Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IN FRANCIA SPOPOLA “DROITE AU COEUR”, RIBATTEZZATO IL “TINDER DEI PATRIOTI”. UN SITO DI INCONTRI IDEOLOGICAMENTE CONNOTATO: “VOGLIAMO RISPETTARE E DIFENDERE IL PAESE E LE RADICI CRISTIANE. VI OFFRIAMO RELAZIONI SERENE E PATRIOTTICHE” (OCCASIONALI)
L’hanno ribattezzato «Tinder dei patrioti». Ma in fondo è qualcosa di più. Un sito di incontri ideologicamente connotato: iscrizione gratuita, messaggeria istantanea. Un click per trasformare il proprio credo politico da impresentabile a popolare, anche negli incontri amorosi: «In abito bianco o in polo per un weekend, in coppia o con la nascita di una famiglia, l’importante è offrirvi cuore, valori e tanta felicità».
Eccolo il biglietto di presentazione di Droite au Coeur (Dritto al cuore), che promette «relazioni serene e patriottiche». E perché no occasionali, con assistenza clienti 6 giorni su 7.
Così si presentano Stéphanie e Yohan Pawer. Lui, youtuber «del tutto normale, senza paraocchi ma accusato d’essere dalla parte del male… L’estrema destra».
Tinder gode in Francia di cattiva fama, viste le cronache legate a Salim B., l’uomo dai mille alias accusato d’aver drogato e violentato 17 ragazze conosciute sulla popolare app.
E le armi di «Dritto al cuore» sono sicurezza e slogan-specchio delle destre: «Educazione, cultura, religione sono fari incrollabili che ci guidano in una società che non ci somiglia più»
Ogni registrazione viene verificata individualmente, promette la piattaforma, che si presenta come «primo sito di incontri seri, motivati a rispettare e difendere il Paese e le radici cristiane».
In fase di registrazione, viene chiesto agli utenti di indicare simpatie politiche con varie scelte da spuntare, una o due, dal partito neogollista a quello di Éric Zemmour, oltre al Rassemblement National di Marine Le Pen
Ma dietro l’exploit della piattaforma c’è di più. È l’ennesima prova di uno sdoganamento della destra; del fatto che sentirsi conservatori, per una fetta di francesi, è considerato ormai quasi un moto d’orgoglio.
E poterlo rivendicare, senza temere d’esser vittima di pregiudizi che fino a un paio di anni fa bollavano come soggetto da tenere alla larga chiunque dicesse d’aver votato Le Pen, sia perfino funzionale ad assumere un ruolo da protagonista nella società. O semplicemente ritagliarsene uno sotto le lenzuola.
(da il Giornale)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
SCOPERTI 2.530 CASI DI FRODE SULL’IVA PER UN VALORE DI OLTRE 2 MILIARDI: TRUFFE BASATE SU FATTURE FALSE E SOCIETÀ “FANTASMA” O DI COMODO… DENUNCIATI ANCHE 800 DATORI DI LAVORO CHE HANNO IMPIEGATO SEIMILA LAVORATORI IN NERO O IRREGOLARI
Ammonta a circa 777 milioni di euro il patrimonio sequestrato nei confronti di grandi evasori in Lombardia mentre le proposte di sequestro avanzate alle diverse Procure della Repubblica ammontano a oltre 2,5 miliardi di euro. E’ uno dei dati del bilancio operativo dei reparti della Guardia di Finanza lombarda resi noti oggi in occasione delle celebrazioni per il 249mo anniversario della fondazione del corpo.
Tra gennaio 2022 e maggio 2023, le Fiamme Gialle hanno proseguito e rafforzato l’azione di contrasto sia all’utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici nazionali e comunitari finalizzati a sostenere la ripresa economica, sia ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale nonché ai fenomeni di evasione fiscale più pericolosi, che sottraggono risorse alla crescita e allo sviluppo.
Infatti, si legge in una nota, sono stati 2.471 i reati fiscali scoperti a carico di 3.568 soggetti denunciati, di cui 167 arrestati. Nel contrasto alle frodi Iva organizzate, basate su fatture false, società “fantasma” e di comodo, sono stati scoperti 2.530 casi, con un’imposta evasa per circa 2,1 miliardi di euro.
In considerevole aumento i casi di frodi fiscali basate sulla compensazione di crediti fiscali inesistenti o non spettanti con debiti fiscali reali: denunciati 479 responsabili, di cui 39 arrestati, con il sequestro di beni e disponibilità finanziarie illecitamente accumulati per circa 1,2 miliardi di euro
Nel contrasto all’economia sommersa sono stati individuati 1.053 soggetti sconosciuti al Fisco (evasori totali), nonché 778 datori di lavoro che hanno impiegato 5.908 lavoratori in “nero” o irregolari. Inoltre riguardo alle indebite percezioni del “reddito di cittadinanza”, sono stati eseguiti 2.042 interventi, di cui 1.821 sono risultati irregolari, consentendo di accertare una frode per le casse dello Stato di circa 15,3 milioni di euro tra contributi indebitamente percepiti e richiesti, con la denuncia di 1.553 persone. Infine ci sono le denunce nei confronti di 354 persone per reati in materia di appalti, corruzione e altri delitti contro la Pubblica Amministrazione e, di queste, 40 sono state arrestate.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
“MI DEVONO ANCORA 44.000 EURO”
«Andavo in giro dai clienti e mi chiamavano la “signora Ki” per quanto mi identificavano con l’azienda». Monica Lasagna, oggi 52 anni, ha passato in Ki Group più di metà della sua vita. «Era la mia casa, era un gioiellino», continua a ripetere con amarezza.
Dopo trent’anni come responsabile commerciale canale specializzato, anche lei ha lasciato «soffrendo ma senza altra scelta», sottolinea, l’azienda colosso dell’alimentazione biologica gestita dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè e dal compagno Canio Mazzaro.
Lasagna è una dei tanti ex dipendenti – come testimoniato dal’inchiesta della trasmissione Report – che attendono ancora gli ultimi stipendi e il tfr. «Ho comprato una casa e mi son dovuta far dare i soldi da mia sorella. Ancora oggi mi devono 44 mila euro», commenta con sdegno.
«Ho sempre lavorato nel commerciale, in Ki Group ho iniziato nel maggio del ‘93 – torna indietro nel tempo -: le posso garantire che all’epoca nessuno sapesse cosa volesse dire biologico: è stata l’azienda pioniere e cresceva a doppia cifra con il minimo sforzo. Poi la storia l’ha portata alla fine dove è finita».
Santanchè è arrivata nel 2020. «È cambiato tutto – ricorda Lasagna -, le direttive erano impartite da lei e dal marito. Ma il problema di fondo dell’azienda era diventato finanziario. La situazione è iniziata a precipitare già nel 2019, loro pensavano di risolvere ma per farlo dovevi metterci dei soldi e loro non hanno investito». Della ministra Lasagna ricorda le «ottime capacità come relatore, il suo errore è stato non rispettare le promesse fatte».
Si spiega: «Non puoi dire a un fornitore “quest’azienda non fallirà mai, è il futuro di mio figlio”, come è stato detto nel servizio di Report, e poi fare questa roba, devi avere etica. Lei invece non ha rispettato la parola data: la stessa cosa che ha fatto all’esterno con i fornitori, l’ha fatta con il personale. Chi si dimetteva era consapevole che avrebbe avuto difficoltà a ricevere la liquidazione e il tfr».
Ma per tanti è stata una scelta forzata. «E sofferta – precisa Lasagna -, quell’azienda era casa mia». Come tanti ex dipendenti, anche lei ha deciso alla fine di intraprendere un’azione legale: «Ho scoperto che non ci hanno versato nemmeno tutti i contributi della pensione. Io credevo che un giorno ci avrebbero pagato le liquidazioni, invece questo non è mai avvenuto».
La testimonianza di un dipendente
La stessa sorte è capitata a Marco (nome di fantasia perché preferisce restare anonimo), per due anni in Ki Group come direttore acquisti. Anche lui è tra chi ha deciso spontaneamente di fuggire da una situazione non più accettabile e da allora aspetta tre mesi di stipendio non pagato oltre al tfr: una cifra che si aggira attorno ai 26 mila euro.
«Lavoravo a stretto contatto con Santanché purtroppo perché mi occupavo dei fornitori, una parte di azienda che era intermediata da lei – ricorda -. Dico purtroppo perché dal punto di vista professionale è stato complicato anche se formativo, mentre dal punto di vista personale sentire un parlamentare che mente spudoratamente a fornitori e dipendenti, sapendo di mentire, è terribile. Mi sono reso conto che stavo buttando via il mio tempo».
L’attuale ministra del Turismo, a detta dei suoi ex dipendenti, «raccontava in continuazione che Ki Group avrebbe pagato e tutti i problemi si sarebbero risolti, quando sapevamo tutti benissimo che non era vero che fornitori e aziende sarebbero stati pagati. Questo è stato il mood di un anno e mezzo di gestione di Santanchè e Mazzaro. L’ho tollerato finché non ha iniziato a impattare sui dipendenti».
Marco era a capo di un team di 5 persone: «Una delle mie assistenti è stata lasciata a casa lunedì alle 18, dopo un’intera giornata di lavoro – racconta -. Credeva di dover tornare in azienda martedì mattina, invece l’hanno mandata via senza pagarle neanche lo stipendio del mese precedente».
Insieme a diversi ex dipendenti, ha deciso anche lui di intraprendere un’azione legale. «Io me ne sono andato con un piano B, avevo già trovato un nuovo lavoro, ma me ne sarei andato via comunque, non era più accettabile la situazione – conclude -. Solo per farle capire: è mancata mia madre e loro mi chiamavano due o tre volte al giorno per chiedermi di fare dei lavori …. Sono delle persone che si descrivono da sole».
(da La Stampa)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
BOCCIATA LA FLAT TAX: “POCO REALISTICA”
“Un sistema ad aliquota unica insieme a una riduzione del carico fiscale sembrano poco realistici”. Lo ha detto Lo ha detto il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Riccardo Di Stefano, aprendo il Convegno Nazionale di Rapallo.
“Ai nostri ospiti politici – ha detto Di Stefano – non faremo liste della spesa e non chiederemo mancette. Chiederemo conto, invece, da imprenditori, da giovani e da cittadini, di come vengono utilizzate le risorse dello Stato, e delle loro ricadute, dei risultati che l’Italia sta ottenendo in Europa”. Al convegno saranno ospiti nella prima giornata il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il ministro per gli Affari Europei, Sud, Coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, mentre domani sarà la volta di Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, e Antonio Tajani, ministro degli Esteri.
“Su evasione il governo alzi l’asticella”
Sull’evasione “invitiamo con forza il Governo ad alzare l’asticella”, è l’appello dei giovani imprenditori da Rapallo, dove osserva che finora è mancata “solo la determinazione politica e amministrativa di aggredirla”. “L’ingiustizia e l’ammanco di risorse che l’evasione determina sono indegne di un Paese civile”, dichiara Di Stefano, aggiungendo: “che sia grande o piccola, la sua gravità non cambia. Perché entrambe ci parlano di un rapporto distorto con la cosa pubblica. Quel ‘prendi e scappa’ che è un problema prima di tutto culturale e poi materiale”.
“Su Pnrr serve scatto da Formula 1”
Di Stefano si è soffermato poi sul tema Pnrr. “Il nostro chiodo fisso è che il Pnrr sia implementato, con decisione” con “sforzi assomiglino più a uno scatto di Formula 1 che a una gara fra tricicli”, ha detto osservando che il Pnrr “ci rende un sorvegliato speciale perché banco di prova per tutta l’Unione”.
“La macchina dello Stato – dichiara Di Stefano – è in panne da anni e dobbiamo rivolgerci a voi, che oggi ne siete alla guida. Quindi, chiariamoci: non ci accontenteremo di ascoltare rimpalli di responsabilità, né sul presente né sul passato”.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
L’EX PARLAMENTARE DELLA LEGA, ARRESTATO IERI, SECONDO IL GIP DI FORLÌ, ESERCITAVA UNA “FUNZIONE PUBBLICA GRAZIE AL SUO RAPPORTO PERSONALE CON I PUBBLICI UFFICIALI”
«Noi vecchi leghisti teniamo alle persone serie come te…». Nel leggere gli atti dell’indagine sul sistema Dogane e le intercettazioni a essa allegate […] Gianluca Pini — ex deputato ma soprattutto leghista della prima ora prima che entrasse in rotta, fortissima, con il segretario Matteo Salvini, tanto da portarlo in tribunale per la gestione del partito — stupisce non tanto la disinvoltura negli affari e nelle richieste («Marcello, ho quel carico bloccato…»), alla fine comune con un certo tipo di indagini.
Quanto la disinvoltura con la quale metteva un partito — e le istituzioni — a disposizione dei suoi business personali. Di come confondesse, le parole sono del gip di Forlì Massimo de Paoli, «la funzione pubblica» e il «profitto privato».
Pini non è considerato infatti soltanto «un faccendiere» o un banale «intermediario ». Ma piuttosto un «soggetto che esercitava una funzione pubblica: in cambio di utilità all’interno del partito Lega Salvini premier», scrive il gip, «assicurava vantaggi grazie al suo rapporto personale con i pubblici ufficiali, ignari dell’accordo corruttivo».
Cosa significa? Pini ha un «patto corruttivo » con il direttore delle Dogane, Marcello Minenna; una promessa di copertura politica in cambio dei favori alle sue società.
L’ex deputato leghista vantava soprattutto la sua vicinanza con l’attuale ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, di cui in passato è stato anche socio. Ma con il quale da qualche tempo — giurano dall’entourage di Giorgetti — non ha nulla a che fare.
Giorgetti non è in alcun modo coinvolto nell’inchiesta. «Mi hanno detto però che Pini era il suo braccio destro» racconta ai magistrati uno degli assistenti di Minenna. L’ex deputato leghista effettivamente si muoveva come tale. Per dire: a luglio del 2020 Minenna tempesta di telefonate Pini perché Giorgetti partecipasse alla «presentazione del libro Blu», un lavoro dell’Agenzia delle Dogane. «Con la tua Autorevole Garanzia… » dice a Pini.
«Gli parlo io!», lo rassicura l’ex deputato. Giorgetti però dà buca (ma poi rimedia partecipando qualche mese dopo a un altro incontro). E Pini si fa perdonare in altra maniera. E così si muove direttamente con Giorgetti. È il 9 aprile quando chiama l’allora ministro allo Sviluppo economico: «Minenna è incazzatissimo. Chiamalo e digli guarda è un deficiente, scusami ti chiedo scusa io». «Va bene, mo lo chiamo io» gli dice Giorgetti. «E infatti — annota il gip — il ministro contattava Minenna alle 17,25 del 10 aprile, in una telefonata che dura 231 secondi».
Minenna è contento: «Mi ha fatto molto piacere» dice a Pini ricordando come già qualche mese prima, sempre grazie alla sua intercessione, aveva sentito Giorgetti. «Noi leghisti teniamo a persone serie come te».
Pini mette a disposizione dei suoi affari tutta la Lega. Minenna vuole parlare con Zaia? Lui lo cerca. Minenna cerca una sponda in Piemonte? Pini cerca Riccardo Molinari, «già vicepresidente regionale». Ci sono brutti articoli sulle Dogane? «Ora sento i direttori».
La “buona stampa” non era però soltanto una questione di narcisismo. Ma serviva ad altro: Minenna voleva infatti la riconferma alle Dogane. E, più in avanti, mirava alla poltrona di “presidente Consob”, ente da cui proveniva. Si muoveva con tutto il governo, grazie dice il gip, al «sistema delle auto sequestrate » (una, per esempio, era stata messa a disposizione dell’allora ministro leghista, Massimo Garavaglia).
Ma Pini resta il suo core business. «Dopo il cambio di governo di febbraio 2021, poteva non essere riconfermato per effetto dello spoils system» scrive il gip. «E sapeva che solo attraverso il sostegno del ministro Giorgetti e, più in generale, del partito della Lega poteva ottenere la riconferma. «Facciamo un punto con Giancarlo in prospettiva?» chiedeva a Pini già a febbraio. «Io sono certo del suo supporto dopo le tue parole» gli dice.
E ancora più avanti: «Io speravo di essere aiutato dalla Lega…» gli dice, prima di incontrarlo a Roma. Il lavoro va a buon fine. Il 16 aprile 2021 Minenna incontra Giorgetti. Parlano, probabilmente, della nomina. Ma anche di un decreto — «sui prodotti metallici» — che interessava al ministro e per il quale Minenna si prodiga. Il 21 maggio Minenna veniva riconfermato.
Le persone vicine a Giorgetti fanno notare che la nomina non dipendeva del suo ministero. E anzi quando è toccato a lui, arrivato al Mef, Minenna è stato mandato a casa.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL PD DI SCHLEIN HA FINALMENTE PRESO UNA POSIZIONE CHIARA IN UNA MOZIONE AD HOC… A FINANZIARE I TRAFFICANTI RESTANO SOLO I SOVRANISTI
Il Partito democratico abbandona il passato, o perlomeno conferma una tendenza che aveva preso spazio nel partito nell’ultimo periodo: sul memorandum con la Libia e il finanziamento della cosiddetta Guardia costiera libica, la posizione è un secco ‘no’.
A sei anni dall’accordo, siglato nel 2017 proprio da un governo a trazione Pd – presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro dell’Interno Marco Minniti – il partito guidato da Elly Schlein ha proposto in commissione una mozione per sopprimere il supporto dell’Italia alle milizie libiche. La maggioranza lo ha bocciato, come era prevedibile, ma resta la decisione politica dei dem di schierarsi contro.
La cosiddetta Guardia costiera libica si è resa protagonista in più di un’occasione di episodi controversi, sollevando il forte sospetto che collabori con gli scafisti e i trafficanti che gestiscono il passaggio di esseri umani nel Mediterraneo.
Numerosissime Ong hanno attestato i suoi metodi violenti, e anche le Nazioni unite hanno accertato che in Libia le condizioni delle persone migranti sono inaccettabili dal punto di vista dei diritti umani. Tuttavia, dal 2017 in avanti i governi italiani hanno sempre rinnovato l’accordo su base triennale.
Certo, quello del Pd non è un cambio di linea che si può attribuire solamente alla nuova segretaria. Anche l’anno scorso le commissioni Difesa e Esteri si erano riunite per discutere delle missioni internazionali dell’Italia – come avviene ogni anno, perché va approvato il decreto del governo sul tema. E in quell’occasione i dem, insieme a Movimento 5 stelle e Italia viva, non avevano votato il finanziamento alla cosiddetta Guardia costiera della Libia.
Era stato una sorta di passaggio intermedio, un primo passo: non c’era stata una mozione contraria, ma i rappresentanti del partito avevano lasciato l’aula in segno di protesta. Il deputato Erasmo Palazzotto aveva detto che si trattava di un “segnale forte” e che il Pd si era “dissociato dall’assumere impegni con la Libia”, sottolineando che c’era ancora “molta strada da fare”. D’altra parte, il memorandum è da anni un argomento divisivo anche all’interno dello stesso Pd. L’anno scorso, la ‘fazione’ di chi si opponeva aveva ottenuto l’uscita dall’aula. Quest’anno si è fatto il passo successivo.
L’arrivo di Elly Schlein alla guida dei dem ha infatti confermato, e rinforzato, questa posizione. Già a marzo, poco dopo l’elezione, Schlein aveva dichiarato di voler rappresentare un “Pd che non rifinanzi mai più la Guardia costiera libica”.
Oggi, dopo il voto, ha scritto in una nota: “Il Pd oggi in Commissioni riunite Esteri e Difesa ha votato compatto contro il supporto alla Guardia costiera libica”.
“Ancora una volta la maggioranza, bocciando la nostra proposta di soppressione, ha dimostrato di non voler vedere la realtà e si è ostinata ad andare avanti con la sua consueta assenza di una politica migratoria seria e degna di un Paese civile”, ha aggiunto la segretaria. L’esultanza è arrivata anche da Giuseppe Provenzano, responsabile Esteri per il Pd, sui social media.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
GRANDI RISULTATI DELLE MISSIONI IN TUNISIA DI MELONI E PIANTEDOSI, MA L’IMPORTANTE E’ ASSEGNARE ALLE ONG PORTI DISTANTI 4 GIORNI DI NAVIGAZIONE
Gli arrivi di persone migranti sull’isola di Lampedusa continuano a ritmi elevati: ieri sera, nell’arco delle due ore tra le dieci e mezzanotte, sono sbarcate 290 persone in otto sbarchi.
Nelle 24 ore precedenti, così, gli arrivi complessivi sono stati di 649 migranti a bordo di diciotto barche. Stamattina, altre 343 persone si sono aggiunte alla conta. Al momento, così, l’hotspot di Contrada Imbriacola risulta avere più di mille ospiti.
Con l’inizio del caldo dei mesi estivi, i viaggi nel Mediterraneo sono aumentati ulteriormente. A Lampedusa l’ultimo naufragio è di mercoledì scorso: 44 persone sono state salvate, mentre tre sono disperse e, con tutta probabilità, si sono aggiunte all’elenco delle vittime del mare. Ieri sono anche state individuate delle persone che erano riuscite a raggiungere la terra ferma. Nella baia di Mare Morto, i carabinieri hanno bloccato un gruppo di cinquanta uomini e una donna. Erano partiti dalla Libia su un barchino di otto metri.
Tra i salvataggi effettuati in mare i numeri erano vari: in un’imbarcazione c’erano 19 persone (di cui una donna e cinque bambini), in una 38 (sei donne e un minore). E poi ancora 43 (con nove donne e quattro minorenni), 38 (con otto donne), 46 (con tre donne), e in un caso solamente otto persone. Tutte le persone salvate vengono da Tunisa, Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea, Gambia, Burkina Faso o Camerun.
C’è stato anche il caso particolare svelato dopo il soccorso di un’imbarcazione che trasportava 47 persone: quattro di queste erano partite a bordo di una barca che era poi naufragata. Sono state salvate da un’altra imbarcazione di migranti, quella sulla quale le autorità italiane li hanno poi definitivamente individuati e portati a terra. Gli altri cinque che si trovavano con i quattro soccorsi, secondo i loro racconti, sarebbero stati salvati da altri barche. Non ci sarebbero, quindi, dei dispersi.
Questa mattina, sono sbarcate altre 249 persone. Anche in questo caso la maggior parte dei soccorsi è stata effettuata in mare, mentre un natante con 53 persone a bordo (di cui cinque donne e tre minori) ha raggiunto direttamente il molo Favaloro. Anche in questo caso i migranti erano partiti dalla Libia, e anche in questo caso sono intervenuti i carabinieri dopo la discesa a terra. Nella tarda mattinata, altre 94 persone sono state recuperate su tre barchini.
Ora gli ospiti nell’hotspot di Lampedusa sono circa mille, mentre il limite teorico di posti è di meno di 400. Da inizio giugno la struttura è gestita dalla Croce Rossa, e quotidianamente tra le 400 e le 500 persone vengono trasferite in Sicilia sotto la supervisione della prefettura di Agrigento. Oggi, altre 230 persone lasceranno l’isolotto su un traghetto di linea per Porto Empedocle. Ma questo non basta a evitare il sovraffollamento quasi costante.
(da Fanpage)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL DISEGNO DI LEGGE, APPROVATO IN CDM DUE MESI FA NON HA ANCORA INIZIATO L’ITER PARLAMENTARE… ALTRO CHE LIBERALIZZAZIONI, COMANDANO TASSISTI E BALNEARI
La legge sulla concorrenza si è persa nelle nebbie delle diatribe politiche, con il parlamento che attende da mesi di avviare l’esame del testo. Ancora una volta la maggioranza si mostra unita sui palchi delle campagne elettorali, ma nei palazzi istituzionali fa fatica a trovare accordi. Un’altra testimonianza arriva dal ddl Concorrenza, approvato con grandi affanni in consiglio dei ministri, con circa un mese di ritardo sulla tabella di marcia. Per mettere una toppa c’era stata l’indicazione di una procedura d’urgenza. Un messaggio all’opinione pubblica per manifestare volontà di un iter celere. Almeno in teoria. La fretta non si è materializzata nei fatti.
ITER DA INIZIARE
Il simbolico tragitto da Palazzo Chigi a Montecitorio è diventato tortuoso e interminabile. Da settimane deputati e senatori attendono la trasmissione ufficiale dell’atto. A due mesi dal via libera non è ancora arrivato. Se ne parlerà più avanti, con calma. Il calendario parlamentare si muove in una strettoia estiva. Nelle prossime settimane Montecitorio e Palazzo Madama saranno alle prese con l’incastro di una sequenza di decreti da convertire. Si intravede poco spazio per il ddl Concorrenza, che tratta una materia delicata. Ci sarà bisogno di un confronto nelle commissioni competenti. La concorrenza può aspettare, con buona pace delle richieste dell’Ue: la legge è uno degli impegni da rispettare per l’attuazione del Pnrr.
Del resto il governo, non da oggi, è animato da una generale ostilità a qualsiasi processo di liberalizzazione del mercato. La difesa delle rendite di posizione delle corporazioni è la vera specialità della casa. A leggere in filigrana la recente storia politica, si scorge una certa coerenza: la destra era contraria all’apertura alla concorrenza pure negli anni trascorsi all’opposizione. Basti pensare alle manifestazioni organizzate per contrastare i bandi di gara sulle concessioni balneari o per evitare la liberalizzazione delle licenze dei taxi, le lobby più care ai partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
NIENTE LIBERALIZZAZIONI
Rispetto al passato, ci sono situazioni surreali: i partiti di governo mettono in naftalina un provvedimento varato dai loro stessi ministri. La genesi del ddl Concorrenza aiuta a capire l’aria che tira di fronte a qualsiasi ipotesi, ancorché timida, di liberalizzazione. Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, portò il testo nel cdm il 26 marzo. A sorpresa fu deciso uno slittamento. Il motivo? La divisione nella maggioranza sulle gare per gli spazi di vendita al pubblico, quelli degli ambulanti, altra lobby molto vicina alla destra, che non era certo disponibile ad accogliere un’apertura del mercato. Così è partita una trattativa per arrivare a una mediazione. Il 6 aprile sembrava tutto pronto, solo una formalità. Invece niente: altro cdm, solite divergenze, ennesimo rinvio.
La riunione decisiva a Palazzo Chigi si è tenuta solo il 20 aprile. Come prevedibile, gli ambulanti hanno portato a casa la vittoria: i bandi di assegnazione sono stati previsti per le aree libere, nessuna modifica per gli attuali concessionari. Il resto del disegno di legge effettua poco più che manutenzione sul fronte della concorrenza. Prevede l’attribuzione all’Area del potere di fissare i prezzi del teleriscaldamento, il potenziamento dei poteri dell’Antitrust sulle procedure aperte e la promozione dei contatori intelligenti. Ma tanto è bastato a far esultare Urso: «Legge annuale sulla concorrenza: fatta! Al servizio dei cittadini e delle imprese».
Solo che di mezzo ci sarebbe l’iter in Parlamento, che nonostante le stimmate della procedura d’urgenza assegnate al provvedimento, non è iniziato, facendo un po’ irritare l’opposizione, scontenta del pannicello caldo rappresentato dal contenuto ddl. «Il governo fa “concorrenza washing” mostrando, se ancora ce ne fosse il bisogno, che di liberale non c’è nulla in questa maggioranza», osserva il deputato e segretario di +Europa, Riccardo Magi. «Parlano contatori intelligenti e vendite promozionali – aggiunge – ma continuano a non fare nulla sulle concessioni balneari, sulla liberalizzazione del settore dei taxi»
(da editorialedomani.it)
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Giugno 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL SOCIOLOGO: “COLPEVOLIZZATI I DISOCCUPATI, NESSUNA SORPRESA, LA DESTRA CONSERVATRICE E’ QUESTA”
Il Senato ha dato il via libera al decreto Lavoro, approvato dal Consiglio dei ministri nella data simbolica del primo maggio. Il provvedimento, che ora passerà all’esame della Camera, deve essere convertito in legge entro il 3 luglio. Il decreto, secondo il sociologo del lavoro Domenico De Masi, aumenterà la precarietà. Per il professore quello del governo Meloni è un provvedimento “contro i lavoratori”.
Professor De Masi, qual è il suo giudizio sul decreto Lavoro approvato al Senato?
“Il mio giudizio è semplice, il decreto corrisponde alle modifiche che la destra aveva annunciato già in campagna elettorale. Non c’è nessuna sorpresa, dalla destra mi aspetto che faccia una politica di destra”.
Quindi il suo giudizio è negativo?
“Certo, perché sono di sinistra”.
Tra le novità principali del provvedimento varato il primo maggio dal governo Meloni c’è l’arrivo dell’Assegno d’inclusione al posto del Reddito di cittadinanza. I dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio confermano che 400mila famiglie resteranno senza aiuti…
“Questo si sapeva, perché la filosofia della destra è che chi non lavora, non lavora per colpa sua. Non c’entra niente la società, non c’entra niente l’economia complessiva. La colpa è di chi non lavora, quindi il Reddito di cittadinanza era un incentivo per chi non vuole lavorare. C’è coerenza”.
Cosa potranno fare adesso queste famiglie?
“Niente, la fame. Sin quando non troveranno un lavoro del tutto sfruttatorio e dovranno accettarlo per non morire letteralmente. Perché in Italia c’è un partito o un’organizzazione in grado di organizzare 400mila persone e farne una forza rivoluzionaria?”.
Il Reddito di cittadinanza ha funzionato?
“Il Reddito di cittadinanza ha funzionato, nel migliore dei modi in un’Italia senza centri per l’impiego. Non siamo la Germania. Da noi i centri per l’impiego non funzionano quindi non funziona tutto ciò che c’è a valle”.
La situazione del mercato del lavoro in Italia non è migliorata negli ultimi mesi? Questi dati non possono essere considerati un buon segnale?
“Migliorata con l’8% di disoccupati? Che nel caso del Sud raggiungono il 16% e nel caso delle donne del Sud il 20% e addirittura nel caso delle donne giovani del Sud il 36%?. Sono dati globali che non possono essere presi in considerazione nelle singole Regioni. Saranno buoni nelle Regioni più ricche che saranno già ricche e le altre la prenderanno in saccoccia, come si dice a Roma”.
Una delle misure principali del decreto Lavoro è l’ampliamento del taglio del cuneo fiscale, aumentato di quattro punti percentuali: è sufficiente per aiutare i lavoratori?
“Secondo lei è sufficiente? Aggiungi in busta paga meno di 300 euro e uno come ci campa? E poi le condizioni per trovare lavoro chi non le ha oggi non le avrà neanche domani”.
Il decreto Lavoro introduce anche un allargamento delle maglie per i contratti a termine: si sta rendendo il lavoro più precario?
“Non c’è dubbio. Una cosa è se lei, per licenziare una persona, deve dare un motivo, la licenzia perché non c’è lavoro e lo dimostra che non c’è lavoro. Un’altra cosa è quando lei licenzia senza dover dire nulla. Non è che i 5 Stelle erano stati cretini a inserire quella norma, c’è stato un motivo”.
Il dl innalza anche la soglia per l’utilizzo dei voucher a 15mila euro per alcune categorie: si fa un torto anche in questo caso ai lavoratori?
“Questo è un decreto contro i lavoratori. E non è il primo: c’è stato prima il Jobs Act, tutto contro i lavoratori con l’abolizione dell’articolo 18. Quello è stato il massimo sfregio verso i lavoratori. Sembra una gara a chi li frega di più tra la destra e la sinistra”.
La destra sta facendo peggio della sinistra?
“Sta facendo la sua parte, solo che dalla destra te lo aspetti, dalla sinistra no”.
Questo provvedimento rischia di penalizzare soprattutto i giovani?
“Quando si tratta di precarietà… Sei precario se alla fine dell’anno finisce il contratto, più precario se finisce entro una settimana, poi entro un giorno e poi ancora entro un’ora…”.
Non si aiutano in alcun modo i giovani sul fronte del mercato del lavoro?
“Assolutamente no, si finge solo di dare lavoro”.
E gli italiani non se ne accorgono? La luna di miele del governo Meloni non sembra essere finita…
“No, stanno con la maggioranza. Stanno tutti al governo.
Non si vedono gli effetti di queste misure in termini di consensi?
“No, non ci sono questi effetti perché è mancata un’azione pedagogica che doveva far aprire gli occhi”.
Anche le opposizioni sbagliano quindi?
“Certo”.
Quali saranno le reali conseguenze, quelle che avranno un concreto impatto, di questo decreto?
“Aumenterà la precarietà”.
Verso quale direzione sta andando il governo sul fronte del lavoro?
“Verso quella che ha dimostrato, segue la via che ha imboccato con questo decreto”.
(da La Notizia)
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