la grande occasione. D’altro canto sono indipendente, posso produrre musica anche da remoto e gestire liberamente le mie lezioni. Ho quindi riempito uno zaino con tutto quello che mi serviva per continuare a suonare e finalmente nella primavera del 2022 sono partito. Visto che a causa delle sanzioni non potevo più utilizzare carte bancarie emesse in Russia, me ne sono procurate di nuove in Bielorussia: dopo qualche settimana ho ottenuto un visto per l’Europa ed è iniziato il mio viaggio. Quando il mio visto è scaduto sono dovuto tornare in Russia e fin da subito mi sono attivato per ottenere un nuovo documento valido per l’espatrio.
Cosa hanno pensato la tua famiglia e i tuoi amici?
Molti dei miei amici hanno lasciato le loro case in Russia e sono andati in altri Paesi. Tutti i miei cari, compresi i miei familiari, sono contrari all’aggressione dell’Ucraina e non sostengono la guerra. Il mio scopo era fare in modo che io e la mia famiglia da Kaliningrad potessimo attraversare il confine con la Lituania e raggiungere la Lettonia. Da lì, avremmo dovuto chiedere un visto di ingresso negli Stati Uniti. Il mio piano tuttavia è fallito perché il giorno stesso che stavamo per partire ho scoperto che erano stati chiusi i confini tra la Russia e la Lituania. A quel punto non ho potuto fare altro che cambiare percorso: l’ultimo confine terrestre ancora disponibile era quello tra Russia e Finlandia.
Ed è da lì che hai abbandonato la Russia?
Sì. Alla fine della scorsa estate sapevo che la guerra si stava mettendo male e sentivo che ben presto sarebbe arrivata una mobilitazione. Il giorno dopo aver oltrepassato la frontiera, Putin ha richiamato alle armi i ragazzi della mia generazione che avevano già prestato servizio nell’esercito. Quel giorno stessso, tra mille peripezie, ho iniziato il mio viaggio in Europa per lavorare al mio nuovo album ed è stato come vincere la lotteria, anche se ero molto preoccupato per i miei amici: alcuni di loro, dopo aver pagato una somma 100 volte superiore alla mia, stavano tentando di attraversare il confine tra Russia ed Europa, una frontiera che dopo la mobilitazione è però costantemente presidiata dai soldati.
Come è proseguito il tuo viaggio? Dove ti sei recato?
Sono stato in Lettonia poi ho visitato Svezia, Grecia, Italia e ho raggiunto amici musicisti in Belgio. Sono rimasto con loro per due settimane ma l’ultimo giorno, mentre aspettavo un autobus per Amsterdam, mi è stato rubato lo zaino. Dentro c’era tutta la mia vita, tutte le mie speranze: l’album a cui stavo lavorando da 5 anni, il mio Mac, le tracce inedite contenute in un hard disk, ma anche una telecamera con le riprese fatte in una decina di città europee, auricolari, mixer, microfoni e altro equipaggiamento che durante la pandemia avevo acquistato vendendo le mie composizioni ad altri artisti. I ladri hanno rubato anche un raro e vecchio sassofono professionale placcato in argento. Sono spariti anche il mio passaporto russo, un visto per gli USA che avevo ottenuto l’anno scorso, carte bancarie e un po’ di contanti (circa 400 euro). In totale lo zaino che mi è stato rubato conteneva materiale professionale del valore di circa 10mila euro, ma anche tracce musicali originali inestimabili.
Lì hai pensato che la tua avventura i Europa sarebbe finita?
Sono stato molto fortunato. Ho incontrato persone incredibilmente gentili che mi hanno aiutato a superare un periodo molto critico. Tuttora vivo ancora in uno stato di “sospensione” e incertezza su tutto. Ma io credo fermamente nella mia arte, credo che aiuterà altre persone ad attraversare i loro tempi più duri e penso che riuscirà a tirarmi fuori dalla routine dell’immigrazione e dai traumi che ho subito. Oggi non ho rimpianti per quello che mi è accaduto: lavoro duramente in uno studio di registrazione professionale e sto componendo cinque nuovi brani che raccontano la storia dei miei ultimi anni di vita.
Dal Belgio, dove oggi vivi da uomo libero, quando pensi che finirà questa guerra? E in che modo?
Credo che ci siano tre possibili scenari. Il primo è che la Russia vinca, domini il territorio dell’Ucraina e prosegua la sua espansione imperialistica, possibilmente estendendosi ad altri paesi limitrofi dell’Europa orientale. Il secondo scenario è che si arrivi a una situazione di stallo, con entrambe le parti che raggiungono un compromesso con il sostegno della comunità internazionale. Infine, il terzo scenario è una vittoria per l’Ucraina, che potrebbe riconquistare i territori persi, Crimea compresa, ed ottenere dalla Russia un risarcimento per i danni provocati con l’invasione. Comunque vada, la mia opinione è che la guerra sia sempre terribile e sbagliata. Ed è per questo che ho orgogliosamente disertato.
(da Fanpage)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
UN AUMENTO DI 159 EURO AL MESE PER CHI SOTTOSCRIVE UN MUTUO
A febbraio sono saliti oltre la soglia del 4% i tassi di interessi sui nuovi mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni (Taeg). Lo rivelano i dati pubblicati oggi dalla Banca d’Italia, che passano dal 3,95% di gennaio al 4,12% del mese successivo.
Una percentuale che in Italia non si vedeva dalla metà del 2012, pochi anni dopo l’inizio della crisi finanziaria globale. In quell’occasione, i tassi avevano superato la soglia del 4% a inizio anno, per poi scendere nei mesi successivi fino ad arrivare alla politica della Bce dei tassi a zero. A fine 2021, la brusca inversione di tendenza, con l’ultimo aumento arrivato a inizio febbraio. Ma quanto costano alle famiglie italiane questi continui rialzi dei tassi di interesse sui mutui?
Secondo le stime dell’Unione Nazionale Consumatori, si tratterebbe di circa 159 euro in più ogni mese. «Considerando l’importo e la durata media di un mutuo, un rialzo dei tassi così consistente significa che la rata, per chi ha sottoscritto ora un mutuo a tasso variabile, passa rispetto a un anno fa da 585 a 744 euro, con un rincaro pari a 159 euro al mese. Una mazzata annua pari a 1908 euro», conclude Massimiliano Dona, presidente dell’Unc.
I calcoli del Codacons
Anche il Codacons, a partire dai dati di Bankitalia, ha provato a fare una propria stima. Secondo l’associazione, confrontando i primi mesi di quest’anno con il 2021 un mutuo a tasso variabile costa fino a 3.240 euro in più. «Se si considerano tutti gli incrementi imposti dalla Banca Centrale Europea a partire dallo scorso anno, la rata mensile di un mutuo a tasso variabile è salita complessivamente tra i 210 e i 270 euro rispetto a quanto pagato nel 2021 – analizza il Codacons -. Questo significa che su una fascia media di mutuo a tasso variabile di importo compreso tra i 125mila e i 150mila euro, per una durata di 25 anni, ossia l’importo più richiesto in Italia da chi accende un finanziamento per l’acquisto di una casa, le ripercussioni economiche sulle famiglie sono comprese tra i +2.520 e + 3.240 euro all’anno».
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
L’ONU: “SIAMO INORRIDITI”
«C’è qualcosa che nessuno al mondo può ignorare: con quanta facilità queste bestie uccidono», queste le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo la diffusione sui social network dei filmati che mostrerebbero la decapitazione di soldati ucraini. È intervenuta anche Mosca, dichiarando l’intenzione di verificare la veridicità dei filmati: «Se il video con immagini orribili della decapitazione di un soldato ucraino da parte di militari russi fosse vero, potrebbe esserci un’indagine», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall’agenzia russa Tass.
A ribattere nelle ultime ore per la parte ucraina è stato anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba: «Sta circolando online un orribile video delle truppe russe che decapitano un prigioniero di guerra ucraino. È assurdo che la Russia, che è peggio dello Stato islamico, presieda il Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha denunciato, riferendosi alla presidenza di turno assunta da Mosca questo mese.
«I terroristi russi devono essere espulsi dall’Ucraina e dalle Nazioni Unite ed essere ritenuti responsabili dei loro crimini», ha aggiunto Kuleba. A intervenire sulla questione è stata la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite attraverso la missione Onu per i diritti umani in Ucraina che si è dichiarata «inorridita» dal video che sembra mostrare un soldato russo che decapita un prigioniero ucraino con un coltello. Poi ha fatto riferimento a un secondo video che mostra «corpi mutilati, apparentemente di prigionieri di guerra ucraini», chiedendo che «questi episodi siano adeguatamente indagati e che i responsabili ne rispondano».
Ue: «Altra prova della natura disumana dell’aggressione russa»
A commentare i video circolati nelle ultime ore sui social anche un portavoce della Commissione Europea. «Al momento non abbiamo informazioni aggiuntive sulla veracità del video che mostrerebbe la decapitazione di un soldato ucraino da parte di soldati russi», ha spiegato. «Dovesse essere confermato, sarebbe un’altra prova della natura disumana dell’aggressione russa in Ucraina: sarebbe una grave violazione della convenzione di Ginevra, secondo la quale si deve garantire il trattamento in condizioni dignitose dei prigionieri di guerra», continua. E infine: «L’Ue coglie l’occasione per ribadire il suo impegno a portare davanti alla giustizia chi si è macchiato di crimini».
Il contenuto dei filmati
Secondo quanto riferito da Cnn, il primo video potrebbe essere girato di recente, forse dai mercenari del gruppo Wagner, ed è stato pubblicato sul canale social di un media filorusso lo scorso 8 aprile. Mostrerebbe i cadaveri decapitati di due soldati ucraini a terra accanto a un veicolo militare distrutto.
Una voce distorta dietro la videocamera spiega in russo che il veicolo è stato distrutto da una mina e con una risata aggiunge che i soldati sono stati decapitati. Secondo i social media, il video sarebbe stato girato nei pressi di Bakhmut, ma al momento non ci sarebbe nessuna conferma.
Il secondo video è stato pubblicato su Twitter e risalirebbe all’estate scorsa. Si tratterebbe dell’immagine di un combattente russo che taglia con un coltello la testa di un soldato ucraino.
(da Open)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
ALLA FACCIA DELLE SANZIONI E DELLA GUERRA IN UCRAINA, L’UNGHERIA SIGLA NUOVI ACCORDI CON PUTIN SU PETROLIO, GAS E NUCLEARE: UNO SCHIAFFONE, L’ENNESIMO, ALL’UE E ALLA NATO
Il modello economico del premier magiaro Orban, costruito attorno all’ambivalenza geopolitica, ha raggiunto un nuovo livello con il viaggio a Mosca del fedelissimo ministro Peter Szijjarto che ieri ha incontrato il vicepremier russo Alexander Novak e l’ad di Rosatom, Alexey Likhachev, ed è ritornato a casa con un pacchetto di accordi che aumentano la dipendenza dell’Ungheria dalle forniture russe di petrolio, gas e nucleare. Proprio mentre i partner Ue stanno facendo di tutto per liberarsene.
Szijjarto faceva ritorno a Budapest con un pacco di contratti che assicurano un accordo per espandere i flussi di gas russo all’Ungheria e finanziamenti per la centrale nucleare di Paks. Orban, con la sua solita strategia del veto usato come ricatto, aveva strappato all’Ue l’esenzione dal blocco all’import del gas che ora, «per interessi nazionali», potrà avere avvenire anche «con un regime di pagamento preferenziale».«Indipendentemente dalla guerra e dalle sanzioni, la situazione è cambiata così tanto che è necessario ritoccare il quadro contrattuale», ha detto il ministro Szijjarto. «Una volta che le modifiche entreranno in vigore, saranno sottoposte alla Commissione europea per l’approvazione», ma «speriamo non voglia mettere a repentaglio la sicurezza delle forniture energetiche dell’Ungheria», ha detto, sottolineando l’importanza dell’espansione di Paks (supervisionata da Rosatom) per mantenere «prezzi accessibili dell’elettricità e garantire un approvvigionamento energetico sostenibile» in Ungheria.
Il ministro, inoltre, ha spiegato che la società energetica statale russa Gazprom consentirà all’Ungheria di importare quantità di gas superiori a quanto concordato ad un prezzo di 150 euro al metro cubo, pagandolo in differita se i prezzi di mercato salissero al di sopra di questo livello.
La strategia di Orban, che sta bene attento a non parlare di uscire dalla Ue, né tantomeno dalla Nato, pare una beffa: ha minacciato di bloccare le sanzioni alla Russia e, anche dopo averle votate (in cambio di un’esenzione parziale), ha continuato a criticarle; è riluttante all’invio di armi all’Ucraina, all’addestramento dei suoi soldati e i troll governativi non fanno che alimentare l’idea che Kyiv sia responsabile della guerra.
Il “referendum” organizzato a gennaio per sapere cosa pensassero gli ungheresi delle «Sanzioni di Bruxelles» (così recitava il quesito) è finito con il 17% di partecipazione e il 97,6% di no «alle sanzioni dei leader di Bruxelles». Orban in direzione ostinata e contraria alla Ue. Date le premesse, il sospetto che l’Ungheria sia il cavallo di Troia di Putin in Europa non sembra così peregrino.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2023 Riccardo Fucile
TRANQUILLI, LO HA DETTO VERAMENTE: “TANTO PRIMA O POI L’INFLAZIANE SI ARRESTERA'”
Il governo Meloni tutelerà la “moderazione della crescita salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”, come si legge nel comunicato stampa dell’ultimo Consiglio dei ministri.
In poche parole, gli stipendi devono crescere poco perché tanto, prima o poi, l’inflazione si arresterà risolvendo il problema.
A pagarne le spese, nel frattempo, è il potere di acquisto degli italiani che per sopravvivere tra inflazione e caro vita devono attingere ai propri risparmi.
Dopo quattro anni di aumenti costanti, nel 2022 il saldo totale dei conti correnti delle famiglie è infatti diminuito di quasi 20 miliardi di euro. In continuità con la linea della “moderazione”, il governo Meloni ha deciso di destinare 3 miliardi di euro al taglio del cuneo in busta paga relativamente al periodo maggio-dicembre 2023. Ciò dovrebbe portare nelle tasche dei lavoratori con un reddito inferiore ai 25mila euro circa 25-30 euro lordi mensili (tra i 300 e i 360 annui).
Il supporto “moderato” alla crescita dei salari, nell’unico Paese europeo in cui gli stipendi sono diminuiti negli ultimi 30 anni, s’inserisce nel più ampio quadro di riduzione della spesa pubblica.
Stretto tra i vincoli europei, l’esecutivo ha sottolineato come il rapporto tra il deficit (differenza tra entrate e uscite) e il PIL raggiungerà il 3% nel 2025, scendendo poi al 2,5% l’anno successivo. Non a caso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha lanciato, durante le brevi dichiarazioni post-Consiglio dei ministri, un messaggio a Bruxelles, affermando che è con il percorso tracciato dal Documento di economia e finanza (DEF) che «si presenta in Europa».
Al contrario dei colleghi europei, che hanno deciso di tirare i remi in barca, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha battuto una strada diversa, segnata da serie misure di sostegno ai più deboli che stanno aiutando il Paese iberico a combattere la povertà e a spingere la crescita economica.
Lo scorso dicembre, il governo spagnolo ha annunciato l’azzeramento dell’IVA sui beni alimentari di prima necessità e tre mesi dopo ha innalzato il salario minimo a 1080 euro (+8%). L’inflazione nel Paese registrata a marzo è stata del 3,3%, a fronte del 7,7% nell’Unione europea.
Il grande assente delle politiche economiche del governo Meloni è il superamento, ampiamente sponsorizzato in campagna elettorale, della legge Fornero. Da settimane, il tema pensionistico è scomparso dall’agenda dell’esecutivo, con l’ultimo incontro con i sindacati risalente al 13 febbraio scorso. Resta, così, il sistema transitorio inserito in Manovra e valido soltanto per il 2023 che permetterà di andare in pensione prima dei tempi stabiliti dalla Fornero: la famosa Quota 103 che consente di accedere alla pensione avendo almeno 62 anni di età e 41 di contributi.
Nella stessa Manovra, la maggioranza ha deciso di fare cassa sui pensionati (10 miliardi di euro fino al 2025) bloccando la piena indicizzazione di tutte le pensioni.
A ciò si è aggiunta la mancata promessa di alzare le minime a 1000 euro, ferme invece a 563,73 euro (+38,5 euro), e la mutilazione di Opzione donna. I nuovi requisiti per accedere alla misura introdotta nel 2004 e prorogata dai governi successivi hanno ridotto infatti la platea di beneficiarie da 17mila a meno di 3mila.
(lindipendente.online)
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