Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
BIDEN VOLEVA USS PER SCAMBIARLO CON IL GIORNALISTA DEL “WALL STREET JORNAL”, ARRESTATO DA PUTIN PER SPIONAGGIO … ARTEM USS AVEVA SOLIDI RAPPORTI CON GRANDI SOCIETÀ ITALIANE. SUO PADRE È IL PRINCIPALE ARTEFICE DEL MEGA PROGETTO “VOSTOK OIL”: UNA TORTA DA MILLE MILIARDI DI DOLLARI, DI CUI MOLTE AZIENDE ITALIANE BRAMAVANO UNA FETTA
La rocambolesca fuga di Artem Uss, imprenditore russo evaso il 22 marzo da Milano, dove era ai domiciliari, si inserisce in un contesto complesso e frastagliato di affari, soldi e relazioni.
A partire dal 24 febbraio del 2022, scoppio della guerra in Ucraina, gli imprenditori russi, tra cui lo stesso Uss e suo padre, Alexander, erano coccolati e omaggiati dalle grandi aziende italiane. Le possibilità di business offerte dagli oligarchi vicini al Cremlino erano allettanti e non c’era ragione per non approfittarne.
In questo contesto Artem Uss ha costruito un’ampia rete di relazioni in Italia, dove sosteneva di risiedere (ed ecco perché gli hanno concesso i domiciliari a Basiglio) con uomini d’affari, capitani d’impresa e furbacchioni di vecchio conio.
Le vagonate di rubli piovute sul nostro paese erano indirizzate a progetti molto diversi: prima della guerra i russi hanno investito in ville, aziende vinicole, villaggi vacanze come il Forte Village (rilevato nell’ottobre 2014 dai fratelli Bazhaev per 180 milioni di euro).
Ma il boccone grosso era un altro: il mega progetto ”Vostok Oil”, una “cornucopia da mille miliardi di dollari. Un eldorado di giacimenti da sfruttare e di impianti da costruire, superiore alla megalomania di qualunque sceicco: 115 milioni di tonnellate di idrocarburi, decine di raffinerie, ottomila chilometri di condotte”, come ha scritto su “Repubblica” Gianluca Di Feo.
Un visionario piano di conquista energetica dell’Artico, dietro cui c’era proprio il padre del fuggitivo Artem Uss, insieme a Igor Sechin, ex colonnello del Kgb e boss di Rosneft, ritenuto da molti la persona più vicina a Vladimir Putin.
”Vostok Oil” era un’occasione troppo ghiotta per molte imprese italiane, che infatti si sono lanciate a capofitto per accaparrarsi un posticino al tavolo delle trattative.
Scrive Di Feo: “Un mese prima dell’attacco contro Kiev, Putin in persona ne ha parlato agli imprenditori della Camera di commercio italo-russa: ‘I produttori italiani di attrezzature ad alta tecnologia stanno anche contribuendo attivamente al progetto Vostok Oil, che Rosneft sta realizzando nel territorio di Krasnoyarsk’. Tutti questi affari dovevano passare dagli uffici di Alexander Uss, che avrebbe personalmente incontrato gli emissari di aziende come Eni, Danieli e Saipem oltre a promuovere attraverso l’Istituto per il Commercio Estero altri piani di sviluppo nella sua regione.
Aggiunge un po’ di pepe “Il FattoQuotidiano.it”: “Fu il direttore generale per la promozione del Sistema Paese del ministero degli Esteri, l’ambasciatore Enzo Angeloni, che nel 2020 prospettava “importanti ricadute per numerose imprese del nostro Paese. Vostok Oil prevede la costruzione di 15 città industriali, due aeroporti, un porto, 5.500 chilometri di strade e ponti”. Putin in persona ne parlò con gli imprenditori della Camera di commercio italo-russa, con la milanese Maire Tecnimont che veniva indicata come vincitrice della commessa da 1,1 miliardi per la costruzione di una raffineria”.
Continua il sito diretto da Peter Gomez: “… il principale artefice della presenza italiana in Vostok Oil è sempre stato Antonio Fallico, compagno di classe di Marcello Dell’Utri, uomo di Fininvest in Russia dalla fine degli anni Ottanta e il banchiere che può essere considerato il punto di collegamento tra le aziende italiane e la Federazione.
Fallico è soprattutto l’uomo delle fortune di Banca Intesa a Mosca. I rapporti tra l’istituto italiano e Rosneft sono radicati: “Nel 2016 – scrive Repubblica – ha partecipato alla privatizzazione del colosso energetico russo e l’anno dopo ha guidato un pool di banche che ha finanziato con 5,2 miliardi di euro l’acquisto del 19,5% delle quote. Un’operazione così importante per il Cremlino da avere convinto Putin a consegnare onorificenze di Stato ai vertici dell’istituto”.
Tant’è che Fallico, dal 2008 è console onorario della Federazione Russa, nonché presidente dell’associazione “Conoscere Euroasia”. Fino al punto che, lo scorso ottobre, a guerra iniziata, il potentissimo boss di Rosneft Sechin ha parlato – in teleconferenza perché bersaglio delle sanzioni internazionali – subito dopo Fallico al Verona Eurasian Economic Forum, davanti alla platea degli irriducibili putiniani d’Italia: “Lo sviluppo procede secondo i piani stabiliti. Saremo lieti di vedere tutti i nostri amici tra i partecipanti a Vostok Oil”.
La centralità della famiglia Uss all’interno del grande e appetibile piano “Vostok Oil” deve aver creato non poche difficoltà a molti uomini d’affari del nostro Paese, preoccupati che la detenzione di Artem potesse compromettere future buone occasioni di business. Chi è abituato a fatturare vive la guerra in Ucraina come una fastidiosa zavorra ai bilanci e lancia già lo sguardo alla fine del conflitto
Ecco perché l’incredibile fuga di Artem Uss deve aver rallegrato chi nella Russia in questi anni, e in quelli a venire, vede solo un partner preziosissimo. Ha masticato amaro, invece, chi immaginava che Uss, usato da Putin per acquistare componenti tecnologiche militari da usare nella guerra in Ucraina, venisse giudicato per i suoi crimini.
A rendere più indigesta l’evasione sono i dettagli emersi in questi ultimi giorni, elementi talmente surreali da suscitare più di un interrogativo sulla reale efficacia dei controlli e delle misure adottate.
Come scrivono Davide Milosa e Valeria Pacelli sul “Fatto quotidiano” di oggi, “prima dell’evasione del 22 marzo il braccialetto elettronico di Uss ha inviato segnali per decine di volte. Tradotto: Uss, a partire dal 2 dicembre, ha tentato di manomettere il braccialetto o è uscito di casa”.
Tra i più incazzati per la fuga di Uss ci sono ovviamente gli americani. Da Washington, ben prima che i buoi scappassero, avevano tentato in ogni modo di alzare la soglia dell’attenzione italiana sull’ingombrante detenuto.
Dalla richiesta di estradizione alla segnalazione sull’inopportunità di concedere a Uss i domiciliari, fino ai due caccia F-16 fatti alzare in volo da Aviano dopo la fuga del russo, gli americani hanno fatto capire quanto ci tenessero ad avere nelle loro mani l’imprenditore.
Dagospia è in grado di rivelare il motivo: Uss poteva essere una pedina di scambio di alto livello per riportare in patria il giornalista del “Wall Street Journal”, Evan Gershkovich, arrestato in Russia con l’accusa di spionaggio. Il reporter, che stava indagando sul complesso industriale e militare russo, viene indicato dal Cremlino, ma non solo, come molto vicino alle agenzie di intelligence statunitensi, alis Cia. Artem Uss poteva essere sfruttato come il “mercante di morte”, Viktor Bout, consegnato a Putin in cambio della cestista Brittney Griner. E invece, nisba! S
arà difficile convincere la Casa Bianca che la colpa non è né del governo né dei magistrati, né delle agenzie di sicurezza, ma di un combinato disposto di sfortuna e imperizia.
Come notava ieri, su “Repubblica”, Stefano Folli, “la visita a Washington (di Giorgia Meloni) di cui si parla da tempo non si è ancora realizzata”. Come a dire, la ritorsione diplomatica di Washington è già in corso. E non si sa a cosa potrà portare…
È questo che preoccupa maggiormente il governo della turbo-atlantista Giorgia Meloni che gia sognava di atterrare alla Casa Bianca a fine maggio, primi di giugno.
(da Dagoreport)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
FUGATTI HA RIFIUTATO L’INCONTRO… DENUNCIATE TUTTE LE RESPONSABILITA’ DELLA PROVINCIA DI TRENTO… ECCO I DUE SANTUARI-RIFUGIO PRONTI AD ACCOGLIERE SUBITO L’ORSA JJ4
Alle innumerevoli mancate risposte del Presidente Fugatti, compresa quella odierna a un incontro e alla possibilità di visitare l’orsa JJ4 al Casteller, LAV ha ribattuto con una conferenza stampa a Trento e davanti al Casteller stesso, per dichiarare in via ufficiale e tramite i media ciò che avrebbe potuto dire direttamente alla Provincia Autonoma.
Nel ricordo di Andrea Papi e della sua famiglia che non vuole l’uccisione di JJ4, continuiamo ad essere preoccupati per la mancata attivazione delle attività di informazione e prevenzione, innanzitutto, e per la vita degli orsi – compresi i 3 cuccioli di JJ4, ora soli, che potrebbero spingersi verso i centri abitati in cerca della mamma e imbattersi nuovamente negli esseri umani.
Avvenimenti tragici, come quello della morte di Andrea Papi, sono la dimostrazione non della colpevolezza degli orsi, ma della trascuratezza e noncuranza con cui la Provincia di Trento ha, negli anni, trattato il tema della convivenza con gli animali selvatici
Proposte ignorate
A febbraio 2021, un anno prima che JJ4 partorisse i cuccioli che l’accompagnavano nel momento della cattura e la cui difesa potrebbe essere all’origine dell’aggressione mortale, la Provincia di Trento aveva ricevuto il parere positivo di ISPRA per procedere alla sterilizzazione dell’animale, perché “l’approccio proposto potrebbe effettivamente prevenire ulteriori comportamenti aggressivi da parte della femmina, escludendo ulteriori riproduzioni future dell’animale”, ma per motivi sconosciuti la Giunta Fugatti decise di non dare luogo alla sterilizzazione.
Questo nonostante ISPRA avesse precisato che, in assenza di cuccioli, l’orsa poteva essere potenzialmente innocua e nonostante, addirittura, non fosse stato sostituito il radiocollare guasto.
Nello stesso anno, a seguito del convegno internazionale da noi promosso “Convivere con gli orsi in Trentino”, LAV era riuscita finalmente a incontrare l’assessora provinciale Zanotelli e il dirigente provinciale De Col e Giovannini, consegnando loro le proposte di una strategia di convivenza pacifica con gli orsi.
Unico risultato sono state delle alzate di spalle e soprattutto nessun atto è seguito a quell’incontro da parte dell’amministrazione, che non ha neanche voluto partecipare al Convegno dove erano presenti esperti internazionali ed Istituzioni, tra cui la stessa ISPRA.
Una delle proposte del nostro piano strategico era la sostituzione di tutti i cassonetti dei rifiuti con i “modelli anti-orso”. La presenza di cibo è infatti considerata uno dei fattori principali che spinge gli orsi a diventare “confidenti”, ossia ad abbandonare la loro naturale diffidenza nei confronti dell’uomo, identificato invece come fonte di cibo di facile reperibilità.
Eppure, nulla di tutto ciò è stato fatto. Non si è voluto mettere in atto attività di prevenzione, sensibilizzazione e informazione; quindi, ora alla Provincia di Trento non rimane altro che scaricare le responsabilità sugli orsi e prendere provvedimenti drastici: rinchiuderli e addirittura ucciderli.
Due possibili destinazioni
LAV oggi ha illustrato le due possibili destinazioni per i tre orsi considerati “problematici”, pur di salvargli la vita e a prescindere dall’esito dei Tribunali: sono due santuari rifugi che sono pronti ad accogliere immediatamente gli orsi condannati a morte.
Si tratta di Gnadenhof für Bären, in Germania, e di Al Ma’wa for Nature and Wildlife, in Giordania, realizzato da Princess Alia Foundation e da Four Paws, due luoghi verificati da LAV, adeguati a far vivere gli orsi sereni e al meglio possibile per le loro caratteristiche etologiche.
Il Casteller, infatti, è un ergastolo che ha una superficie totale, per ogni orso, equivalente a un terzo del campo da gioco del Trento Calcio, Casteller sul quale pende anche un fascicolo presso il Tribunale penale di Trento. Si rende quindi inutile il provvedimento di uccisione degli animali: una soluzione che non prevede violenza c’è e non può essere ignorata, anche alla luce della riforma della Costituzione, che all’art. 9 prevede espressamente “la tutela degli animali e della biodiversità”.
Chiediamo quindi alla Provincia di Trento di accettare la nostra proposta e di affidarci la custodia di JJ4, MJ5 e M49, così da poter procedere con il loro trasferimento, poiché una volta catturati, la loro uccisione aggiunge nulla alla paventata sicurezza dei trentini
Tra l’altro l’ordine dei medici veterinari afferma che “non si rilevano al momento pericoli verso la popolazione in quanto risulta catturata e custodita”.
LAV, infatti, accoglie con soddisfazione la dichiarazione odierna dei veterinari trentini che “sollecita i colleghi professionisti veterinari addetti a vario titolo di non assumere alcuna iniziativa che possa provocare la morte del soggetto per eutanasia, in applicazione del codice deontologico nazionale dei medici veterinari perché si ucciderebbe un animale sano”.
Il futuro degli orsi trentini
Rispetto, infine, alla volontà del Presidente Fugatti di ridurre il numero degli orsi in Trentino a soli 50, LAV ritiene il provvedimento come frutto di incompetenza e improvvisazione. Solo la mancanza di opere di prevenzione e gestione della convivenza comporta incidenti, che quindi possono avvenire sia che siano in una popolazione composta da 50 orsi, sia che siano in una popolazione di 100 orsi. Ricordiamo, ad esempio, il caso dell’orsa Daniza, catturata e uccisa dalla Provincia di Trento per un’aggressione avvenuta nel 2014, quando in Trentino il numero stimato di orsi era tra i 41 e i 51 cioè proprio il numero totale che Fugatti invoca ora.
comunicato stampa LAV
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
MA E’ MAI POSSIBILE CHE UN’AMMINISTRAZIONE CERCHI LA VENDETTA E NON UNA STRADA DI CONVIVENZA?
«L’avremmo abbattuta anche subito», dice in conferenza stampa il Presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti dell’orsa JJ4, che è stata catturata il 17 aprile notte e ora è nella gabbia del Casteller, dove viene rinchiuso anche M62 (in condizioni che sono valse una denuncia per maltrattamento degli animali nel 2020).
Lo dice come fosse un vanto, e poi insiste nel confermare che l’uccisione del JJ4 è il suo proposito, come se uccidere un’orsa che – sorpresa nel bosco all’imbrunire con tre cuccioli ha reagito a quella che pensava fosse un’aggressione – riparasse il danno, sanasse le cose.
Come se ucciderla potesse attutire il dolore della famiglia di Andrea Papi, come se fossimo al dente per dente, alla legge del taglione, alla vendetta.
Ed è questo il punto: sembra che si stia semplicemente cercando una vendetta. E niente più. È quello che dice LAV oggi in conferenza stampa: perché uccidere l’orsa JJ4 quando abbiamo individuato due santuari (parchi-rifugi per animali) internazionali pronti ad accoglierla?
E in effetti perché? Forse uccidendola si pensa che si possano offuscare le mancanze della Provincia di Trento, più volte sottolineate, nel formare la cittadinanza alla convivenza con gli orsi.
Mancanza di programmi specifici nell’educare i cittadini, nello spiegare quali sono i comportamenti giusti nel caso si incontrasse l’orso, come si convive. E non solo. Mancanze nel non avere gestito in generale la presenza degli orsi, nel non aver previsto soluzioni, nel non aver pensato, loro per primi, alla sicurezza dei cittadini.
Nello svegliarsi quando succede una tragedia e dire «uccidiamoli» (ma con l’eutanasia, tanto per sembrare più «cortesi»).
Nel frattempo arriva oggi la dichiarazione dell’Ordine dei Veterinari Trentini che «sollecita i colleghi professionisti veterinari addetti a vario titolo di non assumere alcuna iniziativa che possa provocare la morte del soggetto per eutanasia, in applicazione del codice deontologico nazionale dei medici veterinari perché si ucciderebbe un animale sano».
Il punto è che pur nel riserbo che ha trattenuto in molti dall’esprimersi sull’orso, per puro rispetto alla famiglia di Andrea Papi, non si può più ignorare la risposta fallimentare e inadeguata della Provincia riguardo al tema.
Denuncia LAV nella conferenza stampa indetta oggi 19 aprile la mancanza dell’Amministrazione nel rifiutare di sedersi a tavoli condivisi, nel non voler accettare suggerimenti di convivenza raccolti e consegnati all’amministrazione, quali l’utilizzo dei cassonetti anti-orso (la presenza di cibo accessibile incentiva l’orso ad avvicinarsi ai centri abitati), o nell’attuare una eventuale sterilizzazione, proposta dalla stessa Provincia di Trento per l’orsa JJ4 nel 2021 (senza cuccioli sarebbe stata meno aggressiva) ma che non ha avuto seguito.
Ma perché non si collabora? Siamo quindi in un clima di guerra? La Provincia contro gli orsi, le associazioni a favore, o siamo tutti cittadini che collaborano per trovare la migliore soluzione possibile e che rispetti ogni diritto, degli uomini e degli orsi?
In questo clima di «non collaborazione programmatica» la risposta incessante della Provincia, sembra quella di chi finalmente ha trovato l’occasione per sbarazzarsi del «problema orso». Uccidendo JJ4, poi M62 e poi possibilmente anche MJ5, e quindi spostare 70 orsi in un altro luogo. Li chiamano «orsi problematici» appunto, il cui problema è reagire se si sentono aggrediti.
Dicono che prova dell’aggressività dell’orsa JJ4 è che ha rotto due foto trappole (anche il cinghiale nel mio giardino lo ha fatto e non è aggressivo). Qualsiasi cosa sembra utile per istituire un clima di guerra con gli orsi e con la natura.
«Abbiamo rafforzata la presenza delle forze dell’ordine davanti al Casteller per eventuali manifestazioni degli animalisti che sono la conseguenza di quanto accaduto» aggiunge la Provincia in conferenza stampa. Anche qui, come se fosse un vanto, una cosa da fare.
E gli animalisti rispondono, con il boicottaggio del Trentino, al ritmo di un hasthag che monta su Twitter, #BoicottaIlTrentino, con la scelta di non comprare i prodotti della Provincia e non andarci in vacanza, e con le raccolte firma – qui una delle tante su Change ma la più firmata al momento di Oipa. Nei prossimi giorni ci saranno delle manifestazioni a Trento per la salvezza dell’orsa. Domani verrà lanciata anche la petizione online di LAV, ma nel frattempo si può scrivere al Presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti per dirgli che la chiave dei rapporti è il compromesso.
Non sarebbe, insomma, il caso che la Provincia di Trento abbassasse il fucile della vendetta e trovasse una strada di convivenza?
(da Vanity Fair Italia)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
A LOLLO MA CHE STA A DÌ, LE ETNIE ESISTONO PERCHÉ SE MAGNAMO IL SUSHI?
Colloquio in Buvette. Il ministro spiega durante un caffè che non era a conoscenza del piano Kalergi sulla grande sostituzione. “Io cito l’etnia in senso statistico. Del resto, persino al supermercato c’è la cucina etnica… E poi c’è la musica etnica. È razzismo pure quello?”
Ministro Lollobrigida, lo ammetta: ha sbagliato.
“Sbagliato? Si riascolti tutto l’intervento e non solo quei pochi secondi in cui parlo della sostituzione etnica”.
Quindi non è pentito?
“Pensi un po’: credevo che mi avrebbero attaccato da destra, perchè sono stato troppo immigrazionista”.
Caffè alla buvette di prima mattina per Francesco Lollobrigida.
A scottare è la polemica scatenata dalle sue parole sulla crisi demografica. Il titolare delle politiche agricole ha detto “non possiamo arrenderci alla sostituzione etnica”. Parole che richiamano la teoria, molto popolare a destra, per cui c’è una sorta di complotto mondiale per sostituire i bianchi. Insomma un caposaldo del razzismo.
Sì ma che c’entra l’etnia?
“Io cito l’etnia in senso statistico. Del resto l’etnia non è la razza. Le etnie esistono e non presuppongono una differenza di valore. Ma una differenza sì, quella c’è. Del resto, persino al supermercato c’è la cucina etnica… E poi c’è la musica etnica. È razzismo pure quello?”.
Mi sfugge l’analogia.
“In poche parole, io penso che sia una questione di priorità. Prima aiutiamo gli italiani a mettere su famiglia e fare figli, poi c’è l’opportunità dell’immigrazione regolare”.
Però se parla di “sostituzione etnica” è razzista. È l’accostamento di sostituzione ed etnia che ha un connotato razzista.
“Sul piano terminologico ho sbagliato, lo ammetto. Ma per ignoranza, non per razzismo. Non conoscevo la teoria della sostituzione etnica di quello lì, come si chiama?”
Ministro, lei non è un novello. A destra è una teoria con un certo seguito.
“E invece io non sono razzista. Io sono per togliere la parola ‘razza’ dalla Costituzione”.
Insomma, lei ritiene che non ci sia stato niente di razzista in quello che ha detto.
“Mi hanno dato persino del suprematista. Ma scherziamo? Io sono per i Blues Brothers”.
Non è un nazista dell’Illinois.
“Esattamente”.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
SALVINI BRIGA PER DARE ALLA LEGA UNA NUOVA VESTE IN EUROPA (ADDIO A “IDENTITA’ E DEMOCRAZIA”?)
Sembra che in Fratelli d’Italia stiano giocando al tiro alla fune. Impegnati, leader e peones, a spostare il partito in direzioni opposte.
Mentre Giorgia Meloni, con il suo progetto di un rassemblement conservatore, vuole spostare Fratelli d’Italia dalla destra al centro, i suoi marescialli pasticcioni le complicano la vita con esternazioni, gaffe e inciampi. E condannano Fdi a restare una dépendance ristrutturata di Colle Oppio.
Dal cognato d’Italia, Francesco Lollobrigida, che evoca la sostituzione etnica, a “Minnie” Donzelli che si smarca dalle celebrazioni del 25 aprile, fino all’autarchico Fabio Rampelli, che vuole mettere al bando gli inglesismi, i maggiorenti di Fdi azzoppano ogni svolta moderata.
E di traverso si mettono anche Lega e Forza Italia, indisponibili a far allargare il partito di Giorgia Meloni fino alle pendici di quel “centro”, che non ama gli estremismi e preferisce gli spaghetti a tavola alle rivoluzioni.
Salvini non vuole passare per il “mal-destro” davanti a una Meloni ristrutturata centrista e ha iniziato a guardarsi intorno in Europa: ha attivato il fidato Marco Zanni per dare una nuova veste all’Euro-collocazione della Lega.
L’europarlamentare del Carroccio è presidente “Identità & democrazia”, il gruppo dei “puzzoni” in cui ci sono anche Marine Le Pen e i gli estremisti di destra tedeschi di Alternative fur Deutschland.
Alle Europee del 2024, dove ogni partito correrà con il suo simbolo in un sistema proporzionale puro, il tradizionale assetto basato sull’alleanza tra popolari e socialisti potrebbe essere dissolto.
E il movimentismo di Giorgia Meloni, che punta a un’alleanza tra il Ppe e il gruppo dei conservatori Ecr da lei presieduto, costringe Salvini a uscire dalla comfort zone. Il Capitone sta mettendo in discussione la presenza della Lega nella compagine dei “reietti”, che non tocca palla nelle stanze del potere, per provare a giocare la sua partita.
Come Dago-anticipato, il presidente del Ppe, Manfred Weber, punta a sostituire Ursula Von Der Leyen come nuovo presidente della Commissione, e vuole proporsi di nuovo come “Spitzenkandidaten” del partito popolare alle europee del prossimo anno. Dovrà però fronteggiare la quasi certa candidatura della maltese Roberta Metsola, attuale presidente dell’Europarlamento e su cui sembravano essere puntate le iniziali fiches di Giorgia Meloni.
Ma se scende in pista Weber, grande amico di Tajani e sostenitore dello spostamento a destra del Ppe, difficilmente la Meloni potrà ignorarlo. Anche perché la poltrona pesante della Commissione al tedesco Weber lascerebbe una prateria all’Europa del sud per la presidenza del Consiglio europeo, per la quale è in ballo anche Mario Draghi.
Tra i due litiganti, Weber e Metsola, sarà determinante la posizione del partito di maggioranza relativa all’interno del Ppe, cioè la Cdu tedesca, che potrebbe non essere così entusiasta all’ipotesi di una candidatura Weber e al suo progetto di alleanza con i Conservatori.
I cristiano-democratici, abituati alla tradizionale alleanza con i socialisti, con cui hanno governato l’Europa praticamente da sempre, non vedrebbero di buon occhio lo spostamento a destra dei popolari.
Sembra che il ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, sia in forte imbarazzo: dopo anni di euro-frequentazioni, è divenuto amico sia di Manfred Weber, sia di Roberta Metsola. Con chi si schiererà, se entrambi dovessero avanzare la loro candidatura alla presidenza della Commissione?
Anche dentro Fratelli d’Italia iniziano a rumoreggiare per le strategie europee di Giorgia Meloni: in molti temono che la premier, ansiosa per le manovre in corso a Bruxelles, perda di vista le priorità italiane, come la messa a terra del Pnrr. La paura, dentro al partito, è che, come giù avvenuto a Renzi, ebbro di potere dopo il 40% alle Europee del 2014, le sirene di Bruxelles distolgano l’attenzione della Ducetta dalle questione interne.
(da Dagoreport)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
“QUELLI DI JJ4 NE HANNO DUE, NON È DETTO CHE CE LA FACCIANO”
Quando è stata catturata, l’orsa Jj4 si trovava insieme ai suoi tre cuccioli. Potranno sopravvivere senza la madre?
«Secondo le informazioni fornite, i piccoli sono di circa 2 anni di età e di 35-40 chili di peso», spiega Maurizio Casiraghi, professore di Zoologia ed evoluzione all’Università Milano Bicocca. «Ci sono precedenti in cui cuccioli simili a questi sono sopravvissuti. Di solito i piccoli stanno con la madre fino a 4 anni. Però succede che in natura perdano la madre anche prima di allontanarsi da lei. Se hanno effettivamente 2 anni ce la possono fare, anche se per loro non è la situazione ideale».
A quali pericoli possono andare incontro?
«I boschi trentini per loro non sono così pericolosi come quelli, per esempio, del Nord America. Da noi l’orso non ha predatori, anche se ora c’è la presenza del lupo. In generale gli orsi trentini non sono in difficoltà, gli inverni non sono freddissimi e le condizioni ambientali sono discrete, a parte la siccità».
(da il Corriere della Sera)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
PARLA LUCIANO SAMMARONE, DIRETTORE DEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO
«È giusto rimuovere l’orsa, che non ha nessuna colpa, ma serve per riportare un po’ di calma nel territorio». Luciano Sammarone è il direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Un paradiso per umani e animali, dove vivono circa una sessantina di orsi marsicani in libertà, meno aggressivi di quelli trentini e più accettati dalla popolazione. Sammarone risponde al telefono con una voce strillante: «Sia chiaro: sono contro l’abbattimento di Jj4 – ripete più volte -. Un orso, su una popolazione di 100 esemplari, non cambia la situazione».
Poi, aggiunge, «se deve passare la sua vita al Casteller, che è una specie di lager per gli orsi, allora tanto vale l’eutanasia».
Direttore, Jj4 è stata catturata e potrebbe essere abbattuta. Cosa ne pensa?
«Gli orsi quando sentono l’uomo scappano, non siamo le loro prede. Sono favorevole alla rimozione dal territorio ma non all’abbattimento. Quando è stato lanciato il progetto “Life Ursus” sono state dettagliate delle linee guida: se l’orso aggredisce una persona va tolto da quel territorio».
Si parla anche di “sfoltimento” di orsi in Trentino. Come si sceglie quali esemplari uccidere o allontanare?
«Non ne ho idea, è un’operazione che non sta in piedi, tecnicamente irrealizzabile».
Servirebbero più radiocollari?
«Teoricamente, sarebbe meglio che lo avessero tutti per acquisire informazioni, ma non è possibile. E poi la cattura è sempre un momento di stress per l’animale. Se vogliamo fare riferimento all’aggressione ad Andrea Papi, non si sarebbe potuta evitare la tragedia con il radiocollare: con quello strumento sai dove si muove l’orso, ma se una persona ci va a sbattere contro non c’è niente che si possa fare».
Come non correre rischi?
«Riempire le montagne di cartelli, regalare campanelli alle persone, tenere i cani al guinzaglio. Il rischio zero non esiste ma si può abbassare».
Si è mai trovato difronte un orso?
«Sì, ho alzato la voce e le mani, e se ne è andato. Tutti dicono di non perdere la calma, ma capisco che non sia facile».
Non si è messo a correre?
«No e non bisogna farlo mai. È un’operazione sbagliata».
(da La Stampa)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
DAL 2015 GLI ATTUALI LEADER DI GOVERNO DIFFONDEVANO LA TEORIA SUI PROPRI CANALI SOCIAL, ORA FANNO FINTA DI CASCARE DAL PERO
Non dovremmo essere affatto sorpresi nel sentir parlare un esponente del Governo Meloni della fantomatica «sostituzione etnica». Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida non è il primo a riportare come vera la teoria del complotto più amata dalle estreme destre – in particolare quelle neonaziste – sulla scia dei falsi storici noti come “Protocolli dei Savi di Sion” e il “Piano Kalergi“. Precedenti di un certo livello, infatti, li riscontriamo sia dal suo capo partito Giorgia Meloni che dall’alleato Matteo Salvini per sostenere la narrazione della cosiddetta «invasione».
Il primo riscontro lo troviamo in un tweet del 2015 pubblicato dal leader della Lega a seguito di centinaia di migranti sbarcati a Lampedusa e Porto Empedocle («Continua il tentativo di “sostituzione etnica”»), mentre per il Presidente del Consiglio parliamo di un post Facebook sintetizzato in un tweet del 2016: «#ItalianiAllEstero: In Italia prove generali sostituzione etnica, perché non espatriano incompetenti che ci governano? ST».
Il leader della Lega intervenne più volte nel 2017 per sostenere l’esistenza del fattoide. Oltre a due tweet dove affermava che stessimo «subendo una sostituzione etnica programmata», non si può non citare l’intervento durante una trasmissione di Radio Padania condotta dall’attuale senatore leghista Alessandro Morelli: «Vedremo di attare ogni mezzo possibile, oltre a quelli che già abbiamo percorso, per fermare questa invasione. E quando dico ogni mezzo dico ogni mezzo, ovviamente legalmente permesso o quasi, perché siamo di fronte a un tentativo evidente di pulizia etnica, di sostituzione etnica ai danni di chi vive in Italia» affermò con certezza Salvini agli ascoltatori della radio di partito.
Sempre nel 2017, Giorgia Meloni pubblicò via Facebook e Twitter un intervento contro l’allora rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini per queste sue parole rilasciate in un’intervista al Corriere della Sera: «…nei nostri Paesi prevale spesso l’illusione per cui la migrazione si possa fermare. Impossibile. Oltretutto l’economia europea senza migranti sarebbe paralizzata, la nostra demografia ci porta al collasso. Sarebbe il crollo delle nostre società». «Roba da pazzi!» tuonò Giorgia Meloni nel suo post Facebook in merito a tali parole, accusando l’UE di essere «complice dell’immigrazione controllata, dell’invasione dell’Europa e del progetto di sostituzione etnica dei cittadini europei voluti dal grande capitale e dagli speculatori internazionali». Nel marzo di quest’anno, il vicepremier Antonio Tajani sosteneva la necessità di accogliere i migranti in Italia per sopperire alla mancanza di manodopera. Nello stesso periodo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso riportava la linea del Consiglio dei Ministri: «L’obiettivo è arrivare a un andamento di flussi regolari in corrispondenza con le esigenze delle imprese e del settore produttivo in generale». Non si riscontrano dei sonori «Vergogna!» contro Urso e Tajani da parte di Giorgia Meloni o Matteo Salvini.
Sui social, l’ultimo intervento sulla fantomatica sostituzione etnica da parte di Giorgia Meloni risale al 2018 con il seguente tweet: «Ma guarda un po’! Chi ha scritto un pezzo del programma sugli immigrati del M5S? Gli emissari di Soros, il finanziere che sostiene e finanzia in tutto il mondo l’immigrazione di massa e il disegno di sostituzione etnica. Giggìno Di Maio, nulla da dire? ST».
I falsi storici dei “Protocolli di Sion” e il “Piano Kalergi”
Il 20 gennaio 2019 l’allora senatore del M5s Elio Lannutti condivise via Twitter un articolo dal titolo «Le 13 famiglie che comandano il mondo», pubblicato nel novembre 2018 dal sito amatoriale Saper-link-news.com, dove veniva dato per vera la bufala storica e antisemita dei “Protocolli dei Savi di Sion”. Come spiegato in una dettagliata cronologia pubblicata nel sito del “US Holocaust Memorial Museum”, si tratta di un falso documentale creato attraverso dei “copia incolla” da testi letteralmente rubati e decontestualizzati, alcuni persino satirici che non riguardavano neanche gli ebrei. Gli autori? A far nascere la bufala antisemita furono in parte la polizia segreta russa e dallo scrittore Sergej Aleksandrovič Nilus in un suo libro che poi venne tradotto in altre lingue.
I fantomatici “Protocolli dei Savi di Sion” risultano elaborati come ancora oggi vengono ideate diverse teorie del complotto, anche quelle relative all’attuale invasione russa in Ucraina, inserendo all’interno del racconto notizie decontestualizzate e inventandone di nuove per sostenere la narrazione a proprio favore. Spesso vengono riciclate o reinventate con nuovi protagonisti, riaccendendo le convinzioni dei credenti dei “Protocolli” e della “sostituzione etnica”, come nel caso del conte Coudenhove-Kalergi accusato di voler favorire l’immigrazione extra-europea allo scopo di annientare e rimpiazzare le popolazione autoctone. In che maniera? Secondo i complottisti, la «sostituzione etnica» si sarebbe compiuta ottenendo un continente di meticci facili da manipolare sotto la guida della fantomatica “razza ebraica”, la quale non doveva mischiarsi con le altre per mantenere la propria integrità mentale e genetica. A ideare questo complesso di idee balzane e antisemite fu un filosofo austriaco di nome Gerd Hnsik, pluricondannato per aver negato l’Olocausto.
L’entusiasmo dei siti neonazisti e antisemiti
Di fatto, la recente uscita del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha fatto riaccendere l’entusiasmo delle estreme destre neonaziste e antisemite.
VoxNews, uno dei siti di riferimento dell’estrema destra italiana nato all’interno del forum dei suprematisti bianchi e antisemiti di Stormfront che nel 2021 avviò una campagna discriminatoria e razziale contro il campione olimpico della nazionale italiana Marcel Jacobs.
Basta una breve ricerca Google per riscontrare due recenti articoli del sito razzista: «Lollobrigida: sostituzione etnica è realtà, italiani minoranza tra 25 anni» e «Lollobrigida, SOSTITUZIONE ETNICA è già realtà: le città dove immigrati sono maggioranza». Il giorno prima, lo stesso sito aveva accusato Giorgia Meloni di voler «realizzare i sogni del PD» istituendo un traghetto dall’Africa all’Italia con sosta a Lampedusa: «Meloni è un traditore. Un disgustoso traditore» scrive l’amministratore del sito nel suo “editoriale”.
(da Open)
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Aprile 19th, 2023 Riccardo Fucile
IL GOVERNO NON HA RECEPITO LE DIRETTIVE UE
«Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare». Con queste parole la Commissione europea ha preso la decisione di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia e altri 9 Paesi membri per non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali. La disposizione dell’Unione europea – si legge sul sito dell’Istituzione – mira a garantire norme eque e trasparenti per l’ammissione nell’Unione dei lavoratori stagionali di paesi terzi, nonché condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una protezione sufficiente dallo sfruttamento. Gli Stati membri interessati – oltre all’Italia, Belgio, Bulgaria, Estonia, Grecia, Cipro, Lettonia, Lituania e Lussemburgo – dispongono ora di 2 mesi per rispondere alle argomentazioni formulate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, Bruxelles potrà decidere di inviare un parere motivato.
L’Italia nel mirino dell’Ue per i contratti a termine nella Pubblica amministrazione
Non solo lavoratori stagionali, ma anche abuso dei contratti a tempo determinato. L’Italia torna infatti nel mirino dell’Ue pure per le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico. A tal propisito, Bruxelles ha inviato a Roma un parere motivato, secondo passo della procedura avviata nel luglio 2019, evidenziando che «la normativa italiana non previene, né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico», inclusi – tra gli altri – «insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole pubbliche, operatori sanitari, lavoratori del settore dell’educazione artistica, musicale e coreutica superiore, personale dell’opera, personale degli istituti pubblici di ricerca, operatori forestali e personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco brigata». Alcuni di questi lavoratori, spiega la Commissione Ue – «hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, il che costituisce una discriminazione ed è contrario al diritto dell’Ue». Come nel caso della procedura di infrazione aperta per non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali, anche in questo caso l’Italia dispone di due mesi per rimediare alle carenze rilevate, oppure la Commissione europea potrà decidere di deferirla alla Corte di giustizia Unione europea.
Riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo
Procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia anche per il mancato corretto recepimento della direttiva dell’Unione in materia di antiriciclaggio. Il nostro Paese, insieme a Lettonia e Portogallo, «avevano notificato il pieno recepimento delle norme comunitarie, ma la Commissione europea ha individuato diversi casi di mancata conformità su aspetti ritenuti fondamentali – come, nel caso dell’Italia, la licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi -, decidendo pertanto di inviare alle autorità nazionali una lettera di messa in mora», si legge sul sito dell’esecutivo comunitario. «Le norme antiriciclaggio sono uno strumento importante nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Le lacune legislative di uno Stato membro si ripercuotono sull’insieme dell’Ue», conclude Bruxelles in una nota, esortando i Paesi ad «attuare le norme in modo controllato ed efficiente per combattere la criminalità e proteggere il sistema finanziario».
I ritardi di pagamento in Calabria
Bruxelles ha inoltre avviato una ulteriore procedura d’infrazione contro Roma per non aver applicato correttamente le norme della direttiva dell’Unione destinata eliminare ritardi eccessivi nei pagamenti di beni e servizi dal parte della pubblica amministrazione. Nel mirino di Bruxelles sono finite in particolare le disposizioni che consentono alla regione Calabria di effettuare pagamenti nel settore sanitario al di là dei limiti temporali fissati dalla direttiva.
(da agenzie)
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