Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
SE NE OCCUPERA’ L’ISTITUTO SERBSKY, FAMOSO PER AVER TORTURATO IN PASSATO I DISSIDENTI
In Russia l’omosessualità non sarà solo illegale ma anche qualcosa da «correggere». In questi ultimi giorni è stato creato, per desiderata di Vladimir Putin stesso, un istituto di ricerca sul «comportamento sociale» degli omossessuali.
A lanciare l’allarme sono gli attivisti Nef Cellarius e Maksim Olenichev, basandosi sull’informativa alla Duma del ministro della Sanità russo Mikhail Murashko.
Le parole di Murashko risalgono al 14 giugno scorso, quando alla camera bassa si discuteva del disegno di legge (approvato in prima lettura) che vieta in Russia le transizioni di genere.
«Esiste una direttiva presidenziale – ha dichiarato – per creare un istituto aggiuntivo presso il nostro Centro federale di psichiatria per studiare non solo queste, ma anche una serie di aree comportamentali, compreso il comportamento sociale. Pertanto, questa direzione sarà ulteriormente presa in uno studio scientifico, oltre a ciò che stiamo facendo oggi». A inquietare la popolazione Lgbtq+ russa è che il cosiddetto centro sarà una costola del celebre Centro di psichiatria e narcologia Serbsky, divenuto famoso negli anni ’60-80 per aver torturato a livello fisico e mentale i dissidenti sovietici. «In questo momento – spiegano gli attivisti a Insider – nella psichiatria russa, solo l’essere transgender è considerato una “diagnosi”. La Russia utilizza una versione obsoleta della Classificazione internazionale delle malattie, ICD 10, in cui l’omosessualità è stata rimossa dall’elenco delle malattie, ma la diagnosi F64.0 – “Transessualismo” – rimane». Le parole del ministro di fatto formalizzano, mettendo bianco su nero, le intenzioni statali nei confronti della popolazione LGBTQ+, studiarli, correggerli, anche nella loro vita privata.
La storia di Gleb, finito in un centro di correzione in Russia
In realtà i centri correzione in Russia sono già una triste realtà. Ne parla oggi Rosalba Castelletti su Repubblica citando la storia di Gleb, 22 anni, scomparso il 18 marzo scorso. Doveva tornare da Artiom Grot, suo compagno e attore, ma il giovane sembrava sparito nel nulla: telefono staccato, zero messaggi letti. Presentata la denuncia di scomparsa il ragazzo è riuscito a intercettare una zia del fidanzato sui social. In quel momento Grot scopre che il suo Gleb si trova a non meglio precisati arresti domiciliari. Non solo. Scopre che una foto del suo compagno è sul sito del centro di riabilitazione per tossicodipendenti e alcolisti “Neugasimoy Nadezhdoy”, “Inestinguibile speranza”. Ma ovviamente Gleb non aveva problemi di alcol o droga, era semplicemente quello che voleva essere: omosessuale. Novaja Gazeta Europe ha raccontato il caso scoprendo che il centro in questione promette di curare «dalla sodomia» per 50mila rubli al mese. Altri centri in Russia promettono le stesse terapie a molto più: chiudendoti in un posto irraggiungibile, senza cellulare e senza nemmeno documenti personali.
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
GESTAZIONE PER CONTO DI ALTRI
“Vorrei un figlio perché la vita è fatta per essere proseguita e non per morire con noi”. Le parole di Debora Lucani, consulente fiscale di 37 anni, quasi commuovono il marito, Michele Belloli, consulente bancario di 48 anni. Sposati in chiesa da ormai 12 anni, sono originari di Parma ma vivono a Marina di Carrara.
“Dopo il matrimonio mi è stata diagnosticata un’endometriosi al quarto stadio”, spiega Debora, “e mi è stata fortemente sconsigliata una gravidanza”.
Di qui l’idea di provare con l’adozione che fra burocrazia e gli intoppi dovuti alla pandemia si è rivelata un percorso a ostacoli. “Abbiamo cominciato a informarci negli Stati Uniti e Canada sulla gestazione per altri solidale,”, dice Michele, “in cui deve esserci la massima volontà della gestante a donare il proprio utero a una coppia, senza alcuna commercializzazione”.
Le uniche spese ammesse all’interno di questa pratica sarebbero quelle per eventuali costi sanitari sulla gestante ed eventuali rimborsi per mancati introiti lavorativi.
“Ecco perché ci rifiutiamo di parlare di utero in affitto e troviamo che vietare senza normare una cosa che farebbe il bene di tante coppie sia un atto populistico”.
L’inizio dell’iter per riconoscere la gpa come reato universale alla Camera fa riflettere la coppia. “Il nostro desiderio di un figlio resta inalterato ma vedremo come fare”, dice Debora, che rincara: “Questa pratica è svolta per lo più da coppie eterosessuali ma qui la si affianca agli omosessuali per colpirli ancora di più. Non mi spiego come sia possibile. Con questa legge se facessimo nostro figlio all’estero rischieremmo due anni di carcere. Vogliono proteggere i bambini ma alla fine gli complicano la vita”.
(da La Repubblica)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
LA RAGAZZA DI PORTICI INCASSA IL PRIMO BONIFICO GIA’ NEL 2013… IL MILANE LA POLITICA ARRIVANO DOPO
Il posto al primo banco nel Duomo di Milano, le mani strette a Marina, le lacrime mentre il feretro lascia la piazza, il suo nome nelle prime righe del testamento. Di Marta Fascina si è detto dove è arrivata.
Poco, quasi nulla, si sa invece delle circostanze e del momento in cui è partita la scalata di questa ragazza silenziosa, che pesa attentamente le parole – alla Camera, e ad Arcore, la chiamavano “la muta” – e che invece, negli ultimi mesi di vita del suo famoso fidanzato, ha cambiato strategia, acquisendo potere, organizzando l’inner circle del Cavaliere e, infine, tentando di prendersi un pezzo di Forza Italia.
Una famiglia riservata
Marta Antonia Fascina nasce il 9 gennaio del 1990 a Melito di Porto Salvo, diecimila abitanti, il punto più a Sud della penisola. Suo padre, Orazio, è un assicuratore. Di lui, 34 anni dopo, a Melito dicono: “Persona riservata”. Non è un modo di dire, perché quell’espressione – “riservato” – ritornerà spesso nella storia dei Fascina, come fosse la caratteristica di un addestramento, che verrà poi assai apprezzato ad Arcore.
Sua moglie, Angela Della Morte, è un’insegnante di origini campane. Ed è proprio in Campania che si trasferiscono quando Marta è piccola dopo che Orazio vincerà un concorso da cancelliere al tribunale di Napoli.
La società assicurativa resta nelle mani di alcuni parenti che ancora oggi la gestiscono con buon successo: “Grandi tifosi milanisti” raccontano in paese. Ma soprattutto con una venerazione per lui, il Presidente: Silvio Berlusconi.
Ad agosto 2001, Marta prende la residenza a Portici dove vive con la madre che si separa da Orazio, andato a fare il cancelliere a Salerno.
È la classica famiglia di dipendenti pubblici: un tenore di vita dignitoso (nessuna partecipazione societaria, apparentemente anche nessuna proprietà immobiliare), Marta e suo fratello Claudio (militare, ora di stanza a Bolzano) sono buoni alunni nelle scuole della città. Al liceo Marta diventa amica di Tullio Ferrante, figlio di una collega di mamma Angelina. Un incontro che sarà decisivo.
“Un modo di vedere il mondo”
Marta parla poco di politica ma spesso di Berlusconi: non nasconde la sua passione per “un certo modo di vedere il mondo”, racconta una sua vecchia insegnante. “La comunicazione, l’apparire, arrivare… Marta era una ragazza poco esuberante ma attratta da queste cose”.
D’altronde il silenzio, che appunto le varrà il soprannome di “muta”, è lo stesso che la madre e lo zio Antonio di Portici, dove vivono in un condominio, hanno sempre adottato in questi anni. Anche dopo le nozze, quando i cronisti hanno cominciato a bussare alle loro porte. “Niente da dire”, è la risposta che oppongono, sempre cortesi, sempre mettendo da parte le parole. “Quando è morto Berlusconi – racconta oggi uno dei condomini – abbiamo affisso un bigliettino nell’androne: “In segno di cordoglio per la perdita subita dalla famiglia Fascina – Della Morte”. Nessun riferimento a Berlusconi. “Non ce n’era bisogno. E poi loro avrebbero preferito così…”.
Alle feste con Ricucci e Urtis
Finita la scuola superiore, Marta annuncia ai suoi (pochi) amici la volontà di trasferirsi a Roma per frequentare la facoltà di Scienze della Comunicazione. Nessuno è sorpreso. “Non era fatta per restare a Portici…”. Qui accadono due cose: comincia a frequentare un certo tipo di feste. La si vede biondissima, riccissima e solare in una foto postata nell’ottobre del 2011 da Giacomo Urtis, il chirurgo estetico delle star.
È la festa di compleanno di Urtis, non esattamente un evento accessibile a tutti, ci sono i fotografi delle riviste patinate e un elenco di invitati strafamosi e quelli che Dagospia, la Cassazione sul gossip, chiama sarcasticamente “morti di fama”. Accanto a lei c’è Stefano Ricucci, il “furbetto del quartierino”.
Ma nel “periodo romano”, ed è il secondo punto, Marta Fascina non dimentica Berlusconi. Diverse fonti raccontano che tanto timida era la ragazza nei rapporti sociali, quanto sfrontata, nel senso di appassionata e ammirata, sapeva essere nelle lettere a mano che scriveva di suo pugno al Cavaliere. Se effettivamente l’ex presidente del Consiglio – proprio in quei mesi travolto dagli scandali di Noemi Letizia, Patrizia D’Addario, dallo svelamento insomma del “ciarpame senza pudore” per usare la definizione di Veronica Lario – abbia letto o meno le lettere della giovane Fascina, non si sa.
È un fatto però che la ragazza di Portici riesca ad accedere a Palazzo Grazioli. “Il merito è di Lele Mora che Marta conosce a una festa”, dice un deputato forzista di lungo corso. Altri invece giurano che Mora non c’entri niente, e che lei fosse nel gruppo delle “campane” che già frequentavano le residenze di Berlusconi. Ma tant’è: Marta Antonia Fascina finisce dal Cavaliere. Il suo.
Il bonifico e la candidatura
L’anno dell’ascensione è fatto risalire al 2013. Nella vita di Marta succedono quattro cose. La più importante è la prima: conoscere Berlusconi. Partecipa alle cene eleganti, come documenta il “libro mastro” delle ospiti dell’ex premier, una sorta di rubrica dove sono elencati i nomi, i cognomi, i numeri di telefono delle ragazze e, nel caso delle più giovani (come Marta, appunto, che in quel momento ha 23 anni), anche i numeri dei genitori. Marta è a corte. E intraprende il percorso, previsto dal protocollo del Sultano: la candidatura alle elezioni, il bonifico, l’arrivo ad Arcore.
Marta è candidata a Portici, dove rientra tutti i weekend. Il candidato sindaco del centrodestra è Vincenzo Ciotola (morto nel 2017), in una sfida complicata, anzi politicamente quasi impossibile, per la forza del centrosinistra. Ciò nonostante, chi si occupò di quella campagna elettorale ricorda Fascina molto attiva nel comitato allestito in piazza Brunelleschi. “Al suo fianco c’era sempre la madre”. Le cose non vanno benissimo: Marta racimola 58 preferenze appena. Ma conta poco. Perché il rapporto col leader di Forza Italia si consolida, tanto che il 30 luglio del 2013 – documentano gli atti depositati alla procura di Milano nell’inchiesta sulle Olgettine – arriva sul suo conto corrente un primo bonifico, mittente proprio Silvio Berlusconi: sono 12.500 euro, causale “erogazione liberale”. Più che la cifra, il versamento testimonia che Marta è già nel cuore del Cavaliere. Meritevole anche di un contratto di lavoro. Lo firma col Milan, per l’ufficio stampa. Anche se nessuno, oggi, a Casa Milan, si ricorda di lei.
Arcore e il Parlamento
Dopo il primo bonifico, 12.500 euro nel 2013, a Marta Fascina arrivano da Silvio Berlusconi altri pagamenti a titolo di “erogazione liberale”: 7 mila euro nel 2014, 5 mila nel 2016. Ma intanto, il lavoro nella comunicazione del Milan apre a Marta le porte di un’altra città: da Melito di Porto Salvo a Portici, da Portici a Roma, e da Roma, ora, a Milano. Meglio: villa San Martino ad Arcore. Perché le porte di casa Berlusconi le si aprono quasi subito, grazie proprio alla fidanzata ufficiale del Cavaliere, Francesca Pascale.
Marta fa parte di quel gruppo che chiamano “le campane” ma, a differenza delle altre, spicca per una qualità specifica: sa tacere. “In realtà ne aveva anche un’altra, la gentilezza”, racconta a Repubblica una delle persone che più di altre frequentava le residenze di Berlusconi a quel tempo. “Quel suo essere incredibilmente cortese, affabile, quasi geisha, esattamente ciò che faceva impazzire Silvio. Francesca, invece, prese subito a imporre il suo carattere. Ricordo che spesso, per esempio, quando il presidente ripeteva le sue note barzellette a sfondo sessuale, si arrabbiava. “Basta!” gli urlava, “Non fai ridere nessuno”. Un rimprovero che Marta mai avrebbe pronunciato. Anche perché non parlava mai…”. Arriviamo così al 2018. Si vota per le Politiche e in una notte, all’improvviso, il nome della semi-sconosciuta Fascina è imposto nella lista di quelli da far eleggere a tutti i costi. Per scelta personale e indiscutibile di Berlusconi, finisce iscritta nella sua Campania per un seggio alla Camera, spodestando Nunzia De Girolamo. A chi chiede: “Ma questa chi è?” (dicono che l’unico con cui sin lì ha scambiato qualche parola fosse soltanto Elio Vito), la risposta è una sola, minima, che chiude ogni discorso: “Un’amica di Galliani”. Anche se l’amministratore delegato del Milan, in privato, giura di non aver nemmeno capito bene chi sia questa Marta. Anzi, pardon: l’onorevole Marta Antonia Fascina.
La scalata al partito
Quando le si aprono le porte del Parlamento, nulla cambia nella vita di Marta. Ha una Smart e una vecchia Audi, le stesse di oggi. Nessuna casa, nessuna società. Allora come ora. La base resta Milano: le apparizioni in Aula a Roma sono fugaci, non superano il 30 per cento secondo le rilevazioni di Openpolis. Non interviene mai ai lavori, partecipa poco alle votazioni, presenta due soli disegni di legge (sulla responsabilità civile dei magistrati e sulla riduzione dei parlamentari), la sola cosa per cui si nota sono gli sporadici interventi sul quotidiano di famiglia, Il Giornale: “Tutti sapevano che se Silvio voleva lanciare un messaggio, arrivava una dichiarazione di Fascina”.
Il ruolo di Marta, d’altronde, è quello: prendersi cura di Silvio. Con una dedizione che l’ex premier con il passare del tempo apprezza sempre più: “È stata un dono di Dio”, dirà di lei . Nelle perfidie dei colleghi parlamentari, la “muta” è diventata così “la badante”.
Francesca Pascale, che perde quota nell’inner circle del Cavaliere tanto da aver lasciato Arcore, si è trasferita nella vicina villa Maria. Definisce Fascina come “una collaboratrice di Licia Ronzulli“, ma tutti, compreso lei, sanno cosa sta accadendo: Marta l’ha scaricata e ha fatto fronte comune con Ronzulli, la nuova zarina di Forza Italia.
Una situazione che sta bene anche alla famiglia Berlusconi, Marina in primis: Francesca è sempre più ingombrante, un problema per Silvio e dunque per tutti. Meglio l’apparentemente introversa Fascina che, nelle sue apparizioni in Parlamento, sfoggia nuovi look: i capelli lisci e tirati come una Madonna, il colorito bianco di trucco, un tatuaggio sulla mano, “Sb”, Silvio Berlusconi, il cui volto campeggia sulla cover del suo telefono. Bisogna attendere poco per vedere, su Diva e Donna, lo scoop: “Fascina è la nuova fidanzata di Berlusconi”.
Quella promessa al San Raffaele
La scalata è cominciata e, ad accelerarla, è a sorpresa la pandemia. Berlusconi è costretto a limitare le relazioni sociali. E Marta diventa sua custode, circostanza che tranquillizza Marina e gli altri quattro figli del Cavaliere. Per dire: quando riprendono i lavori parlamentari, la Fascina è a Montecitorio. Un collega la presenta ad alcuni giornalisti. Una si avvicina per presentarsi e lei: “Mi scuserà, ma non posso stringere le mani di nessuno”. L’idillio culminerà nella fantasmagorica cerimonia delle “non nozze”: arriva il 21 marzo 2022, dopo una promessa particolare. “Se sopravvivo, ti sposo”, le ha detto il Cavaliere in una stanza del San Raffaele due mesi prima, nei giorni di uno dei tanti ricoveri, resosi necessario proprio durante le votazioni per il Quirinale.
È una festa a metà, perché i figli per ragioni di eredità si oppongono a un matrimonio vero e proprio. A Villa Gernetto ci sono tutti, vecchi e nuovi amici. E la corte berlusconiana per la prima volta, fra una foto di famiglia con Dell’Utri, Confalonieri e Letta e un’esibizione live di Gigi D’Alessio (di cui Marta è grande fan: è la sua sorpresa), vede per la prima volta anche Orazio Fascina. Non c’è invece Pier Silvio, assenza indice di un certo nervosismo in famiglia. In quei giorni, a far da tessitrice dell’unione, è Licia Ronzulli che non può neppure immaginare che sarebbe diventata anche lei vittima di Marta. Accade dopo le elezioni politiche di ottobre, che segnano il ritorno di Berlusconi al Senato.
L’Opa su Forza Italia fallita
Per la prima volta, nelle trattative per le liste, Marta si fa sentire. Chiede spazio per alcuni esponenti forzisti a lei vicini: il suo compagno di scuola, Tullio Ferrante, che diverrà parlamentare e sottosegretario, e il gruppo dei “bergamaschi”, Alessandro Sorte di Treviglio e Stefano Benigni di Alzano Lombardo. Nel partito i due, Sorte e Benigni, godono di scarsa stima: li chiamano “gli avventurieri”. È però l’inizio di un tentativo di scalata dall’interno. Che va avanti fino a qualche giorno fa. È il 10 giugno, in calendario c’è un pranzo ad Arcore fra Berlusconi e i ministri. Nel menu le nomine dei responsabili territoriali di Forza Italia, divisi per aree geografiche. Il nome per il Nord è quello di Sorte, per il Sud c’è Ferrante.
Il ricovero di Berlusconi, tuttavia, interrompe l’ascesa. Il Cavaliere muore la mattina del 12 giugno. Due giorni dopo il funerale, dopo aver sentito Marina Berlusconi, Tajani annuncia che “Marta non ha bisogno di alcun ruolo formale”. Ai più sembra un freno alla carriera politica della vedova. Ma bisognerà aspettare lunedì 26, con l’apertura del testamento, per capire se Marta Antonia Fascina, la donna del mistero, continuerà, in silenzio, a parlare.
(da La Repubblica)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
INTERVISTA AD ANDREA GRIECO: “ULTIMA GENERAZIONE? LE LORO PROTESTE SONO NECESSARIE”
«Se vogliamo realizzare la nostra ambizione, dobbiamo assicurarci che la politica climatica non lasci indietro nessuno». Sono passati più di tre anni da quando la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato per la prima volta il Green Deal. Un maxi-piano di investimenti che ha l’obiettivo di rivoluzionare ogni settore dell’economia: trasporti, produzione di energia, filiera alimentare e non solo. Molte di queste trasformazioni sono già avviate: basti pensare all’elettrificazione dei trasporti o all’attenzione sempre maggiore all’impronta ecologica di ciò che finisce sulle nostre tavole. Ora che la transizione sembra avviata, l’attenzione degli attivisti per il clima si è spostata soprattutto su una questione: la giustizia climatica. In altre parole: come ci si assicura che i costi della transizione ecologica non finiscano sulle spalle delle fasce più povere? «La lotta ai cambiamenti climatici è anche una battaglia di classi sociali», sottolinea Andrea Grieco, ospite domani 21 giugno dell’appuntamento sulla giustizia climatica del ciclo di incontri Open Space: le lotte che costruiscono il futuro (qui il link per partecipare all’evento di domani). Oltre alla sua attività da divulgatore e attivista, Grieco è anche Head of Impact di AWorld, la piattaforma scelta dalle Nazioni Unite per supportare la campagna ActNow contro i cambiamenti climatici.
Cosa si intende oggi per giustizia climatica?
«Giustizia climatica significa garantire diritti sia all’umano, e quindi a noi, sia al non-umano, e quindi al pianeta. È un concetto che si è evoluto nel tempo. Negli ultimi anni, si parla di giustizia climatica soprattutto come riparazione dei danni subiti per via del cambiamento climatico dai Paesi del Sud del mondo, che di base non incidono con il loro sviluppo sulla crisi climatica globale ma ne subiscono i peggiori effetti».
In che modo il tema dei cambiamenti climatici si intreccia con quello delle disuguaglianze?
«La conditio sine qua non per parlare di giustizia climatica è proprio la disuguaglianza sociale ed economica. Anche il cambiamento climatico, negli effetti che produce, è profondamente diseguale. Per questo oggi si discute di strumenti di riparazione dei danni subiti dai Paesi più vulnerabili. A pagare devono essere gli emettitori storici di CO2 e tutti quei Paesi che hanno sfruttato per decenni le risorse naturali senza pensare allo sviluppo delle altre popolazioni o a quello delle generazioni future».
La disuguaglianza non è solo tra Nord e Sud del mondo, ma anche tra le diverse classi sociali all’interno di un Paese. L’Italia e l’Europa stanno facendo abbastanza per tenere in considerazione anche l’aspetto sociale della transizione ecologica?
«Le grandi metropoli europee sono fortemente diseguali dal punto di vista climatico. Alcuni quartieri di Milano, per esempio, vivono una forte gentrificazione che è anche climatica: vaste aree di terreno che potrebbero diventare verdi e invece lasciano spazio a cemento e nuovi palazzi. Oggi purtroppo né l’Italia né le istituzioni europee tengono in dovuta considerazione l’aspetto di disuguaglianza sociale causata anche dal cambiamento climatico. La lotta per il clima è anche una battaglia di classi sociali».
Come si comunica oggi la crisi climatica?
«È diventato più complesso. Nonostante gli effetti di questa crisi siano arrivati anche a casa nostra, purtroppo sono cresciuti i negazionisti climatici. L’attacco a persone che fanno divulgazione su questi temi è sempre dietro l’angolo. Con il tempo, poi, tutte le aziende hanno capito che parlare di sostenibilità e cambiamento climatico è un must che non può più mancare nelle strategie di marketing. In alcuni casi, però, si tratta di semplice greenwashing. Arrivare alle persone è sempre difficile, ma io cerco di farlo partendo sempre dal dato di partenza. Quando devo comunicare un report scientifico o un evento meteorologico estremo, cerco di spiegarlo nel modo più semplice e accessibile possibile, come se stessi parlando con mia nonna. In fin dei conti le cose più importanti da capire sono due: a che punto siamo e quali sono le soluzioni».
Negli ultimi mesi anche le proteste per il clima hanno cambiato forma: dalle marce dei Fridays for Future si è passati alle azioni simboliche e di disobbedienza civile di Ultima Generazione. Cosa ne pensi?
«Quando gli attivisti di Ultima Generazione hanno iniziato le loro proteste nei musei e con i monumenti, il mio primo impatto è stato di grande dubbio. Si tratta di un approccio molto diverso alla protesta e forse rappresenta un’evoluzione dell’attivismo rispetto a come l’abbiamo conosciuto fino a pochi mesi fa. Poi mi sono confrontato con gli attivisti, ho fatto un bagno di realtà e ho capito che quello è un tipo di protesta dal quale oggi non si può prescindere. È un modo per attirare l’attenzione della classe politica e della società su tematiche che oggi devono essere normalizzate. Il centro del dibattito deve ricalibrarsi per tenere conto della nostra sopravvivenza e di quella del nostro pianeta. Aumentare la consapevolezza, anche con atti come quelli di Ultima Generazione, significa chiamare all’azione e pretendere di essere ascoltati dalle istituzioni e dalla società civile».
(da Open)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
NESSUN PASSO INDIETRO, ELLY HA IL SOSTEGNO DEGLI ELETTORI
Nessuna giustificazione, né passo indietro. Elly Schlein si è presentata davanti alla direzione Pd dopo le critiche per aver partecipato alla manifestazione M5s contro la precarietà e ha difeso la sua scelta dagli attacchi della minoranza.
Si è rivolta in particolare a chi “cerca gli incidenti” chiedendo “rispetto” per il partito. “Non c’è da spiegare che siamo contro la precarietà”, ha detto citando le mosse “in direzione opposta” fatte prima del suo arrivo. “Chi non è d’accordo lo dica”.
Quindi ha insistito a lungo sul fatto che le continue polemiche interne sono tra i motivi per cui le persone si allontanano dal Partito democratico: “La nostra gente è stufa del dibattito interno“, ha detto. Un brusio che la segretaria dem ha descritto citando la canzone di Diodato “Rumore”. Schlein ha ribadito che il suo obiettivo è quello di dare “un’identità chiara” al Pd, che non può “rappresentare tutto e il suo contrario” e ha soprattutto affermato con insistenza l’intenzione di lavorare per “costruire sinergie con le forze alternative alla destra“. Perché “non si vince da soli”.
Per la segretaria dem anzi, già in vista delle prossime Europee, è necessario pensare a creare convergenze. Sui temi e non solo. Intanto il primo appuntamento è quello delle Regionali in Molise del prossimo weekend, dove i dem sostengono lo stesso candidato del M5s: “Mi dispiace che Renzi sostenga in Molise il candidato della destra”, ha aggiunto Schlein. “Renzi parla di subalternità, proprio lui che appena arrivato al Nazareno ha invitato Berlusconi…”. E ancora: “Con i 5 Stelle ci sono distanze siderali sull’Ucraina ma non sul precariato. Se Calenda mi invitasse a un’iniziativa, io ci andrei ma non cambio idea sul sindaco d’Italia”.
La coalizione: “Servono sinergie con le altre forze politiche”
Schlein nel corso del suo intervento ha parlato di sette punti d’azione su cui vuole orientare il partito. E lo spunto di partenza è l’essere chiari e identificabili da parte degli elettori e delle elettrici: “È ora il momento di mobilitare tutto il partito sulla nostra agenda per l’Italia e per l’Europa“, ha detto. “Ho ricevuto un mandato chiaro, ricostruire una identità chiara del partito, che ci renda riconoscibili. Se si tenta di rappresentare tutto e il contrario di tutto si rischia di non rappresentare nessuno e lasciare spazi agli altri”.
Proprio la scelta di sfilare con il Movimento 5 stelle ha provocato le proteste di alcuni esponenti della minoranza e ha portato alle dimissioni dell’ex candidato alla Regione Lazio Alessio D’Amato. Schlein non ha citato direttamente l’episodio, ma tutto il discorso è stato incentrato alla risposta agli attacchi.
La segretaria è ripartita dal risultato delle scorse amministrative: “Sui ballottaggi c’è stato uno psicodramma alimentato dagli avversari”, ha detto, “ma attenzione a non attirarci demeriti” eccessivi, visto che ad esempio “la Lega è passata da 107 a 37 consiglieri e altre forze ne hanno eletti 5 in tutto. La destra ha una coalizione che si ricompatta. Noi oggi non abbiamo una coalizione e non vinciamo da soli, così come non abbiamo perso da soli. Non pensiamo di essere autosufficienti e abbiamo bisogno di costruire sinergie con le altre forze politiche alternative alla destra. Per questo continueremo a insistere con le altre opposizioni sui temi su cui possiamo unire forze piuttosto che insistere su differenze che pure sono significative”.
E proprio a proposito della ricerca di altre forze, la segretaria dem come prima cosa ha esordito ringraziando Articolo Uno per la decisione di sciogliersi e confluire nel Pd: “Voglio ringraziare Roberto Speranza di questa scelta coraggiosa e unitaria e Pier Luigi Bersani di essere rientrato per darci una mano”.
La risposta alle critiche: “Se ci potessero dedicare una canzone sarebbe ‘Rumore’”
La seconda parte del discorso della segretaria è stata tutta dedicata alle dinamiche interne, tema che da anni occupa i giornali e le agende dei segretari Pd. “Lavoriamo tutti insieme, in maniera corale, serve un’orchestra che suona lo stesso partito. Vanno bene le discussioni e le critiche, ma anche la lealtà sui temi che ci uniscono”, ha detto. “Non mi dovrete mai convincere che la segretaria non basta da sola, l’ho detto io fin dall’inizio. Io credo nel gioco di squadra, nella leadership collettiva. A me tocca provare tenervi insieme nella chiarezza della linea politica uscita dal congresso”. Quindi ha attaccato l’ex segretario del Pd e ora leader di Italia viva: “Mi dispiace che Renzi sostenga in Molise il candidato della destra”, ha detto. Schlein ha anche risposto a chi la accusa di non avere una linea chiara: “Quando sento che non c’è una linea politica sorrido, di contenuti siamo pieni ma siamo bravi a coprirli con le divisioni interne. Se a qualcuno questa linea non piace lo ammetta e non trovi altre scuse. Chi cerca l’incidente ogni giorno mi troverà sempre dall’altra parte. Si alimenta il filone letterario delle divisioni del Pd su quei pochi temi su cui convivono sensibilità diverse tra noi. Vi chiedo di far emergere la nostra agenda comune e non farci trascinare ogni giorno dove vogliono i nostri avversari per provare a schiacciarci in dibattiti interni di cui la nostra gente è stufa, rischia di diventare tutto un rumore indistinto. Se ci potessero dedicare una canzone, io credo sceglierebbero ‘Rumore’ di Diodato”. E a chi l’ha attacca ha detto: “C’è chi magari spera di sortire qualche effetto con il giochino del logoramento dei segretari…. non funzionerà, mettetevi comodi. Siamo qui per restare e restare insieme”.
Il lavoro sui territori: “Proponiamo un’estate militante”
Per la segretaria dem la strada da seguire è quella di cercare nuove sinergie e lavorare molto sui territori. “Proponiamo un’estate militante” su alcuni temi, come il Pnrr. “Chiedo ai parlamentari e alle parlamentari di organizzare sui territori un confronto sui Pnrr, così sentiremo suonare dal basso una sveglia per il governo. L’altra grande questione è l’autonomia differenziata, che vuol portare a compimento i mai sopiti sogni della secessione leghista”.
Per questo ha annunciato: “Svolgeremo una grande iniziativa il 14 e 15 luglio sull’autonomia differenziata. E chiediamo a nostri eletti di promuovere discussioni nei consigli comunali e provinciali affinché tutti si prendano le loro responsabilità. Presenteremo nei Comuni un testo base per un ordine del giorno”.
Il primo appuntamento sarà nel fine settimana: “Apprezziamo e guardiamo con attenzione alla manifestazione di sabato della Cgil sulla sanità pubblica. Noi ci saremo, saremo al loro fianco. Chiediamo a tutte le federazioni di mobilitarsi sulla sanità pubblica, lasciamo ai territori la scelta delle forme, iniziative pubbliche, banchetti. L’importante è tenere alta l’attenzione su quello che Meloni non sta facendo”.
Inoltre “il 30 giugno organizziamo una grande iniziativa per la casa, insieme ai sindaci. Questo ci servirà valorizzare le buone partiche per poi aprire una grande campagna di consultazione e a settembre tireremo le somme, presentando il nuovo piano per la casa, che manca da decenni”. Schlein ha anche parlato dei temi su cui intende lavorare con le opposizioni: “Continuiamo a insistere con le altre opposizioni sul salario minimo, l’auspicio è arrivare a una posizione comune. Spingiamo per un congedo paritario di tre mesi, anche su quello si può lavorare con le opposizioni”.
L’attacco al governo
Schlein ha poi attaccato il governo. “E’ una vergogna che una presidente del consiglio parli di pizzo di Stato”. Il riferimento è a una delle frasi usata proprio dalla presidente del Consiglio durante la campagna elettorale. “E’ inaccettabile per l’ideologia che sottende e strizza l’occhio a chi evade”, ha detto. “Noi continueremo a difendere il principio costituzionale della progressività fiscale e della lotta all’evasione”. E ancora: “Il governo si butta ogni giorno su bandierine ideologiche perché sa solo cavalcare le paure, ma non sa dare risposte”. Quindi ha annunciato per “il 6 luglio una serie di incontri sulle politiche industriali”.
In generale, ha detto: “Dobbiamo sempre avere l’ambizione di cambiare questo modello di sviluppo, a questo tendono” i piani europei “e proprio per questi motivi la destra nazionalista li ha scelti come nemici, accanto ai migranti, ai diversi, alla comunità Lgbtq+”. E parlando di migranti e del naufragio avvenuto in Grecia, ha detto: “Ha ragione l’Anpi a chiedere una giornata di lutto europeo” per le vittime della strage del Peloponneso. Poi: “Giorgia Meloni vuol portare l’Italia alla testa degli euroscettici uniti, in un’alleanza dell’estrema destra nazionalista con i popolari, che determinerebbe uno scivolamento di una cultura politica finora europeista. Il Pd pensa che l’Ue sia la casa più giusta per i tempi che stiamo attraversando”.
Le posizioni: dalla guerra in Ucraina all’abuso d’ufficio
Schlein è tornata poi sulla posizione dem per quanto riguarda la guerra tra Russia ed Ucraina, linea che differenzia il Pd dal Movimento 5 stelle. “Siamo sempre stati chiari e lineari nel pieno supporto all’Ucraina per la difesa anche con aiuti militari”, ha detto. “Abbiamo tenuto e continueremo a tenere un atteggiamento coerente, ma non dismettiamo la prospettiva di una pace giusta, facciamo nostre le parole di Mattarella di non distogliere la ricerca di un approdo di pace. Una forza di sinistra come la nostra non può dismettere la parola pace”.
La segretaria dem si è espressa inoltre sull’abuso d’ufficio, altro tema che ha diviso la dirigenza dem dopo la riforma Nordio che lo abroga: “Siamo disponibili a lavorare a una riforma dell’abuso d’ufficio, ma l’abrogazione sarebbe in contrasto con la normativa europea“, ha detto. La riforma della giustizia nel suo complesso è “la montagna che ha partorito il topolino con pochi interventi spot”.
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI PADOVA DICHIARA ILLEGITTIMI GLI ATTI DI NASCITA DI 33 BAMBINI, NATI DAL 2017 A OGGI, DI ALTRETTANTE COPPIE DI DONNE OMOSESSUALI – SE IL TRIBUNALE DOVESSE ACCOGLIERE LA RICHIESTA DELLA PROCURA, IL NOME DELLE MADRI NON BIOLOGICHE, INDICATE COME “SECONDO GENITORE”, SARÀ CANCELLATO DAGLI ATTI DI NASCITA E IL COGNOME DEI BAMBINI SARÀ CAMBIATO
Trentatré famiglie, e chissà quante altre ce ne saranno, che rischiano di venire cancellate da un atto giudiziario. I documenti stanno venendo notificati in questi giorni ad altrettante coppie di donne omosessuali di Padova. Contengono la richiesta della Procura, indirizzata al Tribunale, di rettifica dell’atto di nascita dei loro figli: eliminando il nome delle madri non biologiche, indicate come “secondo genitore”, e rettificando i cognomi dei bambini, togliendo quello della seconda mamma. Per una delle coppie il tribunale ha già fissato la data dell’udienza per la discussione del ricorso: sarà il 14 novembre.
«Per nostra figlia rischia di essere un trauma, in una fase delicata dello sviluppo. Non avrà più un fratello e una mamma» dice la madre biologica della bambina. La donna ha 40 anni, come la moglie; si sono sposate all’estero
La richiesta, su impulso del ministro dell’Interno Piantedosi, di ricevere tutti gli atti di nascita relativi ai bambini con due mamme, è arrivata la risposta del pm: la richiesta di rettifica di tutti i 33 documenti. Ed è una richiesta che amplia il raggio di quanto avvenuto a Milano, dove già quattro atti di nascita erano stati impugnati.
La Procura di Padova invece è andata oltre, impugnando tutti gli atti dal 2017. Se il tribunale dovesse accogliere la richiesta della Procura, dall’oggi al domani questi 33 bambini si ritroveranno formalmente orfani di uno dei loro genitori. Dall’oggi al domani, 33 mamme non saranno più nulla, per la legge italiana. Non potranno andare a prendere i figli a scuola, portarli dal medico, firmare le giustificazioni sul libretto scolastico. Il rapporto più solido spazzato via da un atto giudiziario.
«Parliamo di togliere un genitore legale a un minore, anche a distanza di 6 anni dalla nascita. Un atto vergognoso e indegno di un Paese civile» commenta Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno. Tra le mamme, c’è ancora chi spera di non ricevere l’atto: «Io e mia moglie siamo terrorizzate» ammette Vanessa Finesso, mamma arcobaleno di Padova,
La donna si è rivolta al Comune di Padova perché conosceva la battaglia dell’amministrazione di centrosinistra. «Sono sereno e convinto delle scelte fatte» ha detto ieri il sindaco Sergio Giordani, «dal 2017 trascrivo gli atti di nascita dei figli di due mamme. È un atto di responsabilità verso i piccoli, non accetto che ci siano bambini discriminati nei loro diritti fondamentali. Abbiamo sempre comunicato tempestivamente alla Procura ogni atto, senza avere mai controdeduzioni. Ci sono momenti nei quali un sindaco è da solo con la sua coscienza e la Costituzione, e deve decidere nell’interesse primario di chi ha davanti. E per me l’interesse da mettere al centro era quello di questi piccoli».
L’interesse dei piccoli, appunto. «Mi chiedo come possa un tribunale di uno Stato che professa la tutela dei minori come una priorità escludere che una bambina di 6 anni iscritta alla scuola primaria possa accusare un cambio di cognome. Che il fratello e sua mamma nella forma smettano di essere famiglia» commenta ancora la madre biologica della bambina, il cui caso sarà discusso in tribunale a novembre. Parole alle quali la procuratrice aggiunta Valeria Sanzari aveva già risposto nello stesso ricorso: «La giovane età della bambina esclude che la modifica del cognome possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale».
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
L’ESPERTO DI SPEDIZIONI SUI FONDALI, ROB MCCALLUM, PARLA DELLA SCOMPARSA DEL “TITAN”, IL SOMMERGIBILE USATO PER PORTARE TURISTI A VEDERE IL RELITTO DEL TITANIC, AL LARGO DI BOSTON: “LA NAVIGAZIONE INTORNO AL TITANIC È DIFFICILE. LE SFIDE SONO LOGISTICHE E FISICHE: LA PRESSIONE, LA TEMPERATURA, LA MANCANZA DI LUCE, LE CORRENTI E LA POSIZIONE REMOTA”
«Operare a 4.000 metri di profondità implica molte sfide: la pressione, la temperatura di 3-4° C, la mancanza di luce al di sotto dei 300 metri, le correnti di due nodi, cioè circa 4 chilometri orari, e la posizione remota. È semplicemente il confine estremo di ciò che l’esplorazione umana può fare. Non c’è spazio per errori né per scorciatoie», dice al Corriere Rob McCallum, che ha condotto missioni estreme in tutto il mondo, dalla circumnavigazione dell’Antartide alle perlustrazioni dei fondali oceanici.
Per vent’anni, fino a un paio di anni fa, la sua compagnia, Eyos Expeditions, ha organizzato i primi viaggi per scienziati e turisti fino al Titanic per poi spostarsi su imprese diverse. […] Nelle sue spedizioni con sottomarini «classificati e certificati» ha avuto la possibilità di navigare intorno al Titanic. «Il relitto è in posizione verticale, spaccato in due parti distanti circa un chilometro l’una dall’altra. La navigazione intorno è difficile, va pianificata con estrema attenzione. Le sfide sono logistiche e fisiche», spiega.
Il Titan dell’azienda OceanGate ha una stazza di 10.432 chili, sei metri e mezzo di lunghezza, può arrivare fino a 4.000 metri di profondità, con 96 ore di supporto vitale per cinque persone, […] Il viaggio dura complessivamente 8 giorni, inclusa la parte in superficie dall’isola di Terranova fino al luogo del relitto, circa 600 chilometri al largo della costa. La durata della permanenza subacquea è di circa otto ore complessive.«È difficile fare previsioni. I nostri pensieri vanno alle persone disperse», dice McCallum al telefono da Papua Nuova Guinea, appena rientrato da una spedizione. «Il Titanic è una storia incredibile. È come una tragedia greca». […] Da quando è stato ritrovato nel 1985, ha attirato l’attenzione di centinaia di scienziati, registi e di turisti.
Intorno al 2000 gli scienziati iniziarono ad avvertire che i turisti e i cacciatori di tesori costituivano una minaccia per il vascello e un’offesa per quello che, di fatto, è il sepolcro di oltre 1.500 persone. Furono ritrovati anche lattine e altra spazzatura e i resti di un natante finito sullo scafo.
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2023 Riccardo Fucile
VIAGGIO DA 250.000 EURO A BIGLIETTO… CHI C’E’ A BORDO, QUANTO OSSIGENO RESTA
Tra le cinque persone a bordo del piccolo sottomarino scomparso nel Nord dell’Oceano Atlantico durante un immersione per vedere il relitto del Titanic, secondo la Bbc, c’è anche Hamish Harding, un miliardario britannico che lo scorso anno aveva partecipato a un viaggio spaziale a bordo della navetta della Blu Origin, la società spaziale di Jeff Bezos.
La sua presenza sul sommergibile è stata confermata anche dalla famiglia. Ex pilota d’aereo, Harding, 59 anni, è poi diventato imprenditore senza mai abbandonare la passione per le esplorazioni. Lo scorso weekend, il miliardario britannico sui social si era detto «orgoglioso di annunciare finalmente» che avrebbe partecipato alla missione per raggiungere il relitto del Titanic. Ma aveva poi aggiunto che a causa del «peggior inverno a Terranova in 40 anni, questa missione probabilmente sarà la prima e unica con equipaggio nel 2023».
Poi domenica aveva aggiunto: «Si è aperta una finestra meteorologica e domani tenteremo un’immersione».
Oltre al miliardario Harding, ci sono altri esploratori esperti. Tra loro anche Paul Henry Nargeolet, scrive il Guardian. Si tratta di un veterano militare francese, ex comandante della marina francese, sommozzatore e pilota di sommergibili. È stato direttore della ricerca subacquea per E/M Group e Rms Titanic ed è considerato il massimo esperto del luogo in cui è naufragato il Titanic. L’ipotesi è che fosse lui a guidare la missione.
Le ricerche
La missione doveva prevedere un viaggio di circa otto giorni, che la compagnia Ocean Gate presentava come «un’opportunità per uscire dalla vita di tutti i giorni e scoprire qualcosa di veramente straordinario». In programma ci sarebbe stata un’altra missione imminente e due pianificate per giugno 2024. Il prezzo per partecipare alla missione si aggira sui 250mila euro.
I mezzi della Guardia costiera degli Stati Uniti stanno perlustrando l’area con non poche difficoltà, considerando l’ampiezza della zona da coprire. A loro sono affiancati i soccorritori canadesi impegnati con un C-130 e un Orion P.8 che possono lanciare boe sonar per rilevare i rumori sottomarini.
Secondo il contrammiraglio John Mauger, primo comandante della Guardia costiere Usa e che sovrintende le operazioni di ricerca, il sottomarino è stato progettato per emergere automaticamente in caso di problemi e dovrebbe avere ancora 72 ore di ossigeno.
(da Open)
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