Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
PERSA LA GUERRA DI SEGRATE E IL CONTROLLO DI ‘’REPUBBLICA’’, A FONDO CON STANDA, SI PARLAVA DI DEBITI OLTRE I 7 MILA MILIARDI DI LIRE, LA POLITICA LO TOLSE DAI GUAI: FONDÒ FORZA ITALIA E VINSE LE ELEZIONI. ALLORA ENRICO CUCCIA INVENTÒ MEDIASET, LO COSTRINSE A SUBIRE LE REGOLE DELLA BORSA E DEI SOCI DI MINORANZA E LO SALVÒ DALLA BANCAROTTA’
Analisi su grandezze e nefandezze di un protagonista della vita italiana dell’ultimo mezzo secolo.
Mentre Berlusconi costruisce Milano 2, in Italia il monopolio Rai si sgretola. Siamo nei primi anni ’70. Ancora nel 1960 la Corte Costituzionale aveva confermato l’esclusiva Rai con l’argomento della scarsità delle frequenze disponibili in Italia, negando al Tempo di Renato Angiolillo la possibilità di mandare in onda Tempo Tv. Stesso argomento per le radio.
La tesi era che chiunque può fare un giornale, in quanto basta una rotativa, mentre le frequenze disponibili in Italia erano contate. Argomento un po’ fallace, visto che per fare il Corriere della Sera o Repubblica da zero ci vuole qualche milione o miliardo.
Poi però succede che in Inghilterra esordiscono le prime radio private e sfidano il monopolio della BBC: la mitica Radio Luxembourg, che trasmetteva da una nave ancorata in acque extraterritoriali, poi Capital Radio. Intanto volano le tv private regionali consorziate in Itv: il modello vede i costi coperti della pubblicità, mentre la BBC è finanziata dal canone e non trasmette spot pubblicitari.
§In Italia rompe il muro Tele Biella, una tv via cavo. Sfrutta il fatto che la Tv via cavo non era inclusa nei divieti della legge italiana. Seguono feroci polemiche politiche fino a quando la Corte Costituzionale apre al futuro, riconoscendo il diritto di esistere non solo per le tv via cavo, ma anche alle trasmissioni via etere, limitatamente all’ambito locale.
Restava il macigno del limitato numero di frequenze disponibili in Italia che sarebbe stato rimosso col passaggio al digitale, 40 anni dopo durante i quali fu una costante della Corte Costituzionale. E fu anche alla base della Legge Mammì del 1990 (quella per la cui rapida approvazione rinunciarono alla poltrona di ministro Mattarella e gli altri del gruppo di Ciriaco De Mita: fatto talmente eccezionale da essere ricordato nei libri di scuola; ma in Italia pochissimi conservano memoria, tra loro era Berlusconi).
La legge Mammì, basandosi sulla scarsità delle frequenze, stabilì che Rai3 di Rai e Italia1 di Mediaset non fossero più trasmesse via etere da terra bensì per via satellitare. Ciò avrebbe ridotto di un terzo il bacino di spot della offerta pubblicitaria di Berlusconi, per il quale invece la interfunzionalità delle tre reti, con tutti i possibili giochi di pacchetti e orari, era un dogma come la Trinità per i cristiani.
Come chiunque giunto a maturità prima del nuovo secolo può avere constatato, Rai3 e Rete4 sul satellite non ci sono mai andate.
Berlusconi è stato fuori legge per vent’anni e nessuno se ne è accorto o ha voluto accorgersene. Nemmeno i tanto feroci comunisti, sempre con la testa da un’altra parte, sempre complici nel gioco della Rai.
Anche la Corte dimostrò una fantastica tolleranza per Berlusconi. Ci fu un momento, una ventina di anni fa, in cui Berlusconi prese ad attaccare la Corte Costituzionale. Mi chiesi perché. Conclusi che si trattava di un attacco preventivo, forse aveva avuto sentore di un imminente richiamo all’ordine, e attaccava per primo.
Finalmente un passaggio di Rai al digitale terrestre un po’ arronzato e ancora imperfetto dissolse l’incubo
Erano passati trent’anni dall’inizio della avventura e aveva avuto inizio la fase calante. Ma allora, negli anni ‘80, era la ouverture di una marcia trionfale.
Il genio di Berlusconi si scatena. Fa incetta di tv locali e di frequenze (ben consigliato da Adriano Galliani in questa mossa decisiva), mentre aggira la legge che limita le emissioni all’ambito locale con un semplice, quasi banale stratagemma. Registra i programmi, manda le cassette in tutta Italia facendole mettere in onda con pochi minuti di intervallo fra le varie emittenti.
Così la legge era formalmente rispettata ma agli inserzionisti era garantita una quasi contemporaneità, condizione indispensabile per l’efficacia degli spot e la loro coerenza con le caratteristiche dei profili delle ricerche.
Ma un pretore non accettò la soluzione e bloccò Canale 5. Ne seguì una pantomima politica. Bettino Craxi, grande amico di Berlusconi e come lui ossessionato dai comunisti che poi alla fine ne decretarono la fine, ricattò il primo ministro Andreotti minacciando la crisi di governo se non fosse stato permesso a Berlusconi di trasmettere. Fu il liberi tutti. (Il decreto fu dichiarato incostituzionale 10 anni dopo e sostituito dalla Legge Mammì del 1990 di cui dico sopra. In quei 10 anni Berlusconi costruì il suo impero).
Così due editori della carta stampata si misero all’opera, Mondadori con Rete4 e Rusconi con Italia1. Fu una catastrofe. Rusconi si ritirò dalla tv nel giro di pochi mesi, cedendo la rete allo stesso Berlusconi.
Mondadori quasi fallì. L’azienda fu salvata con una operazione di ingegneria finanziaria architettata dalla Mediobanca di Enrico Cuccia. A controllare la casa editrice fu costituita una holding, Amef, il cui capitale era diviso fra i discendenti del fondatore Arnoldo Mondadori, Berlusconi e il suo arcinemico Carlo De Benedetti. Erano le premesse per la guerra di Segrate, scoppiata a fine anni ’80 fra i due tycoon.
Nel procedere Berlusconi si prese Rete 4. Se non l’avesse fatto, la Mondadori sarebbe affondata.
Hai voglia a dire che Berlusconi li ha stesi tutti con l’inganno e si è preso le loro tv a prezzo di saldo. La verità è che è stato il più bravo di tutti, nel bene come nel male.
Nel bene si registra l’incetta di film americani fatta da Berlusconi, lasciando ai concorrenti ben poco da mostrare. Quando si presentarono a Hollywood, festanti come in una gita aziendale, trovarono terra bruciata.
Con quei film Berlusconi rivoluzionò usi e costumi della tv in Italia. Fino al suo avvento, la Rai monocanale trasmetteva un solo film l a settimana, scelto con criteri anche di qualità e valori cultuali da un bravo critico genovese, Claudio G. Fava. Dovevano inoltre essere trascorsi 2 anni dal passaggio in sala. Con Berlusconi furono film di ogni tipo a ogni ora dall’alba a notte fonda, un trionfo.
Nel processo fu scardinato anche il sistema di distribuzione: Molto meno gente andava al cinema, la tv glielo portava in casa. Ci sono proprietari di sale che ancora girano gli occhi al cielo al solo nome di Berlusconi. Il quale entrò poi nel settore, comprando parecchie sale, forse un po’ con intenzioni risarcitorie.
Dalla lista del male ricordo solo un racconto che circolava negli anni ’80.
Riguarda la pubblicità ed è esemplare della astuzia di Berlusconi, sempre in azione.
Raccontavano, nei secondi anni ‘80, di un episodio della concorrenza fra Canale5 e Rete4.
Publitalia, la rete costruita da Marcello Dell’Utri, vendeva la pubblicità di Canale5. Berlusconi era il venditore principe, pranzo e cena con potenziali clienti, contratti basati sul principio: mi paghi in funzione dell’aumento del tuo fatturato.
Soprattutto però, l’argomento vincente erano i prezzi bassissimi se confrontati con quelli di Rai e della carta stampata. Su entrambi i rivali pesava lo scarcity value, il valore dato dalla limitatezza dell’offerta. Per Rai era conseguenza dei forti limiti imposti all’affollamento, gli editori dovevano considerare, oltre agli ingenti costi da coprire, anche il costo di carta e stampa delle pagine pubblicitarie aggiuntive.
La tv commerciale non aveva costi aggiuntivi, anzi. Dovendo riempire le 24 ore, più pubblicità c’era meno film e programmi servivano. Lato ricavi, una lira era ed è meglio di zero. Gli spettatori erano felici e tolleranti. In alternativa a una Rai che ti infliggeva l’Orlando Furioso in versione Luca Ronconi, qui avevi gratis i film del momento e più avanti Drive In.
La pubblicità su Rete4 era venduta dagli stessi uomini e donne che vendevano Panorama e Grazia. Logiche di costi e prezzi opposte.
L’allora capo di Mondadori, Mario Formenton, dopo tante proteste, arrivò a un accordo. I prezzi sarebbero stati bloccati senza sconti. Era venerdì. L’accordo entrava in vigore lunedì. Quelli di Mondadori partirono per il week end, Berlusconi e i suoi si misero pancia a terra e riempirono i carnet ordini. Quando con la nuova settimana i concorrenti iniziarono a vendere, scoprirono che non c’erano più budget disponibili.
Concludo con un altro fatto determinante nella sua romanzesca carriera. Coincide con il suo ingresso in politica, la discesa in campo.
A quel tempo l’Italia era sconvolta dalla tormenta nota come Mani Pulite. Un gruppetto di magistrati della Procura della Repubblica di Milano aggredì la classe politica ed economica italiane con una serie di arresti per corruzione e tangenti.
Avevano il pieno sostegno della gente, esasperata dalla virulenza dei potenti.
Il risultato non è stato granché, anzi penso che avere spettacolarizzato inchieste e processi (incluse dirette tv) ha fatto solo danni. Guardate come si sono comportati i tedeschi con Helmut Kohl per rendervi conto: anche questo ha pesato nella differente evoluzione dei due Paesi. L’Italia non è il Paese più corrotto del mondo. Altri che si vestono di ipocrita moralismo nel giudicarci sono peggio. Noi però ce l’abbiamo messa tutta per coprirci di ignominia.
Ricordo con un brivido quel momento in cui i pm di Milano sfidarono i vertici dello Stato in diretta tv all’ora di pranzo. In Francia sarebbe arrivata la gendarmeria, da noi fu un tripudio.
Il 1989 fu in tutto il mondo un anno di crisi economica. In Italia, in fase di riassestamento dopo un decennio di crescita, la crisi durò più a lungo e Berlusconi rischiò di esserne travolto. Si era allargato troppo. Oltre al blitz su Mondadori pesava l’attuazione di un altro grandioso disegno. Lo sentii raccontare dallo stesso Berlusconi in un momento di umiltà in una delle riunioni del lunedì.
L’idea era semplice. Avendo ottenuto la completa copertura della Penisola con le frequenze di Canale5, appariva logico l’abbinamento spot- supermercati. In tal modo gli italiani guardavano Canale5, vedevano la pubblicità e alla Standa, nel frattempo annessa al nascente impero, trovavano i prodotti da acquistare.
Non andò così perché la Standa non copriva l’Italia con la facilità delle frequenze. E anche perché nel frattempo arrivò la recessione di cui sopra.
Fu una altra occasione per Berlusconi per mostrare la sua capacità di sopravvivenza e oltre.
Si era arrivati al punto che a Milano ti dicevano che Berlusconi era ormai spacciato. Si parlava di debiti oltre i 7 mila miliardi di lire, tre miliardi e mezzo di oggi. Enrico Cuccia, il gran maestro della grande imprenditoria italiana, con la sua Mediobanca architetto della rinascita industriale del dopoguerra, si diceva che a Berlusconi non rispondeva nemmeno al telefono.
Berlusconi fondò Forza Italia, con l’aiuto organizzativo di Dell’Utri e la ossatura della rete di Publitalia, aggregò fascisti e Lega, fenomeno nato dalla ribellione del Nord alla redistribuzione di risorse in eccessivo favore del Sud. Vinse le elezioni e diventò presidente del Consiglio.
Allora Cuccia prese il treno e si presentò a Palazzo Chigi di persona, senza bisogno di telefono.
Cuccia inventò Mediaset, costrinse Berlusconi a subire le regole della Borsa e dei soci di minoranza e lo salvò dalla bancarotta.
E ora? Sono un reporter e non mi sento in grado di fare previsioni.
Lo scenario è molto cambiato dai miei tempi. I giornali vendono sempre meno copie (ma contano sempre molto), internet ha sconvolto gli usi di lettura e la pubblicità. Il modello della tv di Berlusconi è saltato dall’arrivo del satellite ed è stato sconvolto da Netflix e replicanti.
Unica sopravvissuta mi sembra la Mondadori. Sotto la guida di Ernesto Mauri si è focalizzata sulla vocazione originaria della editoria libraria. Mi pare con risultati positivi.
Marco Benedetto
(da Blitzquotidiano)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
ANCHE LA PRESENZA DELLO “STALLIERE” MANGANO AD ARCORE È PIÙ LEGATA AI FONDI NERI COSTITUITI DA BERLUSCONI AI CARAIBI CON LA CRESTA SULL’ACQUISTO DEI FILM AMERICANI, PROBABILMENTE SENZA DIRLO AGLI AZIONISTI IMPRESENTABILI, CHE NON A PAURE DI RAPIMENTI O STRAGI”
Analisi su grandezze e nefandezze di un protagonista della vita italiana dell’ultimo mezzo secolo.
All’Espresso, controllato dalla CIR, controllata dalla Cofide, controllata dalla holding di famiglia di Carlo De Benedetti, andarono Repubblica e una quindicina di quotidiani locali.
Grazie alla guerriglia di Caracciolo e Passera, De Benedetti si trovò in mano un gioiello che era anche un bazooka politico. Se ne servì in più modi. Il giornale fu decisivo nella caduta di Berlusconi.
Come primo atto da nuovo proprietario, De Benedetti licenziò da direttore dell’Espresso Giovanni Valentini, che aveva retto la Resistenza a Berlusconi come un vero capo partigiano.
Mi ordinò anche di non comprare da Scalfari e Caracciolo le rotative che avevo clandestinamente comprato per fare uscire, in caso di sconfitta, un nuovo giornale (Scalfari non era molto ottimista circa la forza del suo solo nome come elemento di vendita del nuovo giornale: contro le 600 mila di Repubblica ne prevedeva al massimo 240 mila).
Disobbedii a De Benedetti, come altre volte. Scalfari, forse il più grande giornalista italiano del secolo, volle anche gli interessi.
Spietato con i concorrenti, Berlusconi era grande e generoso con i suoi fedeli. Se eri dei suoi, ti colmava di doni, inclusi gli appartamenti. Ricordo la gioia di Amedeo Massari, quando scoprì che Berlusconi gli aveva regalato una casa. E credo che non sia stato il solo, nell’inner circle, a essere così beneficato.
Ma credo che anche grande parte dei dipendenti non potesse lamentarsi di Berlusconi e della sua larghezza col denaro.
Sfido. Tra ricavi stellari e stretto controllo degli sprechi, Mediaset arrivava a margini sopra il 30%, fatturato in rapporto ai costi. Poteva permettersi di essere generoso.
Ma c’era qualcosa di più, un senso di fedeltà e lealtà con i suoi uomini (donne credo solo un paio) che ha trattenuto attorno ai figli e alle aziende il massimo del patrimonio professionale accumulato in mezzo secolo di lavoro.
La storia di Berlusconi ha inizio negli anni ’50-’60, quando, appena laureato, mette su un complessino con il suo compagno di scuola (e ancor oggi al vertice di Mediaset) e intrattiene i passeggeri sugli ultimi transatlantici e sulle prime navi da crociera. Ho letto in alcuni coccodrilli un tono snobistico da parte di giornalisti di oggi nel riferirsi a questi esordi. Snobismo da figli di papà. All’epoca molti giovani di buone speranze trovavano in quella delle band una divertente attività per guadagnare un po’ di soldi in vacanza. Per me bambino erano un mito.
L’Italia era in pieno boom. Milano, capitale morale ed economica, era satura di immigrati, non solo contadini dalla Padania e dal Veneto ma anche giovani diplomati e laureati figli della guerra, emergenti dei nuovi ceti medi, per i quali vivere in centro era troppo costoso e anche soffocante.
Berlusconi fu tra i primi a capire e, ispirandosi ai modelli inglesi e americani delle città satelliti, inventò Milano 2. Erano anni di inflazione galoppante, sopra il 25%, le banche i soldi non li davano nemmeno alla Fiat, figuratevi se imprestavano milioni di allora a un baldo giovanotto trentenne con grandi idee e poco più. Questo dà credibilità alla ipotesi che Berlusconi sia stato messo in contatto con qualcuno in Sicilia che i soldi li aveva ma non erano, come si dice oggi, tracciabili.
Questo è un lampo di quel dark side di Berlusconi che ci ha tormentato in questi anni. Penso che le varie rivelazioni dei vari pentiti abbiano contribuito a inquinare il racconto, spostando convenientemente i tempi e dirottando l’attenzione sulle stragi mancate degli anni ’80 invece che sugli esordi.
Anche la presenza dello “stalliere” Mangano ad Arcore per me è più legata ai fondi neri costituiti da Berlusconi ai Caraibi con la cresta sull’acquisto dei film americani, probabilmente senza dirlo agli azionisti impresentabili, che non a paure di rapimenti o stragi.
Marco Benedetto
(da Blitzquotidiano.it)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
IL GIOVANE CAPO DEGLI 007 UCRAINI: “FAREMO VENIRE GLI INCUBI AI RUSSI”
La notizia della morte di Kyrylo Budanov era falsa. E, a quanto sembra dalla foto appena pubblicata online, anche quella del suo grave ferimento. Il capo del Gur, il servizio segreto militare ucraino, è vivo ed è in Ucraina. Ha partecipato a un incontro ufficiale con l’ambasciatore del Giappone Matsuda Kuninori e con la vice ministra degli Esteri ucraina Emine Japarova
Il capo degli 007 ucraini, Kyrylo Budanov, ha smentito le notizie che lo davano morto o in coma, deridendo chi ha volutamente messo in giro queste fake news. Prima ancora era stato Volodymyr Zelensky a zittire le voci sulle condizioni di salute di Budanov.
Sulla sorte di Budanov da giorni si susseguono notizie, e che lo vorrebbero, bene che vada, in coma all’ospedale, vittima di un attacco missilistico russo. E ora, in esclusiva per il Kyiv Post, il capo dell’intelligence militare ucraina è tornato a farsi vivo e lo ha fatto prendendo in giro le agenzie di stampa e i social russi che lo avevano già seppellito. Budanov ha affermato che “stiamo creando una squadra di comandanti immortali”.
E ha continuato: “Ora in Ucraina si sta creando un distaccamento speciale di comandanti immortali: Valeriy Zaluzhny, io, Stepan Bandera, Symon Petliura, Ivan Mazepa. Pertanto, i russi e i loro propagandisti avranno ancora molto lavoro da fare”. Aggiungendo: “La squadra arriverà nel cuore della notte nei sogni dei cittadini russi che volevano conquistare l’Ucraina e gli farà venire gli incubi”.
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
A RENZI BASTANO DAI 4 AI 6 SENATORI PER FAR BALLARE IL GOVERNO ED E’ PRONTO A PESCARE IN FORZA ITALIA
Tra gli interventi in ricordo dell’ex premier, quello di Matteo Renzi: «Silvio Berlusconi ha segnato vita politica come nessun altro — ha detto il leader di Italia viva —. La sinistra deve riconoscere in lui un unicum», quella sinistra «che ha pensato troppo a lui negli ultimi trent’anni, pensando in alcuni casi solo a lui».
Rivolgendosi alla destra, Renzi ha poi aggiunto che «il dibattito sulla sua eredità non ha senso. Proprio per le sue caratteristiche di unicità, non c’è un erede possibile per Silvio Berlusconi. Silvio Berlusconi ha degli eredi, i figli, ha un grande lascito nel mondo professionale. Ma l’eredità politica togliamoci dalla testa che qualcuno la possa raccogliere perché Silvio Berlusconi era più grande di quella eredità», ha detto il senatore di Italia viva ricordando che nel primo incontro con il Cavaliere «ho capito che il più grande lusso della vita sono i rapporti umani. È quello che mi porto dietro di lui: uno statista ma soprattutto un uomo capace di rapporti umani».
Tornando sull’eredità politica, ha poi aggiunto, «ricordiamoci che nel 1998 quando perde le elezioni, Berlusconi sceglie la strada del popolarismo europeo, lo fa facendo arrabbiare tutti noi che stavamo nel Ppi. Questo, e lo dico a Salvini e a Meloni, è un punto politico su cui dovreste riflettere in vista delle Europee del 2024. Ha senso il patrimonio della destra se fa parte di una grande famiglia europea.».
A premier e vicepremier Renzi consiglia anche di non perdere tempo a parlare dell’intitolazione di opere e infrastrutture in suo nome: «Vedo che c’è una gara a inaugurarne. A Berlusconi farebbe piacere, ma se volete tenere alto il suo ricordo intestategli un grande taglio delle tasse nella prossima manovra».
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
CONTINUA LA RISSA CON SHOIGU
Un po’ come se avesse dichiarato guerra all’esercito di Mosca: l leader del gruppo di mercenari russi Wagner, Yevgeny Prigozhin, è coinvolto in “un altro sforzo deliberato per minare l’autorità delle autorità militari ufficiali” in Russia, scrive il Ministero della Difesa britannico nel suo ultimo aggiornamento di intelligence.
Lunedì, “Prigozhin ha dichiarato di essere in attesa di una risposta da parte del Ministero della Difesa russo in merito a un ‘contratto’ da lui redatto che aveva consegnato al Ministero tre giorni prima”, ha dichiarato il Ministero della Difesa.
“Questo segue l’ultimatum del Ministero della Difesa a Wagner e ad altre ‘formazioni volontarie’ di firmare contratti con il Ministero della Difesa entro il 1° luglio 2023.
“Sebbene il contenuto del documento di Prigozhin non sia stato reso pubblico, il fatto che lo abbia consegnato alza la posta in gioco ed è molto probabile che si tratti di un altro sforzo deliberato per minare l’autorità delle autorità militari ufficiali.
“Il tono di Prigozhin nei confronti del Ministero della Difesa è diventato inequivocabilmente conflittuale. Il Ministero della Difesa quasi certamente considera questo fatto profondamente negativo in un momento in cui è alle prese con la controffensiva ucraina”.
Prigozhin è in lotta da mesi con l’esercito russo, accusandolo, tra l’altro, di non aver fornito abbastanza munizioni alle sue forze. La disputa ha raggiunto nuove vette questo mese, quando un comandante russo ha accusato Wagner di aver rapito e torturato i suoi soldati.
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
BOJO È STATO RITENUTO COLPEVOLE DI AVER MENTITO AL PARLAMENTO SULLE FESTE ORGANIZZATE A DOWNING STREET DURANTE IL LOCKDOWN PER LA PANDEMIA
La “damnatio memoriae” per Boris Johnson arriva nel giorno del suo 59esimo compleanno. La Camera dei Comuni ha approvato con una larga maggioranza di 354 voti a favore (su poco meno di 650 membri) e solo 7 contrari – col resto dei componenti astenutosi o non presente – il durissimo rapporto di condanna redatto dalla commissione bipartisan di Westminster (Privileges Committee) chiamata a indagare sull’accusa all’ex leader Tory di aver “fuorviato il Parlamento” quando era primo ministro nei suoi interventi sul Partygate, lo scandalo delle feste organizzate a Downing Street in violazione delle restrizioni anti-Covid durante la pandemia.
Il documento è così passato in un’aula alla fine semivuota con il sostegno di tutti i partiti di opposizione e di parte del gruppo conservatore. Se BoJo si era già dimesso da deputato in anticipo per protesta – con la proposta di sospensione di 90 giorni dai Comuni rimasta nel rapporto della commissione – gli è stato però inflitto un umiliante ‘bando’ dal palazzo di Westminster negandogli il lasciapassare concesso di norma agli ex parlamentari, sanzione del tutto inedita per un ex capo dell’esecutivo di Sua Maestà.
Si è arrivati a questa conclusione dopo un lungo dibattito in aula caratterizzato da molte assenze, come quelle del premier conservatore Rishi Sunak e dei molti ministri decisi a disertare un passaggio istituzionale molto scomodo per il partito di maggioranza, dai duri attacchi contro Boris e dalla strenua difesa dell’ex leader Tory portata avanti da pochi suoi fedelissimi.
Il premier in precedenza aveva affermato di «non voler influenzare nessuno su un tema di coscienza che è di competenza del parlamento e non del governo», lasciando quindi libertà di voto ai suoi deputati.
(da La Stampa)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
DA VALUTARE LA POSIZIONE DEL CONCESSIONARIO-SPONSOR, CHE ERA A CONOSCENZA DELLA NUOVA SFIDA ESTREMA LANCIATA DAI 4 … IL PM HA DISPOSTO ESAMI TOSSICOLOGICI DI SECONDO LIVELLO PER VERIFICARE IL QUANTITATIVO DI DROGA, CANNABIS, ASSUNTA DA DI PIETRO E, SOPRATTUTTO, QUANDO
La richiesta di arresto per Matteo Di Pietro ferma da giorni sul tavolo del gip, gli esami tossicologici di secondo livello disposti dal pm, la «fuga» dall’Infernetto dei quattro youtuber indagati, la Lamborghini Urus che avrebbe superato l’incrocio a una velocità folle.
Almeno a 160 chilometri orari, stando ai primi calcoli tra la distanza percorsa da un punto all’altro del quartiere in pochi secondi come registrano le telecamere piazzate nel quartiere.
E poi c’è l’autista dell’Atac, il supertestimone che segue a qualche decina di metri la FourFour di Elena Uccello, sventrata dalla Lamborghini blu elettrico dei The Borderline in quel maledetto pomeriggio di mercoledì scorso. Una testimonianza importante, la numero uno, per ricostruire una dinamica tutta ancora da chiarire.
Ad affiancare i vigili urbani nell’inchiesta sulla morte del piccolo Manuel Proietti, 5 anni, i carabinieri di piazzale Clodio che hanno già perquisito l’abitazione di Di Pietro a caccia di droga e video.
Sotto esame da giorni i telefoni cellulari dei quattro a bordo della supercar, oltre a Di Pietro, Vito Loiacono er Motosega, Marco Ciaffa Ciaffaroni e Gaia Nota, un’amica estranea alla sfida che ha chiesto un passaggio 500 metri prima dell’impatto.
Non erano con loro, come era uscito in un primo momento, la ragazza di Di Pietro, Giulia Giannandrea e il quinto socio della The Borderline srl, Leonardo Golinelli.
Da valutare la posizione del concessionario – sponsor, l’amministratore della Skylimit Rent Car, che era a conoscenza della nuova sfida estrema lanciata dai quattro, guidando 50 ore di fila il Suv noleggiato per 1.500 euro al giorno. Il pm titolare delle indagini, Michele Prestipino, in particolare chiede di verificare il quantitativo di droga, cannabis, assunta da Di Pietro e, soprattutto, quando. Dettagli che solo un’analisi più approfondita del drug test svolta al Grassi nell’immediato, potrà stabilire
(da Il Giornale)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
FDI 28%, PD 20,7%, M5S 15,9%, FORZA ITALIA 9,6%, LEGA 7,2%, VERDI-SINISTRA 3,6%, AZIONE 2,9%. ITALIA VIVA 2,1%, + EUROPA 1,9%
Il boom di Forza Italia nei sondaggi politici continua, di rilevazione in rilevazione. L’ultima – quella di Quorum/Youtrend per Skytg24 – registra un crollo per Fratelli d’Italia, che però resta saldamente in testa nelle intenzioni di voto. Per Meloni e i suoi, infatti, all’orizzonte non c’è il pericolo di perdere il comando. Almeno non in tempi brevi.
Troppo ampio il distacco accumulato finora con gli altri partiti, sia di opposizione che di maggioranza. Anche perché, del crollo del primo partito, non approfitta sostanzialmente nessuno.
La Lega intanto sprofonda sempre più in basso, destinata ad assumere il ruolo – almeno per il momento – di terza forza nel centrodestra.
Il primo partito nelle intenzioni di voto, secondo questo sondaggio, è sempre Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Per la presidente del Consiglio e i suoi, però, arriva un duro colpo: meno 1,7% rispetto alla rilevazione di due settimane fa, che si traduce in un 28% complessivo che resta una montagna quasi impossibile da scalare per le opposizioni.
Anche perché né il Partito Democratico né il Movimento 5 Stelle ne approfittano: il Pd di Elly Schlein perde lo 0,3% e passa al 20,7% – sono oltre sette i punti di distacco dalla vetta – mentre i grillini di Giuseppe Conte perdono lo 0,1% e scendono al 15,9%.
Dopo la morte di Silvio Berlusconi, Forza Italia ha avuto un boom di consensi impressionante: più 2,9% nelle intenzioni di voto, che riporta gli azzurri al 9,6%. Superata e staccata la Lega di Matteo Salvini, relegata in pochi anni a terza forza del centrodestra. Per il Carroccio arriva anche un meno 0,3% a peggiorare la situazione, che la fa scivolare al 7,2%. Cresce l’alleanza Verdi e Sinistra: più 0,1% che la fa salire al 3,6%.
Destini inversi per i due ex partiti del Terzo polo: va male ad Azione di Carlo Calenda, che con un meno 0,1% passa al 2,9% – restando avanti, in ogni caso – mentre Italia Viva di Matteo Renzi cresce dello 0,2% e sale al 2,1%. Chiudono le intenzioni di voto +Europa all’1,9% (meno 0,1%), Per l’Italia all’1,6% (meno 0,2%), e Noi Moderati stabile all’1,2%.
(da Fanpage)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
COLPIRE I POVERI PER FAVORIRE RICCHI ED EVASORI
La virata scelta dal governo Meloni con la cancellazione del reddito di cittadinanza per fare posto all’assegno di inclusione lascerà senza sussidi circa mezzo milione di nuclei.
Lo certifica l’Ufficio parlamentare di bilancio nelle simulazioni presentate all’interno della relazione sulla politica di bilancio.
Dati simili erano già emersi negli scorsi mesi, ora arriva il “bollino” dell’Upb che avverte anche sulla necessità di rimodulare le politiche di sostegno in favore delle fasce più deboli.
I calcoli sono presto fatti: dei quasi 1,2 milioni di nuclei familiari beneficiari di reddito di cittadinanza, circa 400.000 (il 33,6%) sono esclusi dall’assegno di inclusione perché al loro interno non sono presenti soggetti tutelati.
Dei restanti circa 790.000 nuclei in cui sono presenti soggetti tutelati, circa 97.000 (poco più del 12%) risulterebbero comunque esclusi dalla fruizione dell’Adi per effetto dei vincoli di natura economica.
Nel complesso, dunque, i nuclei beneficiari dell’Adi risulterebbero circa 740.000, di cui 690.000 già beneficiari del reddito a cui bisognerà aggiungere 50mila nuovi beneficiari stranieri per via della modifica del vincolo di residenza in Italia che passa da 10 a 5 anni. Oltre il 40% di coloro che hanno percepito il reddito di cittadinanza, quindi, sarà fuori dai nuovi sussidi.
Secondo l’Upb, le famiglie con disabili sono quelle maggiormente avvantaggiate dalla riforma, con un aumento medio del beneficio di 64 euro mensili.
I nuclei con minori (non disabili), che sono quelli maggiormente interessati dalla modifica del calcolo dell’importo base dell’assegno di inclusione, per poco più della metà incrementano il beneficio complessivo (+124 euro medi mensili) e i restanti ricevono assegni inferiori (il 33,7%, perdendo circa 140 euro) o non ne ricevono affatto (il 13,7%, perdendo circa 194 euro mensili).
Mediamente il beneficio è sostanzialmente stabile (-9 euro medi mensili). Per i nuclei con anziani, mediamente, i benefici si riducono invece di circa 29 euro medi mensili.
“Non si riscontrano cambiamenti significativi” nel passaggio dal reddito all’assegno sotto il profilo territoriale, con il nuovo sussidio che resterà “prevalentemente a favore dei nuclei residenti nel Mezzogiorno”. Al Sud infatti risiede il 65,8% dei percettori dell’assegno di inclusione contro 64% del reddito.
L’Upb avvisa anche circa la necessità di proseguire e modificare le misure di sostegno. Quelle disposte a partire dal 2022 “hanno consentito di mitigare la perdita di potere d’acquisto indotta dall’inflazione e sostenere i consumi”, ha spiegato la presidente Lilia Cavallari. “Simulazioni dell’Ufficio mostrano che l’effetto di compensazione è stato più elevato per le famiglie con bassi livelli di spesa, proteggendo le fasce più vulnerabili della popolazione”.
Ora però con “l’attenuarsi dell’inflazione energetica e il contemporaneo propagarsi dell’aumento dei prezzi alle altre categorie di beni nel corso del 2023, la revisione delle politiche di mitigazione dovrà tenere conto di diversi fattori”, si legge nel rapporto. “In primo luogo, l’effetto sulla spesa della riduzione dei prezzi energetici potrebbe non compensare la crescita indotta dal progressivo ridimensionamento delle misure tariffarie – continua il dossier – In secondo luogo, l’inflazione potrebbe risultare più persistente e di conseguenza rendere necessario valutare la riproposizione di alcune delle misure anche nella seconda parte del 2023 per mitigare gli effetti dell’inflazione non energetica”. In questo senso – avverte l’Ufficio parlamentare di bilancio – è “auspicabile che i nuovi interventi siano più decisamente concentrati sulle famiglie maggiormente bisognose al fine di accentuarne il carattere redistributivo, che siano disegnati in modo tale da fornire i necessari incentivi per raggiungere, anche mediante il segnale dei prezzi di mercato, obiettivi più ambiziosi di risparmio energetico e che siano corredati da adeguate coperture finanziarie per non mettere a rischio lo stato dei conti pubblici”.
(da agenzie)
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