Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
MA QUANDO, IN PIENA ALTERAZIONE EMOTIVA, CON GLI OCCHI SPIRITATI, HA ACCUSATO IL SECONDO GOVERNO CONTE DI AVER FIRMATO LA RIFORMA DEL MES A GENNAIO 2021, “CONTRO IL PARERE DEL PARLAMENTO” E “COL FAVORE DELLE TENEBRE”, MELONI HA PESTATO UN MERDONE GROSSO COSI’. QUESTA DECISIONE ERA STATA PRESA NEI DUE MESI PRECEDENTI, SUPPORTATA ANCHE DA UN VOTO DEL PARLAMENTO, E LA FIRMA ERA SOLO UNA FORMALITÀ
Come mai, quelle che dovevano essere le comunicazioni sul Consiglio europeo di domani (in ballo il “pacchetto Meloni” su Mes e Patto di Stabilità), la premier coatta della Garbatella le ha trasformate in una crisi di nervi ormai prossima a un disturbo mentale?
Intanto, quando i senatori del Pd l’hanno sbertucciata irridendola, “Tanto il Mes lo dovete ratificare comunque”, a quel punto non ci ha visto più.
Ormai è chiaro che la nevrastenia della poverina non regge né il suo camelontismo in campo europeo né che qualcuno le rinfacci i proclami anti-Mes di quando era seduta tranquillamente all’opposizione e lo liquidava come “anticamera della troika” e “cappio al collo”.
Se poi uno ha voglia di elencare tutte le contraddizioni di Meloni, durante la sua ascesa dal 4% dei tombini di via della Scrofa al 27 di Palazzo Chigi, non finirebbe più.
L’ultima gag-ata è stato l’invito all’adunata di Atreju, la festa di Fdi, il 17 dicembre, del leader del partito di estrema destra Vox, Santiago Abascal, quel tipino fine che ha dichiarato in un’intervista che “verrà il momento in cui la gente vorrà impiccare per i piedi” il premier socialista spagnolo Pedro Sanchez.
Per la verità, la Meloni aveva invitato l’altro suo alleato dell’euro-gruppo dei Conservatori (Ecr), il polacco Mateusz Morawiecki, il quale ha declinato perché ancora non si è ripreso dalla sconfitta elettorale subita dal filo europeo Donald Tusk, legato al Ppe.
Il livore rigurgitato, senza nominarlo, su Mario Draghi, e contemporaneamente facendo pure incazzare Macron e Sholz (“Per alcuni la politica estera è stata semplicemente farsi fotografie con Germania e Francia, anche senza portare a casa niente”), ha origine dal fatto che lei patisce la personalità e il carisma internazionale dell’ex premier – vedi come il governativo ‘’Corriere della Sera’’ sbatte a pagina 15 il ritorno di Draghi, dopo un anno lontano da palazzo Chigi, per la presentazione sull’altare di Sant’Ignazio di Loyola del libro del vice direttore del quotidiano di via Solferino, Aldo Cazzullo.
(da Dagoreport)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
L’INTERVENTO DOPO DUE RICORSI PRESENTATI DAI PARTITI DI OPPOSIZIONE ALBANESI
La Corte costituzionale albanese ha annunciato la sospensione delle procedure parlamentari per l’approvazione dell’accordo tra Edi Rama e Giorgia Meloni sui migranti, prevista per domani.
La Corte è stata chiamata in causa da due ricorsi presentati separatamente dal Partito democratico albanese e altri 28 deputati schierati a fianco dell’ex premier di centrodestra Sali Berisha.
Nel ricorso accettato si sostiene che l’intesa viola la Costituzione e le convenzioni internazionali alle quali l’Albania aderisce. Ciò comporta che la ratifica parlamentare dell’accordo sia sospesa fino a quando la Corte non si esprimerà con una sentenza, per la quale ha tempo 3 mesi. L’esame del ricorso è previsto il 18 gennaio 2024.
“Una clamorosa figuraccia europea”, afferma in una nota l’esponente dei Verdi e parlamentare di Avs, Angelo Bonelli. “Come già dimostrato dall’esito dell’accordo tra UK e Ruanda, quando prendono scorciatoie rispetto ai principi del diritto internazionale, i nodi presto o tardi vengono al pettine”, ha commentato su X il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
LA COMMISSIONE EUROPEA SBLOCCA 10 MILIARDI PER L’UNGHERIA, CON L’OBIETTIVO DI CONVINCERE VIKTOR ORBAN A VOTARE A FAVORE DELL’INGRESSO DELL’UCRAINA NELL’UNIONE. QUEI FONDI SONO UNA PARTE DEI SOLDI CONGELATI PER IL MANCATO RISPETTO DELLE REGOLE SULLO STATO DI DIRITTO
Dieci miliardi di motivi per convincere Viktor Orban a dare il via libera ai negoziati di adesione con l’Ucraina e ad approvare la creazione di un maxi-fondo Ue per aiutare Kiev. A poche ore dall’inizio del Consiglio europeo, la Commissione è pronta a mettere sul piatto una ricca offerta per scongiurare il veto del premier ungherese: Ursula von der Leyen avrebbe infatti già deciso di scongelare circa il 50% dei fondi di coesione destinati a Budapest, pari a circa 10 miliardi, che sono bloccati da un anno a causa della normativa che limita l’indipendenza della magistratura.
L’annuncio dovrebbe arrivare oggi o al più tardi domani, ma non è detto che basterà: questa volta Orban sembra davvero inflessibile.
Ieri il suo ministro degli Esteri, Peter Szijjarto, era a Bruxelles per partecipare alla riunione del Consiglio Affari Generali ed è uscito esultando: «Siamo riusciti a impedire la decisione sull’avvio dei negoziati di adesione con l’Ucraina». Per il momento, dunque, la linea ungherese resta la stessa.
Al vertice Ue di domani potrebbe arrivare anche Volodymyr Zelensky, che nei giorni scorsi ha incontrato Orban in Argentina. Ma sulla decisione che dovrebbe dare il via libera ai negoziati di adesione si sono aggiunte anche le resistenze dell’Austria: il cancelliere Karl Nehammer ha detto chiaramente di essere contrario a una «procedura accelerata» per Ucraina e Moldavia perché non possono esserci trattamenti differenziati rispetto ai Paesi dei Balcani Occidentali, i cui leader saranno stasera a Bruxelles per un vertice con i loro colleghi dell’Unione europea.
I dubbi di Vienna, però, non destano grandi preoccupazioni: secondo fonti diplomatiche, possono essere superati se il Consiglio europeo darà contestualmente il via libera ai negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina.
Per l’Ungheria, invece, servono altri metodi di persuasione. Un anno fa la Commissione aveva congelato i 21,7 miliardi di euro di fondi di coesione destinati a Budapest a causa delle violazioni dello Stato di diritto. Circa la metà, 10 miliardi, sono legati alle norme che minano l’indipendenza della magistratura.
I restanti 11,7 miliardi sono invece bloccati, e lo resteranno, in seguito alle leggi contro le università, contro i diritti Lgbtqi e contro i richiedenti asilo. Inoltre, ci sono i 10,4 miliardi di euro del Pnrr ungherese che non sono mai stati pagati, anche se proprio nei giorni scorsi l’esecutivo europeo ha dato il via libera al versamento di 900 milioni per il capitolo RePowerEu, erogati sotto forma di pre-finanziamento e dunque senza alcuna condizione aggiuntiva.
Ora però la Commissione vuole cogliere al volo l’assist arrivato ieri sera dal parlamento ungherese che ha adottato alcuni provvedimenti all’interno della riforma della Giustizia. Secondo i tecnici Ue, queste misure potrebbero andare incontro alle osservazioni di Bruxelles sull’indipendenza della magistratura e dunque giustificare lo scongelamento dei primi 10 miliardi.
Ma al di là delle questioni puramente tecniche, le tempistiche della decisione hanno chiaramente uno sfondo politico perché rappresentano l’ultimo tentativo per convincere Orban a non far naufragare il Consiglio europeo.
Oltre alla decisione sull’avvio dei negoziati di adesione, i 27 leader dovranno anche negoziare e approvare la revisione del bilancio pluriennale dell’Ue.
Per il via libera al bilancio, però, serve l’unanimità e Orban ha già agitato il veto. Per questo si studia anche un possibile piano B, magari attraverso l’istituzione un fondo extra-bilancio garantito dagli altri 26 Paesi.
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA SICILIANA IN RIVOLTA… “IL SUO GIOCATTOLO SE LO FACCIA REGALARE DA BABBO NATALE O DALLA BEFANA”
Commissione Bilancio del Senato, all’esame c’è la Manovra finanziaria. Arrivano gli emendamenti del governo che, contestualmente, ha chiesto ai suoi parlamentari di non presentarne. Le correzioni che vengono partorite sotto la regia di Palazzo Chigi, del Mef e degli altri ministeri, tuttavia, finiscono per scontentare gli esponenti della maggioranza stessa. Non siede in Parlamento, ma guida un’Assemblea che si definisce tale: Renato Schifani, di Forza Italia, ha sconfessato l’emendamento governativo atto a recuperare risorse per il Ponte sullo Stretto. Il presidente della Regione Sicilia, appreso che 1,3 miliardi di euro destinati al Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) saranno utilizzati per l’opera, ha fatto diramare un comunicato di dissenso. «Il governo regionale della Sicilia ha sempre espresso totale disponibilità verso la realizzazione del Ponte sullo Stretto, opera che considera strategica, e per questo la giunta si era impegnata a destinare un miliardo di euro di risorse del Fsc 2021-2027, dandone tempestiva comunicazione al ministro Matteo Salvini con una nota del 18 ottobre. La decisione governativa per cui la quota di compartecipazione della Regione Sicilia debba essere invece di 1,3 miliardi di euro non è mai stata condivisa dall’esecutivo regionale».
L’aumento della quota pari a 300 milioni non è stato concordato. Perciò, il presidente della Regione ha fatto sapere di auspicare che «Salvini si attivi per restituire le maggiori risorse sottratte alla Sicilia, necessarie per sostenere importanti investimenti per lo sviluppo dell’isola».
Toni altrettanto duri sono arrivati dagli onorevoli azzurri che siedono alla Camera e al Senato. «Ritengo inammissibile che venga posto a carico della Sicilia una ulteriore parte della somma necessaria per costruire il Ponte sullo Stretto. Nella legge di Bilancio, leggo, si intende utilizzare una rilevantissima parte di fondi destinati alla Sicilia per altre opere, per il Ponte. È inaccettabile», ha affermato il deputato Tommaso Calderone. «Si dovrebbe pensare, per principio costituzionale, a eliminare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità e invece si agisce al contrario, rendendo vano il grande lavoro che sta svolgendo il presidente Schifani, con il quale concorderò per le vie brevi, una audizione in Commissione per pianificare un intervento a difesa della Sicilia e dei siciliani».
Da Palazzo Madama, invece, è intervenuta la senatrice azzurra Daniela Ternullo. «Il Ponte sullo Stretto è da sempre una battaglia di Forza Italia: riteniamo sia una infrastruttura fondamentale non solo per la Sicilia, ma per tutto il Paese. Proprio per questo, invitiamo il governo a individuare coperture alternative rispetto a quelle indicate nell’emendamento alla Manovra, in cui si sottraggono risorse preziose alla Regione Sicilia. I cittadini siciliani attendono da troppi anni il rilancio di politiche di sviluppo che consentano di colmare un gap dovuto anche alla condizione di insularità. È il motivo per cui riteniamo inopportuno sottrarre risorse preziose al raggiungimento di questo obiettivo». Inaccettabile e inopportuno, dunque, sono gli aggettivi utilizzati dai forzisti contro l’emendamento del governo.
Lato opposizioni, si sprecano i comunicati e le dichiarazioni. La senatrice siciliana del Movimento 5 stelle, Ketty Damante, ha scritto: «Giorgia Meloni, la premier che dice di non buttare i soldi dei cittadini dalla finestra, ha deciso di spolpare Calabria e Sicilia per fare contento l’alleato Salvini sul ponte sullo Stretto. Il folle rimando al Fondo di sviluppo e coesione però ha scatenato una guerriglia senza quartiere tutta interna alla destra».
«Salvini ci ridia i soldi e il suo giocattolo se lo faccia regalare da Babbo Natale»
E ha concluso: «Questo è il governo dei patrioti alla vaccinara. Per far piantare la bandiera a Salvini, si dissanguano le due regioni che più di tutte hanno bisogno dei fondi di coesione. Un capolavoro».
Sempre sponda grillina, intervenendo in Aula durante il question time a Salvini, la deputata Elisa Scutellà ha incalzato il leghista: «C’è un’Italia che soffre perché ci sono dei disastri ferroviari e delle stragi come quella avvenuta a casa mia, a Corigliano Rossano, con due morti. C’è la statale 106 in Calabria, la strada della morte, dove lei Salvini non ha messo neanche un soldo. Mentre c’è tutto questo, da ministro dei Trasporti prende con uno scippo i soldi dei cittadini calabresi e siciliani per finanziare il suo giocattolo, il Ponte sullo Stretto. Il presidente della regione Sicilia Schifani si è già tirato indietro, perché non si può accettare che lei finanzi le sue opere con i soldi di calabresi e siciliani. Ci ridia i soldi e il suo giocattolo se lo faccia regalare da Babbo Natale o dalla Befana».
Emendamento già decaduto?
Nel Partito democratico, è stato il segretario regionale Anthony Barbagallo a biasimare l’emendamento: «Sul Ponte sullo Stretto, Schifani si è incartato. Ieri infatti il governo nazionale ha annunciato che gran parte delle risorse arriveranno dalle quote del Fondo di sviluppo e coesione destinate alla Sicilia e alla Calabria. Adesso Schifani dica ai siciliani quante e quali opere saranno sacrificate sull’altare di Salvini grazie a questo scippo perpetrato, a suo dire, in modo non concordato, ai danni della Sicilia. Perché i siciliani devono accettare le fandonie di Salvini, che utilizza il Ponte sullo Stretto per fare campagna elettorale in vista delle prossime Europee, ma accollando ora i costi solo a Sicilia e Calabria?». Il vicepresidente dei senatori del Pd Antonio Nicita ha provato a guardare avanti, sollevando il dubbio che l’emendamento possa considerarsi già decaduto poiché, secondo il testo, «l’impiego di quei fondi deriva da un accordo con la Regione Sicilia». Accordo che, stando alla nota di Schifani, non c’è stato.
(da Open)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
DOPO AVER SUBITO MINACCE E TAGLIO DELLE GOMME, ARRIVA PURE LA “PUNIZIONE”… LO STATO NON DOVREBBE TUTELARE GLI ONESTI?
Una settimana di sospensione dal servizio per aver danneggiato la cooperativa. così Cotabo, una delle più importanti cooperative di auto bianche dell’Emilia-Romagna, ha sanzionato il suo associato Roberto Mantovani, tassista di lungo corso e da molti mesi ormai impegnato in una battaglia contro i colleghi No-Pos.
RedSox, questo il nome del profilo con cui è noto su X/Twitter, pubblica giornalmente il resoconto delle entrate, divise tra contanti e pagamenti elettronici. Mantovani vuole così dimostrare come avere il Pos a bordo sia assai conveniente per chi fa il suo mestiere, e che qualsiasi opposizione ad esso è pretestuosa.
La sua battaglia lo ha presto reso inviso ai suoi colleghi: spesso Mantovani riferisce di minacce, insulti, sputi, escrementi per posta, boicottaggi. Come quando si è ritrovato le gomme dell’auto tagliate. O come quando, più di recente, avrebbe perso la licenza per il defibrillatore a bordo.
I defibrillatori
Dal 2015 Cotabo ha dato la possibilità di dotare le auto con questi apparecchi: ne sono stati installati 18 su altrettante vetture, e 27 sono i volontari che hanno l’abilitazione. Ogni due anni il certificato va rinnovato e, denuncia RedSox, «non mi hanno invitato al corso che hanno fatto a sorpresa, mi hanno detto che sono indesiderato. La mia abilitazione è scaduta e adesso non posso intervenire su eventuali chiamate. I responsabili e i dirigenti mi boicottano».
I dirigenti di Cotabo smentiscono questa ricostruzione e addossano la colpa a Mantovani: «Noi abbiamo messo a disposizione delle date per i corsi ma i colleghi hanno chiesto di non farli in sua compagnia. Per questo abbiamo comunicato a Mantovani la possibilità di farlo con altri operatori laici sempre a spese della cooperativa. non è vero che non possa più intervenire in caso di necessità, c’è una soglia di tolleranza dal momento in cui scade l’abilitazione durante il quale lo si può ancora fare».
La sanzione
La cooperativa si è mossa sulla base delle segnalazioni inviate dai suoi consociati dopo le denunce di RedSox. Il 2 novembre scorso è stato ascoltato dai dirigenti, due ore di colloquio poi un mese di silenzio. Tre le opzioni sul piatto: un richiamo, una sanzione amministrativa fino a 500 euro, la sospensione fino a 30 giorni. «Quando attacco il peggio della categoria, la mia cooperativa non può sentirsi chiamata in causa», si era difeso l’autista di Bologna5. Una tesi non accolta da Cotabo che lo ha sanzionato con una settimana di stop. «Tutto ciò lo vengo a sapere dai giornali perché la cooperativa non mi ha ancora contattato. Siam messi bene, dai», commenta ironico sui social.
(da Open)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
COME SE NON BASTASSE, ABBIAMO L’ALIQUOTA DI CONTRIBUZIONE EFFETTIVA PER LE PENSIONI PIÙ ELEVATA DI TUTTI: AL 33% CONTRO UNA MEDIA OCSE DEL 18,2%
Chi inizia a lavorare ora andrà in pensione a 71 anni, l’età più alta tra paesi Ocse dopo la Danimarca. Lo scrive l’Ocse nel Rapporto Pensions at a glance spiegando che il dato è legato all’aspettativa di vita. “Per chi entra ora nel mercato del lavoro – si legge – l’età pensionabile normale raggiungerebbe i 70 anni nel Paesi Bassi e Svezia, 71 anni in Estonia e Italia e anche 74 anni in Danimarca. Nel 2023, “l’età pensionabile legale in Italia è di 67 anni, in forte aumento dopo le riforme attuate durante la crisi finanziaria globale. Ma l’Italia “garantisce un ampio accesso al pensionamento anticipato, spesso senza una penalità”.
Al momento l’età “normale di pensionamento” è di circa 65 anni, in linea con la media Ocse (64,1). Per chi comincia a lavorare ora invece l’età media di uscita, a meno di nuove norme per l’anticipo, supererà di circa quattro anni la media Ocse. L’Italia è uno dei nove paesi Ocse – si legge – che vincolano il pensionamento legale per età con la speranza di vita. In un sistema contributivo tale collegamento non è necessario per migliorare le finanze pensionistiche, ma mira a evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse e per promuovere l’occupazione”.
I tassi di occupazione nelle fasce di età più anziane (60-64 anni) , spiega l’Ocse, sono al livello più basso dopo la Francia e la Grecia “Le possibilità di andare in pensione prima dell’età pensionabile prevista dalla legge risultano molto vantaggiose.
La concessione di benefici relativamente elevati a età relativamente basse nell’ambito delle Quote contribuisce alla seconda più alta spesa per la pensione pubblica tra i paesi Ocse, al 16,3% del Pil nel 2021. Sebbene l’aliquota contributiva sia molto elevata, le entrate derivanti dai contributi pensionistici rappresentano solo l’11% circa del PIL e necessitano di ingenti finanziamenti fiscalità generale”.
Per chi comincia a lavorare ora intorno ai 22 anni si prevede con l’aumento dell’aspettativa di vita che si vada in pensione a 71 anni ma che si abbia un importo della pensione rispetto allo stipendio al momento del ritiro di circa l’83% a fronte del 61% medio dell’Ocse.
Nel complesso, l’aliquota media di contribuzione effettiva per le pensioni nei paesi Ocse è del 18,2% del livello salariale medio nel 2022 con l’Italia che ha la quota’ obbligatoria più alta, al 33%. Lo scrive l’Ocse nel Report Pensions at a glance’. Seguono la Repubblica Ceca con il 28% e la Francia con il 27,8%.
“I paesi con tassi di contribuzione più elevati – si legge – spesso lo hanno fatto per prestazioni pensionistiche superiori alla media (come nel caso di Francia e Italia)”. Un livello più elevato di aliquote contributive “potrebbe danneggiare la competitività del dell’economia e una riduzione dell’occupazione totale”.
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
“C’È UNA SORTA DI DISCRIMINAZIONE VERSO LE PERSONE QUELL’ETÀ E NON C’È LA COSCIENZA DI QUANTO POSSANO VALERE. LA SOCIETÀ DOVREBBE CAPIRE CHE QUESTE FIGURE PROFESSIONALI NON SONO SCARTI”
Roberto Brazzale, 61 anni, è il titolare del burrificio di famiglia, attivo ininterrottamente da otto generazioni. Agli inizi del Novecento aveva preso vita il primo burrificio industriale a Zanè, vicino Thiene, in provincia di Vicenza. Fiore all’occhiello del mondo del latte, la famiglia Brazzale dalla fine del Settecento rappresenta la più antica azienda italiana del settore.
Tre anni fa Brazzale ha deciso di ingrandirsi, creando un nuovo ramo dedicato alla vendita di prodotti di alta gamma tra burro e formaggio. L’ha chiamato: “Vendita di prodotti speciali”, con annesso il food truck poi ne ha parlato ad alcuni amici. Alcuni li vedeva in difficoltà. Nessuno li voleva più prendere, questi over 60 che dopo aver sgobbato una vita la società li indietreggia, li lascia ai margini, alcuni con la sapienza nelle mani, lo spirito di sacrificio, tanti con un bagaglio ineguagliabile. E lui invece li ha assunti.
«Come è nata? Eh… Sono cose che nascono così, un progetto, un sogno, la voglia di ingrandirsi ed esplorare cose nuove. La concomitanza di un incontro, una persona che si dimostra interessata, qualcuno che chiede di poter far parte di una squadra. Ed eccoci qui, un gruppo di vecchi amici che unisce le proprie competenze professionalmente. Fin da subito infatti si sono dimostrati un valore aggiunto».
Ok, ma perché ultra sessantenni? «In realtà ci sono anche tre ragazzi di 30 anni che si alternano. La gente guarda l’età. E se tu cerchi lavoro a 50 anni non te lo dà nessuno. Ma perché?
C’è una sorta di discriminazione. E non c’è la coscienza di quanto possa valere una persona a quell’età, con quell’energia e con quella personalità, soprattutto in quella fase della vita.
Si è abituati a pensare che oltre una certa età si sia “arrivati”, e invece i 60 enni sono i nuovi 40enni. È la passione che conta. La professionalità, la dedizione che metti nel fare il tuo lavoro. Poi certo, noi abbiamo un migliaio di dipendenti nel mondo e la stragrande parte sono giovani fantastici, di cui vado fiero. Ma qui il discorso è un altro».
Prendi Nico, per esempio. Molto bravo al liceo. «Ecco, con lui stiamo sviluppando nuovi progetti avvincenti. La società dovrebbe capire che queste figure professionali over 50 o over 60 non sono scarti, sono risorse formidabili, con patrimoni umani altrettanto formidabili, hanno grandissima esperienza e molte doti. Ecco perché li abbiamo con noi».
(da Libero)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
LA MANIFESTANTE STAVA CERCANDO DI IMPEDIRE LO SGOMBERO DI DUE PALAZZI OCCUPATI: “UNA VERGOGNA CHE NON E’ DEGNA DELLA DIVISA”
I collettivi di Bologna annunciano una denuncia per un calcio tirato tra le gambe di una ragazza da un poliziotto durante il corteo contro gli sgomberi di mercoledì: «È stata una violenza sessuale».
La foto che ritrae il momento del calcio è già un caso politico a Palazzo d’Accursio. Il Pd sollecita un’inchiesta interna alla Polizia e chiede chiarezza: «Un’immagine che non è degna della divisa». Coalizione civica: «È una vergogna».
I dettagli della denuncia saranno spiegati in una conferenza stampa annunciata dai collettivi, alla presenza della ragazza coinvolta dall’episodio e delle sue avvocate.
Nel mirino della denuncia ci sono «un poliziotto, il suo caposquadra, il questore e il ministro», chiamati a rispondere a vario titolo di quella che i collettivi ritengono «un’aggressione sessuale a danno di una studentessa, con un calcio tirato violentemente sul pube con gli anfibi dalle punte rinforzate».
(da agenzie)
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Dicembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
IN 15 ANNI PERSI 1,7 MILIONI DI LAVORATORI: L’ALLARME DEMOGRAFICO AVRA’ INEVITABILI RICADUTE ANCHE SULLE PENSIONI… IL TASSO DI OCCUPAZIONE IN ITALIA (61,8%) E’ ANCORA IL PIÙ BASSO DI TUTTA L’UNIONE EUROPEA E NETTAMENTE INFERIORE RISPETTO A QUELLO DI GERMANIA (77,5%), FRANCIA (68,7%) E SPAGNA (65,8%)
Gli occupati crescono, ma l’occupazione è di bassa qualità. Troppi precari, troppi pochi i giovani e bassi i salari. A lanciare l’allarme è la Cgil secondo cui il popolo dei lavoratori è più vecchio e più precario. Per il mercato del lavoro italiano, quindi, non va tutto bene. E il primo sindacato italiano contesta la qualità dell’occupazione e lancia l’allarme sull’impatto demografico. Fattori con inevitabili ricadute anche sulle pensioni.
Di conseguenza, il record raggiunto ad ottobre scorso, con un livello di occupati che sfiora i 23,7 milioni e un tasso di occupazione al 61,8%, per il sindacato guidato da Maurizio Landini, è solo «una apparente buona notizia» proprio perché, rispetto ad ottobre 2008, si registra una crescita dell’occupazione di bassa qualità, con la spinta maggiore dai contratti precari. E perché in 15 anni si evidenzia un «drastico» calo della popolazione in età da lavoro: circa 1,7 milioni in meno.
Questo, per la Cgil, mette in luce come la questione occupazionale, dal punto di vista demografico, abbia già assunto «caratteristiche allarmanti». Lo studio “Reale stato dell’occupazione in Italia” sottolinea che se la popolazione lavorativa fosse rimasta la stessa di ottobre 2008, il tasso di occupazione ad ottobre 2023 si sarebbe attestato al 59,1%, crescendo soltanto di 0,8 punti e rimanendo sotto il 60%.
E ancora: ad aumentare di più è il lavoro precario così come il part-time involontario, ovvero la condizione di chi non sceglie di avere un posto a tempo parziale ma è costretto ad adeguarsi pur di lavorare, al livello più alto nell’Eurozona. La Cgil parla di peggioramento e si appella di nuovo ai numeri: rispetto ad ottobre 2008, anno a partire dal quale si sono succedute diverse crisi, tra i dipendenti sono aumentati «enormemente» gli occupati a termine (+30,2%, raggiungendo quota 3 milioni), in particolare stagionali, somministrati, tempi determinati, intermittenti e con contratti di prestazione occasionale; mentre quelli permanenti hanno registrato un incremento molto più contenuto (appena +5,2%).
Pur se in crescita, comunque nel secondo trimestre di quest’anno il tasso di occupazione italiano risulta ancora il più basso (61,6%) di tutta l’Unione europea e nettamente inferiore rispetto a quello di Germania (77,5%), Francia (68,7%) e Spagna (65,8%).
(da la Stampa)
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