Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
GLI ALTRI CANDIDATI SONO SERGIO MASSA, MINISTRO DELL’ECONOMIA IN CARICA E LA MODERATA PATRICIA BULLRICH
Alla vigilia del voto vale qualsiasi cosa pur di convincere gli ultimi indecisi, persino degli annunci minacciosi nelle stazioni della metropolitana a Buenos Aires. “Grazie allo Stato stai pagando il biglietto 60 pesos, se vince l’opposizione lo pagherai 1.100 pesos”.
Facile capire che a diffondere questi messaggi è il candidato del governo Sergio Massa, nella difficilissima posizione di chiedere voti come ministro dell’economia in carica in un Paese ancora una volta sul bordo del collasso, con un’inflazione del 138% su base annua e quasi la metà delle famiglie che vivono sotto la soglia della povertà.
“L’opposizione – ripete Massa – vuole togliere i sussidi del governo al trasporto pubblico, eliminare al massimo la presenza dello Stato e a farne le spese sarà il cittadino, perché non ci saranno più scuole e ospedali pubblici e per andare ogni giorni a lavorare si dovrà spendere tantissimo”.
Vale tutto, soprattutto per fermare il ciclone Javier Milei, protagonista assoluto, nel bene e nel male, di questa campagna. Il candidato anarco-libertario ha chiuso la sua campagna in un palazzetto dello sport gremito soprattutto di giovani, musica rock a tutto volume sparata dagli altoparlanti, molti ragazzi con la gigantografia del biglietto da 100 dollari con stampato il suo faccione e la sua folta chioma.
Lui grida dal palco e ripete il mantra della dollarizzazione, ricetta magica per far diventare, non si sa come, uno dei paesi più indebitati al mondo una futura potenza mondiale. “Con il peso (la moneta nazionale) oggi ti puoi pulire il sedere, se passiamo al dollaro avremo più stabilità, tutti ci guadagneremo”.
Se fossi così facile, viene da dire, ci avrebbero già pensato da tempo, ma in realtà è propria la cronica mancanza di dollari che ha cacciato l’Argentina nel buco nero dove è finita.
Secondo diversi studi, per cambiare il peso con la moneta statunitense si dovrebbe mettere sul mercato come minimo 36 miliardi di dollari e non si capisce proprio dove Buenos Aires potrebbe andarli a prendere.
Milei non entra nei dettagli, lo slogan del biglietto verde piace a fa sognare buona parte del suo elettorato, soprattutto i giovan precari e senza futuro delle periferie, stanchi delle briciole di sussidi elargiti del governo. “I politici tremano – ruggisce il “leone”, come si fa chiamare – sanno che hanno i giorni contati, domenica li spazziamo via come topi!”.
L’obbiettivo è chiaro, vuole vincere al primo turno per evitare un altro mese di campagna. Per farlo deve superare la soglia del 40% dei voti con almeno dieci punti di distacco dal secondo piazzato. Non è facile, ma non è nemmeno impossibile, ci sono sondaggi che lo danno in vertiginosa crescita da due mesi a questa parte. Tutto può succedere, persino che alla fine buona parte del malcontento contro il fallimentare governo uscente di Alberto Fernandez, che ha meno del 20% di popolarità e ha pensato bene di viaggiare in visita di Stato in Cina alla vigilia del voto, si convinca ad optare per l’opposizione moderata di Patricia Bullrich.
La Bullrich è dello stesso partito di Mauricio Macri, l’unico leader non peronista nella storia recente argentina a poter terminare un mandato presidenziale (2015-2019), anche se il bilancio del suo governo non fu affatto positivo. È una partita a tre, molto meno ideologica di quando uno potrebbe immaginare. Si voterà con rabbia e disperazione, molti sono coscienti che comunque andrà a finire chi governerà sarà costretto a fare miracoli per tenere in piedi la baracca.
Parte dell’America Latina tifa per Massa, ad iniziare da Lula da Silva, che ha elargito all’attuale governo un generoso prestito della banca pubblica brasiliana. Più che un gesto da buon vicino, un assegno per la campagna dei peronisti, per evitare che si rompa il giocattolo Mercosur e quella coesione regionale tanto sbandierata da Brasilia.
Dall’altra parte, invece, c’è l’asse formato da Bolsonaro, da Trump e persino dagli spagnoli di Vox, presenti con un paio di deputati come osservatori a Buenos Aires. La destra sovranista tifa Milei, il quale ha già detto che se sarà eletto romperà le relazioni commerciali con i paesi comunisti, ad iniziare dalla Cina, una boutade che ha spaventato non poco i grandi proprietari terrieri che fanno affari d’oro con la soia e la carne che mandano a Pechino.
Di sicuro, Milei farà uscire l’Argentina dai Brics ancor prima dell’ingresso ufficiale, previsto per l’inizio dell’anno prossimo. Il rappresentante legale del suo partito ha intanto presentato un esposto alla giustizia elettorale chiedendo maggiori controlli ai seggi. I libertari hanno paura che gli rubino i voti ed è un timore giustificato, visto che in Argentina si vota ancora con le schede colorate di ogni partito da inserire nell’urna. Nei feudi peronisti della grande periferia di Buenos Aires, che ha un quarto degli elettori, può succedere di tutto ed è lì che l’anarco-capitalista schiererà un esercito di fedelissimi ventenni pronti a litigare su ogni scheda contestata. Le rivoluzioni passano una volta sola, non sia cosa che gli scappi il colpaccio per una manciata di voti.
(da Huffingtonpost)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
NEL SUO INTERVENTO ALL’HUDSON INSTITUTE DI WASHINGTON NON HA MAI CITATO LA NECESSITA’ DI UNA DE-ESCALATION NÉ HA SOSTENUTO L’IPOTESI “DUE POPOLI, DUE STATI” CHE E’ LA POSIZIONE UFFICIALE DELL’UE
Ursula Von der Leyen spinge l’Ue verso il sostegno senza fine a Israele e provoca, di nuovo, un terremoto interno alle istituzioni europee. Punto di scontro è il discorso tenuto nella serata di giovedì dalla presidente della Commissione europea all’Hudson Institute di Washington in presenza, tra gli altri, anche del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, certamente non felice di questa fuga in avanti della capa di Palazzo Berlaymont.
Perché nel suo lungo intervento, schierandosi in maniera incondizionata al fianco di Israele e Stati Uniti, la politica tedesca non ha mai citato la necessità di una de-escalation a Gaza e del necessario lavoro per favorire la soluzione dei due Stati, posizione ufficiale dell’Ue. Una rottura tra due delle tre istituzioni europee che si è poi consumata nella giornata di venerdì, tanto da spingere von der Leyen e Michel a organizzare, secondo le indiscrezioni pubblicate da Politico, due bilaterali separati con il presidente Joe Biden. Così, una missione che doveva trasmettere l’unità del fronte occidentale sui dossier internazionali si è trasformata nella fotografia della disgregazione europea.
Il disappunto generato da von der Leyen nei palazzi di Bruxelles è testimoniato anche dalle parole di un alto funzionario europeo: la posizione dell’Unione “è stata espressa dall’Alto Rappresentante e dal presidente del Consiglio europeo. La posizione dell’Ue in materia di politica estera viene definita e decisa dagli Stati membri, dal Consiglio. Il resto, con tutto il rispetto per le opinioni personali che possono essere pienamente legittime, non rappresenta la posizione dell’Ue“.
Non è la prima volta che le opinioni e le iniziative personali di von der Leyen scuotono le istituzioni europee. Era successo anche lo scorso marzo, nel corso della visita della presidente della Commissione negli Stati Uniti, dove incontrò Biden. In quell’occasione, i due firmarono una nota congiunta nella quale si intendeva sancire la collaborazione tra l’Europa e gli Stati Uniti per ridurre la dipendenza da Pechino e limitare l’export di prodotti hi-tech. Scoppiò il caos in alcune cancellerie europee che protestarono duramente, tanto da spingere il Consiglio europeo a chiedere “un parere” agli uffici legali.
Mentre il 4 ottobre, dopo il rifiuto della Tunisia di incassare la prima tranche di aiuti Ue da 60 milioni, fu Michel in persona a criticare l’atteggiamento della leader della Commissione, colpevole di non aver coinvolto i paesi membri nelle contrattazioni: “È importante seguire le procedure e assicurarsi che gli Stati membri diano il loro mandato alla Commissione e poi gli Stati membri, durante questo processo, dicano sì o no a ciò che la Commissione ha negoziato. Questa è una lezione chiara, il coinvolgimento degli Stati membri è fondamentale per il suo successo”.
Messaggio ricevuto? Nemmeno per sogno. Anche in questo caso le proteste sono arrivate in forma anonima, ma sono indicative del clima che si respira nei corridoi delle istituzioni brussellesi. “Solo la dichiarazione del Consiglio europeo, prodotta dai vertici per conto degli Stati membri, è la posizione dell’Unione” e in essa si esplicita “la ripresa del processo di pace come l’unica possibile soluzione per questa questione”. L’Ue “rimane impegnata per una pace sostenibile, basata su una soluzione a due Stati”, attraverso nuovi “sforzi” per rilanciare “il processo di pace in Medio Oriente. Esattamente quello che hanno detto i 27 capi di Stato e di governo”.
Parole ben diverse da quelle usate dalla capa dei commissari Ue in occasione del suo intervento a Washington: “Le nostre democrazie sono sotto attacco continuo e sistematico da parte di coloro che detestano la libertà perché minaccia il loro dominio – ha detto – Da più di 600 giorni, i nostri amici in Ucraina combattono e muoiono per la loro libertà contro l’aggressione russa. E ora Israele ha subito il peggiore attacco terroristico nella sua storia, il peggior sterminio di massa di ebrei dai tempi dell’Olocausto. Queste due crisi, per quanto diverse, richiedono che l’Europa e l’America prendano posizione e stiano insieme”.
L’idea di politica estera di von der Leyen è quella di una strategia a guida Usa-Ue che influenzi le più importanti aree del mondo, nonostante l’ascesa e le pressioni di altre grandi potenze. Cina in primis. L’intervento di Ursula von der Leyen non ha indispettito solo le cancellerie europee e, di conseguenza, il Consiglio Ue. Anche tra i corridoi del Parlamento europeo il disappunto non viene nascosto. Fonti interne parlano di “un malumore che non si era mai visto nel corso di questa legislatura”.
Anche perché la fuga in avanti di von der Leyen non ha solo ‘esautorato’ gli Stati membri, ma ha di fatto boicottato una risoluzione della Plenaria votata giovedì a larga maggioranza e nella quale, oltre a condannare duramente l’attacco di Hamas, si chiede “l’immediato rilascio degli ostaggi, l’accertamento delle gravi responsabilità del bombardamento sull’ospedale di Gaza, una pausa umanitaria per consentire i soccorsi alla popolazione civile”.
Ciò che ha disturbato le varie forze politiche della Plenaria è la decisione della presidente tedesca di schierare l’Ue in una determinata posizione internazionale senza averne il mandato, senza aver consultato prima gli Stati membri. Non si è tenuto conto che ci sono ancora decine di cittadini europei nelle mani di Hamas. Schierarti così nettamente al fianco di Stati Uniti e Israele ti rende un soggetto attivo nello scontro. E questo rende più complicato, poi, andare a trattare per il rilascio delle persone in mano agli islamisti”.
La convinzione di chi frequenta i palazzi delle istituzioni europee è che le scelte unilaterali di von der Leyen siano legate a un preciso piano in vista del voto del prossimo giugno. Una campagna elettorale in largo anticipo che ha come scopo, oltre a quello di confermare la politica tedesca al vertice del Berlaymont, quello di lanciare un preciso messaggio: al fianco di Washington, sempre e comunque. In barba ai progetti di maggiore autonomia portati avanti dai leader dei principali Paesi europei, Emmanuel Macron in testa.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
“LA STAMPA”: “LA PREMIER HA PROVATO A NEUTRALIZZARLI FACENDO LEVA SULL’ALLEANZA POLITICA CON MARINA BERLUSCONI? O L’ASSE CON LA PRIMOGENITA SI È ROTTO DOPO LA FORZATURA SULLA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI BANCARI? SI PARLA DI UNA RIUNIONE, MERCOLEDÌ, NELLO STUDIO DI GIANNI LETTA (PRESENTE ANCHE TAJANI) IN CUI SI SAREBBE DISCUSSO DI QUALCOSA DI DELICATO, CHE AVREBBE RIMESSO MEDIASET AL CENTRO DELL’ATTENZIONE POLITICA”
Quando Giorgia Meloni telefona ad Antonio Tajani, giovedì, Striscia la notizia ha pubblicato ancora solo il primo fuorionda del compagno Andrea Giambruno. La premier spera che il suo vice, capo di Forza Italia dopo la morte del fondatore Silvio Berlusconi, possa ancora fare qualcosa per fermare lo stillicidio.
Al termine della telefonata Meloni comprende che le speranze sono nulle. Il servizio del tg satirico andrà in onda e all’ora di cena mostrerà il padre di sua figlia mentre molesta colleghe con battute a sfondo sessuale e si tocca le parti basse.
Cosa succede dopo lo sanno pochissime persone. Appena Meloni entra a Palazzo Chigi a Giambruno viene affidata una trasmissione di informazione quotidiana su Rete 4. Fino a quel momento è uno sconosciuto. Invece del classico passo indietro, il compagno entra in un fascio di luce abbagliante che lo espone anche alle gelosie dei colleghi. [
Giambruno si era fatto diversi nemici dentro l’azienda. Da mesi erano tornati a circolare gli articoli che scriveva su Il Tempo sotto lo pseudonimo Arnaldo Magro, in cui criticava Mediaset perché durante il governo Draghi le reti del Biscione non davano spazio «all’unica forza di opposizione», e cioè il partito della compagna. La promozione in odore di raccomandazione per privilegio coniugale ha fatto il resto.
Giambruno avrebbe dovuto sapere cosa succede negli studi televisivi del Palatino, a Roma. I microfoni accesi e i fuorionda che vengono conservati e che hanno alimentato la leggenda del potere di “Striscia”. Giambruno sapeva da giorni degli audio che lo interessavano ed è difficile immaginare che non lo sapesse anche Meloni. Nel suo entourage più stretto smentiscono.
Mentre da Fi sostengono che sia stato Pier Silvio Berlusconi, ad di Mediaset, ad avvisarla durante un colloquio a settembre. La premier ha provato a neutralizzarli facendo leva sull’alleanza politica con Marina Berlusconi? O è vero che l’asse con la primogenita si è rotto dopo la forzatura sulla tassa – poi ritirata – sugli extraprofitti bancari? Di certo, ci sono due momenti che si richiamano tra loro in questa storia. Mentre forma il governo, un anno fa, Meloni manda un messaggio a Silvio Berlusconi, sostenendo di non essere ricattabile.
Ieri chiude il post avvertendo chi «spera di indebolirmi colpendomi in casa». Infine, ci sono due fatti che sono stati esaminati dai vertici di FdI. Il primo: a Meloni è stato risposto che Antonio Ricci, autore di “Striscia”, è una repubblica autonoma dentro Mediaset e fa quello che vuole.
Il secondo: si parla di una riunione, di mercoledì, nello studio romano di Gianni Letta – pontiere tra gli affari della famiglia, il partito e il governo – dove era presente anche Tajani e in cui si sarebbe discusso di qualcosa di delicato, che avrebbe rimesso Mediaset al centro dell’attenzione politica.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL “CORRIERE” RIVELA: “CHI STIGMATIZZAVA L’ARIA DA COATTO DEL NORD E LA PARLATA DA MILANESE IMBRUTTITO; IN TANTI MAL SOPPORTAVANO QUEL FARE TRA LO SBRUFFONE E L’ARROGANTE, LA SICUMERA DI QUELLO CHE TE LA SPIEGA LUI. E POI LA GESTUALITÀ IMPETTITA, L’IRREFRENABILE VOGLIA DI FARE UNA BATTUTA, ‘MEGLIO’ SE A SFONDO SESSUALE. NON ERANO POCHI QUELLI CHE AVEVANO LETTO LA SUA PROMOZIONE NON COME CONSEGUENZA DELLE SUE CAPACITÀ, MA COME UN’ATTENZIONE VERSO LA PREMIER”
Invidie e gelosie erano naturali nei confronti del «first gentleman» Andrea Giambruno, ma anche lui ci ha messo del suo per non farsi particolarmente amare all’interno della stessa Mediaset. Chi gli rimproverava l’atteggiamento da gagà e il ciuffo esibito; chi stigmatizzava l’aria da coatto del Nord e la parlata da milanese imbruttito; in tanti mal sopportavano quel fare sul confine tra lo sbruffone e l’arrogante, la sicumera di quello che te la spiega lui. E poi la gestualità impettita, l’irrefrenabile voglia di fare una battuta, «meglio» se a sfondo sessuale.
Un atteggiamento che facilmente suscita malumori, soprattutto se — volente o nolente — molti ti etichettano come il «compagno di». […] non erano pochi quelli che avevano letto la sua promozione non come una diretta conseguenza delle sue capacità, ma come un’attenzione verso la premier. Inevitabile che oggi molti a Cologno Monzese festeggino l’«hybris» punita, quella tracotanza immancabilmente seguita dalla vendetta divina.
Giambruno è stato a dir poco leggero, perché nel nuovo ruolo di fidanzato d’Italia doveva «volare basso», esporsi meno, anziché chiedere di più. Dall’altra parte è facile immaginare l’umore di Antonio Ricci, il sorriso sornione, le mani ad accarezzare il pizzetto, ora che ha piazzato una doppietta che ha tenuto in scacco la politica italiana con il suo cascame di gossip. Del resto i fuorionda sono da sempre uno dei core business dell’inventore di Striscia : audio rubati, parole orecchiate di nascosto, confidenze rivelate a milioni di spettatori che diventano notizia.
(da Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
PER I MALIGNI UN GIOVANISSIMO GIAMBRUNO SAREBBE STATO ADDIRITTURA TRA I ‘DRIVER’ DELL’AGENTE TV NOTORIAMENTE SENZA PATENTE” … NELLE CARTE DELLE INCHIESTE SUL CASO RUBY, IL NOME DI GIAMBRUNO EMERGE DAI ‘TABULATI TELEFONICI’ … TRA LUI E LELE MORA COMPAIONO UNA DECINA DI CONTATTI, SMS ANCHE RAVVICINATI, TUTTI NEL LUGLIO DEL 2010
Da primo e in qualche modo moderno first gentleman italiano fotografato in smoking one step behind alla Prima della Scala a compagno sbattuto fuori casa via social. Da volto sempre più noto del piccolo schermo a giornalista sospeso che rischia addirittura il licenziamento. Una meteora.
Gli unici a non essere rimasti sorpresi dalla repentina caduta dall’olimpo di Andrea Giambruno sono i colleghi di Mediaset «Lui è così. È sempre stato smargiasso, tamarro e pure un po’ ingenuo – racconta uno di loro, rigorosamente in forma anonima -. Il vero errore è stato affidargli una conduzione in diretta. Quando l’abbiamo saputo in tanti abbiamo pensato: com’è possibile che una scaltra come Meloni, che sicuramente conosce bene anche il carattere del suo uomo, sia d’accordo con una scelta del genere?».
Una collega, coinvolta nei fuorionda, consegna il suo telefono a un uomo a cui chiede di negare che quello sia il suo numero. Negli uffici di Mediaset circolano anche molte leggende su Giambruno. Per tanti, sarebbe stato Lele Mora a portarlo nella tv di Berlusconi. E, prima del salto di qualità sul piccolo schermo, per i maligni un giovanissimo Giambruno sarebbe stato addirittura tra i «driver» dell’agente televisivo notoriamente senza patente, poi caduto in disgrazia tra inchieste giudiziarie e condanne. Dicerie? Cattiverie? Possibile.
Quel che è certo, però, è che nelle vecchissime carte delle inchieste sul caso Ruby, il nome di Giambruno emerge dai «tabulati telefonici» raccolti all’epoca dalla polizia. Certo, tredici anni fa, Giambruno – mai indagato – era un signor nessuno e gli inquirenti non hanno avuto motivi di approfondire la sua posizione. Ma tra lui e Lele Mora compaiono una decina di contatti, sms anche ravvicinati, tutti nel luglio del 2010.
Andrea Salvatore Giambruno, di cui ormai sono arcinoti tanto l’incontro con Giorgia Meloni in uno studio televisivo complice una buccia di banana quanto la lunga serie di scivoloni inanellata in diretta in pochi mesi (dalle frasi negazioniste sul «climate change» alla «transumanza» dei migranti, passando per i ministri tedeschi che farebbero meglio a «starsene nella foresta nera» alle riflessioni sulle ragazze che se «evitano di ubriacarsi e perdere i sensi» magari poi non trovano «il lupo»), è iscritto all’elenco dei giornalisti pubblicisti dal 12 giugno del 2014.
Nato a Milano, cresciuto fra l’hinterland e la provincia di Monza, dove si è diplomato allo scientifico Frisi per poi laurearsi in Filosofia alla Cattolica, ha sempre vissuto in quella zona grigia fra il desiderio di diventare qualcuno, televisivamente parlando, e l’anonimato.
Primi passi a Telenova poi un’esperienza a Mtv e l’arrivo sotto il segno del Biscione nel 2009, quando di anni ne aveva 28: autore a Quinta Colonna, Matrix, Mattino Cinque e Stasera Italia, poi Studio Aperto e TgCom24. Chi non lo ama malignava sul suo passaggio dalla rassegna stampa notturna al titolo di conduttore. Altra storia è quella della collaborazione con il quotidiano Il Tempo. Come pseudonimo aveva scelto Arnaldo Magro.
La rubrica si chiamava «Segretissimo» e ha costretto il direttore Franco Bechis a pubbliche scuse perché una volta l’autore «ha sintetizzato in modo erroneo una frase pronunciata da Matteo Salvini».
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
LA FAMIGLIA NON E’ INTERVENUTA SULLA LIBERTA’ DEL TG SATIRICO, TROPPI GLI SGARRI DEL GOVERNO A FORZA ITALIA
«Ps: tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua». Una chiusa carica di significati, per alcuni un diversivo, per altri un attacco a chi è responsabile della fine della storia tra Giorgia Meloni e Andrea Giambruno.
La premier ha deciso di rendere pubblica la sua decisione dopo il secondo fuori onda trasmesso giovedì sera da Striscia la notizia, ben più grave del primo comparso nella puntata di mercoledì. Nella clip si sentono gli approcci del conduttore con le colleghe, con cui vengono evocate tresche e rapporti a tre e quattro. «Posso toccarmi il pacco mentre ti parlo?» chiede il compagno della premier. E Meloni forse anche per questo stillicidio ha deciso di uscire allo scoperto. Sottolineando comunque, nel suo post di addio, che il rapporto con il conduttore del Diario del giorno di Rete 4 era «finito già da tempo». Un elemento non secondario considerato che è ancora in edicola, fresco di stampa, il nuovo numero di Chi in cui Giambruno, intervistato, spiega che il matrimonio con Meloni è all’orizzonte o, addirittura, magari è già avvenuto.
Difficile che quell’intervista sia comparsa senza la consapevolezza di palazzo Chigi, così come sembra improbabile che due persone separate da tempo vadano a teatro insieme, com’è successo a inizio mese, quando la coppia è stata avvistata in prima fila allo spettacolo dei due comici Pio e Amedeo.
ELEMENTI DI DISTURBO
Resta però l’accusa – vera o finta visto che c’è già chi ipotizza che la mandante del servizio di Striscia sia la premier stessa, in fondo felice di liberarsi di un compagno che l’ha messa in imbarazzo diverse volte – a chi ha tentato di colpire Meloni «in casa». Qualcuno ci legge anche un’eco del «non sono ricattabile» pronunciato nei giorni di formazione del governo in risposta alle richieste di Silvio Berlusconi. Quel che è certo è che anche se i servizi dovessero averla colta di sorpresa, Meloni ha deciso che il gioco non valeva la candela e ha scelto di anticipare altri imbarazzi tagliando il rapporto.
Un’ipotesi che trova conferma anche nelle parole del creatore di Striscia, Antonio Ricci, che in un’intervista ha spiegato che «un giorno Meloni mi ringrazierà». Quasi ci fossero altre questioni aperte. In ogni caso, ora, l’unico elemento che rendeva «ricattabile» la premier è stato rimosso. Tornando al Ps, Meloni potrebbe rivolgersi a diversi protagonisti della vicenda: da Ricci ai giornalisti che hanno insistito sulla vicenda o addirittura alla famiglia Berlusconi stessa.
Effettivamente, i due servizi andati in onda e il fatto che, anche durante il Grande fratello, Alfonso Signorini e Cesara Buonamici abbiano ironizzato sul blu estoril tanto caro a Giambruno, lascia pensare che ad Arcore qualcuno sapesse.
Ma è anche risaputo che dentro Mediaset Ricci goda di una libertà assoluta, acquistata grazie all’immensa resa in termini di raccolta pubblicitaria del suo programma. Quindi, verosimilmente, i due servizi che sono costati a Meloni la fine (almeno quella ufficiale) della relazione con il padre di sua figlia nascono da un insieme di ragioni.
Da un lato qualcuno insinua che il materiale fosse nella disponibilità di Ricci già da tempo. Il primo servizio è infatti collocabile tra fine giugno e inizio luglio e Giambruno, tra le altre cose, dice che parlerà di Casalpalocco, quindi di un episodio di cronaca che risale a diversi mesi fa (ma questa coincidenza vuol dire poco o nulla visto che la trasmissione potrebbe averli ricevuti solo ora).
Un’altra voce che circola nei corridoi di Mediaset, riportata dal Foglio, è che il patron di Striscia non abbia preso bene la decisione di Pier Silvio Berlusconi di anticipare l’inizio della prima serata tagliando di fatto il suo programma, con conseguente perdita di share.
Pubblico ampiamente recuperato proprio grazie allo scoop di Giambruno. Insomma, quasi una prova di forza per dimostrare il valore del proprio prodotto. Fatto sta che tutto questo non ha certo migliorato i rapporti tra Meloni e la famiglia Berlusconi che, negli ultimi mesi, si sono a dir poco raffreddati
RAPPORTO LOGORATO
L’intesa che legava Marina Berlusconi e Meloni, checché ne dica chi gira intorno a partito, famiglia e azienda, sembra ormai appartenere al passato. La verità è che l’amicizia è stata logorata dai troppi sgarri che il governo ha commesso nei confronti degli interessi di famiglia, non ultima la norma sugli extraprofitti che ha rischiato di colpire duramente banca Mediolanum. Non hanno migliorato le cose episodi – non impediti da Antonio Tajani – come il taglio del superbonus e l’atteggiamento del governo sulle accise.
Tutti argomenti sensibili per l’elettorato e per i Berlusconi, primi azionisti di Forza Italia. È notevole però anche il tempismo della messa in onda, a pochissimi giorni dalla presentazione di una manovra che non ha soddisfatto del tutto gli azzurri. Tanto meno li ha resi felici la richiesta di palazzo Chigi di non presentare emendamenti o la proposta di ragionare su una tassa di successione. Resta da vedere quali possano essere gli effetti degli sviluppi romantico-politici della vita privata della premier sul dibattito intorno alla legge di Bilancio.
La luce verde a Ricci sui due servizi che hanno provocato l’allontanamento di Giambruno oltre che dal talamo nuziale anche dalla conduzione del Diario del giorno – ottenuta dopo la conquista di palazzo Chigi da parte della sua compagna – può essere letta però anche come un diverso approccio degli eredi del Cavaliere all’impegno politico rispetto a quello nelle aziende.
Nel momento in cui in Forza Italia si delinea infatti un nuovo potere economico che si identifica in Letizia Moratti, non è detto che i Berlusconi non abbiano deciso di far prevalere l’interesse economico sulla pace politica, garantendosi con lo scoop di Striscia un grosso risultato in termini finanziari, anche a costo di creare frizioni con palazzo Chigi. In fondo, Forza Italia deve alla famiglia quasi cento milioni di euro, e la politica si può fare anche con i tg satirici.
(da editorialedomani.it)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
ORA SARA’ PIU’ DIFFICILE PER LEI PREDICARE SUPERIORITA’
E così Andrea Giambruno, ormai da giorni retrocesso da fidanzato a carico residuale, è stato “transumato” alla porta. Giorgia Meloni, fedele al suo motto, deve aver telefonato alla ormai ex suocera per dirle con tono perentorio: “Ospitalo a casa tua”.
Era difficile, del resto, ignorare le avance alla collega in blu Estoril, le battute a sfondo sessuale, i toni camerateschi di Giambruno svelati dai fuori onda di Striscia la notizia. La domanda, casomai, è come lui in passato avesse fatto a conquistarla, visto che si erano conosciuti proprio dietro le quinte di un programma Mediaset (Matrix) dieci anni fa.
Se Antonio Ricci si procurasse i fuori onda del loro primo incontro, potremmo sapere cosa la avesse affascinata di Giambruno, se il ciuffo iperbolico, o la mano che ravana nel pacco, o la dialettica forbita. Al di là di questo, credo che meriti un’analisi approfondita il post con cui la presidente del Consiglio ha liquidato il compagno, perché ogni singola riga e perfino la foto che accompagna il testo vanno interpretati con attenzione.
Partiamo dalla velocità della reazione: esistono molte ipotesi di complotto su come quel fuori onda sia diventato pubblico, perfino quella che lei sapesse tutto. Ma l’impulsività con cui ha agito sembra quella di una donna ferita. Di una donna che forse era preparata a vedere il padre di sua figlia in modalità piacione ipertricotico, ma non in quella di allupato che, per giunta, mette in guardia dai lupi.
C’è poi il primo passaggio interessante del testo, ovvero quel “le nostre strade si sono divise da tempo”, perché se è vero allora non si scappa: o le loro strade si erano divise all’insaputa di Giambruno, visto che pochi giorni fa su Chi, er mejo ciuffo del globo terracqueo aveva lasciato intendere di aver addirittura sposato Giorgia in segreto; oppure, dopo aver visto i fuori onda, la premier ha optato per un decreto di espulsione immediato, come per un clandestino qualunque.
Ma c’è anche una terza opzione: Giorgia sapeva e le andava bene così. Probabilmente la sua era una famiglia tradizionale nell’accezione antichissima per cui i panni sporchi si lavano in famiglia e si fanno asciugare sul termosifone. Poi arriva Striscia la notizia, piazza magliette e mutande bagnate sullo stendino in giardino, al sole, e improvvisamente “le strade si erano divise da tempo”.
Colpisce poi il consueto vittimismo rancoroso della premier. Non mi è ben chiaro cosa voglia dire “difenderò mia figlia!”. Ma da chi? Dai troppi compiti a casa? Dalle merendine con i grassi saturi? Ora, conosciamo tutti la sua paranoia, ma qui si esagera. E poi, perché era necessario dire che la bambina “ama suo padre come io non ho potuto amare il mio”? Ve lo dico io: la nostra presidente conosce bene le regole della comunicazione: quando sei in difficoltà, una nota tragica sull’infanzia da piccola fiammiferaia funziona sempre. Lo aveva fatto quando affermò maldestramente che l’obesità era “una devianza” e per riparare tirò fuori una foto della madre obesa, a esempio.
C’è anche un altro particolare nel post che sembra trascurabile, ma non lo è: Giorgia Meloni mostra sua figlia in volto (lo aveva fatto solo una volta molto tempo fa). Ne aveva sempre preservato l’immagine e guarda un po’, curiosamente, la mostra nel momento di maggiore esposizione mediatica del loro privato.
Se c’è un momento in cui i minori andrebbero protetti è quello in cui i genitori si separano, mente lei fa l’esatto contrario. E lo fa con calcolo perché nulla – in qualunque guerra si combatta, che sia quella con i media o quella con i nemici al di là del fronte – suscita compassione come il volto di un bambino.
Infine, la frase finale che tradisce il suo eterno rancore nei confronti del mondo: “Per tutti quelli che hanno cercato di indebolirmi colpendomi in casa, sappiano che per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua”.
Che, per chi non l’avesse intuito, è la versione soft del famoso slogan tanto caro a una certa destra: “Sul cadavere dei leoni festeggiano i cani, ma i leoni restano leoni, i cani restano cani”.
Non so a quali dei suoi nemici reali o dei suoi tanti nemici immaginari si riferisca, ma sarebbe ora che Giorgia Meloni realizzasse una cosa importante: il suo cerchio magico, quello che nella sua testa doveva proteggerla, è la sua più grande debolezza.
Per gestire la sua paranoia del nemico ha costruito questo muro di parenti e improbabili amici intorno a sé che presidiano stampa, ministeri e partito col risultato che la mediocrità altrui l’ha resa attaccabile su più fronti. Perché gli errori degli altri sono i suoi.
Antonio Ricci con quei fuori onda, in fondo, l’ha aiutata davvero. Di Giambruno si è potuta liberare come se non fosse colpa sua, ma ora resta un problema politico non da poco. Deve decidere come risolvere questa sua sempre più imbarazzante contraddizione tra la propaganda basata sulla storiella della famiglia tradizionale e la sua vita privata, perché le due cose faticano sempre di più a stare insieme.
Forse oggi ha scoperto che le famiglie non sono entità superiori ma nuclei incerti, spesso sgangherati, composti da esseri umani con i loro limiti, con le loro mancanze, le loro debolezze e che nessuno, da un pulpito, può sancire la superiorità di una composizione familiare o di un’idea di famiglia.
Da oggi sarà ancora più difficile, per lei, continuare a predicare dall’altare senza che la gente seduta in chiesa si sbellichi dalle risate.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
PERCHE’ ANDREA GIAMBRUNO RISCHIA MOLTO DOPO LA SEPARAZIONE DALLA MELONI
Chissà se Giorgia Meloni un giorno scoprirà davvero che pubblicando i fuorionda di Andrea Giambruno il dominus di Striscia la notizia Antonio Ricci le ha «fatto un favore». Di certo il conduttore fidanzato della premier era davvero convinto di essere al sicuro dentro Mediaset. «Ce l’hanno tutti con me. Ma chissenefrega», ripeteva. Perché in realtà a Cologno Monzese più di un collega si lamentava per i suoi modi. E oggi festeggia la hybris punita del presunto intoccabile. Mentre lei, la premier, continua a interrogarsi sulla questione politica intorno al caso. Intanto nei corridoi si sussurra che proprio Ricci abbia altro materiale su Giambruno. Che non ha pubblicato nella puntata di ieri. Perché «poteva sembrare accanimento». Ma che presto potrebbe finire in ballo lo stesso.
Il licenziamento
Giambruno infatti rischia il licenziamento. Lo stop alla conduzione di ieri, che si protrarrà per almeno una settimana, potrebbe essere soltanto l’inizio. Il Fatto Quotidiano spiega che intanto è partita un’indagine interna dentro Mediaset. Sotto la lente le presunte violazioni del codice etico. I fuorionda trasmessi mercoledì e giovedì potrebbero essere quindi soltanto la punta dell’iceberg. E, scrive il quotidiano, prima di arrivare alla pubblicazione avrebbero ricevuto l’ok di Pier Silvio Berlusconi. «Non si può mandare una cosa così dirompente senza il suo benestare. Ricci avrebbe altro materiale, quindi. Per il momento non lo trasmetterà perché potrebbe risultare come un accanimento. Ma, e questa è la novità, potrebbe essere costretto a recapitarlo all’ufficio audit interno proprio a causa dell’inchiesta.
Il codice etico di Mediaset
Il codice etico del Biscione tratta questi casi all’articolo 8 “Integrità e tutela della persona”, nei commi 2 e 3. «Il gruppo Mediaset esige che nelle relazioni di lavoro non sia dato luogo a molestie. È vietata qualsiasi forma di violenza o molestia sessuale o riferita alle diversità personali e culturali”, si legge nel testo.
L’inchiesta non sarebbe partita da una denuncia di una delle giornaliste oggetto delle attenzioni del conduttore, ma da segnalazioni giunte a Striscia dall’interno dell’azienda. Episodi che risalgono a un paio di mesi fa. Proprio per questo la premier si è mossa ieri per lasciare Giambruno via social. Mentre i commenti di Striscia su di lui che «tira su col naso», spiega il Corriere, la preoccupano. Perché è chiaro che battutacce e volgarità sessiste potrebbero presto uscire. E lei non intende restare ostaggio della sua storia e dell’epilogo.
L’incontro a settembre e i colloqui con Letta
Repubblica scrive che Pier Silvio Berlusconi informò la premier dei video già a settembre. In una visita a Villa Grande, l’ex residenza romana di Silvio. I fuorionda risalirebbero invece addirittura a giugno. Mentre si racconta anche di una riunione a casa di Gianni Letta subito dopo la messa in onda del primo. La nota con cui ha annunciato la fine della relazione invece era pronta da prima della pubblicazione del secondo audio. Lui al quotidiano dice: «Non è opportuna questa chiamata». Il tono è funereo e in sottofondo si sente la voce di una bimba.
A difenderlo, ieri, era rimasto soltanto Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione di Mediaset. Che aveva parlato di accanimento polemico nei suoi confronti. Crippa è citato in uno dei fuorionda, anche se il suo nome è bippato.
Il ciuffo di Giambruno
Il quotidiano spiega che anche negli uffici romani del gruppo Giambruno è oggetto di scherno. «È arrivato il ciuffo di Gianbruno?», si chiedono di solito le autrici. Il conduttore non perdeva occasione per fare il piacione con le donne. Ma senza cattiveria, secondo loro: «È vero, ama fare battute a doppio senso. Ma è il suo modo di scherzare, per fare conversazione. E alla fine concludeva sempre con una frase del tipo: “Qui non si batte chiodo!”». Un’altra collega spiega invece che «a molte dava fastidio. Era insistente e, come avete visto in tv, non è che lasciasse intendere le cose… C’è chi non ha gradito».
Proprio queste dichiarazioni spingono a pensare che nessun complotto di Forza Italia o di berluscones c’è dietro i fuorionda: si tratta proprio di un affare interno a Mediaset.
La lettera di contestazione
Intanto i legali dell’azienda stanno valutando i fatti, i profili di responsabilità, le eventuali violazioni del codice etico e la corretta esecuzione dei rapporti regolati dal diritto del lavoro per decidere se avviare una procedura disciplinare a carico di Giambruno. In questi casi il primo atto è una lettera di contestazione, con il coinvolgimento degli organi sindacali; il destinatario può rispondere con le controdeduzioni e solo al termine dell’iter possono scattare le sanzioni, che arrivano fino al licenziamento.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 21st, 2023 Riccardo Fucile
E INFATTI L’AGENZIA DI RATING STANDARD & POOR’S CONFERMA IL GIUDIZIO BBB PER L’ITALIA, CON OUTLOOK STABILE, MA SEGNALA TRE ENORMI PROBLEMI: UN DEBITO PUBBLICO CHE FATICA A SCENDERE IN RAPPORTO AL PIL, UN DISAVANZO CHE SARÀ PIÙ CORPOSO DELLE PREVISIONI DI PRIMAVERA. L’INCERTEZZA SULLE PROSPETTIVE DI CRESCITA – I TIMORI PIU’ GRANDI SONO PER IL GIUDIZIO DI MOODY’S PREVISTO IL 17 NOVEMBRE
Il mese più lungo del rating sovrano italiano è iniziato. S&P Global ha confermato il giudizio sull’Italia, BBB, ma ha anche mantenuto stabili le stime future, ovvero l’outlook. Ci si aspettava una parziale bocciatura della legge di Bilancio, con una revisione delle previsioni da stabili a negative. Non mancano i fattori di preoccupazione, spiega S&P.
Tre su tutti. Primo, un debito pubblico che fatica a scendere in rapporto al Pil. Secondo, un disavanzo che sarà più corposo delle previsioni di primavera. Terzo, l’incertezza sulle prospettive di crescita. Se da S&P arriva una mossa attendista, così potrebbe non essere per Moody’s. Non a caso è questo il voto che più intimorisce, visto che l’outlook è già in territorio negativo. L’unico deterrente, nel caso di Moody’s, è dal punto di vista “morale”. Ma non è abbastanza per dormire sonni tranquilli.
Le stime sull’Italia sono state riviste, nell’ordine, dalla Commissione Europea, dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), dalla Banca centrale europea (Bce), dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Il tutto senza contare le revisioni prodotte dalle banche d’affari. A incidere, dopo l’estate, è stata la frenata che i Paesi occidentali stanno sperimentando. Dalla Germania alla Cina, a esclusione degli Stati Uniti, l’economia globale sta rallentando.
L’Italia più di altri. Ma, questo il razionale dietro alla decisione di S&P Global, si accompagna a un significativo scostamento di bilancio per l’anno in corso, in primis, e per il successivo. Il deficit al 4,3% del Pil previsto dalla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) per il prossimo anno è ben oltre le previsioni. E potrebbe subìre una revisione al rialzo per, almeno, due motivi. Da un lato, fattore evidenziato da più di una banca d’affari negli ultimi giorni, l’inflazione persistente e il conflitto tra Israele e Hamas, che potrebbe mettere pressione sui prezzi dell’energia su scala globale. Dall’altro, le ripercussioni del Superbonus. Per il 2023 la situazione è stata risolta da Eurostat, ma per il 2024 c’è un enorme dubbio su quale sarà la lettura del garante dei conti statistici a livello europeo.
La girandola cominciata da S&P è destinata a durare per tutto il mese. Oggi l’agenzia di rating newyorkese, venerdì prossimo sarà il turno di DBRS. Poi il 10 novembre sarà la volta di Fitch, che ha già espresso pesanti dubbi sulla legge di Bilancio italiana. Ma non sono queste le tre società di valutazione che preoccupano di più l’esecutivo. La data da tenere sotto osservazione quella di venerdì 17 novembre. Moody’s, dopo la “pausa di riflessione” dello scorso maggio, dovrà decidere cosa fare. L’outlook è già negativo, e il giudizio sul debito sovrano italiano è a un notch (voto, ndr) dal livello “Junk”, ovvero “spazzatura”.
Al di sotto, per i fondi d’investimento globali potrebbe esserci una vendita forzosa dei Btp detenuti in portafoglio. Senza il supporto attivo da parte della Bce, che ha smesso da tempo di acquistare obbligazioni governative dell’area euro, le turbolenze potrebbero essere significative.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »