Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
PER CREARE DUE NUOVI CENTRI D’ACCOGLIENZA, SERVIRA’ DISBOSCARE AREE, COSTRUIRE FOGNE, ALLACCIARE L’ELETTRICITÀ. SENZA CONTARE I MILIONI DI EURO PER IL PERSONALE, I SERVIZI, I VIAGGI… I DETTAGLI DELLA RELAZIONE TECNICA DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO SUL MEMORANDUM DELIRANTE
Per scoprire cosa c’è davvero dentro il patto, chiamato protocollo d’intesa, fra la presidente italiana Giorgia Meloni e il collega albanese Edi Rama per spedire in Albania una manciata di migranti, 700 in partenza e 3.000 a regime, bisogna leggere la relazione tecnica firmata da Biagio Mazzotta, il capo della Ragioneria Generale dello Stato. È un documento complesso firmato ieri sera dopo una altrettanto complessa analisi dei costi
Non il denaro, non le bizzarrie, non la politica, ma le condizioni di questi luoghi selvaggi e remoti di Albania sono il primo tema: «L’intera zona non è dotata di fogna pubblica. Per lo scarico delle acque nere è necessario realizzare un serbatoio di accumulo di idonea capacità da svuotare periodicamente con autospurgo o, in alternativa, è necessario realizzare un depuratore». Questo è il sito portuale di Shengjin, 70 km a nord di Tirana, che deve comprendere l’ufficio di sanità marittima e di frontiera.
«L’area è allacciabile alla rete elettrica pubblica a media tensione tramite cavi aerei. Poiché sono frequenti i casi di blackout – si apprende dal documento – è necessario dotare l’area di gruppi elettrogeni per alimentare l’illuminazione esterna e di gruppi di continuità per computer e server. È fornito di acqua potabile estratta da pozzo artesiano con pompa sommersa. La portata e la pressione dell’acqua potabile non sono sufficienti per alimentare l’intero centro.
Occorre prevedere serbatoi di accumulo con autoclave. L’intera area non è urbanizzata, è necessario procedere a opere di sbancamento con taglio di alberi e arbusti con rimozione di radici, ceppaie e simili, demolizione dei ruderi esistenti e livellamento, oltre alla realizzazione di pavimentazione e viabilità, sia di accesso all’area che interna alla stessa».
Questo è Gjader, una ex base militare, qui è previsto il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di 70.000 metri quadri, qui devono soggiornare per un tempo indefinito i migranti identificati a Shengjin. Neppure qui ci sono le fogne.
I dieci Cpr su suolo italiano sono costati 52 milioni di euro in quattro anni, trasformare Shengjin e soprattutto Gjader in enclave italiane ne costa almeno cinque volte tanto per i prossimi cinque anni. Il protocollo sottoscritto da Italia e Albania vale 230 milioni di euro.
In più ci sono altri 75 milioni per esportare e collegare il sistema giudiziario italiano con l’Albania. Il conto totale è ben oltre i 300 milioni.
Questi i dettagli. Soltanto per allestire il Cpr di Gjader servono 28 milioni. E altri 31 milioni per la gestione di Shendjin e del medesimo Gjader: «Euro 4.400.700 per l’anno 2024, euro 6.556.200 annui per ciascuno degli anni 2025 e 2028», annota il ministero del Tesoro.
La voce di spesa più cospicua – sopra i 100 milioni di euro – riguarda l’essenza del protocollo, cioè che un pezzo di Italia venga delocalizzato in Albania: «Il paragrafo 3 prevede che i migranti possano entrare nel territorio albanese al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana e che le autorità italiane debbano trasferirli al di fuori del territorio albanese nel caso in cui venga meno il titolo della permanenza nelle strutture
La disposizione comporta maggiori esigenze in termini di mezzi e di equipaggiamenti del Dipartimento di pubblica sicurezza, come di seguito quantificati: motorizzazione euro 6,4 milioni per l’anno 2024; equipaggiamento e casermaggio: euro 300.000 per l’anno 2024; telematica: euro 1,5 milioni per l’anno 2024 (conto corrente) e 900.000 annui per l’anno 2024 (conto capitale); noli di navi: euro 15 milioni per l’anno 2024 ed euro 20 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2028».
Inoltre utilizzare in Albania personale dei ministeri Interno, Giustizia, Salute, fra viaggi, diarie, vitto e alloggio, richiede fondi per altri 57,7 milioni di euro. Il disegno di legge, approvato la scorsa settimana in Consiglio dei ministri, ratifica il protocollo ed esplicita la parte «giustizia» (altri “oneri” per circa 75 milioni).
Qualche esempio. «L’istituzione di nuove sezioni della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma per far fronte alle nuove domande di protezione internazionale derivanti dall’attuazione del Protocollo. Per tali finalità sono previsti i seguenti maggiori oneri: servizio di interpretariato 1 milione per l’anno 2024 e 1,5 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2025 al 2028 (parte corrente); gettoni di presenza: 1 milione per l’anno 2024 e 1,5 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2025 al 2028 (parte corrente); costi di gestione dei nuovi collegi: 570.000 euro per l’anno 2024 e 850.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2025 al 2028 (parte corrente)». Moltiplicato per cinque anni, fa 18 milioni.
Si potrebbe continuare per pagine e pagine – e il prossimo numero dell’Espresso avrà un intero servizio dedicato al patto con l’Albania e ai suoi svariati lati oscuri – ma è già abbastanza per definire economicamente dubbia e umanamente peggio questa iniziativa del governo Meloni. Tant’è che pure la Corte costituzionale albanese s’è presa tre mesi per esaminare i ricorsi delle opposizioni. Quanto ne bastano pochi, di minuti, per trasecolare dinanzi alla relazione tecnica della Ragioneria Generale dello Stato.
(da L’Espresso)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
IL PARTITO E’ IN EBOLLIZIONE: C’È CHI HA NOTATO MOLTE ASSENZE IN AULA NELLA DELEGAZIONE FORZISTA… L’ASCESA DI LOTITO E LETIZIA MORATTI, PRONTA A SOTTOSCRIVERE FIDEIUSSIONI PER IL PARTITO AL POSTO DEI FIGLI DI BERLUSCONI
Più che una riunione di gruppo è stata una seduta di psicanalisi con sfoghi continui sulle cose che non vanno, e sono tante. In casa Forza Italia non si respira una bella aria: schiacciata all’angolo da Giorgia Meloni che controlla tutto, e decide tutto; poco influente in Parlamento; e adesso perfino Matteo Salvini si permette di togliere fondi alla regione di un potente governatore azzurro senza colpo ferire.
Così ieri alla riunione di gruppo alla Camera tanti deputati si sono sfogati. Forza Italia sembra sull’orlo di una crisi di nervi alla vigilia di voti importanti in Parlamento come quello della manovra di bilancio: e ultimamente c’è chi ha notato molte assenze in aula nella delegazione forzista. Per la maggioranza, e il governo Meloni, può diventare un problema.
La giornata ad alta tensione tra gli azzurri inizia con il governatore siciliano Renato Schifani che incontra a Roma il segretario Antonio Tajani per comunicargli tutto il suo disappunto sui fondi tolti alla Sicilia per finanziare il Ponte sullo Stretto: «Non siamo stati avvisati», si è lamentato Schifani, dopo aver appreso dell’emendamento del governo, scritto al ministero delle Infrastrutture, che da un lato toglie 2,3 miliardi di euro di copertura per la realizzazione dell’opera dai fondi dello Stato, e dall’altro li recupera in parte con fondi della coesione (Fsc) destinati alla Sicilia e alla Calabria.
Altri deputati fanno notare lo scarso peso dei ministri azzurri, mostrando un post di Gilberto Pichetto Fratin che annuncia i successi del governo a Dubai alla Cop28: un post con pochi like in due ore. E non è un mistero che ultimamente tra i berlusconiani circoli il nome di Letizia Moratti, alla quale la famiglia del Cavaliere ha aperto le porte del partito, come possibile ministra in un eventuale rimpasto di metà legislatura. Moratti che ha portato in dote un bel gruzzolo e si dice, sempre nei corridoi del partito, che possa sottoscrivere alcune fideiussioni al posto dei figli del fondatore del partito che ne hanno ricevuto in dote per 100 milioni di euro.
Un po’ migliore, ma non molto, il clima al Senato. Il capogruppo Maurizio Gasparri, dopo aver incassato il no della giunta di Palazzo Madama alla consegna a Report dei documenti sulla sua presidenza in una società di sicurezza informatica, ha nominato i nuovi responsabili del gruppo dando un ruolo di peso a Claudio Lotito: sarà il presidente della Lazio il portavoce dei temi più importanti per il partito al Senato. Altra scelta che farà discutere tra gli azzurri.
(da La Repubblica)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
E DENUNCIA “LA DISUGUAGLIANZA DI GENERE PERVASIVA NELLA SOCIETÀ” … LA DUCETTA RISCHIA DI USCIRE DAL CONSIGLIO EUROPEO CON UNA SCONFITTA SU TUTTA LA LINEA
“Le autorità italiane sono esortate a garantire una capacità di ricerca e salvataggio sufficiente e adeguata a fornire un’assistenza tempestiva ed efficace alle persone in difficoltà in mare, compresi i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti”. Lo scrive Dunja Mijatovic, commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, nel rapporto sulla visita che ha condotto in Italia a giugno, che contiene anche la richiesta di mettere fine alla “criminalizzazione” delle Ong che salvano vite in mare.
“La disuguaglianza di genere è profondamente radicata nella società italiana e rimane pervasiva nella vita quotidiana”. Lo scrive Dunja Mijatovic, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, nel rapporto sulla visita che ha condotto in Italia a giugno.
Nel rapporto la commissaria raccomanda alle autorità una serie di interventi più incisivi per combattere la discriminazione e la violenza di cui donne e ragazze sono vittime, assicurare i loro diritti alla salute, rimuovere le barriere al loro accesso al mercato del lavoro e invertire il crescente divario retributivo tra i sessi.
(da agenzie)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
NELLA MANOVRA LACRIME E SANGUE SPUNTA UN EMENDAMENTO CHE ASSEGNA 100 MILA EURO PER TRE ANNI ALLA FONDAZIONE DI ENRICO MICHETTI, L’IMPROBABILE CANDIDATO A SINDACO DI ROMA SCELTO DALLA MELONI NEL 2021 CONTRO GUALTIERI (E SCONFITTO MALAMENTE TRA UNA GAFFE E L’ALTRA)
Varare la prossima legge di Bilancio non è facile per il governo Meloni. Sono poche le risorse in campo e la situazione economica del paese non è la più rosea. Ciò nonostante la maggioranza non si scorda dei suoi amici migliori. E così, i relatori hanno aggiunto un emendamento alla manovra che premia Enrico Michetti, il nome presentato da Giorgia Meloni nel 2021 per correre alle elezioni comunali di Roma.
Il blitz è avvenuto con un emendamento all’articolo 85 della legge di Bilancio, scritto nell’ambito delle azioni strategiche “Innovazione Pa” con l’obiettivo di potenziare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni che si avvalgono della Fondazione Gazzetta amministrativa della Repubblica italiana (Gari, fondata e presieduta dallo stesso Michetti) «per le implementazioni delle azioni strategiche atte a semplificare le procedure amministrative, finalizzate ad una maggiore efficacia, efficienza e competitività della pubblica amministrazione anche attraverso la predisposizione di specifiche analisi di rating».
A tal fine, quindi, l’emendamento assegna alla fondazione «un contributo parti a 100mila euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026». La stessa operazione era stata tentata nel maggio di quest’anno nel decreto Assunzioni, per un valore di tre milioni di euro (uno per ogni anno). Ma la proposta non fu più approvata.
Ora, però, i tempi sono maturi per ringraziare con una cifra minore l’ex candidato Michetti che al ballottaggio con l’attuale sindaco Roberto Gualtieri del Partito democratico ottenne poco più del 39 per cento delle preferenze.
A nulla è valsa la geniale operazione di marketing che lo aveva fatto debuttare in politica con lo slogan «Michetti chi?», dato che il suo volto era sconosciuto ai romani
Tramite la fondazione Gari, da lui presieduta, è riuscito a vendere i suoi servizi anche agli enti pubblici. L’ultimo comune a deliberare in favore è stato quello di Fiumicino, amministrato dallo scorso giugno dal sindaco Mario Baccini, a capo di una giunta di centrodestra. Ha approvato nei giorni scorsi una delibera con la quale concede 60mila euro all’anno per cinque anni alla Gari in cambio di alcuni dei suoi servizi. Con un accordo analogo la provincia di Como paga solo 244 euro l’anno e il Parco dei Castelli Romani 200 più Iva.
La provincia di Latina e il Comune di Marino pagano invece diecimila euro a testa. In quest’ultimo sorgerà l’accademia della fondazione, proprio come a Fiumicino, che pagherà però sei volte tanto. L’approvazione della delibera del comune di Fiumicino ha scatenato diverse polemiche.
Ma quali sono i servizi di cui si è avvalso il comune per la modica cifra di 60mila euro fino al 2028? L’abbonamento alla Gari permetterà di accedere alla banca dati della fondazione costituita da tutta la giurisprudenza del Consiglio di stato, della Corte dei conti, della Cassazione e dei tribunali amministrativi regionali; alla Gazzetta informa plus (un servizio che garantisce news di aggiornamento periodico su questioni inerenti alla giustizia amministrativa)
Servizi di indubbia importanza, che ora saranno estesi anche ad altri enti pubblici dopo l’emendamento della maggioranza alla prossima legge di Bilancio.
(da Domani)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
L’INCUBO PIÙ GRANDE DELLA “IO SO’ GIORGIA” È “LAGGENTE”: QUANDO GLI ITALIANI SI ACCORGERANNO DI AVERE LE TASCHE VUOTE, LA VOTERANNO ANCORA ALLE EUROPEE 2024?
Giorgia Meloni è atterrata a Bruxelles ieri sera e ha subito iniziato a guardarsi intorno. “Con il favore delle tenebre” e di qualche bicchiere di vino, ha incontrato Emmanuel Macron e Olaf Scholz all’Hotel Amigo.
I faccia a faccia e le chiacchere a margine del vertice serviranno alla Ducetta anche a capire quali e quanti alleati avrà al suo fianco nella discussione finale sul Patto di Stabilità (a decidere sarà l’Ecofin della prossima settimana).
Un vago accordo tra i paesi c’è già, ovvero la proposta della Commissione europea annacquata dalla presidenza di turno della spagnola Calvino. Per il governo italiano, comunque, i negoziati sarebbero “chiusi al 90%”.
La premier vuole però strappare ancora qualcosa agli altri leader: non è un mistero che l’Italia voglia far scorporare le spese militari e quelle legate alla transizione ecologica dal calcolo del deficit.
Una proposta che però fa venire l’itterizia a Germania e ai Paesi Bassi, cosiddetti “frugali”. Come consigliatole da quel volpino di Mario Monti, Meloni potrebbe opporre il veto alla riforma.
Ma sarebbe la classica vittoria di Pirro, o di pirla, da sventolare in casa e da scontare amaramente in Europa.
Una decisione di questo tipo, infatti, spingerebbe l’Italia nel ruolo di Euro-puzzone al pari dell’Ungheria di Viktor Orban.
Non solo: dovesse tornare in vigore il vecchio Patto al 3% sui conti, sospeso durante la pandemia, servirà una manovra correttiva, da varare a inizio anno: non proprio una scatola di cioccolatini in regalo agli elettori a pochi mesi dalle elezioni europee. (Ricordiamo che saranno con il sistema proporzionale, quindi ogni partito conterà i propri voti, di qui il duello col coltello tra i denti tra i partiti della maggiorana e dell’opposizione).
La strategia del Camaleonte Giorgia è quella di mostrare solidarietà con l’Unione europea e la Nato all’estero per avere mano libera nel proprio paese.
Così, messa in guardaroba la maschera truce della sovranista incazzata (un mese prima di vincere le elezioni aveva detto: “L’Europa è preoccupata? È finita la pacchia”), oggi fa gli occhioni dolci alle cancellerie europee, mentre in Italia pensa ancora di essere all’opposizione, vive nella lotta, e quando non va in buca la sua strategia di assorbire o emarginare i suoi alleati di governo, dà di matto e le parte l’embolo della “sindrome di accerchiamento”.
Infatti, i suoi nemici più temibili non sono i partiti all’opposizione: di giorno in giorno si agita sempre più Matteo Salvini perchè ha capito che deve inventarsi un’alternativa o finirà assorbito o emarginato dal melonismo contundente, quindi non vede l’ora di vedere “Io so’ Giorgia e voi non siete un cazzo” approvare il famigerato Mes, così da sbandierare il vessillo della coerenza politica della Lega di fronte al “tradimento” della multitasking .
Lei, che sputava sul Mes come “cappio al collo” e “anticamera della Troika”, potrà essere descritta dalla propaganda salviniana come l’ennesima “schiava” agli europoteri.
L’altra gamba, traballante, del governo, Forza Italia, dopo aver spernacchiato e vanificato la tassa sugli extra-profitti bancari che andava a colpire la Mediolanum della famiglia Berlusconi, ora per guadagnare consensi spinge per una proroga del Superbonus 110%, che per Fratelli d’Italia è una bestemmia in chiesa, come il piede di porco in grado di scassare la cassaforte già scassata dei conti pubblici.
Di qui, gli incubi che agitano il sonno solitario della signorina Giorgia sono legati al consenso popolare. “Laggente”, quella gente a cui vuole affidare il potere di eleggere il Presidente del Consiglio, a cui chiederà un plebiscito per il premierato (“la madre di tutte le riforme”), la stessa gente che l’ha incoronata Regina d’Italia alle ultime politiche, può cambiare umore e il segno sul partito della scheda elettorale molto facilmente, come abbiamo visto con i precedenti leader, da Renzi a Salvini per finire a Conte. Soprattutto se colpita nelle tasche.
Le teste d’uovo del Mef e di Palazzo Chigi, infatti, attendono con ansia i dati dalla Confcommercio e della Confesercenti sui consumi natalizi.
L’inflazione morde, gli stipendi esigui degli italiani perdono potere d’acquisto, le privazioni per la nuova povertà possono creare insofferenza sociale e disaffezione politica, e se oggi le critiche al Governo arrivano principalmente dalle élite (intellighenzia, mondo finanziario ed economico, Deep state, pezzi dell’editoria), domani il malumore potrebbe contagiare anche l’elettorato.
Nei tempi di magra, la disaffezione colpisce in primo luogo i partiti di governo e il terrore della Thatcher della Garbatella è che alle europee non riesca a portare a casa almeno quel 26% raggiunto alle politiche del 25 settembre 2023. Per contenere il malcontento popolare Meloni proverà a usare l’unica arma che ha in mano: mettere più soldi nelle tasche degli italiani, attraverso un taglio del ”cuneo fiscale” (cioè, la differenza tra il salario lordo e quello netto percepito in busta paga).
L’esecutivo immagina di sforbiciare il cuneo di circa 15 miliardi per il 2024, troppo poco per avere un effetto incisivo nella vita quotidiana degli italiani.
Un timore confermato dall’andamento dell’economia italiana, che negli ultimi due trimestri ha registrato una crescita più bassa rispetto alle previsioni, e che nel nuovo anno potrebbe inciampare in una recessione.
Ps. Giorgia Meloni sperava, per dimostrare il valore del Governo di destra-centro, di presentarsi al Consiglio europeo con il trofeo di una legge di bilancio già chiusa al 15 dicembre. Tale era l’ambizione da prima della classe da aver vietato ducescamente gli emendamenti di maggioranza.
Ma visto che la politica è sangue, merda e trattativa, Lega e Forza Italia hanno opposto resistenze e l’emendamento anche unico è arrivato, ora il Governo si troverà a dover chiedere la fiducia la prossima settimana al Senato e quella successiva alla Camera, con il rischio di trovare un bel pacco di Natale.
Ps/2. Se la manovra non è stata chiusa anzitempo è anche perché chi avrebbe dovuto mettere l’olio negli ingranaggi della macchina dello Stato, cioè Alfredo Mantovano, si è smarrito nella sua incapacità di rapportarsi con gli apparati dello Stato, e invece il sottosegretario a Palazzo Chigi si è intruppato al “Fascio tutto io” della Ducetta.
E infatti, gli alti burocrati dello Stato non hanno teso la mano: non chiaro ostruzionismo, ma di certo “non stanno favorendo il Governo”.
(da Dagoreport)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
L’INAPP: “LA CONTRATTAZIONE HA FALLITO, S’INTRODUCA IL SALARIO MINIMO”
I salari italiani sono al palo. L’ennesima conferma del trend che ben conoscono i lavoratori arriva dal rapporto annuale dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), che registra come tra il 1991 e il 2022 i salari reali in Italia sono cresciuti appena dell’1%, a fronte del 32,5% in media nell’area Ocse. Secondo la ricerca, presentata questa mattina alla Camera, il dato è legato anche alla bassa produttività del lavoro, cresciuta però più delle retribuzioni nel periodo. Risultato: la continua caduta della quota dei salari sul Pil a fronte della crescita del peso dei profitti (40% contro 60% rispettivamente). Una tendenza allarmate, sottolinea l’Inapp: se le cose proseguono così ci sono «forti dubbi sulla tenuta di tale modello nel lungo periodo». Secondo il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda la questione salariale è stata perfino aggravata nell’ultimo triennio dall’incidere dell’inflazione: i salari reali nel nostro Paese sono addirittura calati rispetto al 2020, a fronte di incrementi sostanziali negli altri Paesi. Che fare dunque? «Potrebbe essere utile in questo contesto l’introduzione del salario minimo legale», sostiene Fadda. Anche considerato che le tanto celebrate norme sulla contrattazione collettiva, addotte spesso a ragione dell’opposizione al salario minimo, «non sono state capaci di garantire tra il 1991 e il 2022 la crescita dei salari reali». E d’altra parte, «non esistono ragioni né sul piano analitico né sul piano dell’evidenza empirica per escludere strumenti basati sull’imposizione di una soglia minima invalicabile».
Popolazione invecchiata e lavoratori mancanti
Secondo il rapporto Inapp c’è poi un’altra minaccia che grava sul sistema produttivo italiano: «Il cosiddetto labour shortage, ossia la carenza di lavoratori, che si manifesta con la difficoltà dei datori di lavoro a coprire i posti vacanti». Anche perché l’andamento demografico implica che la forza lavoro in Italia invecchia rapidamente: se nel 2002 ogni 1.000 persone che avevano un’età compresa tra 19 e 39 anni ce n’erano poco più di 900 aventi 40-64 anni, oggi questi ultimo sono oltre 1.400. E i lavoratori più anziani sono quelli che operano nella pubblica amministrazione, dove si trovano ben 3,9 lavoratori anziani ogni lavoratore giovane. Ultimo lascito degli anni della pandemia è poi quello dell’aumento delle dimissioni da impieghi sgraditi: nel 2021 sono state oltre mezzo milioni le risoluzioni di rapporti da parte di lavoratori, che nel 60% dei casi si sono poi ricollocate altrove entro un mese. Altri 3,3 milioni di lavoratori, pari al 14,6% degli occupati, sostengono invece di aver pensato di dimettersi ma di essere alla ricerca di altre fonti di reddito per affrontare questa scelta.
(da agenzie)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
RAPPORTO ANNUALE SULLA POVERTA’: 5,5 MILIONI DI POVERI ASSOLUTI, 14 MILIONI A RISCHIO POVERTA’… E IL GOVERNO PENSA A FAVORIRE I BENESTANTI E LE LOBBY
Il rapporto annuale della Caritas sulla povertà nel nostro paese è una fotografia tragica degli squilibri sociali in Italia. Circa 5,5 milioni di persone vivono in povertà assoluta e ben 14 milioni di persone vivono in povertà relativa, e spesso può bastare un evento imprevisto, come una separazione, la nascita di un figlio, una malattia o la perdita di un sussidio al reddito, come il reddito di cittadinanza, per scivolare velocemente e in pochissimo tempo verso la povertà assoluta.
Il rapporto Caritas, redatto sulla base dei dati dei 2.855 centri disseminati sul territorio nazionali, prende in esame i dati del 2022 e l’impatto devastante sull’aumento della povertà avuto dagli strascichi della pandemia da Covid 19. Con l’inflazione più alta dal 1985, si registra un aumento dei senza fissa dimora che chiedono aiuto alle Caritas del 16% ed il 45% dei sostegni economici dati riguardano il pagamento delle bollette di luce e gas. Non solo, ma l’Italia è il paese record in Europa per l’indice di trasmissibilità della povertà, ovvero il fattore che calcola se i figli di famiglie povere restano tali o effettuano una mobilità sociale.
È la foto di un paese bloccato, dove sebbene diminuisce la dispersione scolastica e il numero dei giovani “neet”, si registra un aumento degli assistiti dalla Caritas del 12% rispetto all’anno precedente. Nell’ultimo anno la Caritas ha svolto 3,4 milioni di interventi, tra distribuzione cibo, pacchi alimentari, sussidi economici, ascolto e sostegno psicologico, ma anche accoglienza nei dormitori. Con Suor Marisa Pitrella, direttrice della Caritas di Napoli, abbiamo analizzato i dati del rapporto sulla povertà.
Con 5,5 milioni di poveri assoluti e 14 milioni di persone sulla soglia della povertà, lo scenario sembra davvero pesante
E’ una situazione molto pesante e stiamo vedendo in questi anni che scivola sempre di più, le cause principali sono sicuramente il Covid e tutto ciò che ha comportato, la seconda sono sicuramente le guerre. La diffusione del lavoro nero con l’arrivo del Covid ha prodotto un effetto devastante, le persone non avevano una certezza lavorativa e dalla povertà relativa sono passate alla povertà assoluta. Parliamo di persone che non riescono nemmeno a mettere un piatto a tavola. La Caritas si è messa in azione soprattutto su questo, provando ad accompagnare questi fratelli in difficoltà, ascoltandoli, accompagnandoli. Talvolta le difficoltà non sono solo materiali, ma anche psicologiche.
Il diritto all’abitare sta impattando in maniera importante sulla condizione di povertà, come si sviluppa questo fenomeno?
Le case dei centri storici si stanno trasformando in B&B per i turisti, quindi le persone vengono allontanate direttamente con una sentenza di sfratto esecutivo. Oggi più che mai per prendere una casa in affitto occorrono molte credenziali, la busta paga, ma non solo, in molti non hanno queste credenziali ed il risultato è che abbiamo molta più gente che vive in strada che chiede continuamente aiuto. Ci sono state molte più richieste di accoglienza nei nostri centri per senza fissa dimora, non solo singoli o persone sole, ma anche intere famiglie che vivono il dramma dell’emergenza abitativa. La causa è l’aumento degli affitti e l’inaccessibilità stessa alla possibilità di affittare una casa, questo produce che le persone restano senza alloggio. Napoli da questo punto di vista vive una situazione emergenziale. Bene il turismo, ma togliere le case non è rispettoso e dignitoso nei confronti delle persone che vivono i centri storici.
L’abolizione del reddito di cittadinanza, soprattutto al Sud, rischia di essere un’aggravante della condizione di povertà, voi che stime avete?
Abbiamo stime molto alte perché stiamo vedendo che da quando è stato abolito il reddito di cittadinanza le persone accorrono sempre di più nelle Caritas, sia parrocchiali, quelle territoriali, che in quelle diocesane. Di fatto la perdita del reddito di cittadinanza ha fatto passare dalla povertà relativa alla povertà assoluta tantissime persone, rischiamo che il povero diventi sempre più povero, e quindi non c’è una reale integrazione, e il ricco sempre più ricco, c’è un aumento del dislivello. Adesso hanno inserito l’assegno d’inclusione, ma è una misura restrittiva, i requisiti sono molto stringenti, e questo non permette a tutti di entrare nella nuova misura del governo. La nostra richiesta è che ci possa essere un cambio, che la misura possa diventare il più inclusiva possibile, altrimenti avremo ancora più persone che verranno a bussare alle porte delle Caritas. Il fatto che il reddito di cittadinanza si stato eliminato, non sospeso ma proprio eliminato, fa sì che le persone continuino ad avere fame e non poter avere nulla da mettere nel piatto ai propri figli ed ai propri familiari.
La povertà energetica è un aspetto della condizione di indigenza, di cosa si tratta?
L’aumento del costo dell’energia elettrica e delle bollette del gas fa sì che le persone non possono più pagarle, quindi vengono a chiedere di essere sostenute economicamente. Ci sono moltissime persone che sono a rischio di stacco dell’utenza, che rischiano di restare senza luce e senza gas, che non serve solo per sopravvivere, ma anche per avere una quotidianità dignitosa. Tra chi soffre di povertà energetica ci sono tante famiglie che fino a poco tempo fa avevano un tenore di vita abbastanza normale e ora hanno avuto bisogno che li aiutassimo a pagare le bollette della luce e del gas, così come anche gli alimenti. La guerra ha portato all’aumento dell’inflazione e quindi all’aumento dei costi dell’energia, ma l’energia elettrica e il gas sono elementi di sussistenza, devono essere considerati tali.
Nel dettaglio la Caritas nell’ultimo anno ha svolto 3,4 milioni di interventi, di cosa si tratta concretamente?
Si tratta di sostegni economici per l’affitto, per il pagamento delle bollette, a tutte le persone che avevano accumulato morosità. Sono interventi volti al sostegno degli alimenti, con le mense o con il banco alimentare, ma anche interventi di sostegno psicologico, perché le persone davanti alla drammaticità dell’esperienza della povertà non hanno una fragilità solo economica ma anche psicologica.
Dal vostro osservatorio quali dovrebbero essere le priorità per le politiche di contrasto alla povertà?
La priorità per la politica secondo me dovrebbe essere quella di trovare un’abitazione, ogni uomo ha diritto a due cose, vivere un luogo e avere un lavoro. Non possiamo chiudere gli occhi, Papa Francesco nella sua ultima lettera nella VII° giornata dei poveri, ci ha detto di avere lo sguardo verso il povero, verso ogni persona, quindi non possiamo voltarci dall’altro lato. La casa è la prima emergenza assoluta, la seconda è il lavoro, un lavoro che sia dignitoso e rispettoso della persona.
(da Fanpage)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
ALTRI DUE MILIONI IN PIU’ IN LEGGE DI BILANCIO
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida non lascia, anzi raddoppia. Qualche giorno fa, Fanpage.it aveva rivelato, come il ministro avesse chiesto di inserire nella legge di bilancio un aumento di due milioni all’anno, a partire dal 2024, del budget destinato a incrementare assunzioni e stipendi, negli uffici di diretta collaborazione del suo ministero. I desiderata del cognato della premier Meloni sono diventati realtà quando, la notte tra il 12 e il 13 dicembre, i relatori di maggioranza della la manovra in discussione al Senato hanno presentato i loro emendamenti al testo.
Tra le proposte, infatti, ce ne è una che ricalca esattamente quella suggerita dal dicastero di Lollobrigida e recita: “Le risorse destinate agli uffici di diretta collaborazione del ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste sono incrementare di euro 2 milioni annui a decorrere dall’anno 2024”. In sostanza, se come è quasi certo l’emendamento verrà approvato, dal prossimo anno, il ministro avrà due milioni in più per ingaggiare nuovo personale e aumentare gli stipendi nello staff dei suoi più stretti collaboratori.
I regali di Natale del governo a Lollobrigida però non finiscono qui. Tra le proposte della maggioranza da introdurre nella manovra, nel corso del suo passaggio in Senato, infatti, ce ne è un’altra che riguarda direttamente il suo ministero. È una norma che va sotto il titolo di “Rafforzamento delle capacità amministrative del ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste”. L’esborso è di altri due milioni all’anno, a partire dal 2024, destinati a incrementare l’indennità aggiuntiva riconosciuta al personale del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.
I compiti degli ispettori premiati dall’emendamento vanno dalla salvaguardia delle coltivazioni agricole di qualità al contrasto alla commercializzazione irregolare di prodotti agroalimentari introdotti dall’Estero, fino alla vigilanza sulle possibili sofisticazioni. Tutti temi particolarmente cari a Lollobrigida, che non a caso ha deciso di aggiungere la “Sovranità Alimentare” nella denominazione del suo ministero. E che ora con ogni probabilità ora otterrà un incremento dell’indennità per i “cani da guardia” della purezza del cibo italiano.
(da Fanpage)
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Dicembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO TORNA QUESTA SERA IN TV DA FORMIGLI PER CONTRATTACCARE, DOCUMENTI ALLA MANO
Tirato in mezzo da Giorgia Meloni, accusato di essersi mosso “con il favore delle tenebre” su un argomento così scottante come il Mes, mostrando scenicamente a favor di telecamere “il fax”, un oggetto che solo a dirlo fa tanto Prima Repubblica: insomma una mossa scomposta, ma comunicativamente di impatto, che non ha lasciato indifferente Luigi Di Maio.
Così l’ex ministro degli Esteri, ex capo politico del M5S, oggi andrà – anzi tornerà – in televisione, ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita, per raccontare la sua versione dei fatti, per rispedire al mittente le insinuazioni della presidente del Consiglio, mostrando a sua volta un documento, datato 10 dicembre 2020.
Dal quale si evince un fatto semplice: non c’è stato alcun colpo di scena sulla riforma del Mes, nulla di nascosto, era tutto previsto.
Nel file si specifica che c’era stato un accordo in Eurogruppo il 30 novembre 2019 e che la firma sui documenti sarebbe stata apposta dai rappresentanti permanenti dei vari Paesi presso la Ue.
Di Maio oggi è rappresentante speciale della Ue per il Golfo, ha un ruolo istituzionale internazionale che lo tiene lontano dalla polemica politica o comunque dalla politica attiva in senso classico. Ma lo sgambetto di Meloni tocca corde sensibili: Di Maio era nel Movimento che nel 2014 fece la sua campagna elettorale delle Europee per l’uscita dall’euro, così com’era leader dei 5 Stelle quando familiarizzavano con gli euroscettici di Nigel Farage o con i gilet gialli in Francia, diventando poi invece un europeista provetto nonché ministro stimato da Mario Draghi.
Una parabola esemplare che però, a ben vedere, è la stessa di Meloni: da populista pronta ad urlare più degli altri ad attuale aspirante statista, stretta però fra le sue mille contraddizioni. E l’ex ministro non ci sta a ricoprire il ruolo del diversivo per scagionare la premier.
Dopodiché, il Di Maio che torna nella mischia televisiva lo fa solo per togliersi qualche sassolino dalla scarpa o è in cerca di un nuovo protagonismo politico-mediatico? A sentire lui, la seconda opzione non esiste. Ma è anche vero che ultimamente l’ex 5 Stelle sta, pian piano, tornando a farsi vivo dopo un lungo periodo di sparizione completa, o quasi, dopo il flop delle Politiche del 2022 con il suo ‘Impegno civico’.
(da agenzie)
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