Giugno 4th, 2024 Riccardo Fucile
UN PENOSO TENTATIVO A POCHI GIORNI DAL VOTO DI INGANNARE GLI ITALIANI… LE CRITICHE DELLE REGIONI: “QUELLE MISURE GIA’ LE ADOTTIAMO”
L’appuntamento per il Consiglio dei Ministri è a Palazzo Chigi per le 11 e 30.
Il menu prevede uno schema di decreto legge intitolato “Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie” e un disegno di legge chiamato “Misure di garanzia sulle prestazioni sanitarie”.
Giorgia Meloni e Orazio Schillaci lo presenteranno e Giancarlo Giorgetti proverà a fare muro in nome del Mef. Per motivi di costi. Ma l’argomento è troppo importante per la premier che punta a sfondare alle elezioni europee. Con i tempi per le visite in aumento e l’argomento era stato già affrontato nella Legge di Bilancio. Senza evidentemente risolvere il problema.
Le due novità
Il decreto, spiega oggi La Stampa, contiene due novità. La prima, illustrata dalla nota illustrativa del provvedimento, è che «se le prestazioni non vengono erogate nei tempi previsti dalle vigenti classi di priorità, le aziende garantiscono al cittadino la prestazione in intramoenia o attraverso il privato accreditato».
E si specifica che «le modalità sono definite con decreto del ministro della Salute entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione». Proprio su questo punto a via XX Settembre sembrano essere piuttosto nervosi. Perché se i privati dovranno garantire all’assistito (che dovrà comunque anticipare i soldi) le prestazioni si rischia un aumento dei costi che al ministero calcolano attorno al miliardo di euro.
E già questo basta a far saltare dalla sedia un Giorgetti sempre più nervoso (anche se ieri ha smentito le voci sulle dimissioni).
Le visite sabato e domenica
Poi ci sono le visite e gli accertamenti diagnostici di sabato e domenica. Oltre che nella fascia serale. Anche qui c’è un problema di coperture abbastanza difficile da risolvere, visto che il lavoro serale si paga di più così come quello festivo. Schillaci ha fatto presente che il mezzo miliardo garantito alle Regioni in tre anni non è stato ancora speso. E quindi quei fondi sono disponibili. In più, una norma vieta la chiusura delle agende di prenotazione e obbliga il privato a condividere le proprie con il Cup regionale, altrimenti mette a rischio la convenzione. Ai Cup spetterà anche l’obbligo di richiamare i cittadini che prenotano visite che poi non effettuano. Si tratta del 20% dei casi. Si pensa di obbligare comunque al pagamento del ticket. Stop anche al doppio lavoro dei medici.
Le critiche
In ballo c’è anche l’aumento complessivo del 15% del fondo per le spese del personale. Mentre nel disegno di legge c’è l’aumento del 20% della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive, con la flat tax del 15% per le stesse ore extra.
Rinviato l’aumento da 60 a 100 euro della tariffa oraria degli specialisti ambulatoriali delle Asl. Che si impegnano a ridurre le liste di attesa e gli incarichi libero- professionali agli specializzandi per abbattere le stesse. E anche la possibilità per le farmacie di svolgere analisi di primo livello. Ma tra le Regioni chiamate a discuterlo la critica è sempre la stessa: «Un decreto senza soldi non ha senso e molte di quelle misure già le adottiamo».
(da La Repubblica)
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Giugno 4th, 2024 Riccardo Fucile
I SONDAGGISTI: IL CONTO PIU’ SALATO POTREBBERO PAGARLO M5S E LEGA
Sul fatto che Fratelli d’Italia sarà confermata prima forza politica del Paese alle Europee, nessuno ha dubbi. Da verificare sarà se mai soltanto se il partito della premier andrà oltre il bottino di voti fatto alle Politiche del 2022 – 26% – o meno.
Ma lo spettro che agita trasversalmente i partiti a pochi giorni dall’apertura delle urne è un altro: quello dell’astensionismo. Sarà questo, infatti, il vero “primo partito” scelto dagli italiani.
Una tendenza ormai nota nel comportamento elettorale. Di ricerche compiute sul tema, così come di sondaggi, gli istituti demoscopici non ne possono più pubblicare. Eppure Antonio Noto, direttore di Noto sondaggi, consegna a Repubblica la sua fosca previsione.
Si rischia che per la prima volta siano più gli italiani a non votare di quelli a farlo: «È indubbio che le probabilità di andare sotto al 50% siano molte». Le misurazioni su cui si basa tale affermazione non sono note.
Eppure un altro esperto in materia come Roberto D’Alimonte sembra condividere la valutazione: «Non ho la sfera di cristallo – dice sempre a Repubblica – ma i timori di questi giorni mi sembrano fondati. Si rischia di scendere sotto il 54 per cento dell’ultima volta». Riferimento al tasso di partecipazione al voto delle Europee 2019, che già segnarono il punto più basso nella serie storica: delle Europee, e non solo.
Chi rischia e chi no
Previsioni tutte da verificare alla prova dei fatti. Quel che è certo è che gli indecisi sono milioni, e tanti saranno anche quelli che resteranno a casa. Chi ne pagherà di più lo scotto? Sempre secondo D’Alimonte, a rischio sono soprattutto Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Per ragioni speculari.
Il Movimento 5 stelle rischia di pagare il tasso di astensionismo potenzialmente “esplosivo” al Sud Italia, dove ha tradizionalmente un rilevante bacino elettorale. Che potrebbe però rivelarsi “prosciugato”. Per il politologo, infatti, il Conte che si presenta alle Europee 2024 «non ha radicamento. E ha candidati con scarso appeal, che faranno fatica a raccogliere preferenze». Proprio quelle che di solito fanno la differenza nelle urne al Sud, dove «contano i pacchetti di voti. Solo che stavolta c’è poco da scambiare. E le circoscrizioni sono enormi». E così il divario di affluenza tra CentroNord e Sud rischia di ampliarsi ulteriormente rispetto al 2019, quando fu di 17 punti.
Diversa la situazione della Lega. Qui per D’Alimonte il rischio per Salvini è quello di pagare errori prettamente politici, posizionando il partito in una terra incerta. «Cosa ci fanno Zaia e Vanancci nello stesso partito? Posizionando il partito all’estrema destra ha regalato Nord a Fratelli d’Italia e fatto sopravvivere Tajani».
Esito paradossale, spiega il docente, se si pensa che il leader della Lega «dopo la morte di Berlusconi aveva una prateria. Invece ha perso il Nord e non ha conquistato il Sud». A soffrire meno l’astensionismo potrebbero essere i due partiti maggiori degli schieramenti, Pd e FdI, che possono contare su un maggior radicamento.
(da agenzie)
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Giugno 4th, 2024 Riccardo Fucile
AMADEUS AVRÀ IL VANTAGGIO DI PARTIRE IN ACCESS CON UN PROGRAMMA RODATO E CONOSCIUTISSIMO CHE ANDRÀ A SFIDARE, CON OGNI PROBABILITÀ, I PACCHI DI AFFARI TUOI” AFFIDATO A STEFANO DE MARTINO, FRESCO DI RINNOVO A VIALE MAZZINI CON UN CONTRATTO QUADRIENNALE DA 8 MILIONI
La chiamano TeleMeloni e sul termine utilizzato il dibattito è acceso ormai
da tempo. Si potrebbe scegliere un’altra definizione, più neutra ma efficace: TeleFantozzi. Sì, perché la nuova Rai ha fatto scadere un titolo di punta, non ha rinnovato i diritti e per il gruppo Warner Bros. Discovery portar via il programma da Viale Mazzini è stato fin troppo semplice.
Stiamo parlando dei “Soliti Ignoti“, il game show dedicato alle identità nascoste condotto da Amadeus dal 20 marzo 2017 al 15 aprile 2023.
La notizia era nell’aria da settimane, ora ufficializzata in un’intervista da Laura Carafoli, responsabile dei contenuti Sud Europa del gruppo Warner Bros. Discovery: “A settembre debutta su Nove con Identity, il format noto in Italia come I Soliti Ignoti. Una prima discesa in campo con un prodotto che parla a tutti“.
I dirigenti di Viale Mazzini hanno ricordato l’importanza dei format, quasi a sminuire la forza dei volti e l’addio di Amadeus. E sono riusciti nell’impresa di perdere non solo il volto di punta del servizio pubblico ma anche un titolo rodato e di successo. Un titolo che permetterà ad Amadeus di non ripartire da zero, di spingere la sua voglia di novità e innovazione soprattutto in prime time dove lo attendono due show per un totale di sedici puntate.
Così Rai1 dovrà sfidare il suo Re nella stessa fascia e riuscire a tenere tutto il pubblico di “Affari Tuoi“ che quasi certamente sarà affidato al discusso e potentissimo Stefano De Martino, nonostante le perplessità della casa di produzione Banijay. Con il ballerino forte di un contratto da otto milioni di euro per i prossimi quattro anni, riferisce il settimanale “Oggi”
Alle prese con la critica ma anche con i numeri, l’ultima edizione condotta da Amadeus ha ottenuto una media stagionale vicina al 25% di share, con puntate al 31%, portando il gioco dei pacchi in gloria: si tratta dell’access prime time più visto su Rai1 in share degli ultimi quindici anni.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 4th, 2024 Riccardo Fucile
LA DISCIPLINA DEL VOTO E COME VENGONO ASSEGNATI I 720 SEGGI
Sabato 8 e domenica 9 giugno si vota in Italia per eleggere gli eurodeputati che ci rappresenteranno al Parlamento europeo, contribuendo a definire la linea politica che l’Ue dovrà assumere nei prossimi cinque anni. Ma con quale sistema elettorale si vota? Ve lo spieghiamo a seguire in modo semplice ma esaustivo.
Quadro europeo e posta in palio
Le elezioni europee si svolgono in tutta l’Ue tra il 6 e il 9 giugno 2024. Il voto però è organizzato su base nazionale secondo le regole elettorali che ciascuno dei 27 Stati membri definisce. I requisiti generali fissati dall’Ue da rispettare sono l’uguaglianza di genere e la segretezza del voto. In palio ci sono a livello contentale i 720 seggi di cui si comporrà il prossimo Parlamento europeo. All’Italia, sulla base del proprio peso demografico (terzo Paese più popoloso dell’Unione), ne spettano 76. Partiti politici strutturati o liste create per l’occasione possono contenderseli, a patto che esse siano state sottoscritte da almeno 30mila elettori in ciascuna circoscrizione.
Il sistema elettorale
La legge elettorale con la quale si vota alle elezioni europee, a differenza di quella per il Parlamento italiano, non è mai cambiata dal 1979, quando si elesse per la prima volta a suffragio universale l’Assemblea di Strasburgo. Si tratta secondo quanto prescritto dalla normativa Ue di riferimento di un sistema proporzionale puro: ogni formazione politica elegge una quota di eurodeputati commisurata al numero di voti ricevuti. A patto però di superare una soglia di sbarramento d’ingresso minima, fissata al 4%.
È possibile, ma non obbligatorio, esprimere fino a tre preferenze, rispettando però il principio dell’equilibro di genere (non è consentito, ad esempio, votare per sole donne o soli uomini, pena l’annullamento della terza preferenza). Per queste elezioni l’Italia è suddivisa in cinque circoscrizioni, a cui vengono assegnati un certo numero di seggi che variano a seconda della popolazione: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole.
Chi può votare
Possono votare tutti i cittadini italiani che abbiano almeno 18 anni, nonché i cittadini europei residenti in Italia e registratisi entro la scadenza prestabilita. In Italia, a differenza di altri Paesi Ue, non è prevista la possibilità del voto online, né per procura o per corrispondenza. I cittadini italiani stabilmente residenti o temporaneamente domiciliati per motivi di lavoro o di studio in altri Paesi dell’Ue nei Paesi dell’Unione europea possono votare – come ricorda il Ministero degli Esteri – recandosi presso le apposite sezioni elettorali istituite dalla rete diplomatico-consolare.
Chi può essere eletto
Sono eleggibili al Parlamento europeo secondo la legge italiana del 1979 tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto almeno 25 anni (entro la data ultima del voto), o i cittadini di altri Paesi membri residenti in Italia e iscritti nelle apposite liste che possiedano lo stesso requisito e che non siano decaduti dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di origine. Con lo stesso criterio, anche i cittadini italiani possono candidarsi eventualmente in altri Paesi membri dell’Ue, alle condizioni previste dai rispettivi ordinamenti. Non è possibile però presentarsi come candidato in due o più Stati membri ale stesse elezioni europee.
(da agenzie)
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