Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
“GIULI PAGA IL FATTO DI NON ESSERE UN UOMO DI PARTITO, MA UNO CHE RISPONDE SOLO ALLE SORELLE MELONI. C’È UNA CERTA INSOFFERENZA DELLA BASE VERSO LA PREMIER, PER AVERE PUNTATO SU UN UOMO SENZA TESSERA, QUINDI NON CONTROLLABILE, CHE PER GIUNTA NOMINA UN CAPO DI GABINETTO LGBT…”
Annalisa Terranova, storica giornalista del Secolo, firma di Libero, la destra missina era omofoba?
«Il Msi era infiorettato di omosessuali».
E non venivano ghettizzati?
«Il segretario Almirante mise a capo del Fuan il filosofo Armando Plebe, che nel 1977 venne fotografato mentre si era appartato con un ragazzo nei pressi della stazione Termini».
Ricorda un po’ Pasolini.
«Subì un ricatto. Lo confessò ad Almirante, che commentò con ironia: “Ci hanno detto di tutto, ma non che siamo froci”. Lo invitò a dimettersi, perché ricattabile, ma non lo cacciò, anzi lo aiutò a uscire da quel guaio».
Quella destra era più laica?
«I missini votarono in larga parte per il divorzio. Ora vedo il tentativo di appiattire il partito sui pro-vita. Da cattolica penso che sia un errore farci dettare la linea da chi pensa di brandire la Verità in politica».
Ci sono loro dietro le dimissioni di Spano, il capo di gabinetto del ministro Giuli?
«Dietro c’è il modo omofobo con cui Report ha presentato il servizio. È killeraggio».
Addirittura.
«Sì, Giuli disturba i circoletti progressisti che ruotano da sempre attorno al ministero della Cultura».
Lei ha sostenuto la scelta di Spano.
«Sì, perché quello di Giuli è il gesto di un uomo libero ».
Meloni lo aveva criticato Spano.
«Sette anni fa, per una storia da cui poi è stato prosciolto. Il punto morale è che non si può bloccare un grand commis solo perché omosessuale».
Definito “un pederasta” nella chat di Fratelli d’Italia.
«Forse a volte bisognerebbe curare di più la formazione politica».
Però su questa nomina è scoppiata la faida tra i meloniani.
«Giuli paga il fatto di non essere un uomo di partito, ma uno che risponde solo alle sorelle Meloni».
Cosa vi legge nell’attacco?
«Una certa insofferenza verso la premier, per avere puntato su un uomo senza tessera, quindi non controllabile, che per giunta nomina un capo di gabinetto Lgbt».
L’insofferenza è di Fazzolari?
«No. È della base».
L’onorevole Mollicone e la sorella di Giuli però si sono insultati in Transatlantico.
«Vengo da una vecchia scuola: le discussioni non si fanno davanti ai giornalisti. Ti devi disciplinare nell’ira».
Che compito ha dato Meloni a Giuli
«Di fare la riforma, cambiando le procedure e le rendite di posizione.
Circolano tanti soldi lì. Giuli disturba chi non vuole cambiare».
Ma lei lo capisce quando parla?
«Lui provoca, ci gioca. Ora lo imita pure Crozza. Ha già vinto mediaticamente».
Marcello Veneziani ha detto che la gestione della cultura non è cosa della destra.
«È così, se ci facciamo dettare la linea dai pro-vita, che peraltro è seguita da una minoranza»
Come spiega la regressione odierna?
«Da un lato è una reazione legittima al pensiero gender, dall’altro i valori non negoziabili andrebbero difesi col confronto, senza intolleranze».
E il nuovo vate è Vannacci.
«Uno che rimpiange quando le donne stavano a casa a fare solo le mamme. Quel mondo non c’è più».
(da La Repubblica)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
TRA LE VITTIME SCARONI E MORATTI… E GALLO DICEVA: “HO I FILE DEL PROCESSO RUBY, ANCHE I VIDEO HARD CON BERLUSCONI”
Erano seduti su una montagna di notizie che non dovevano avere e ad alto valore ricattatorio.
Scrivono i pm: «Gallo raccontava di avere video hard di Silvio Berlusconi, strumento di ricatto elevatissimo. “Di Ruby ho tutto, le fotografie, i video… C’è proprio tutto e lei che si vede che…”. Pazzali, invece, voleva persino condizionare le nomine del governo. Il 24 gennaio 2023 è al telefono con la ministra del Turismo Daniela Santanché e, sfruttando le informazioni riservate che ha in mano, tenta di boicottare la nomina del manager Guido Rivolta a componente dello staff della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Pazzali, vicino a Fratelli d’Italia, affronta con la ministra le nomine. E dice in maniera netta: «Gira voce che la tua capa si vuole portare lui dentro lo staff». Lo definisce «l’uomo fiduciario di Giovanni Gorno Tempini», ex presidente di Fiera Milano e numero uno di Cassa depositi e prestiti. Per inciso, un’altra delle vittime dei dossieraggi. Pazzali cerca di screditare Rivolta: «Una persona maligna, proprio brutta brutta». Osteggia in tutti i modi la nomina, «è quello nazionalsocialista. È pericolosissimo, gioca tre partite».
Ecco a cosa serve raccogliere montagne di informazioni segrete. E quali sono i rischi. È lo stesso superpoliziotto Carmine Gallo ad ammetterlo. «Passiamo i guai…», dice a Samuele Calamucci, l’altro imprenditore dei servizi di investigazione finito ai domiciliari. Gallo si paragona ad Antonello Montante, l’imprenditore siciliano condannato qualche anno fa per la sua fabbrica di dossier abusivi su politici e imprenditori. Anzi si considera a capo di un sistema ancora più oliato. «Per molto meno ha passato i guai Montante». Intanto raccoglieva informazioni riservate su ex mogli e fidanzate, famiglie spaccate per l’eredità, manager e imprenditori in guerra con la concorrenza su fette di mercato. E ancora, giornalisti, uomini dello spettacolo, persino gli stessi investigatori. Come quelli dell’inchiesta Hydra, ancora della Dda di Milano, sul “patto delle tre mafie” in Lombardia.
Tra le vittime più illustri, Paolo Scaroni, ex ad di Eni, oggi presidente del Milan. Due anni fa, nell’agosto 2022, il finanziere Giuliano Schiano, in servizio alla Dia di Lecce, esegue due accessi su di lui per conto di Pazzali. La ricerca su Scaroni, scrivono i pm, ha lo scopo di «raccogliere informazioni compromettenti che possano escluderlo dalla corsa verso ad delle Olimpiadi Milano Cortina». Per questo, Pazzali chiede a Gallo di effettuare una verifica di «eventuali precedenti penali o indagini in atto». E cita il presidente della Lombardia: «Carlo, Attilio mi chiede…Fontana mi chiede se Scaroni ha dei prece… delle cose in corso». «Lo vediamo», risponde Gallo. Scaroni è solo una delle più importanti vittime della banda degli hacker. Tra i manager sui quali si concentra l’attenzione, anche i banchieri Massimo Ponzellini e Roberto Mazzotta.
In molti casi, Pazzali avrebbe chiesto di conoscere i contenuti delle chat con diverse parole chiave come “Pazzali”, “Fiera”, “Eur”, “Fontana” e “Bonomi”, probabilmente il presidente della Fiera. Tra i personaggi nel mirino, l’imprenditore Roberto De Santis, legato a Massimo D’Alema, il finanziere e avvocato Giuseppe Bivona e il re delle slot machine Francesco Corallo. Spunta anche il nome del politico ormai deceduto Filippo Penati, e del suo grande accusatore nel processo “Sistema Sesto”, l’imprenditore Piero Di Caterina.
Lo stesso metodo, quello della esfiltrazione dei dati dalle conversazioni telefoniche, è stato riservato ad alcuni giornalisti – uno del Sole 24 ore, l’altro di Repubblica – e per la manager ed esperta di comunicazione Giuliana Paoletti. Ricerche sono state eseguite anche per il cantante Alex Britti. A chiedere di sapere di più sull’artista sarebbe stato Fulvio Pravadelli, ex dirigente Publitalia e dg della Veneranda Fabbrica del Duomo, indagato. Avrebbe chiesto di «acquisire informazioni pregiudizievoli sul noto cantautore» che si stava separando da sua figlia.
Negli atti spunta a sorpresa anche il nome di Alberto Genovese, l’ex “imprenditore delle start-up” in carcere per gli stupri durante le sue feste nel suo attico di lusso, “Terrazza Sentimento”. È Calamucci a svelare gli accertamenti. «Hanno fatto anche il caso Genovese insieme loro!», dice riferendosi ad altri due dell’organizzazione. E Giulio Cornelli, ai domiciliari, conferma: «Si, si certo… sono andato anche a vedere la fatturazione (..) ma non riesco a scorporarla dalle varie competenze per il caso di Genovese». Tra le vittime di dossieraggio, anche Ginevra Csillaghy Furstenberg, figlia di Virginia (anche lei spiata), la nipote di Gianni Agnelli, morta nel 2023.
Nelle migliaia di accessi abusivi, pochi politici. C’è l’interesse per Letizia Moratti, sulla quale Pazzali avrebbe sollecitato Gallo in vista delle elezioni regionali lombarde del 2023, dove la ex presidente della Rai si candidava anche contro Attilio Fontana, molto vicino a Pazzali. Per i pm, il manager indagato voleva «reperire qualche notizia» da banche dati «idonea a mettere in cattiva luce l’immagine di Letizia Moratti, favorendo così la candidatura di Attilio Fontana», che non risulta coinvolto nell’operazione. «Se ti faccio vedere i report di Enrico… ne ho fatti a migliaia, ho fatto di report a Enrico…». Politica e prima livello di nomine nelle partecipate lombarde. Ecco le richieste per Giuseppe Biesuz, ex ad di Trenord, società del trasporto lombardo, o per Beniamino Lopresti, presidente della Milano Serravalle. Anche per loro, le immancabili richieste alla banca dati dello Sdi.
A essere colpiti dal dossieraggio, gli stessi magistrati della Dda. La procura documenta la diffusione da parte di un carabiniere infedele a Gallo di informazioni riservate sui fratelli Rosario e Giovanni Abilone, legati a Matteo Messina Denaro, indagati nell’inchiesta “Hydra” sul patto tra le tre grandi mafie in Lombardia. «Eh.. ma è grossa questa Carmine – rivela il militare –. Ma i due amici, però, stavolta li castigano».
(da repubblica.it)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
“QUELL’IDEA PADRONALE NON ESISTE PIU'”
“Grillo che vuole l’estinzione del M5S? Lo deciderà la base, non lui dal suo salotto: quell’idea padronale non esiste più”. Così Marco Travaglio ad ‘Accordi&Disaccordi’, il talk politico condotto da Luca Sommi su Nove con la partecipazione di Andrea Scanzi a proposito della polemica scoppiata tra il fondatore del M5S e il suo presidente e leader. “Anche la leadership di Conte, come la durata del mandato di garante di Grillo e tutte le questioni che sono sul tappeto sono rimessi alla base. – ha spiegato il giornalista – Se la base deciderà che Conte non deve essere più leader, Conte se ne va a casa, ma non è un partito personale, altrimenti se fosse tale perché dovrebbe convocare un’assemblea per far decidere tutto, compreso il pro
Secondo il direttore del Fatto Quotidiano “non c’entra niente il partito, semmai era personale un po’ prima, quando Grillo e Casaleggio facevano il bello e il cattivo tempo. Certo, il Movimento non è quello di 15 anni fa, è ovvio. Sono andati tre volte al governo, la prima volta con la Lega, la seconda volta col Pd e la terza volta Grillo li ha infilati in un governo suicida per loro, il governo Draghi”.
Sull’accusa di aver fatto “evaporare” il Movimento, Travaglio ha detto ancora: “Quindi, se il M5S è evaporato, lo ha fatto a causa di Grillo. Se è rinato, è rinato grazie a Conte visto che quando erano nel governo Draghi, il Movimento cinque Stelle era dato dai sondaggi al 7-8 per cento. Conte ha raddoppiato in pochi mesi uscendo da quella camicia di forza e portandoli al 15 e mezzo. Stamattina il sondaggio di Pagnoncelli li dava al 13,9, quindi, ha un punto e sei dal risultato delle politiche che tutti considerarono un successo”.
E infine: “Io credo che lo decideranno gli iscritti, i non iscritti, i simpatizzanti e gli elettori se il Movimento deve sparire o deve evaporare, certamente non lo può decidere uno dal suo salotto, perché comunque la gente, se vuole votarli, continua a votarli. Se non avrà più motivo di votarli, non li voterà, ma non è che c’è una decisione di uno che chiude il rubinetto. Quello è il concetto di partito padronale che però non esiste più”, ha concluso Travaglio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
LE SOLITE ELEZIONI TAROCCATE DAGLI AMICI DI PUTIN
Chi ha vinto la sfida sul futuro della Georgia? A contrapporsi nelle elezioni politiche di oggi
erano i due fronti che promettono di portare il Paese in direzioni opposte: la sfera europea-occidentale o quella russa. A tarda sera l’esito della sfida non appare del tutto chiaro. Secondo i risultati ufficiali diffusi dalla commissione elettorale centrale, con il 70% delle schede scrutinate, il partito al potere “Sogno Georgiano”, che guida il Paese dal 2012, avrebbe rivinto le elezioni col 53% dei consensi. Il fondatore e leader de facto del partito, il miliardario Bidzina Ivanishvili, ha già messo la sua firma sul successo, che equivarrebbe a un allontanamento forse definitivo dal percorso verso l’Ue. Ma l’opposizione pro-europea ha rigettato i dati diffusi dal governo, e s’aggrappa altri numeri: quelli diffusi da una serie di exit poll che darebbero al suo blocco una maggioranza più o meno netta nel prossimo Parlamento. «Non riconosciamo i risultati falsificati di queste elezioni rubate», attacca la leader di uno dei partiti, l’Unm, Tina Bokuchava, mentre la leader di Akhali, Nika Gvaramia, accusa “Sogno Georgiano” di «usurpazione del potere e colpo di Stato costituzionale».
Impossibile, nello stallo messicano che va delineandosi, pensare pure che a intercedere tra i due contendenti sia la presidente della Repubblica, punto di riferimento del blocco filo-occidentale. «La Georgia europea sta vincendo con il 52% nonostante tutti i tentativi di brogli», ha scritto su X la presidente Salomè Zourabichvili poco dopo la chiusura dei seggi. E poco dopo ha rincarato la dose, scrivendo che la Georgia «ha dimostrato democrazia, Europeismo e maturità: sono orgogliosa e fiduciosa per il nostro futuro europeo!». Eppure dall’Ue l’unico leader a farsi sentire per ora è Viktor Orban, per affermare esattamente il contrario. «Congratulazioni al primo ministro Kobakhidze e al partito Sogno Georgiano per la loro schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari di oggi. Il popolo della Georgia sa cosa è meglio per il suo Paese e oggi ha fatto sentire la sua voce», ha twittato in tempi record il premier ungherese esaltando il presunto successo del blocco filo-russo. La parola fine sull’esito del voto pare ancora assai lontana.
(da agenzie)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
MA LUI E’ SEMPRE PIU’ SOLO… IL RETROSCENA: “NON SONO DISPOSTO A FARE LA MARIONETTA”
Alla fine per proteggere il ministro della Cultura Alessandro Giuli è scesa in campo lei. Arianna Meloni, sorella della premier e capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia. A La Stampa nei giorni di passione del Collegio Romano spiega: «Alessandro Giuli ha certamente il sostegno di Fratelli d’Italia, non gli è mai mancato». Ovvero, secondo il quotidiano torinese, chi ha puntato al logoramento del ministro della Cultura deve finirla. Giuli, fortemente voluto da Giorgia Meloni, è comunque solo. Lo ribadisce anche nell’intervista che andrà in onda oggi su Rai Radio 3. A “La lingua batte” spiega: «Ho ottime relazioni, alla luce del sole, con scrittori, artisti, cineasti», persino «migliori di quelli che ho con molti esponenti politici, compresi quelli del mio partito». Il ministro della Cultura nelle sue conversazioni private è stato netto. «Non sono qui per fare la marionetta», recita nel retroscena su La Stampa. Un mantra che emerge anche nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche. Ma forse, a onor del vero, la migliore protezione verso Giuli arriva proprio da chi dovrebbe sostituirlo al Collegio romano. Fonti del Mic al quotidiano torinese spiegano che finora gli alti funzionari sondati sarebbero restii ad entrare nei corridoi del ministero. E come dar loro torto.
(da La Stampa)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
L’INFORMATICO (ARRESTATO) SAMUELE CALAMUCCI SPIEGAVA ALL’EX SUPER POLIZIOTTO CARMINE GALLO COME ERA ENTRATO NELLA BANCA DATI DEL VIMINALE: “ABBIAMO CULO, ABBIAMO 4 ANNI E MEZZO DI VANTAGGIO SU TUTTI PERCHÉ I MIEI HANNO LA MANUTENZIONE, NEL FRATTEMPO SCARICHIAMO PIÙ DATI POSSIBILE…”
Nome in codice: «Beyond», aggregatore di banche dati e generatore di report con i relativi
contenuti violati. Password: «Putin1424». Ecco il vero valore aggiunto dell’agenzia investigativa Equalize srl: la piattaforma sviluppata dall’informatico arrestato Samuele Calamucci.
E questa «possibilità di scaricare i dati direttamente dalla banca dati Sdi del Ministero dell’Interno» pone l’azienda, appartenente all’indagato presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali e gestita dall’ex superpoliziotto Carmine Gallo, «in una posizione di vantaggio enorme rispetto alla necessità» dei concorrenti «di corrompere operatori di polizia al fine di ottenere le informazioni contenute nella banca dati», parallelo metodo classico che Equalize comunque non disdegna.
Ma quando ieri con un paradosso il procuratore nazionale antimafia Gianni Melillo stupisce dicendo che «le indagini quasi inizieranno ora», si riferisce al fatto che solo le perizie sui computer e telefoni sequestrati l’altra notte potranno accertare se Calamucci e Gallo in alcune intercettazioni descrivessero un reale incubo istituzionale: e cioè l’aver «bucato» direttamente il ministero dell’Interno.
Infatti in una intercettazione dell’ottobre 2022 «Calamucci chiarisce che l’accesso al Centro dati del Ministero dell’Interno avviene» in due modi: «mediante un Rat che la loro organizzazione ha inserito nei relativi server» (Rat è un virus informatico che da remoto prende il controllo dei server come se fosse l’amministratore del sistema), e anche «grazie all’infiltrazione» di persone di sua fiducia all’interno del gruppo di lavoro che ha creato e fa la manutenzione dell’infrastruttura informatica.
«Lo Sdi — racconta Calamucci a Gallo — viene progettato dai ragazzi di Bologna e dai ragazzi di Colchester che sono i miei… ed è detenuto nei server fisici di Torino che poi sono in Rat… Quindi il Ministero dell’Interno ha questa struttura e noi abbiamo fortuna…», il che «ancora per poco per noi è un vantaggio enorme… Abbiamo 4 anni e mezzo di vantaggio su tutti perché i miei hanno la manutenzione… Nel frattempo, scarichiamo più dati possibile…».
L’espressione «ancora per poco» si spiega con il fatto che l’infrastruttura di rete e software del Viminale è in continuo aggiornamento ed evoluzione, «con la conseguenza che ogni modifica implica un corrispondente adeguamento anche da parte degli hacker o comunque di chi ha fornito l’accesso alla “back door”».
Ecco perché Calamucci aggiunge che «dopo dovranno confrontarsi con qualcuno: dalla registrazione non si riesce a comprendere con chi, ma è evidente che il riferimento sia appunto ai cosiddetti “fabbri”, ossia a coloro che hanno realizzato le chiavi d’accesso alla banca dati e le hanno fornite al gruppo di Equalize».
In una intercettazione del 13 ottobre 2022 con Gallo, Calamucci «lascia intendere di aver intercettato, o essere riuscito a utilizzare abusivamente o a clonare, per il tramite di un gruppo denominato “Campo Volo”, un indirizzo email assegnato alla massima carica dello Stato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella».
Dice Calamucci: «Ho sentito un amico del Campo Volo, mi ha detto: “Mi raccomando, stampatela da una stampante non riconducibile…”. Gli faccio: «sì, guarda che noi l’abbiamo spedita a venti persone, più tre mail, una mail intestata a Mattarella con nome e cognome, che se vanno a vedere l’account è intestato al presidente della Repubblica e non vorrei che gli rompano le scatole… lo vedono che è diverso!».
Impressionante l’elenco dei dati raggiungibili dagli informatici di Equalize, per come essi stessi li esemplificano: ad esempio «…persona denunciata, arrestata, fermata, in relazione a quale reato… Aci, Istat, Punto Fisco della Guardia di Finanza… l’accesso ai cassetti fiscali in uso all’Agenzia delle Entrate, abbiamo anche le Sos-Segnalazioni di operazioni sospette…». E persino, dice Calamucci, «una certa Consob», l’accesso alla banca dati dell’Autorità di vigilanza della Borsa, «da lì possiamo andare a vedere se una società sta vendendo o comprando azioni in quel momento».
C’era un obiettivo: «Tenere in pugno il Paese» scrive il gip. «Fregare tutta Italia», sintetizzano loro, gli spioni di «via Pattari», registrati dalle microspie dei carabinieri. Eccola, la storia di Equalize, l’agenzia di investigazione, meglio di financial and reputational risk investigation, che dal salotto buono di Milano rubava i segreti della finanza e della politica per ricattarla. Non è una storia improvvisata.
Piuttosto la sintesi di un raffinato metodo di lavoro che passava dalle buone conoscenze di Enrico Pazzali, manager di lungo corso, prima ad Eur spa, ora alla fondazione fiera di Milano, seduto ai tavoli bene del centrodestra lombardo, in particolare quello del governatore Attilio Fontana.
E alle capacità tecniche del super poliziotto in pensione Carmine Gallo e del suo amico hacker Nunzio Calamucci, un passato in Anonymous, riuscito in quello che oggi risulta ancora inspiegabile ai migliori investigatori italiani: bucare la banca dati dello Sdi, il cervellone in cui confluiscono tutte le informazioni rilevate dalle forze dell’ordine sul territorio. Precedenti penali, inchieste in corso, è lo scrigno dei segreti giudiziari degli italiani.
«L’organizzazione agiva» scrive il gip Fabrizio Filice nell’ordinanza di custodia, «per finalità di profitto». Ma non solo. Nella ragione sociale c’era anche lo «scopo estorsivo e ricattatorio per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria». O per «danneggiare l’immagine dei competitor professionali e imprenditoriali e politici» di Pazzali e dei suoi amici.
Per dire: alle elezioni regionali della Lombardia del 2023 Pazzali ordinò «accertamenti » su persone «vicine politicamente » a Letizia Moratti. «Servivano notizie — scrivono i pm nella richiesta di cattura — idonee a mettere in cattiva luce l’immagine di Letizia Moratti, favorendo così la candidatura di Attilio Fontana». «Fontana è legatissimo a Pazzali», dice il suo socio Gallo. D’altronde è lui a essersi mosso per cercare «notizie pregiudizievoli » scrivono i pm nelle 1.170 pagine di richiesta di cattura, «sul conto di qualcuno dei componenti del consiglio direttivo di Lombardia migliore », la civica che appoggiava Moratti come candidata governatrice.
Ma c’è anche un dettaglio ulteriore che gli stessi pm definiscono «inquietante». Gallo e Camillucci «lasciano intendere di aver intercettato, per il tramite di un gruppo “Campo Volo”, un indirizzo email del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. O comunque di essersi riusciti, sempre attraverso lo stesso gruppo, a utilizzare abusivamente o a clonare l’account del Presidente».
Gli accessi abusivi alle banche dati venivano realizzati «secondo due modalità. Una tradizionale: la corruzione di un paio di agenti di periferia, autorizzati all’accesso nelle banche dati, tenuti a libro paga dalla società per 1.200 euro al mese. Il salto di qualità è però arrivato quando il gruppo, grazie alle capacità di Calamucci, riesce a bucare autonomamente il server del ministero.
Lo fa anche grazie al fatto che alcuni ragazzi che lui aveva formato, «i miei ragazzi» li chiama l’hacker, hanno lavorato alla programmazione e alla manutenzione del server del ministero degli Interni. «Abbiamo culo… Abbiamo chi ha fatto la struttura e ha la manutenzione per altri quattro anni e siamo apposto…». È proprio questa «fortuna» che spinge Equalize a fare il salto di qualità.
Se da un lato Pazzali continuava a pensare in maniera “tradizionale”, e quindi a passare le informazioni ai suoi amici o a utilizzarle per motivi politici e personali («non ha alcun dominio sul funzionamento dell’organizzazione» scrive, non a caso, il gip), Gallo prova il salto di qualità. Costruendo una piattaforma, Beyond, che mette insieme tutte le banche dati.
Funziona così: «C’è un primo livello — si legge negli atti — che restituisce un’informazione rapida e sintetica e un secondo livello contrassegnato con “un flag rosso”, che indica informazioni di carattere negativo sulle inchieste giudiziarie», spiega Gallo ai potenziali clienti. Per poi precisare: «Vi daremo l’opportunità di approfondire il report per verificare per quale ragione viene fuori quel “flag rosso”: noi assicuriamo che tratta di un report certo e verificato, escludiamo le omonimie».
Il tutto, con bugie e non detti, veniva venduto però ai clienti come “legale”, ma Gallo e Calamucci sapevano perfettamente quanto scivoloso fosse il sentiero che avevano deciso di intraprendere. Tanto da tenere fuori dall’affare Pazzali che, a detta dei suoi stessi soci, preferiva le relazioni al denaro. Il mercato individuato è quello degli «ex vertici delle forze dell’ordine poi diventati security manager o membri dei cda di aziende private»
«Non ti puoi fare la galera per trecentomila euro», dice Calamucci. «Non ne vale la pena (…). Se ci dicono, fate questa frode per quattro milioni? Noi, con due milioni per uno non riusciamo a sparire? Perché poi devi sparire. Dici, va bene lo faccio. Ma non per trecentomila!».
(da Repubblica)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
NEL CAST NON C’È SOLO GIORGIA MELONI, MA ANCHE DONALD TRUMP, MARINE LE PEN, SANTIAGO ABASCAL, E L’ARGENTINO JAVIER MILEI… IN UNA DELLE SCENE CHIAVE, LA DUCETTA E IL TYCOON DISCUTONO DELLA FESTA ORGANIZZATA PER I SUPREMATISTI BIANCHI
La televisione spagnola ha lanciato una nuova serie satirica dal titolo Fachas, in italiano «fascisti», una parodia della celebre sitcom Friends che mette in scena una versione caricaturale dei principali leader di destra in Europa e non solo. Nel cast figurano Giorgia Meloni, Donald Trump, Marine Le Pen, Santiago Abascal, e l’argentino Javier Milei.
In una delle scene chiave, Trump e Meloni appaiono sul celebre divano di Friends, intenti a discutere dopo una festa organizzata la sera prima per simpatizzanti suprematisti bianchi.
Tra gli ospiti di questo parti anche Vladimir Putin. La parodia gioca con i toni esasperati e i cliché associati alle posizioni ultraconservatrici e nazionaliste, mostrando Trump e Meloni che citano la serata tra battute e riferimenti sarcastici.
(da Open)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
“ARRIVA AL MINISTERO DOPO IL CICLONE BOCCIA E LUI CHE FA? INVECE DI ASPETTARE CHE PASSI LA TEMPESTA, SI METTE A FARE CASINO: LICENZIA IL CAPO DI GABINETTO E LO SOSTITUISCE CON UNO PROVENIENTE DA UN’ALTRA GALASSIA E CHE LO METTE SUBITO IN IMBARAZZO PER I SUOI FAVORITISMI PRIVATI”
Che ce ne facciamo di uno cosi? Sarebbe già stato cacciato a pedate, ma sta ancora con le terga
ben piantate sullo scranno del MiC per il semplice motivo che sarebbe una vera figura di m… cambiare due ministri della cultura nel giro di un mese.
Alessandro Giuli s’è fatto notare solo per le sue pose da dandy e per l’eloquio provocatoriamente forbito e criptico con il quale s’è presentato alla Camera: in realtà uno schiaffo alla democrazia parlamentare, perché un ministro deve assumere ben altro contegno davanti alla massima istituzione rappresentativa dell’Italia
Ma non è questo il punto. Il punto è che ha fatto più danni lui al ministero della Cultura in una manciata di settimane che uno stormo di cavallette in un campo di grano. Ma dico io… arriva al ministero dopo il ciclone Boccia e la tristissima ritirata di Sangiuliano e lui che fa?
Invece di aspettare che passi la tempesta e mettersi a lavorare in silenzio per salvare il lavoro del suo predecessore, invece insomma restituire credibilità e serietà a una istituzione screditata per colpa di una astuta manipolatrice e di un sessantenne in grisaglia che si credeva Alain Delon, si mette a fare casino come un branco di black bloc durante una manifestazione: licenzia il capo di gabinetto e lo sostituisce con uno proveniente da un’altra galassia e che lo mette subito in imbarazzo per i suoi favoritismi privati, al punto che anche questi è costretto a dimettersi.
Non contento di ciò, respinge pure al mittente le figure in sostituzione che gli vengono proposte da Palazzo Chigi. Così il ministro dandy può pure atteggiarsi a tipo “indipendente” e “libero” dai meccanismi del potere. In realtà è solo uno che s’è montato la testa e che vuole a tutti i costi imporsi come “personaggio” dell’Italia governata dalla destra.
Risultato? Quello che doveva essere il fiore all’occhiello della destra di governo (il ministero della Cultura), è diventato un circo equestre esposto allo scherno dei retroscenisti dei giornali di sinistra. Peggio di così non poteva andare.
Quanto al suo passato, basterà dire che il Divo Giuli è partito dal neopaganesimo evoliano ed è approdato al neoliberismo ferrariano (nel senso di Giuliano, che lo ha allevato al “Foglio” fino a farlo diventare condirettore).
Un’altra chiccha nella sua storia professionale è il libro che scrisse nel 2007 contro il rinnovamento della destra promosso a quel tempo da Alleanza Nazionale. Un libro livoroso quanto pieno di attacchi gratuiti a intellettuali e politici della destra che fu. Una vera goduria per la sinistra, tant’è che il volume fu pubblicato dalla casa editrice Einaudi. Questo il titolo: “Il passo delle oche”. Ma, leggendolo, risero pure i polli.
(da Il Secolo d’Italia)
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Ottobre 27th, 2024 Riccardo Fucile
GLI HACKER HANNO “BUCATO” LA BANCA DATI DEL MINISTERO DELL’INTERNO E SAREBBERO RIUSCITI A ENTRARE IN UN ACCOUNT MAIL DEL QUIRINALE
La presunta associazione per delinquere, al centro dell’inchiesta milanese sui dossieraggi, gode “di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri” e gli indagati “spesso promettono e si vantano di poter intervenire su indagini e processi”.
Lo scrive negli atti il pm della Dda Francesco De Tommasi, che spiega che il gruppo riconducibile alla società Equalize ha una struttura “a grappolo”: ogni “componente” e “collaboratore” ha a sua volta “contatti nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni” con cui “reperire illecitamente dati”.
– “Carmine è a rischio perquisizione, quindi noi non dobbiamo lasciare qua nessun materiale estraneo.” E’ una delle intercettazioni nella richiesta di arresti della Dda di Milano nell’indagine che ha smantellato una rete di spioni che, guidati dall’ex super poliziotto Carmine Gallo, e con il benestare di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera, avrebbe confezionato su commissione dossier illeciti setacciando le banche dati strategiche nazionali.
Il gruppo aveva adottato la “pratica usuale” di eliminare i “dati abusivamente esfiltrati”. Molti sono i dialoghi in cui si dice di “far sparire tutto” perchè “non si sa mai”.
Nunzio Samuele Calamucci avrebbe avuto “a disposizione” un “hard disk contenente ottocentomila Sdi”, ossia informazioni acquisite dalla banca dati delle forze dell’ordine. “Ottocentomila Sdi, c’ho di là”, diceva intercettato parlando lo scorso gennaio con l’ex poliziotto Carmine Gallo, anche lui arrestato.
In un’altra conversazione del novembre 2023, Calamucci avrebbe avuto la preoccupazione di “mettere da parte”, ossia trasferire dati, di “sei, sette milioni di chiavette che c’ho io”. Aveva una “mole di dati da gestire – scrivono i pm – enorme, pari almeno a 15 terabyte”. Lo si legge negli atti dell’inchiesta della Dda di Milano.
Anche Gallo, ora ai domiciliari, parlando con Calamucci – entrambi, per l’accusa, al vertice del “gruppo” che fabbricava dossier – faceva riferimento alla “destinazione finale del proprio archivio”, che era “occultato” a casa della segretaria della società di investigazione Equalize, amministrata dallo stesso ex ispettore di polizia e di proprietà di Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera Milano.
Gallo spiegava, si legge negli atti, di aver portato da poco degli scatoloni a casa della segretaria e che lei li avrebbe dovuti spostare in un garage. “Non c’ha le chiavi del garage – raccontava – quindi gli scatoloni li ho portati a casa sua. Ha detto poi li porta lei giùcosì siamo a posto, non dobbiamo avere nulla qua”.
(da agenzie)
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