Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA MAPPA DELLE FAMIGLIE CHE SI SPARTISCONO I TRAFFICI LOSCHI DELLA CAPITALE, CON UN CRESCENDO DI VIOLENZA NELLE ULTIME SETTIMANE
Da novembre la cronaca di Roma è un bollettino di guerra, un romanzo criminale violentissimo che riporta agli anni feroci della banda della Magliana: in cinque mesi, quindici omicidi sono stati eseguiti e sette tentati (quelli di cui si è a conoscenza)
Nello scorso marzo hanno sparato a quattro persone, a tre in una sola settimana. Molti omicidi, tra cui gli ultimi due, quelli di Luigi Finizio e di Andrea Fiore, sono avvenuti nel quadrante est di Roma, regno dei Senese, i napoletani che arrivati a Roma negli anni ’80 hanno costruito un impero nel narcotraffico e allevato batterie di narcos e picchiatori, al cui vertice c’è da sempre Michele ‘o pazzo, che dal carcere non ha certo perso peso e autorevolezza, né la possibilità di comunicare con l’esterno, come dimostrano i pizzini trovati nelle sue scarpe.
Il 13 marzo, Luigi Finizio, imparentato con i Senese attraverso il fratello, è stato freddato in dieci secondi davanti ad un distributore di benzina al Quadraro, da due uomini, ancora sconosciuti, a bordo di uno scooter. Sul luogo del delitto, era apparso un amico della vittima, Andrea Fiore, un carrozziere, anche lui con precedenti. Si era fatto notare mentre parlava con gli investigatori.
Una mossa imprudente, tanto che dopo appena quindici giorni e a poche centinaia di metri da lì, il piombo è toccato a lui: Danilo Rondoni e Daniele Viti si sono presentati a casa sua e il secondo gli ha sparato, mentre Fiore tentava di difendersi con un’accetta.
Interrogato dagli inquirenti, Viti confessa di aver eseguito l’ordine superiore di un capo. Sì, ma di chi? Chi può essere il mandante di un duplice omicidio, proprio nel feudo militare di un pezzo da novanta come Michele ‘o pazzo? Difficile ipotizzare infatti che nel territorio dei Senese si assumano iniziative di rilievo senza il loro benestare, a meno di non volerli sfidare di proposito.
Lo stesso ragionamento potrebbe valere per la duplice gambizzazione di due giovani e ambiziosi (troppo?) spacciatori, Alex Corelli e Simone Daranghi, avvenuta poche settimane prima, tra Morena e la Romanina. Zona controllata dai Senese e dai Casamonica, che comunque rispondono ai primi.
Francesco Vitale è stato torturato per ore in un appartamento della Magliana, fino a quando sfinito ha preferito lanciarsi dalla finestra, ma dal quinto piano non si salva nessuno.
I Carabinieri del nucleo investigativo di Roma hanno arrestato per sequestro di persona, con l’aggravante della morte della vittima, il buttafuori Sergio Placidi, detto Sergione e Daniele Fabrizi, alias Saccottino, che probabilmente avevano ricevuto l’appalto per la riscossione del credito da un altro re della criminalità romana, Elvis Demce, l’albanese che si proclamava Dio, tanto feroce da cavare a mani nude l’occhio di un suo nemico, tanto sicuro del suo ruolo da affermare: «Quando parlo io è cassazione, è morte».
I carabinieri lo hanno arrestato l’anno scorso . Elvis Demce, cresciuto sotto l’ala protettrice di Fabrizio Piscitelli, Diabolik per tutti, era il suo braccio armato, insieme alla batteria degli albanesi di Ponte Milvio, utilizzata per risolvere i lavori più sporchi; a quanto ci risulta, dopo l’omicidio del Diablo, Demce si sarebbe allontanato dal gruppo originario di appartenenza, quello di Arben Zogu, il referente degli albanesi a Roma, per avvicinarsi alla cerchia dei Senese, all’interno della quale potrebbe essere maturato proprio l’omicidio del suo amico Piscitelli. Del resto, nel mondo criminale, si sa, le inimicizie come le amicizie hanno un prezzo.
I sequestri di mala stanno diventando un’abitudine a Roma, a Natale era stato sequestrato a Ponte Milvio davanti ad un noto e molto frequentato ristorante giapponese, Danilo Valeri, ventenne figlio di Maurizio, detto il “sorcio”, pusher di San Basilio, gambizzato qualche mese prima. Valeri è stato rilasciato 24 ore dopo e non ha fornito alcuna informazione agli inquirenti sul commando che lo ha prelevato.
Un discorso a sé merita un’altra parte della suburra romana, che non è periferia ma impero. Ostia è da sempre terra di conquista criminale.
Negli anni, sul lungomare dei romani -tra le tante piazze di spaccio, il racket delle case popolari e le estorsioni- si sono consumate vere e proprie guerre di mafia: prima i Triassi, poi i Fasciani, poi gli Spada contro i Fasciani, poi gli Spada contro il gruppo di Marco Esposito, detto Barboncino, fino a quando il quadro è saltato: Barboncino è morto, i Fasciani hanno subito inchieste pesantissime, così come gli Spada, sebbene una delle figure più simboliche, Roberto Spada è da poco tornato in libertà, accolto sul litorale da fuochi d’artificio e festeggiato come un capo, nell’attesa (ma senza fretta) che vengano determinati gli altri anni che deve ancora scontare in carcere .
Tra i nuovi signori della droga, per esempio, ci sono i cileni, sempre più forti, sempre più autonomi. Qualcosa intanto di poco chiaro sta già accadendo sul litorale, come dimostrano l’omicidio di Fabrizio Vallo, avvenuto il 3 febbraio scorso, e quello -dopo pochi giorni- tentato, ma fallito di Antonio Da Ponte.
Mentre il governo tarda a nominare il nuovo prefetto di Roma e il sindaco Gualtieri è preoccupato, ma tutto sommato ritiene la Capitale una città non violenta, la scia di sangue si fa sempre più lunga, segno che qualcosa evidentemente è cambiato negli equilibri della malavita e che si è rotto quel patto mafioso di non belligeranza tra clan e narcos che solo i capi possono garantire, molti dei quali sono ormai indeboliti dalle inchieste o in carcere o morti, come Diabolik, freddato su una panchina in un parco pubblico nel 2019.
Quello di Fabrizio Piscitelli è stato un omicidio eccellente, di matrice mafiosa come disse da subito l’allora capo della Procura di Roma Michele Prestipino. Eppure ad oggi, dopo quattro anni, conosciamo il nome dell’esecutore materiale, l’argentino Raul Esteban Calderon, ma non quello dei mandanti, la cui posizione è stata archiviata per insufficienza di prove.
Alcuni dei presunti colpevoli sono in carcere per altri reati, altri potrebbero uscire a breve, altri invece sono liberi. Diabolik e il suo socio Fabrizio Fabietti hanno inondato Roma di cocaina, sfamavano le principali piazze di spaccio di Roma, da Torbella Monaca a Primavalle, da San Basilio ad Acilia, dalla Romanina ai Castelli, passando, appunto, per Ostia, come ha svelato un’importantissima operazione del Gico della Guardia di Finanza, dal titolo evocativo, “Grande Raccordo Criminale”.
Il Diablo l’hanno ammazzato, Fabietti e la sua banda sono in carcere, come tanti altri boss della città. Eppure la cocaina continua a scorrere a fiumi tra le strade della città, in tutti i quartieri, perché i vuoti nella malavita vanno riempiti rapidamente ed è quello che sta succedendo a Roma e che spiega tanto fermento e tanta violenza: se mancano le figure di garanzia per fare la pace, i ranghi inferiori si fanno la guerra e si armano.
Francesca Fagnani
(da “la Stampa”)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
ANDREA GIAMBRUNO, DA QUANDO SI È INSEDIATO IL GOVERNO MELONI, È RICERCATISSIMO PER MODERARE CONFERENZE DI SOCIETÀ PRIVATE E PARTECIPATE DI STATO. DICIAMO CHE IL “FIRST GENTLEMAN” NON BRILLA PER DISCREZIONE E SENSO DI OPPORTUNITÀ
È il giornalista più cercato del momento. [“Modera Andrea
Giambruno”, è la dicitura che ricorre di più nelle locandine delle conferenze organizzate da società private e partecipate di Stato. La sua disponibilità a intervistare i relatori di ogni risma dà prestigio al convegno. Peccato che Giambruno, cronista di Rete 4 in predicato di condurre un talk politico, non sia un giornalista qualunque: è anche il compagno della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Da quando si è insediato il governo di destra, era il 22 ottobre scorso, Giambruno non ha certo fatto un passo indietro rispetto alla premier: oltre a condurre programmi e speciali politici in cui intervista anche esponenti di Fratelli d’Italia, Giambruno nei primi cinque mesi di governo ha moderato almeno dieci convegni pubblici. Il format è sempre lo stesso.
Organizzazione di una società pubblica o privata che ha interesse ad accreditarsi con il governo, parterre misto con esponenti dell’esecutivo, imprenditori, manager delle partecipate e argomento prestabilito: uno dei dossier di cui si sta occupando il governo. Modera lui, Giambruno.
I temi sono i più disparati: si va dal Pnrr agli appalti, passando per la transizione ecologica, il settore dei porti fino alla moda rigorosamente Made in Italy. […] Un ruolo di conferenziere che assume un significato ancora più importante nel momento in cui il governo Meloni deve rinnovare oltre 600 cariche in scadenza nelle partecipate pubbliche.
Avere dalla propria parte il governo, dunque, può essere fondamentale. E non è un caso che, come ha raccontato venerdì l’Espresso, Giambruno sia stato chiamato per due volte da Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità Portuale di Palermo, a moderare due convegni.
Il primo il 6 dicembre 2022 al Palermo Cruise in cui Giambruno ha partecipato al panel dal titolo: “La casa di vetro: il principio della trasparenza amministrativa e il ruolo dell’amministratore pubblico”. Poi ha anche moderato un altro dibattito sulla “riforma della Giustizia e pubblica amministrazione” con il sottosegretario di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro Delle Vedove e lo stesso Monti.ù
Giambruno è tornato a Palermo (sempre invitato da Monti) il 3 marzo con un evento su “Infrastrutture e Cultura: il ruolo del porto per lo sviluppo del territorio”. Un mese dopo Monti è stato promosso dal governo Meloni amministratore delegato di Enav, l’Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo: la sua nomina è stata fortemente voluta dalla premier e spinta anche dal compagno Giambruno, dice un esponente del governo che chiede l’anonimato.
Negli ultimi mesi il compagno di Meloni ha moderato altri due dibattiti che avevano come relatori esponenti di società pubbliche che ora entreranno nella girandola delle nomine di governo. Il primo è stato il 30 novembre quando ha partecipato all’evento di chiusura della “2ª Edizione della Scuola di Alta Formazione in transizione ecologica” organizzato dalla fondazione green “Fare Ambiente” vicina alla Lega al Parlamento Europeo.
Il 24 marzo scorso invece Giambruno aveva moderato un dibattito a Palazzo Giustiniani su Pnrr e Codice degli Appalti organizzato da due società private – European Brokers (assicurazioni) e Associazione Imprese d’Italia (Aidi) – alla presenza del Chief Strategy Officer di Ferrovie dello Stato, Fabrizio Favara. Il nome di quest’ultimo ha fatto capolino negli ultimi giorni nella partita per i vertici di Rfi-Trenitalia.
Nel mezzo, però, il first gentleman si è dedicato anche ad argomenti diversi. Nel giorno del giuramento del governo Meloni, Giambruno fu chiamato a moderare un convegno a Civitanova Marche sulle “Nuove opportunità per il distretto calzaturiero”.
Giovedì invece sarà il moderatore di un altro convegno alla Luiss (l’Università di Confindustria) sul “Ricambio generazionale nelle imprese italiane” a cui parteciperanno l’ex presidente di Confindustria Luigi Abete (oggi presidente della Luiss), diversi manager e Riccardo Di Stefano, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria.
Interventi che fanno sorgere dubbi sull’opportunità che il compagno della premier partecipi a convegni organizzati da enti pubblici con esponenti di governo o da società private che vogliano accreditarsi con l’esecutivo.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
SUI SOCIAl AVEVA ESPRESSO IL SUO SOSTEGNO ALL’UCRAINA
In Russia, l’ospedale psichiatrico è un evergreen. Il tribunale distrettuale Zubtsovsky della regione di Tver ci ha mandato Sergei Kolin. Secondo gli investigatori, progettava di unirsi alla Legione della Libertà della Russia. Per questo, pazzo ed è stato mandato in un ospedale psichiatrico per un trattamento obbligatorio. La decisione è stata presa il 16 marzo. Il servizio stampa del tribunale distrettuale ha ricostruito così i fatti.
Un uomo del villaggio di Pogoreloye Gorodishche Sergey Kolin dal 24 febbraio al 3 maggio 2022 su Telegam e su YouTube (aveva un canale che ora non è più disponibile) “ha espresso il suo sostegno alla parte ucraina durante nell’operazione militare”, “ha espresso ostilità ai cittadini della Federazione Russa” e anche “ha espresso un atteggiamento negativo nei confronti della leadership della Federazione Russa, nei confronti delle autorità, in relazione all’operazione militare speciale.” Inoltre, secondo l’accusa, in contatto con persone non identificate, l’uomo avrebbe dato la sua adesione alla formazione armata situata sul territorio dell’Ucraina, la “Legione della libertà della Russia”.
Per gli investigatori russi che hanno seguito il caso, l’uomo mandato in ospedale psichiatrico avrebbe ricevuto un piano per attraversare illegalmente il confine della Federazione Russa per arrivare sul territorio dell’Ucraina e intendeva espatriare illegalmente, attraversare il confine evitando i checkpoint ufficiali per partecipare ad azioni dirette contro le forze armate della Federazione Russa, compresa l’eliminazione di militari russi.
La Legione “Libertà della Russia” è un’unità delle forze armate dell’Ucraina, che, presumibilmente, è costituita da volontari provenienti dalla Russia. Non ci sono dati ufficiali sulla consistenza di questa legione, la sua creazione è stata annunciata nel marzo 2022, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Lo scorso marzo la Corte Suprema della Federazione Russa ha dichiarato la Legione “Libertà della Russia” una “organizzazione terroristica”.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
ESSERI UMANI IN UNA STRUTTURA CHE NE PUO’ CONTENERE MENO DI 400…. 26 SBARCHI AUTONOMI… NON SI HANNO PIU’ NOTIZIE DI UN BARCONE ALLA DERIVA CON 400 PERSONE A BORDO
Nella giornata di ieri, a Lampedusa sono arrivate 974 persone
migranti in ventisei sbarchi, dalla mezzanotte in poi. Gli ultimi sei, arrivati nella tarda serata, hanno portato 233 persone: si trattava di barchini che sono stati soccorsi dalla barca costiera, e che portavano a bordo una quarantina di persone ciascuno.
Tra gli ultimi arrivi, provenienti da Costa d’Avorio, Guinea, Mali, Burkina Faso, Camerun, Congo e Gambia, c’erano anche 58 donne e 13 minori. Oggi, poi, i soccorsi sono continuati: nella notte altre 36 persone sono arrivate – tra cui 8 donne e un minore – dopo essere state salvate da un barchino di sette metri che era alla deriva.
All’alba, così, nell’hotspot di contrada Imbriacola a Lampedusa erano ospitate 1.883 persone. La capienza complessiva, sulla carta, sarebbe di poco meno di quattrocento posti.
È frequente che il centro superi ampiamente la soglia teorica di posti disponibili e raggiunga cifre da collasso: nelle prossime ore centinaia di persone dovranno essere distribuite in altre aree d’Italia, per permettere all’hotspot di tornare a un numero più basso di persone ospitate.
È già avvenuto ieri mattina, quando 156 persone sono state spostate con il traghetto di linea. Questo ha permesso di tenere il numero di ospiti complessivi al di sotto delle duemila unità. Lo stesso accadrà oggi: è previsto che 244 persone vengano imbarcate sul traghetto e arrivino in serata a Porto Empedocle.
Molti gruppi arrivati negli ultimi giorni hanno detto di essere partiti dalla Tunisia, in particolare dalle città di Zarzis, Chebba, Jebiniana e Kerkenna. Secondo i racconti, ciascuno ha pagato fino a 4mila dinari – circa 1.200 euro – per poter compiere il viaggio su un barchino fino in Italia e, così, in Europa.
Ci sono ancora 400 migranti a rischio naufragio in acque Sar maltesi
Intanto, a quasi ventiquattr’ore dal primo allarme, sembra che non ci siano aggiornamenti su un barcone con a bordo oltre quattrocento persone segnalato ieri dalla Ong Alarm Phone. La barca ieri risultava essere in acque Sar maltesi. “Hanno finito il carburante e buttano via l’acqua che entra con dei secchi”, aveva affermato la Ong. Tra le persone a bordo, tre si sarebbero gettate in mare. Una si troverebbe ora di nuovo a bordo, priva di sensi.
L’ultimo aggiornamento di Alarm Phone è di ieri sera: “Il capitano ha lasciato la nave e nessuno è in grado di rimettere in moto la barca; molte persone hanno necessità di cure mediche, tra cui un bambino, una donna incinta e una persona con disabilità fisica”.
Ieri almeno 23 annegati in un nuovo naufragio
Ieri, inoltre, almeno venti persone sono annegate nel Mediterraneo in un naufragio registrato dalla Ong tedesca ResQship, che è intervenuta con la nave Nadir per i soccorsi. Sono state 22 le persone portate in salvo. La Ong ha recuperato anche due corpi senza vita, ma i sopravvissuti hanno parlato di almeno 18 dispersi – che, come si sa, in caso di naufragi avvenuti giorni prima equivalgono nella maggior parte dei casi a vittime.
Nel complesso ci sono “almeno altre 23 tombe di persone innocenti nel cimitero europeo che è il mar Mediterraneo. Questa è una tragedia indicibile che avrebbe potuto, e dovuto, essere prevenuta con un approccio umanitario alla migrazione”. Lo ha scritto ResQship sui social.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
ENTRO QUINDICI GIORNI ZELENSKY DOVRA’ SCEGLIERE SE PROTEGGERE LE CITTÀ O LE TRUPPE AL FRONTE: NON CI SARANNO ABBASTANZA MISSILI PER DARE COPERTURA SIA ALLA POPOLAZIONE CHE AI REPARTI SULLA LINEA DEL FUOCO
La controffensiva dell’esercito ucraino rischia di restare un bluff. Perché il governo di Kiev e gli alleati occidentali devono prima risolvere un problema fondamentale: proteggere le brigate d’assalto dai bombardamenti russi. La situazione della contraerea oggi è drammatica ed entro quindici giorni comincerà a entrare in crisi, obbligando il presidente Zelensky a scegliere se proteggere le città o le truppe al fronte. […] non ci saranno abbastanza missili per dare copertura sia alla popolazione che ai reparti sulla linea del fuoco.ù
IL RISCHIO DEL COLLASSO
E’ quello che descrive uno dei documenti segreti del Pentagono sulla guerra trafugati e diffusi sul web, intitolato “il consolidamento delle difese anti-aeree ucraine”: un dossier del 23 febbraio scorso che esamina le condizioni delle batterie terra-aria, i rinforzi in arrivo e le iniziative per impedire il collasso delle barriere contro i raid dal cielo del Cremlino. […] fanno capire perché un mese fa nel quartiere generale atlantico è cominciata a circolare la preoccupazione sul “nuovo peso” dell’aviazione di Mosca.
CACCIA INUTILI
Attualmente i caccia intercettori di Kiev hanno una capacità “limitata o del tutto inesistente” nell’affrontare le squadriglie nemiche: il compito di proteggere lo spazio aereo ricade tutto sulle difese basate a terra. Oggi non ce la fanno più. Le ultime ondate di cruise scagliate da Mosca hanno trovato grandi falle nella rete difensiva. E stando al dossier top secret, ogni mese vengono lanciati dagli ucraini quasi 400 missili terra-aria a lungo raggio e 340 a corta distanza: numeri senza precedenti, mai visti in nessun conflitto. Il risultato è che le scorte sono ridotte al minimo e molti apparati hanno bisogno di riparazioni: l’efficienza peggiorerà progressivamente fino a tutto maggio. E solo nel mese successivo ci sarà una ripresa, grazie all’entrata in servizio dei rifornimenti occidentali.
La sintesi del rapporto americano è drammaticamente semplice: i sistemi di concezione sovietica con cui l’Ucraina ha affrontato l’inizio dell’invasione ormai sono pochi e logori; le armi arrivate finora dall’Occidente sono sofisticate ma con scarse munizioni e non è chiaro quando saranno operativi gli apparati più potenti, come i Patriot o i Samp-T italo-francesi.
SCORTE AL MINIMO
Dal giorno dell’invasione, i generali di Kiev hanno fatto affidamento su due sistemi, progettati ai tempi dell’Urss e poi modernizzati: gli S-300 e gli SA-11 Buk, che hanno sostenuto l’89% degli scontri. A fine febbraio c’erano solo 25 batterie di S-300 con 421 missili disponibili: ogni mese ne vengono sparati 180 e quindi basteranno fino al prossimo 2 maggio. In quella data la scorta di dardi per i Buk sarà già esaurita. Queste due sono le uniche armi che colpiscono gli aerei in volo ad alta quota: trovarne altri sui mercati è difficilissimo, perché soltanto le aziende di Mosca li fabbricano. Li potranno sostituire i Patriot promessi da Stati Uniti, Germania e Olanda, che stanno arrivando sul campo in queste settimane: sei batterie con 100 missili. Ma sono strumenti complessi e non saranno pronti prima di maggio. Il documento sostiene che il Samp-T offerto insieme da Roma e Parigi invece sarà trasferito a Kiev il 23 maggio.
RISPARMIO E SELEZIONE
Fino ad allora? La soluzione rapida – da applicare subito – è quella di impedire agli artiglieri ucraini di sparare a raffica i missili. Le riserve di SA-300 e Buk vanno usate solo contro i cacciabombardieri russi. Ovviamente, i generali di Mosca conoscono da tempo i dati sintetizzati nel dossier segreto e hanno intensificato le incursioni degli aerei sul terreno delle battaglie, bersagliando con bombe guidate depositi di munizioni e magazzini dei mezzi corazzati.
GLI ORDIGNI PENSIONAT
Invece si sta potenziando di corsa la difesa a corto raggio con una lista di apparati donati dai Paesi Nato: in prima linea ci sono quasi tremila missili “spalleggiabili” tra cui 188 Stinger. Davanti all’emergenza, l’Europa ha svuotato i depositi con i residuati della Guerra Fredda, alcuni destinati alla pensione perché obsoleti.ma gestire una moltitudine di mezzi diversi crea grandi difficoltà alla manutenzione.
MISSILI FRANKENSTEIN
Nel corso dell’estate è previsto lo sviluppo di “batterie Frankenstein” – chiamate “Franken-Sam” – ossia ibridi con missili americani inseriti su radar e lanciatori russi. Progetti mai tentati prima che stanno venendo testati a tempo di record per garantire così munizioni che non si riesce più a reperire. Nei file si parla anche di officine mobili per riparare i semoventi SA-300 e Buk senza doverli spostare in Polonia, in modo da aumentare quelli operativi.§
Poi dalla fine dell’anno, con le consegne di Iris-T, Nasam e altri apparati di nuova produzione – costruiti cioè appositamente per l’Ucraina – prenderà forma il nuovo volto della difesa di Kiev, completamente allineata agli standard della Nato. Il problema è sopravvivere ai russi fino ad allora, senza permettere alle squadriglie di Mosca di colpire le forze destinate a lanciare il contrattacco di primavera. Che – alla luce di questi dati – difficilmente potrà cominciare prima di giugno.
/da agenzie)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
NEI GRANDI APPALTI PUBBLICI E’ QUASI MONOPOLISTA: MATTEO FA VOLARE IN BORSA IL COLOSSO
Non c’è nulla di più sicuro nella vita pubblica italiana dell’inchino agli
interessi privati del costruttore Pietro Salini. L’ultimo ha anche una data d’inizio: 21 ottobre 2022.
Matteo Salvini, appena indicato al ministero delle Infrastrutture, esordisce così: “Il Ponte sullo Stretto di Messina è tra i miei obiettivi ed è negli interessi di tutti gli italiani”. Quel giorno l’azione di Webuild, l’ex Salini Impregilo, valeva in Borsa 1,30 euro, dieci giorni prima aveva toccato quota 1,18 euro, il minimo da oltre due anni, punto più basso di un calo inarrestabile dai massimi dell’agosto 2021, quando Webuild aveva assorbito la fallita Astaldi. Da allora le azioni del colosso delle costruzioni hanno ingranato la quinta: +57% in Borsa, record in Europa.
Matteo Salvini ha superato il maestro Renzi, che da premier elogiava il costruttore appena poteva. Da ministro si è fiondato già tre volte a inaugurare cantieri al fianco del boss di Webuild: il Terzo Valico, l’Av Taormina-Fiumefreddo; la nuova metro di Milano.
Molto di più ha fatto però al ministero. Il primo regalo è arrivato col Ponte. Il 16 marzo, quando si è presentato a sorpresa nel Cdm col decreto che fa rinascere il progetto del 2010, il titolo Webuild ha chiuso a +12%, il giorno dopo ha aggiunto un altro +8%. Salini festeggia e si capisce il perché.
A maggio era stata fissata la sentenza d’appello della causa promossa dal consorzio Eurolink, capeggiato da Webuild, vincitore della gara nel 2005: chiede 700 milioni allo Stato per lo stop imposto nel 2012 dal governo Monti. Salini in primo grado, nel 2018, ha perso e confidava talmente poco nelle sue ragioni che a bilancio quei soldi li dava per persi. Poi la svolta.
Mentre ai cronisti gli uomini di Webuild spergiuravano di non aver alcun interesse nella partita, il 14 febbraio ha scritto al ministero di essere pronto a rinunciare al contenzioso (che lo vede perdente) in cambio della garanzia di poter costruire il Ponte. Alcuni mesi prima, Webuild aveva rispolverato un vecchio documento inviato al Mit in cui dettava i passaggi legislativi. Salvini lo ha accontentato. Il 17 marzo, mentre il titolo schizzava in Borsa, il costruttore non tratteneva l’euforia: “In un Paese in declino, il ponte può essere un’opera iconica capace di fare da volano all’Italia nel mondo”.
Salini detta e Salvini esegue? La conferma è arrivata nei giorni scorsi col “decreto siccità”, altro parto del ministro. Il testo velocizza l’iter degli impianti di desalinizzazione, su cui il governo vuole puntare per alleviare la crisi idrica nonostante le criticità che li hanno sempre frenati (sono energivori e producono scorie).
La leader del settore è, manco a dirlo, Fisia Italimpianti, controllata di Webuild che nell’estate del 2022 ha lanciato la campagna “Water is life” per promuoverli. Il decreto elimina la valutazione d’impatto ambientale per gli impianti più piccoli e i paletti voluti dal governo Draghi che imponevano di optare per la desalinizzazione solo dopo un’analisi costi-benefici (il testo, peraltro, rende più facile scaricare le scorie a mare): esattamente quanto chiesto da Salini a febbraio.
Che il patron di Webuild sia il costruttore più amato dalla politica è cosa nota. A giugno 2020 Luigi Di Maio gli aprì le porte dei 5Stelle ricevendolo alla Farnesina (“è una persona eccezionale”). Negli ultimi anni, però, lo strapotere è diventato sistemico. Webuild è stata la principale beneficiaria del Far West noto come “modello Genova”, cioè gli appalti affidati senza gara: proprio a Genova il governo Conte-1 le ha affidato la ricostruzione del Ponte Morandi e l’anno scorso s’è assicurata la diga foranea, progetto tra i più grossi del Pnrr (1 miliardo), dopo una procedura negoziata con un iter controverso (commissione defenestrata in corso d’opera, zero trasparenza, etc) e relativo mega contenzioso. Incassato il contratto e 253 milioni d’anticipo, ha subito chiesto e ottenuto una modifica per riempire la struttura d’appoggio con materiali che il ministero considerava a rischio.
Il punto è che oggi Webuild è il sistema degli appalti pubblici. Nata nel 2019, quando la Cdp pubblica ha salvato Salini-Impregilo insieme a Intesa, Unicredit e Banco Bpm. è la risposta di sistema alla crisi nera dei colossi del settore (Astaldi, Cmc, Condotte). Trent’anni fa tramontò il sistema spartitorio dell’Italstat e dei consorzi pubblico-privati, oggi – dopo la crisi del settore – resta solo il colosso, con lo Stato azionista, che fa incetta di appalti dello Stato: 106 Ionica, alta velocità in Sicilia, Napoli-Bari, Torino-Lione, Quadrilatero, Brennero, Terzo Valico e via costruendo. Salini si vanta di puntare all’estero, ma presidia l’Italia: vale il 30% dei ricavi (quota che nel 2019 comprendeva tutta Europa) e il 55% del portafoglio ordini (3,8 miliardi solo nel 2022).
Prima del Covid (e che le banche gli consegnassero Astaldi) aveva cantieri attivi per 7 miliardi, oggi per 17. È l’unica in grado di avere le qualifiche per i mega progetti, dove spesso si presenta da sola. Se si ferma Webuild, si ferma il Pnrr. Salvini lo sa e ha messo il ministero al suo servizio, più di quanto non lo fosse già.
/da agenzie)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
SINDACATI, PRESIDI E REGIONI SI OPPONGONO ALL’ACCORPAMENTO DEGLI ISTITUTI
Tutti contro la riorganizzazione targata Valditara. L’annunciato dimensionamento della rete scolastica che dovrebbe partire con il prossimo anno prevedendo l’accorpamento in alcuni anni di circa 700 istituti (con la sparizione di altrettanti presidi e Dsga, più qualche migliaio di amministrativi) sta scatenando l’ira di tutti: dalle organizzazioni sindacali, ai dirigenti scolastici, alle Regioni. Il Governo Meloni ha già preso in mano la scure e non sembra, per ora, intenzionato a fare passi indietro.
Nella legge di bilancio 2023 del 29 dicembre 2022, è stata inserita una norma del Pnrr di dimensionamento delle istituzioni scolastiche che obbliga le Regioni ad intervenire. Ecco la novità: il coefficiente di calcolo applicato dal ministero per il computo delle autonomie scolastiche è “non inferiore a 900 e non superiore a 1000”. Entro il 30 novembre di ciascuno degli anni (a partire dal prossimo) si dovrà tagliare. Nel primo settennio, sono state previste rettifiche non superiori al 2% per anno. A saltare sulla poltrona per primi sono le organizzazioni sindacali. La segretaria nazionale della Cisl Scuola Ivana Barbacci spiega a ilfattoquotidiano.it: “La situazione non è uniforme nel nostro Paese: in alcune regioni i nuovi parametri corrispondono alla situazione in atto, in altre la consistenza media degli istituti è molto più bassa, quindi occorrerà sfruttare appieno le gradualità previste dalla norma e, se necessario, introdurre ulteriori correttivi che consentano di rendere sostenibile il percorso di riorganizzazione. La scuola non può essere governata con criteri ragionieristici, i numeri sono persone cui garantire un diritto fondamentale”.
Valditara a più riprese si è si difeso definendo la sua operazione un “efficientamento della presenza della dirigenza sul territorio, eliminando l’abuso della misura della reggenza” senza prevedere “chiusure di plessi scolastici”. Ma non è così per Barbacci, che dice: “È vero che il dimensionamento riguarda le circa 8mila istituzioni scolastiche oggi esistenti, intese come unità amministrative, non le 40mila e più sedi in cui effettivamente il servizio scolastico viene svolto, ma resta il fatto che in alcuni casi la sede di direzione dell’Istituto sarebbe più lontana dalle scuole, così come si avrà un calo di organico per dirigenti e Dsga. Per questo devono essere attentamente valutate le specificità delle diverse situazioni”
Preoccupato per la situazione è anche il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico che interpellato dal nostro giornale sottolinea come “il dimensionamento scolastico deve essere rivisto perché va contro le stesse linee guida del Pnrr che intendono superare il vecchio rapporto numero di alunni per classe per giungere a un servizio più legato ai risultati. Per garantire il successo formativo bisogna aumentare le sedi di presidenza drasticamente già ridotte di un terzo negli ultimi dieci anni nonostante rappresentino un presidio dello Stato e assegnare docenti alle classe in base ai reali fabbisogni e alle sfide educative”
Nei fatti i numeri dicono il contrario: secondo quanto segnala il Giornale di Sicilia entro un anno nell’isola si rischiano di perdere 109 scuole a causa degli accorpamenti. A detta de Il Mattino in Campania, intanto, si prevedono 140 fusioni, in Calabria 79, in Puglia 66. Sono stati programmati anche 45 accorpamenti di scuole in Sardegna e 37 nel Lazio. Il Governatore Vincenzo De Luca è intenzionato a impugnare la decisione del governo sul dimensionamento scolastico davanti alla Corte Costituzionale. Anche la Puglia “resisterà – ha detto l’assessore regionale Sebastiano Leo – con forza ad una politica che vuole accorpare le scuole senza alcuna reale riflessione, che non tiene conto della natura articolata della scuola, delle esigenze delle regioni, dei territori, della voce delle persone che noi in qualità di assessori rappresentiamo”.
A Roma, al contrario, sottolineano che i risparmi che si verranno a determinare saranno indirizzati a incrementare il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e eventuali altri finanziamenti a favore del personale direttivo e di quello docente. Nel 2031/32, il numero delle istituzioni scolastiche autonome dovrebbe risultare ridotto a 6.885. Ma a contrastare questa logica è il segretario nazionale della Uil Giuseppe d’Aprile che a ilfattoquotidiano.it dice: “Indipendentemente dal governo pro tempore in carica qualsiasi esecutivo che decide di tagliare sul sistema di istruzione, agendo sulla base di logiche da ragioniere, non è un governo lungimirante. La scuola va tenuta fuori dai vincoli di bilancio. E’ questo il principio per sostenere un sistema di istruzione nazionale, moderno e di qualità. Inutile trincerarsi dietro all’analisi demografica perché l’insieme degli studenti della scuola dell’obbligo non è solo un numero, corrisponde a giovani in realtà e condizioni molto diverse, a cui si può dare una risposta a partire proprio dalla dimensione delle classi: 20 alunni dovrebbero tornare ad essere uno standard per il nostro Paese. Se si considerasse la scuola determinate per il futuro del paese il tema della denatalità dovrebbe rappresentare una opportunità e non una penalizzazione. Trasformare, quindi, un problema in opportunità”.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
I BAGNI SONO CONTIGUI AL TWIGA DELLA SANTANCHE’: “E’ UN TIPO DI TURISMO DIVERSO, SE PARLIAMO DI VILLEGGIATURA PENSO CHE NESSUNO VOGLIA VIVERE OGNI GIORNO IN UN LUNA PARK”
«È giustissimo che il padrone di casa, lo Stato, controlli cosa è stato
fatto dopo tanti anni del suo bene dato in concessione, la spiaggia». A dirlo al Corriere della Sera è Roberto Santini, bagnino storico di Forte dei Marmi, nonché patron dei Bagni Piero diventati «la Downtown Abbey italiana».
In una lunga intervista, Santini racconta di aver visto «tanti proprietari in preda alla depressione totale che non investono più per paura della Bolkestein», ma «è un errore clamoroso – continua – dobbiamo continuare ad avere fiducia e investire nel lavoro. Al Forte abbiamo cento bagni, quattrocento in tutta Versilia. Solo il 40% di noi è pronto ad affrontare concorrenza, gli altri si arroccano su posizioni di rendita», afferma. I Bagni di cui è proprietario, spiega il bagnino, si trovano proprio di fianco al famoso stabilimento balneare Twiga di Fonte dei Marmi.
«Con il ministro del Turismo (Daniela Santanché, ndr) ci incontriamo qui da me una volta l’anno per discutere di come va la stagione, nulla di più», racconta Santini aggiungendo, inoltre, come le abbia detto che «il modello Twiga non può essere valido per tutti.
Hanno portato – continua – un tipo di turismo diverso, il loro è un luogo di divertimenti molto bello ma se parliamo di villeggiatura… credo che nessuno voglia vivere ogni giorno in un luna park».
La sua vita insieme ai vip
Il patron del Bagno Piero racconta poi la sua vita insieme ai vip: da Robin Williams, alle grandi famiglie milanesi: Luchino Visconti, gli Agnelli, i Moratti, i Barilla. A fare la fortuna, ma anche il nome, dei Bagni sono state infatti le grandi famiglie milanesi: «Chiedevano sempre di alzare l’asticella dei servizi, volevano spendere di più, e pretendevano di più», racconta al Corriere della Sera. Il suo più grande orgoglio, però, – afferma Santini – «è aver ospitato i miei due attori preferiti: Robin Williams e Gene Wilder. Fui io a dire a Wilder che il suo doppiatore in Italia era lo stesso di Woody Allen. Ci rimase malissimo. “Ma come? Le nostre voci non si somigliano!”», racconta. «Robin Williams invece venne in villeggiatura lo stesso anno di Mrs Doubtfire con i suoi tre figli. Catalizzava l’attenzione sia dei suoi che degli altri bambini costruendo un castello di sabbia e interpretando tutti i personaggi: la principessa, le guardie sui bastioni, i briganti al cancello, e giù storie e voci. Chi passava sul bagnasciuga si fermava a guardarlo».
«Harry Potter mi ha costretto a cambiare colore alle cabine»
Nello stabilimento balneare di Forte dei Marmi il regista premio Oscar Alfonso Cuaron ha inoltre girato, lo scorso autunno, la sua serie tv Disclaimer. «E quando Paul Smith – racconta Santini – ha visto i nuovi colori crema del bagno li ha criticati, “troppo Giorgio Armani”. Preferiva il bagno accanto, più variopinto. Ho cambiato colore per la serie».
Il bagnino storico della Versilia racconta, infatti, di essere amico con il regista da «15 anni». «Un giorno si presenta con lo scenografo Neil Lamon che mi dice: “Bisogna cambiare colore al bagno, bianco e verde non va, ci vuole beige”. Ci rimango spiazzato. Non volevo». Ma Lamon è lo scenografico di tutti gli otto film di Harry Potter, oltre che di Star Wars e due James Bond. «Allora ho detto ok, di quale sfumatura di beige lo vuoi il mio bagno?», dice Santini aggiungendo inoltre come siano servire «cinque spedizioni tra Londra e Forte dei Marmi per trovare la tonalità giusta», conclude.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2023 Riccardo Fucile
PRIMA LI INVITA AI FARE I CORSI ABILITANTI ALLA GUIDA POI SPEDISCE A LATINA LE UNICHE DUE MOTO D’ACQUA IN DOTAZIONE ALLA QUESTURA DI LECCE
Cortocircuito burocratico al ministero dell’Interno, gestito dall’ex prefetto di Roma Matteo Piantedosi.
Negli scorsi giorni, i poliziotti della questura di Lecce sono stati invitati a seguire dei corsi specifici per qualificarsi ad avere l’abilitazione alla guida delle moto d’acqua d’ordinanza. Uno strumento che, in una zona marittima, può risultare utile alle forze di polizia, secondo le valutazioni del Viminale.
Contemporaneamente però, lo stesso ministero ha stabilito che i due acquascooter che la questura di Lecce ha in dotazione siano trasferiti altrove: in particolare a Gaeta, sotto la disponibilità della questura di Latina.
“Una beffa che ci lascia l’amaro in bocca e con tante perplessità”, ha dichiarato al Corriere della sera il segretario provinciale della Uil Polizia, Salvatore Annesi. Non solamente perché è stato chiesto agli agenti di seguire dei corsi che sono diventati del tutto inutili, ma anche perché “in provincia di Lecce, i 14 poliziotti già in possesso delle abilitazioni per guidare le motociclette del mare sono stati persino sottoposti, in questi giorni, alle visite mediche ed hanno acquisito le certificazioni di idoneità”.
La segreteria provinciale del sindacato, quindi, si è chiesta: “A che serve abilitare gli agenti e spendere denari pubblici in visite e controlli sanitari se il servizio per cui si viene addestrati e mantenuti idonei non può essere svolto per mancanza di mezzi? È la solita storia delle pubbliche amministrazioni ingessate nei rigidi precetti delle burocrazie, dove incongruenze più o meno marcate sembrano avere la meglio su logica e buon senso?”.
Le due moto d’acqua che erano a disposizione di Lecce erano posizionate a Gallipoli, con lo scopo di facilitare la vigilanza sulle spiagge specialmente nel periodo estivo, quando l’area si riempie di turisti e bagnanti. Erano state consegnante nel 2016, con annunci ambiziosi. I due mezzi, si era detto, sarebbero diventati “punto di riferimento dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura nella fascia costiera da zero a 500 miglia”.
Eppure, nell’estate 2022 i mezzi sono usciti in mare solo due volte. Quando ce ne sarebbe stato bisogno o possibilità, infatti, gli agenti con l’abilitazione erano impegnati in servizio in compiti diversi, soprattutto sulle volanti.
Questo dato evidentemente ha portato il ministero dell’Interno a fare due valutazioni opposte: da una parte, le moto d’acqua possono essere più utili altrove; dall’altra, è necessario che a Lecce ci sia più personale abilitato a usare le moto d’acqua.
“Vi è malcontento tra gli agenti che hanno acquisito le qualifiche per guidare gli scooter d’acqua”, ha lamentato Annesi, “anche perché sono stati sottoposti a visite mediche in ospedale e in un centro privato della provincia. Tutto per nulla. Crediamo che si possa trovare il modo di garantire al Salento un servizio che si è dimostrato molto utile anche perché ha fatto aumentare i livelli di sicurezza percepita dai cittadini”.
(da Fanpage)
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