“CON ALMIRANTE L’MSI ERA LAICO E NON OMOFOBO. OGGI I PRO-VITA DETTANO LA LINEA”: ANNALISA TERRANOVA, LA GIORNALISTA DEL “SECOLO D’ITALIA” CHE HA SVELATO LA FAIDA TRA I POST-FASCI ANTI “PEDERASTI” E CHI SOGNA UNA MODERNA DESTRA DI GOVERNO, RIVELA COME FDI È IMPLOSO
“GIULI PAGA IL FATTO DI NON ESSERE UN UOMO DI PARTITO, MA UNO CHE RISPONDE SOLO ALLE SORELLE MELONI. C’È UNA CERTA INSOFFERENZA DELLA BASE VERSO LA PREMIER, PER AVERE PUNTATO SU UN UOMO SENZA TESSERA, QUINDI NON CONTROLLABILE, CHE PER GIUNTA NOMINA UN CAPO DI GABINETTO LGBT…”
Annalisa Terranova, storica giornalista del Secolo, firma di Libero, la destra missina era omofoba?
«Il Msi era infiorettato di omosessuali».
E non venivano ghettizzati?
«Il segretario Almirante mise a capo del Fuan il filosofo Armando Plebe, che nel 1977 venne fotografato mentre si era appartato con un ragazzo nei pressi della stazione Termini».
Ricorda un po’ Pasolini.
«Subì un ricatto. Lo confessò ad Almirante, che commentò con ironia: “Ci hanno detto di tutto, ma non che siamo froci”. Lo invitò a dimettersi, perché ricattabile, ma non lo cacciò, anzi lo aiutò a uscire da quel guaio».
Quella destra era più laica?
«I missini votarono in larga parte per il divorzio. Ora vedo il tentativo di appiattire il partito sui pro-vita. Da cattolica penso che sia un errore farci dettare la linea da chi pensa di brandire la Verità in politica».
Ci sono loro dietro le dimissioni di Spano, il capo di gabinetto del ministro Giuli?
«Dietro c’è il modo omofobo con cui Report ha presentato il servizio. È killeraggio».
Addirittura.
«Sì, Giuli disturba i circoletti progressisti che ruotano da sempre attorno al ministero della Cultura».
Lei ha sostenuto la scelta di Spano.
«Sì, perché quello di Giuli è il gesto di un uomo libero ».
Meloni lo aveva criticato Spano.
«Sette anni fa, per una storia da cui poi è stato prosciolto. Il punto morale è che non si può bloccare un grand commis solo perché omosessuale».
Definito “un pederasta” nella chat di Fratelli d’Italia.
«Forse a volte bisognerebbe curare di più la formazione politica».
Però su questa nomina è scoppiata la faida tra i meloniani.
«Giuli paga il fatto di non essere un uomo di partito, ma uno che risponde solo alle sorelle Meloni».
Cosa vi legge nell’attacco?
«Una certa insofferenza verso la premier, per avere puntato su un uomo senza tessera, quindi non controllabile, che per giunta nomina un capo di gabinetto Lgbt».
L’insofferenza è di Fazzolari?
«No. È della base».
L’onorevole Mollicone e la sorella di Giuli però si sono insultati in Transatlantico.
«Vengo da una vecchia scuola: le discussioni non si fanno davanti ai giornalisti. Ti devi disciplinare nell’ira».
Che compito ha dato Meloni a Giuli
«Di fare la riforma, cambiando le procedure e le rendite di posizione.
Circolano tanti soldi lì. Giuli disturba chi non vuole cambiare».
Ma lei lo capisce quando parla?
«Lui provoca, ci gioca. Ora lo imita pure Crozza. Ha già vinto mediaticamente».
Marcello Veneziani ha detto che la gestione della cultura non è cosa della destra.
«È così, se ci facciamo dettare la linea dai pro-vita, che peraltro è seguita da una minoranza»
Come spiega la regressione odierna?
«Da un lato è una reazione legittima al pensiero gender, dall’altro i valori non negoziabili andrebbero difesi col confronto, senza intolleranze».
E il nuovo vate è Vannacci.
«Uno che rimpiange quando le donne stavano a casa a fare solo le mamme. Quel mondo non c’è più».
(da La Repubblica)
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