Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
I PARTIGIANI RUSSI, GUIDATI DA ILYA PONOMAREV, SONO ARMATI FINO AI DENTI E QUESTA VOLTA LE LORO MINACCE SONO CONSIDERATE SERIE … GLI ANALISTI PREVEDONO QUESTO SCENARIO: A LUGLIO CONTROFFENSIVA PESANTE DEGLI UCRAINI, E POI, AD AGOSTO, SARÀ PACE. LO ZAR SARÀ ANCORA AL CREMLINO?
Vladimir Putin è nervoso, e fa bene a esserlo. La guerra gli è ormai arrivata in casa: non passa giorno senza un attacco alle zone di confine (Belgorod) o senza che ci sia la notizia di qualche drone su Mosca. I cosiddetti partigiani russi si stanno organizzando e sostengono di essere armati fino ai denti. Da chi, non si sa, ma si può supporre: c’è un filo che lega i servizi ucraini alle formazioni che vogliono rovesciare il regime di “MAd Vlad”.
In questo contesto, va tenuto attentamente d’occhio Ilya Ponomarev, ex deputato russo, miliardario e oggi in esilio. Come scrive Andrea Nicastro sul “Corriere”, “è l’uomo che sta costruendo un esercito per rovesciare Putin con la forza. Quando all’inizio dell’invasione diceva ‘sarò il De Gaulle russo’, pochi lo prendevano sul serio. Gli ucraini hanno impiegato mesi a fidarsi della sua Legione Russia Libera. Poi volontari russi hanno combattuto in Donbass e anche a Bakhmut dalla parte ucraina. Così Kiev li ha armati, addestrati e inseriti nella Legione straniera. A metà maggio, però, Ponomarev ha cominciato a fare da solo”.
Ponomarev ha le idee chiare, e a domanda precisa sulla posizione americana (“Gli Usa non vogliono attacchi alla Russia mentre la Gran Bretagna è favorevole. Questa divisione vi crea problemi?”) ha risposto inequivocabilmente: “Sono solo le parole della diplomazia. Di fatto non ho mai sentito alcuna critica o divieto. D’altra parte, chi può proibire ai russi di liberare il proprio Paese?”
Putin non riesce più a gestire la “narrazione” della guerra, e anche tra i suoi fedelissimi, basti pensare al capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, il malcontento corre. Come reazione, bombarda quando può, come può, l’Ucraina. È notizia di questa mattina un nuovo raid contro Kiev, ma ormai lo Zar ha le armi spuntate. Come ha scritto il sito americano “The Hill”, “non gli resta che il nucleare. Ma anche lui sa che non è un’opzione praticabile. La questione non è più se la Russia perderà, ma quando”. Ecco, quando? I negoziati sotto traccia continuano senza sosta, come conferma la notizia della visita di William Burns in Cina a maggio, rivelata dal “Financial Times”. Certo, Washington e Pechino hanno tanti argomenti di cui discutere, ma la priorità assoluta non può che essere stata data al conflitto ucraino.
Gli analisti ormai danno per certo questo scenario: controffensiva ucraina pesante a luglio, per riconquistare terreno e arrivare alla trattativa da una posizione di forza, e poi ad agosto, sarà pace. Se al Cremlino ci sarà ancora Putin, nessuno è più in grado di dirlo con certezza.
(da Dagoreport)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE: “SOVRANISTI AL SERVIZIO DI MOSCA”
Tra Marine Le Pen, leader del partito francese di estrema destra Rassemblement National, e la Russia ci sarebbe un «rapporto privilegiato». A ipotizzarlo è la commissione parlamentare d’inchiesta francese sulle interferenze straniere, che ha votato a favore del rapporto presentato dalla deputata macronista Constance Le Grip.
Nel documento, Le Pen viene definita la «cinghia di trasmissione» in Europa della propaganda ufficiale del governo russo.
A dimostrazione di ciò, il rapporto aggiunge: «Ad ogni crisi geopolitica provocata dalla Russia, il Front National e poi il Rassemblement National hanno assicurato a Putin il loro sostegno. Quando la Russia ha annesso illegalmente la Crimea nel marzo 2014, Marine Le Pen ha appoggiato la linea ufficiale di Mosca».
Non è la prima volta che la leader dell’estrema destra francese viene accusata di essere troppo indulgente, se non addirittura accomodante, con il Cremlino.
Nei giorni successivi alla conclusione delle commissione parlamentare d’inchiesta, sui media francesi sono comparse alcune dichiarazioni fatte da Le Pen negli anni scorsi. In particolare, quando disse che «la Crimea è ed è sempre stata russa».
Il Rassemblement National è il partito che più è stato accusato di «filo-putinismo» negli ultimi anni. Dopo l’invasione dell’Ucraina, i suoi eurodeputati si sono astenuti dal sostenere l’istituzione di un tribunale per i crimini di guerra compiuti dai russi contro Kiev.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
LE RIVELAZIONI DELL’ULTIMO RAPPORTO DI LIGHTHOUSE REPORT RIAPRE IL CASO
La strage di Cutro? Il governo Meloni «ha mentito». È quanto emerge da un recente rapporto di Lighthouse reports, un’organizzazione olandese no-profit che conduce inchieste transnazionali con metodi giornalistici, tecniche di intelligence open source e data science.
Lo scorso 26 febbraio una barca carica di migranti si ribaltò, provocando la morte di 94 persone, di cui 35 bambini, a 40 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro.
E le autorità italiane vennero accusate da più fronti di non aver fatto abbastanza, pur essendo state allertate sulla situazione di grave pericolo per i naufraghi.
«Se avessimo potuto, avremmo salvato i migranti», assicurò nei giorni seguenti la premier Giorgia Meloni respingendo fermamente le accuse di poca trasparenza sula catena di soccorso e ogni richiesta di dimissioni del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi.
Lo stesso che dichiarò che nella gestione di quel naufragio «non si poteva fare di più». Il tutto mentre veniva messo in atto un continuo scaricabarile tra Guardia costiera, Guardia di finanza e Frontex (l’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera). Ma ora questo rapporto, dopo mesi di indagini, arriva a smentire queste versioni.
L’inchiesta di Lighthouse
«Sia Roma che i vertici di Frontex sapevano che quell’imbarcazione era in difficoltà quando era stata avvistata sei ore prima della tragedia da un aereo dell’Agenzia europea per le frontiere, ma nonostante ciò hanno deciso di non intervenire e in seguito hanno cercato di insabbiare quello che sapevano», dichiara il rapporto.
L’organizzazione che ha condotto l’inchiesta fa sapere di aver ottenuto documenti confidenziali dell’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera che rivelano come il loro aereo aveva riferito di «segnali di difficoltà» per il barcone Summer loves sia ai vertici Frontex che alle autorità italiane.
Inoltre, Lighthouse è riuscita ad acquisire video inediti che hanno portato alla luce ulteriori dettagli sul naufragio, incluso un tablet con un software di navigazione che ha confermato la posizione della barca e la direzione di viaggio.
«Sapevano dei rischi, ma non sono intervenuti»
«Ore prima del volo gli operatori avevano avvertito di venti forti nel Mar Ionio. Frontex ha quindi individuato l’imbarcazione monitorando più chiamate telefoniche satellitari fatte durante il giorno dalle persone a bordo», si legge nell’inchiesta. «Un resoconto dettagliato delle chiamate del pilota mostra che Frontex sapeva che si trattava di una possibile nave migrante, senza giubbotti di salvataggio visibili e con una significativa risposta termica da sottocoperta».
Segnali che, secondo l’ufficio stampa di Frontex, rappresentano un numero anomalo di possibili persone a bordo. Oltre al fatto che il maltempo, la mancanza di giubbotti di salvataggio e il sovraffollamento costituiscono segnali di pericolo per le regole marittime europee e italiane. Ma le autorità marittime italiane non hanno comunque avviato un’operazione di ricerca e soccorso.
L’insabbiamento
Ciò che invece è stato operato a seguito della strage, accusa il rapporto, è un vero e proprio insabbiamento della gestione della situazione in quelle ore.
«Dopo il naufragio, l’Agenzia di frontiera europea ha nascosto il fatto che il loro pilota aveva segnalato forti venti alla loro sala di controllo durante il volo di sorveglianza». Di fronte a questa inchiesta, che ribalta la versione del governo e delle autorità italiane e si aggiunge a quella della Procura di Crotone che ha iscritto i primi sei nomi nel registro degli indagati e dato il via alle perquisizioni nelle sedi della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza, gli avvocati delle famiglie delle vittime stanno valutando la possibilità di portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’obiettivo è sostenere che l’Italia dovrebbe essere ritenuta «responsabile della violazione irrimediabile del diritto alla vita dei migranti».
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
UN CENTINAIO DI DELINQUENTI LASCIATI LIBERI DI SCORAZZARE E POLIZIA INCAPACE DI INTERVENIRE
Violenza ultras che a Brescia non si vedeva da decenni con scontri corpo a corpo tra le opposte tifoserie. In un video di poco più di sei minuti è immortalato il tentativo di assalto alla curva del Cosenza da parte di un centinaio di tifosi del Brescia che prendendo in contropiede le forze dell’ordine, in quel momento impegnate a ricacciare sugli spalti gli ultras delle Rondinelle che poco prima avevano invaso il terreno di gioco del Mario Rigamonti, entrano nello “spazio calmo” del settore dello stadio destinato ai tifosi ospiti passando per un parcheggio e sfondando due cancelli lasciati sguarniti.
Con il volto travisato e armati di aste, spranghe e cinghie, gli ultras bresciani si sono così incredibilmente trovati a pochi metri di distanza dai rivali cosentini senza che le forze dell’ordine (l’accesso è presidiato solo da alcuni mezzi di polizia e carabinieri) abbiano avuto il tempo di riorganizzarsi e intervenire per contenere l’ondata.
Facendosi largo con lanci di fumogeni, gli ultras delle Rondinelle si sono guadagnati facilmente alcuni metri e i primi a fare le spese della violenza sono stati proprio poliziotti e carabinieri.
Nelle immagini si vede, infatti, un poliziotto preso ripetutamente a pugni da un ultras che apre la portiera del mezzo di servizio su cui è seduto e poi lo aggredisce.
Da quel momento è il caos assoluto. Minuti di botte, bastonate e cinghiate che fanno tornare alla mente quelle domeniche di trenta anni fa quando la cronaca sportiva lasciava spesso spazio a quella nera.
Gli ultras del Cosenza, che nel frattempo hanno abbandonato il loro posto in Curva, scendono nella cosiddetta area di filtraggio antistante al settore e danno vita a violenti corpo a corpo con i bresciani.
E’ solo dopo oltre due minuti di violenza che la polizia (arrivata con un paio di blindati fino a quel momento parcheggiati all’esterno dello stadio) riesce a “riconquistare” il campo a suon di manganellate e a ricacciare i tifosi del Brescia all’esterno dell’area facendoli indietreggiare fin nel parcheggio.
E’ nel corso di questa “ritirata” che l’auto di Mattieu Huard viene vandalizzata e data alle fiamme.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
L’INTERVENTO DI UN PORTAVOCE DELLA COMMISSIONE UE
Dopo l’approvazione in commissione del decreto Pa che include l’emendamento destinato a limitare il controllo concomitante della Corte dei conti sull’attuazione del Pnrr arriva la prima frenata da parte di Bruxelles. «Noi abbiamo un accordo con l’Italia sulla necessità di avere un sistema di controlli efficace per quanto riguarda la spesa dei fondi del Pnrr ed è responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare», ha detto un portavoce della Commissione Europea rispondendo a una domanda proprio sulle misure intraprese dal governo Meloni nei confronti della Corte dei Conti. «Le autorità italiane hanno istituito un ente ad hoc responsabile del controllo dei fondi del Pnrr, monitoreremo con grande attenzione cosa prevede la bozza di legge al riguardo della Corte dei Conti», è stata la conclusione.
Dopo l’annuncio di giorni fa, l’emendamento ha iniziato il suo iter con l’approvazione all’interno del decreto Pa nelle commissioni riunite Affari costituzionali e Lavoro della Camera. Ieri, però, sul tema dei controlli che potrebbero rallentare l’iter del Recovery plan è intervenuto il presidente della Corte dei Conti,Guido Carlino. Secondo il magistrato, «Il controllo concomitante in corso di gestione ha un valore propulsivo» e «tende ad accelerare i tempi dell’azione» amministrativa. Carlino ha anche spiegato che «la Corte ha anche altri strumenti di controllo sul Pnrr». La magistratura contabile «si rimette» dunque «alla scelta del legislatore».
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
L’ESTENSIONE DELLA PRIMA ALIQUOTA IRPEF, PROMESSA DA MELONI, RISCHIA DI ESSERE UNA BEFFA
L’ampliamento della prima aliquota Irpef, quella più bassa, avrà un effetto quasi impercettibile sugli stipendi. La promessa della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di aumentare il peso delle buste paga dei lavoratori con redditi più bassi rischia di essere un bluff: l’aumento sarà solo di pochissimi euro, in alcuni casi persino meno di 5 euro al mese.
Meloni, incontrando negli scorsi giorni i sindacati, ha annunciato di voler “ampliare sensibilmente lo scaglione più basso per ricomprendere molti lavoratori”.
L’intervento sarà contenuto nella riforma fiscale che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2024: l’obiettivo più volte dichiarato dal governo è quello di ridurre le aliquote Irpef da quattro a tre.
Considerando ciò che ha detto Meloni e la riduzione degli scaglioni, sembra probabile che la prima aliquota venga estesa, accorpando anche la seconda al suo interno.
Andiamo con ordine: oggi le aliquote Irpef sono quattro. La prima prevede una tassazione al 23% per i redditi tra 0 e 15mila euro, la seconda una tassazione al 25% per i redditi tra 15mila e 28mila euro; la terza un prelievo del 35% per i redditi tra 28mila e 50mila euro; la quarta una tassazione al 43% per i redditi superiori a 50mila euro.
Il governo punta a tagliare uno scaglione dal 2024 e, seguendo le intenzioni di Meloni, questo potrebbe voler dire un’estensione della prima aliquota – quella al 23% – fino a 28mila euro di reddito.
Quanto aumenterebbero gli stipendi per chi guadagna tra i 15mila e i 28mila euro? In realtà la cifra è davvero molto bassa: parliamo di aumenti che vanno dai 40 a massimo 260 euro in un anno, se consideriamo solo il minor prelievo sull’Irpef senza tentare calcoli oggi non possibili su deduzioni e detrazioni.
Se prendiamo un reddito da 18mila euro, l’Irpef scenderebbe da 4.200 euro l’anno a 4.140 euro: un risparmio di soli 60 euro per tutto l’anno, ovvero circa 5 euro al mese in più in busta paga.
Salendo di reddito, il risparmio è maggiore: 100 euro l’anno per chi ha 20mila euro di reddito, 200 euro l’anno per chi ne guadagna 25mila e 260 euro per chi guadagna dai 28mila euro in su.
In pratica, nella migliore delle ipotesi l’aumento dettato da questa riforma dell’Irpef, con un’estensione della prima aliquota, può portare 20 euro in più al mese in busta paga.
Per chi guadagna meno, invece, il beneficio è ancora più basso: si arriva fino a meno di 5 euro aggiuntivi al mese per tantissimi lavoratori. In pratica, la misura promessa da Meloni – che ha peraltro costi molto alti, riguardando milioni di persone – sarà una beffa: pochissimi euro in più a testa a fronte di diversi miliardi di spesa pubblica.
(da La Notizia)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
DOVE I BAMBINI MUOIONO E I VECCHI RESTANO VIVI A SOFFRIRE
La fotografia l’abbiamo sotto gli occhi e sotto le dita. Il volto non lo vedo, coperto dalla reverenza di un lenzuolo bianco. Non lo vedrò mai. Non saprò se questa bambina di Kiev era bionda o bruna, se era paffuta, se le sue mani cominciavano ad acciuffare le cose… e gli occhi…? Dolci o fieri? Vedo il nonno che la veglia abbandonato su una di quelle sedie di plastica degli umili bar di periferia senza che gli escano parole di dentro: l’illusione di possedere ancora la persona che si ama, di incorporarsi in lei, non fare più che una cosa con la sua sostanza, essere trasformati nel proprio amore vivente… E provare nella carne l’orrore di questa assenza infinita. Vorremmo fargli dono di una tenerezza divina, una consolazione che non sia dell’uomo.
Chissà se lei ha capito che di questo si trattava, di morire. Un cuneo di verità nel soffice non sapere dell’infanzia, le ha strappato l’ingenuità come una benda dagli occhi e ha visto in un lampo tutto ciò che la bomba le toglieva. E’ una immagine sconvolgente perché per metà è di morte e per metà di quiete; più esattamente di un distacco calmo e prematuro come se cose del mondo lì si fossero scolorate d’improvviso. Già: i bambini ucraini, i bambini di Aleppo, di Sanaa, di Sarajevo, di Kabul…
C’è sempre qualcosa di incomprensibile nell’orrore. Non riesci a reagire in modo sensato: repulsione, dolore, paura , lutto, vergogna e nulla di sensato. Nel momento in cui lo vedi ti domandi se riesci davvero a vedere quello che stai vedendo. La cronaca spiega che è stata uccisa da un bombardamento russo , uno dei tanti di questi giorni sulla capitale, in un luogo, l’ucraina, dove da più di un anno!, non è la morte ma la vita ad apparire come un incidente del destino. La vita degli innocenti, dei miseri, dei travolti dalla Storia crudele e dai suoi lucidi burattinai.
Un credente direbbe che bisogna trovare la parola e la speranza che diano alla morte un senso e consentano di non ribellarsi veramente ad essa come di fronte a un fatto crudele e totalmente insensato. E forse così potremmo chiamare questa una buona morte, “sora nostra morte corporale’’.
Tratteniamo il respiro, tendiamo l’orecchio. Si vorrebbe esser santi un minuto solo. Di fronte a questa morte, a queste morti è possibile? Per quanto breve tempo questa bambina Ucraina ha respirato la dolcezza di essere, la sensazione insostenibile improvvisa evanescente deliziosa di esistere. Ci mancano i termini per definire tutto questo. le lingue sono nate insieme con l’ordine delle cose. Abbiamo parole per esprimere anche il disordine che c’è dietro questa morte. Sì: crimine, delitto, omicidio ma c’è chi dirà con ipocrita benignità: errore, fatalità, inevitabilità della guerra. Ognuna di esse è troppo poco.
Il silenzio di dio in questa strada di Kiev è liscio e compatto, sembra essere l’essere stesso del mondo. Forse bisognerebbe aggiungere che di fronte a questa immagine l’umanità scopre di esser mortale. Prima di immagini come questa il vuoto della morte dei singoli poteva esser riempito da altre parole, la Storia, il diritto, la potenza, la necessità, la vittoria. La guardi e dici: adesso non più. la coscienza di ognuno ne ha la sensazione oscura. L’umanità è diventata eguale all’uomo mortale.
Per dichiarare guerra alla guerra, per fissare implacabili il suo essere crimine assoluto e totalmente odioso basta questa foto: la guerra è dove tutto è capovolto e chi ha lanciato il missile diventa eroe e non assassino, i bambini muoiono e i vecchi restano vivi, a soffrire.
(da La Stampa)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
ROSSI SI DOTA DI UN SUO STAFF… DOPO IL RIFIUTO DI PORRO TORNA IN AUGE GILETTI
Miracolo a Mazzini. Le direzioni Rai si sono moltiplicate come i pani e i pesci, l’acqua del dipendente semplice è diventata vino. I patrioti Rai si stanno sbronzando di titoli. Ben sei nuove direzioni lievitate. E’ meglio delle nozze di Cana. Nasce infatti la nuova carica, virgolettiamo, “direttore della direzione staff del direttore Generale Corporate”. Kafka, mo’ te corco’.
Invitato a nozze Rai, l’ad Sergio, noto (demo)cristiano, ha indicato il profeta Giampaolo Rossi (Gp). Alle sue segretarie, Sergio ha suggerito: “Fate quello che lui vi dirà”. E’ stato così che il foglio, l’ordine di servizio aziendale, si fece carne, e la carne di Davide Di Gregorio si è fatta carne santa di “direttore della direzione dello staff del direttore generale”. Di Gregorio diventa la spalla del profeta Gp, che avrà anche lui uno staff. Ma Di Gregorio, chi è? Per settimane, la Talpa Rai d’Italia, il giornalista Rai-FdI, ha dominato. Il giornalista Rai-Pd ha deciso adesso di dire la sua e di fare la Puzzola. Non crede più nella spinta propulsiva di Schlein: “Mia madre ottantenne non si collega certo a Instagram, ma guarda il Tg1 condotto da Valeria Cucchiaroni”. Inizia a mandare dispacci. Dice che Marco Cunsolo (promosso direttore della direzione produzione tv) è samaritano di Angelo Mellone e che la vera grande parabola riguarda la comunicazione Rai. Nicola Rao, ex direttore del Tg 2, quota FdI, è stato infatti nominato “direttore della direzione comunicazione”. In Rai sono tutti direttori alla seconda, come minimo. Quella affidata a Rao è una direzione appena istituita. Nuovissima. Il lavoro di Rao, in precedenza, era svolto da Pierluigi Colantoni, nominato direttore della comunicazione ai tempi di Fuortes.
Se Rao diventa quello che era Colantoni, Colantoni cosa diventa? Semplice. Una carica fratto quattro. Colantoni è nominato, sempre nello stesso ufficio di Rao, “responsabile della creatività”. Ma per comunicare c’era, e resta, Fabrizio Cassinelli (già capo ufficio stampa di Silvio Berlusconi) che viene nominato, a sua volta, “responsabile ufficio stampa”, sempre in qualità di direttore. Il quarto direttore, sotto le direzione di Rao, è Antonio Marco Zela, area FdI, nominato “responsabile di relazioni esterne e comunicazione corporate”. Quando se ne fa uno, di miracolo, lo aveva capito pure Gesù, i fedeli non ti mollano. Altra direzione creata, per opera dello spirito Sergio, è quella di Giuseppe Pasciucco. E’ stato da poco indicato presidente di Rai Way, ma ora è anche “Direttore della Direzione Coordinamento iniziative Strategiche”. Esce dal sepolcro Rai pure la direzione “Affari fiscali e Tax Compliance” lucidata per Maurizio Fattaccio, area Lega, che era vicedirettore. E’ nuova anche questa. Altre direzioni novità sono quelle di Maurizio Imbriale ( vicedirettore, quota Lega), imbellettato direttore dei contenuti radiofonici digitali, e quella di Marco Lanzarone (quota Sergio) che si occupa di contenuti radiofonici trasmediali. La Puzzola, essendo del Pd, è precisina: “Un capoverso lo merita Monica Caccavelli, direttrice della direzione Safety & Security. La direzione che era di Maurizio Cenni. La notizia è che Cenni diventa “senior advisor alle dirette dipendenze del direttore della direzione Safety & Security. Vale a dire di Caccavelli”. Talpa, dove sei?
La Talpa dice che “ce’ stamo a fare traviare da ste’ puzzole puzzoni” e che stiamo dimenticando la vera notizia. Sta tornando fortissimo il nome di Giletti in Rai, per disperazione, dopo il rifiuto di Porro. Ma la Puzzola non smette. Ci tampina. Dice che Cenni è il marito di Giusy Carrubba, la responsabile della segreteria dell’ex ad Fuortes. A Sanremo, Carrubba era in prima fila con quel vecchio eroe. Un’altra nomina è quella Paola Sciommeri, direttrice delle Infrastrutture immobiliari. Detiene anche l’interim del coordinamento sede regionali ed estere, ma, come precisa la Puzzola, “quest’ultima sarà la prossima tunica di Gianfranco Zinzilli, area Forza Italia”. L’unico a cui è stato tolto il calice è Luigi Meloni, che da direttore del coordinamento sedi regionali- estere retrocede a “responsabile della struttura corrispondenti esteri”. Aveva sicuramente la tessera Vianello è Libertà (il partito di Andrea Vianello, il Filottete del Pd, il direttore che è stato allontanato a Rai San Marino). Per farci spiegare questa nuova religione Rai abbiamo contattato le fonti ufficiali che ci hanno rimandato alla direzione delle direzioni, poi svolta a destra, altri cento metri a sinistra, di nuovo destra. A chiusura di giornale, ci siamo persi. Ma fare il direttore della viabilità Rai? Così, tanto per suggerire…
(da Il Foglio)
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Giugno 2nd, 2023 Riccardo Fucile
IL PIANO ANNUNCIATO DAL GOVERNO: QUANDO GLI STRANIERI VENGONO UTILI ALLORA FANNO COMODO
Gli ospedali italiani sono a corto di infermieri: ne servirebbero 70mila per coprire i preoccupanti vuoti in organico. E così il governo sta pensando di ‘importarli’ dall’estero, a partire dall’India. “Hanno una scuola infermieristica di alta qualità e ovviamente tantissimi abitanti”, ha spiegato il ministro alla Salute Orazio Schillaci nel corso di un’intervista a Repubblica.
Perché l’India
L’India ha già chiuso accordi di questo tipo con il Giappone e gli Stati Uniti. Ma non è l’unico Paese a cui guarda Schillaci: “Gli infermieri mancano in tutta Europa – premette – Per questo stiamo pensando ad accordi con Paesi extraeuropei, che potrebbero metterci a disposizione professionisti già ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua”.
Stando a un recente report di Fossc, il forum delle 30 società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari, la carenza attuale di infermieri è di 70mila unità. Ma non è solo questo a preoccupare: anche tra i medici mancano almeno 30mila specialisti. Nei pronto soccorso, in particolare, servirebbero 4.200 camici bianchi in più (in sei mesi, da gennaio a luglio 2022, se ne sono dimessi 600, circa 100 al mese). Tra medici neolaureati e specializzandi, più di 1.000 l’anno si trasferiscono all’estero per stipendi e condizioni di lavoro nettamente migliori.
L’altra emergenza
Su questo fronte, però, il governo non vede nella ricerca di nuova forza lavoro straniera la soluzione più adatta. “La loro carenza è diversa” in quanto “è mirata, nel senso che riguarda alcune specializzazioni che non sono attrattive, come il pronto soccorso”, spiega Schillaci. Il quale assicura che grazie a un recente decreto, il lavoro nella medicina d’urgenza sarà “più remunerativo e meno pesante”.
Secondo Fossc, però, bisogna fare di più: la spesa sanitaria nel 2023 tornerà al 6,3% del Pil dopo essere cresciuta nel tempo della crisi sanitaria pandemica. Una media nettamente inferiore a quella dei Paesi Ocse (8%) e di Francia e Germania che spendono approssimativamente il 10% del Pil in sanità . Il Pnrr, nato per rispondere alla crisi pandemica del Covid-19, dovrebbe servire, tra le altre cose, a migliorare proprio il sistema sanitario italiano. Ma finora i fondi destinati al settore sono stati pochi: in base al cronoprogramma del Pnrr, “i soldi destinati” alla sanità “devono essere spesi dal 2024 in poi”, ha spiegato Schillaci.
(da today.it) )
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