Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
LE SUE PAROLE HANNO SCATENATO UN TERREMOTO NEL PAESE: LO STATO MAGGIORE CHE HA SCARICATO LE COLPE SUI POLITICI E TSAHAL È STATO COSTRETTO A RESPINGERE LE ACCUSE, MA LA DEVASTAZIONE A GAZA È SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI
Se c’è un primato di cui Tsahal, l’esercito israeliano, si fa vanto è quello di essere
«l’esercito più morale del mondo». A mettere in discussione il calibro delle forze israeliane, recentemente, è l’ex capo di stato maggiore dell’esercito ed ex ministro della Difesa, Moshe “Bogie” Yaalon (nel governo Netanyahu dal 2013 al 2016), che ha dichiarato e ribadito che a Gaza l’Idf sta commettendo «crimini di guerra» e «pulizia etnica».
Se non uno tsunami, le sue parole hanno generato un terremoto, in Israele, le cui scosse di assestamento si continuano a registrare. «Penso che la dichiarazione di Yaalon avrebbe dovuto essere rivolta al livello politico, non all’esercito. Ma quello che ha detto è corretto. Il governo sta spingendo l’esercito a fare una specie di pulizia, per così dire, etnica. Ma accusare i militari è sbagliato». Haim Tomer, interpellato ieri a Tel Aviv, a margine della conferenza per la Giornata del Governo di qualità, ha prestato servizio nel Mossad in vari incarichi, in Israele e all’estero, tra il 1986 e il 2011. È stato, tra le altre cose, capo della Divisione antiterrorismo e dell’intelligence, concludendo il suo servizio nel governo come responsabile della divisione per il collegamento internazionale e operativo, fino al 2014.
Yaalon ha voluto lanciare un allarme. Egli stesso ha ricalibrato le accuse in successive interviste televisive e ha corretto il tiro parlando di «interferenza dei politici, che stanno corrompendo l’esercito». Si parla di Gaza, fronte ancora caldo dopo quattordici mesi di guerra e un bilancio di 44.502 morti, secondo il ministero della Sanità di Hamas.
«Non sto parlando di omicidio di massa – precisa a Channel 12 dopo le reazioni dello Stato Maggiore – ma piuttosto di evacuare una popolazione dalle sue case, distruggere le loro case: questo è ciò che sta accadendo a Beit Hanoun, Beit Lahiya».
Alla domanda sul mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale per il primo ministro Benjamin Netanyahu, sfuma: «Penso che, moralmente, siano successe delle brutte cose, qui, dal nostro punto di vista».
«L’Idf opera in conformità con il diritto internazionale ed evacua i civili in base alle necessità operative, per la loro stessa protezione». Tsahal insomma respinge le «gravi affermazioni» secondo cui sta conducendo una pulizia etnica nella Striscia di Gaza
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
SE LA PRESENZA DI UNA DIVISA BASTASSE A GARANTIRE LA LEGALITA’ TANTO VALE FARE PRESIEDERE LE SEDUTE AI NOCS DEI CARABINIERI… NANNINI: “L’UNIFORME L’HO INDOSSATA TUTTI I GIORNI PER 38 ANNI. GUAI A CHI MI PARAGONA A VANNACCI”
Sarà che «la forma è sostanza» per principio, figuriamoci se c’è di mezzo la politica, ma a movimentare l’avvio della nuova legislatura della Regione Liguria di questi giorni c’è (anche) «una questione di guardaroba».
Così viene definita, negli uffici regionali, l’intenzione dichiarata del neo governatore Marco Bucci di chiedere al ministero della Difesa il via libera formale necessario per permettere di lavorare in divisa militare al suo nuovo capo di gabinetto, il contro ammiraglio della Marina militare Massimiliano Nannini.
Un passaggio appeso soltanto al «parere tecnico dei funzionari», – fa sapere lo stesso Nannini, in aspettativa dalle Forze armate da pochi giorni – che pare però un riassunto inedito della storia politica (e giudiziaria) recente della regione.
Se il neo governatore Bucci arriverà a inviare una nota ufficiale al ministro Guido Crosetto per chiedergli espressamente che il suo nuovo capo di gabinetto possa lavorare in Regione in uniforme, del resto, un motivo c’è. E riporta la Liguria alla primavera scorsa, quando lo scandalo giudiziario che ha travolto l’ex governatore Giovanni Toti e la maggioranza di centrodestra è partito proprio dalle accuse per corruzione all’allora capo di gabinetto dell’ente, il fedelissimo totiano Matteo Cozzani.
«Chi mi ha preceduto forse anche volutamente non aveva compiti assegnati, io li definirò con precisione: con me non succederà più che incontri privati avvengano in uffici pubblici», fa sapere così Nannini. Che sul caso della sua divisa sospesa, spiega: «Io l’uniforme l’ho indossata tutti i giorni per 38 anni, mi va bene anche lavorare in giacca e cravatta, ma capisco bene potrebbe aiutare a passare il messaggio di discontinuità che si vuole mandare».
Nannini tiene a precisare di «non aver incarico politico, ma amministrativo»: di politica «non capisco niente», e «guai a chi mi paragona a Vannacci, avessi voluto mi sarei candidato», dice. Ma ammettendo di sentirsi «garante», con «la responsabilità di lavorare dopo un terremoto».
«Quando mi hanno portato in giro per la sede, – racconta – nel mostrarmi il nuovo ufficio mi è stato detto gli ultimi due che ci hanno lavorato hanno avuto guai con la giustizia. Da marinaio e scaramantico, ho chiesto di farmene assegnare un altro».
(da La Repubblica)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
“GLI ITALIANI STANNO PAGANDO DI LORO TASCA LA VOSTRA PROPAGANDA”
“Il centro migranti in Albania è una delle più grandi buffonate che si potessero pensare,
con tanti soldi sottratti al bilancio dello Stato per un centro polifunzionale costato un miliardo di euro dei contribuenti e che ora sta dando riparo a cani randagi”. Così il leader di Iv Matteo Renzi, parlando in aula al Senato durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia al decreto Flussi.
“A me la sorte dei cani randagi sta a cuore, ma sta meno a cuore di quella degli operai che devono pagare le tasse”, aggiunge annunciando il no del suo gruppo.
“Gli italiani stanno pagando con le loro tasche la vostra propaganda”, però, ironizza, “avete instaurato l’unico trasporto pendolare che funzioni in Italia. Non c’è nulla di più ordinato e puntuale in questo Paese per quanto riguarda i trasporti, infatti, del traghetto che va a prendere e riporta i migranti in Albania”.
Continua Renzi: “Diceva Niccolò Machiavelli, che era un segretario fiorentino di quelli seri, che governare è fare credere. In questo siete bravissimi, signori del governo. Voi fate credere che l’immigrazione irregolare sia il problema di questo paese. Voi oggi siete in una fase di scontro con i sindacati. Allora, ascoltate gli imprenditori che dicono ‘abbiamo un problema di troppa poca immigrazione regolare’”. “Nel far credere che tutto il dramma di questo Paese sia l’immigrazione irregolare, riuscite a cancellare le notizie”, conclude.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL FUNERALE DI IERI PRELUDE ALLA BATTAGLIA LEGALE E ALLA NASCITA DI UN NUOVO SOGGETTO POLITICO
Una guerra di logoramento non solo legale. Con una battaglia nelle aule dei tribunali per il simbolo. «Meglio che finisca in una teca piuttosto di darlo a Conte». E, in prospettiva, una fondazione. Per custodirlo ma anche per usarlo. Con fedelissimi del calibro di Virginia Raggi e Danilo Toninelli. E la prospettiva dell’eredità ad Alessandro Di Battista. Dopo il funerale del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo si prepara alla faida messicana con Giuseppe Conte. Mentre l’ex Avvocato del Popolo confida nel quorum per voltare pagina. Ma c’è chi parla anche di un piano B. Che prevede un nuovo soggetto politico, con un nome e un simbolo diversi e un gruppo parlamentare rinnovato. “Progressisti e indipendenti” è uno dei nomi gettonati.
Il carro funebre
Per Beppe il M5s è morto perché è «un partitino progressista che fa giochini di 20 anni fa». Non si fa illusioni sulla seconda votazione: «Ho già perso». Ma, spiega Il Fatto Quotidiano, Grillo ha fatto il video per smuovere lo spicchio di base grillina che sta ancora con lui. Per questo è andato all’attacco di Roberto Fico, il caggiafa’ con l’autobus in Campania che si vuole candidare governatore nonostante abbia già fatto due mandati. E contro Alessandra Todde, considerata una contiana. «Su Statuto e simbolo siamo blindati. La scissione è un bluff», è la voce che viene dal parlamento grillino. Il notaio Alfonso Colucci dice che un’eventuale azione legale sarebbe temeraria. C’è una scrittura privata stipulata tra 2021 e 2022 con la quale Grillo si è impegnato a non promuovere contestazioni. Secondo questo accordo il fondatore è obbligato «a non prestare collaborazione ad altre associazioni».
L’attività concorrenziale
O meglio: a quelle che abbiano «finalità concorrenziali» rispetto al M5s. E una fondazione di ex grillini sarebbe l’esempio perfetto. «Farà qualcosa», è però il refrain dei fedelissimi. E c’è chi invita a guardare all’associazione Schierarsi di Di Battista, che sta raccogliendo consensi in giro per l’Italia. Per adesso Grillo e Dibba si parlano pochissimo. Ma, spiega Repubblica, c’è un lavoro di ambasciatori per una ricucitura. Anche perché la prospettiva del voto politico oggi è il 2027. C’è tempo. «La fondazione M5s potrebbe sostenere il partito di Di Battista», è lo scenario in costruzione. E Raggi? I giornali hanno scritto che è stata l’ex sindaca di Roma a trovare un avvocato per permettere a Grillo la battaglia legale contro Conte. Finisca come finisca, il suo è uno dei pochi nomi di big spendibili al fianco del Garante. Infine c’è il fedelissimo Toninelli. Che era già dalla sua parte.
(da Open)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
L’IDEA DI BEPPE È QUELLA DI CREARE UNA FONDAZIONE CON I FEDELISSIMI VIRGINIA RAGGI E DANILO TONINELLI E IN PROSPETTIVA DI SOSTENERE IL PARTITO DI ALESSANDRO DI BATTISTA… CONTE È CONVINTO CHE QUELLO DI GRILLO SIA “UN BLUFF” E PREPARA LA GUERRA LEGALE SULLO STATUTO. MA STUDIA UN PIANO B NEL CASO IN CUI ANDASSE MALE LA VOTAZIONE: UN NUOVO SOGGETTO CON UN NOME DIVERSO
È solo l’inizio. «Non finisce qui», una minaccia e una promessa, quella di Beppe Grillo.
Nel suo video non parla apertamente di battaglie legali, ma da tempo studia con i suoi avvocati come fare per riavere il simbolo M5S. Passaggio per lui imprescindibile, non solo per indebolire Giuseppe Conte ma anche per avere la libertà, in un futuro neanche troppo lontano, di utilizzarlo ancora come crede.
«Meglio che finisca in una teca piuttosto che lo abbia Conte», dice il garante ai fedelissimi che gli sono rimasti accanto. Non sono tanti, si contano sulle dita delle mani e tra loro ci sono sicuramente l’ex ministro Danilo Toninelli e l’ex sindaca Virginia Raggi. Ma non è certo in una teca che vorrebbe lasciarlo.
Qualcosa comunque si muove attorno a lui malgrado il suo isolamento e l’essere in netta minoranza nel partito che ha creato. L’idea, suggerita da chi lo ha incontrato anche a Roma negli ultimi tempi, è di creare una fondazione. Per adesso Grillo non ha detto né sì né no, ma già la sola ipotesi lo stuzzica.
Anche perché, in parallelo, nel solco delle origini M5S, viaggia un’altra realtà: l’associazione Schierarsi guidata dall’ex deputato Alessandro Di Battista, che sta raccogliendo diversi consensi in giro per l’Italia. Per adesso Grillo e l’ex pasionario M5S parlano pochissimo, ma sia da un lato sia dall’altro ci sarebbero ambasciatori al lavoro per una ricucitura. In fondo se si tornerà al voto nel 2027 c’è ancora molto tempo a disposizione.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
LE ELEZIONI LE AVEVA VINTE LA COALIZIONE DI SINISTRA CHE AVEVA CONCESSO, ATTRAVERSO L’ALLEANZA ANTI-SOVRANISTA, DIVERSI PARLAMENTARI AL CENTRO MACRONIANO AL SECONDO TURNO… E MACRON E’ ANDATO A FARE L’ALLEANZA TACITA CON MARINE LE PEN
A meno di 3 mesi dalla nomina del governo e meno di 6 dalla decisione di Emmanuel Macron di sciogliere il Parlamento dopo le elezioni europee, l’Assemblée Nationale si prepara oggi a sfiduciare l’esecutivo di Michel Barnier.
In Francia, una mozione di sfiducia vincente in Parlamento mancava dal 1962. Grande l’incertezza politica sul futuro del paese, che dovrà vedersela anche con una manovra finanziaria che quasi certamente non avrà più possibilità di essere approvata.
I deputati esamineranno le mozioni di sfiducia presentate dalla sinistra del Nuovo Fronte Popolare e dal Rassemblement National a partire dalle 16. La prima ha tutte le possibilità di essere votata anche dall’estrema destra, che pure nel testo viene duramente criticata. La probabile fine del governo Barnier dovrebbe essere sancita da un voto previsto attorno alle 20.
Le due mozioni sono state presentate lunedì – come minacciato dalle opposizioni – non appena il premier ha fatto ricorso all’articolo 49.3, quello che consente di porre la fiducia su un provvedimento evitando la discussione in aula, per far passare la parte della manovra 2025 che riguarda il finanziamento della Previdenza sociale.
Emmanuel Macron, in visita di stato in Arabia Saudita, ha affermato di “non credere al voto di sfiducia”, accusando di “insostenibile cinismo” il RN di Marine Le Pen. Secondo fonti francesi vicine all’Eliseo, il presidente starebbe attivamente trattando per trovare un successore a Barnier. Fra i nomi che circolano, quelli dell’ex premier socialista Bernard Cazeneuve, del centrista François Bayrou e del ministro della Difesa, Sébastien Lecornu.
Sul piano finanziario, i rischi riguardano i quasi certi mancati obiettivi di mantenere il deficit pubblico sotto il 5% qualora la manovra non andasse in porto. L’obiettivo era stato dettato dal grave sforamento del deficit, atteso al 6,1% del Pil nel 2024, molto al di sopra del 4,4% previsto.
La tormentata fase politica del paese sta avendo ripercussioni sui mercati con gli investitori che guardano con preoccupazione alla situazione dei conti pubblici francesi. La manovra è stata impostata per riportare il deficit dal 6 al 5% del Pil, valore comunque ampiamente superiore ai limiti fissati dall’Ue. I rendimenti dei titoli di Stato francese sono da qualche giorno in linea, quando non leggermente superiori, con quelli della Grecia e ben al di sopra di quelli spagnoli. Il differenziale con i tassi dei bund tedeschi (spread) è ai massimi dal 2012. Soffrono anche i gruppi finanziari francesi come Axa, Société Générale, Bnp e Credit Agricole, che possiedono molti dei bond francesi.
Lunedì il ministro delle Finanze Antoine Armand ha affermato che ci sarebbero conseguenze dolorose per l’economia se il governo dovesse cadere nei prossimi giorni. Affidarsi alla legislazione di emergenza escluderebbe la prevista revisione degli scaglioni dell’imposta sul reddito, che dovrebbero essere indicizzati su un’inflazione al 2%.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL CONFRONTO TRA I CANDIDATI ALLA SEGRETERIA DELLA LEGA LOMBARDA IN QUEL DI SORISOLE
Lunedì sera fa freddo e in più gioca l’Atalanta. Chi lo fa fare di uscire di casa? Ma
intorno alle 9 di sera il centro civico di Petosino, già bardato di bandiere della Lega lombarda, inizia a riempirsi. Cinquanta, cento, duecento persone che si riconoscono e si chiamano per nome. Sono arrivate qui perché in questo piccolo centro della Bergamasca (Comune di Sorisole, 8 mila anime) è previsto il primo e unico confronto tra candidati alla segreteria regionale del Carroccio, finalmente a congresso dopo dieci anni.
Matteo Salvini aveva chiesto un nome unitario per evitare una conta interna, ma invece che diminuire gli aspiranti segretari sono aumentati. Non più soltanto il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo e il deputato Luca Toccalini, leader della Lega Giovani, ma pure Cristian Invernizzi, ex parlamentare bergamasco un tempo vicino a Salvini, ma da qualche anno messo ai margini: “Non sento Matteo dal settembre 2022”, dice arrivando in sala.
Salvini spera che da qui al 15 dicembre, giorno del congresso, le cose si risolvano. Ma nel frattempo farebbe bene a buttare un occhio alle sezioni e alle altre Sorisole sparse per la Lombardia, perché il fair play tra i candidati non basta a sopire un malcontento dei militanti che monta lungo tutta la serata.
Romeo e Toccalini si dimostrano leali al segretario, a cui riconoscono in coro il merito “di aver fatto un miracolo” per risollevare la Lega: “Ci sono stati anni in cui non serviva neanche fare campagna elettorale: la gente lo sentiva parlare e ci votava”. Entrambi però sanno che qualcosa va aggiustato: “Già dopo le Europee ho detto che andava fatta una riflessione sulla nostra identità – scandisce Romeo – Oggettivamente noi non parliamo più del Nord. E occhio che se non parliamo più del Nord, poi la gente non ti vota più”. Toccalini: “Guardate che nessuno di noi lecca il culo a Salvini, in privato le cose gliele diciamo”. Quali cose?
Basta fiutare l’umore in sala. Sara, una militante in maglione bianco-verde, si alza in piedi: “Siamo diventati un partito verticistico”. La raffica delle domande somiglia ai cahiers de doleances di antica memoria: il ponte sullo Stretto, Vannacci, la Lombardia dimenticata, la provincia di Bergamo ignorata nelle nomine e nelle candidature. “Qui una volta, quando c’era qualche iniziativa del partito, facevamo come minimo 80 gazebo in città – ricorda Invernizzi – adesso, se va bene, se ne fanno 30”. E poi i congressi locali, spariti o in ritardo. “Ma Salvini tutte queste cose le sa?”, alza la voce un altro militante
Romeo prende appunti e rilancia: “Lo dico anche io, basta con la stagione dei nominati, servono i congressi. E per me un partito maturo è un partito che discute, dove c’è un candidato che vince e uno che perde. Io non tradisco la promessa ai militanti, è un anno e mezzo che giro la Lombardia”. Altro che nome unitario. Toccalini è d’accordo: “Non bisogna avere paura del confronto”. Ma ad agitare la base leghista non è solo la gestione di Salvini. Monta una certa insofferenza nei confronti degli alleati, e pure Toccalini si sfoga: “Io accetto che l’opposizione abbia da ridire sull’autonomia, ma non che Tajani ci rompa le palle”. Romeo declina il concetto con un messaggio a Salvini: “Dobbiamo farci sentire di più con gli alleati”. Che altrimenti si prendono i voti. Toccalini la semplifica così: “Non è possibile che in Lombardia i fascisti prendano più di noi”. Il linguaggio è sbrigativo, ma la base apprezza. “Chi si prende la responsabilità di tutti questi voti persi?”, chiede Giacomo. Romeo: “Abbiamo sbagliato tutti. Di certo, se potessi tornare indietro, consiglierei a Salvini di non entrare nel governo Draghi”. Il nome di Bossi viene evocato qua e là, non tanto per operazioni politiche quanto per una questione di identità padana: “Noi vogliamo cantare il Va’ Pensiero, loro per le feste ci han mandato la playlist con Maledetta Primavera”. Sono le undici di sera, l’Atalanta ha vinto 2 a 0 e, se a Salvini sono fischiate le orecchie, non è difficile capire perché.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
LA PREMIER HA DORMITO IN UN LOFT DI LUSSO COSTRUITO SU UN PINO SECOLARE NELL’ALTA TUSCIA A 420 EURO A NOTTE
“Quasi quasi non scendo più”. Come Cosimo, il barone rampante, Giorgia Meloni domenica mattina forse avrà pensato di voler restare lassù, sull’albero, dove ha passato la notte in compagnia della figlia Ginevra, con tutto il mondo fuori. Sì, proprio così: lo scorso fine settimana la premier ha dormito nella casa sull’albero più grande d’Europa. Un eco-loft di 87 metri quadrati, super tecnologico, costruito su un pino marittimo di 200 anni, a 7 metri da terra, che offre una vista non banale su un oliveto secolare di oltre 1.800 piante e colline coltivate a lavanda (420 euro a notte, si legge nel sito).
Meloni è stata l’ospite discreta della Piantata, agriturismo in provincia di Viterbo, ad Arlena di Castro, paesino incastrato tra il mare e la bassa Toscana. Ha soggiornato nella “black cabin”, la casa sull’albero ideata dallo studio Pellizzari di Milano. Una mini vacanza eco chic a cinque stelle. Uno spazio di evasione e di felicità per qualsiasi bambino (e non solo). La premier ha optato per la formula B&B e si è fatta poi portare il pranzo sull’albero. A partire dalle polpette alla vaccinara del ristorante Cichi’s di Tuscania, che poi ha ringraziato di persona, prima di ritornare a Roma, passando a salutare Martina Gentilini, la titolare.
Per Meloni, che il giorno dopo avrebbe annunciato il sostituto di Raffale Fitto nel governo, è stato un modo per staccare. Lontana dalle beghe del suo partito, dalle liti fra Matteo Salvini e Antonio Tajani, dalle accuse dei sindacati e del Pd. Ecco perché forse, quasi quasi, non sarebbe più scesa.
(da il Foglio)
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Dicembre 4th, 2024 Riccardo Fucile
“GRILLO DICE DI FARCI UN ALTRO SIMBOLO? DECIDE LA COMUNITA’ DEGLI ISCRITTI, NON LUI” – “IL SOPRANNOME ‘MAGO DI OZ’ NASCE DAL RAPPORTO TRA GRILLO E DRAGHI. MI SFOTTEVANO INSIEME UN PO’ VELENOSAMENTE”
Tra Beppe Grillo e la comunità “si è rotto qualcosa altrimenti” gli iscritti non avrebbero
“mai deciso di votare la cancellazione della figura di garante”. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte a Mattino Cinque. A suo avviso ciò è successo perché “c’è stato un momento in cui Grillo ha detto ‘Draghi il grillino’, ‘Cingolani l’elevato’. Lui ha fatto il grande errore politico di costruire un rapporto personale con Draghi anteponendo questo rapporto alla rappresentanza politica di una intera comunità”. “Grillo si è lasciato irretire da questo rapporto, altrimenti Draghi non gli avrebbe mai proposto di abbandonare Conte e la comunità a favore di Di Maio e la scissione”, ha aggiunto.
Conte, M5s di Grillo è morto, ma c’è stata una rifondazione
“Grillo ha ragione in un certo senso, il M5s fondato da lui” è “morto, ma non sono morti i principi e valori perché c’è stata una rifondazione” da parte degli “iscritti”. Lo dice il leader del M5s Giuseppe Conte a Mattino Cinque. “Il Movimento originariamente pensato da lui, dalla sua verve comunicativa, dall’intelligenza di Casaleggio non c’è più, è morto.
Ma non sono morti valori e principi”, ha chiarito Conte. “Il progetto originario era stato costruito soprattutto per progetti locali, l’acqua pubblica e altri, di portata per lo più comunale”. Oggi ci si confronta con “la guerra Russia-Ucraina, con lo sterminio di Gaza, con il tema degli extraprofitti delle banche…”. Il M5s di oggi “vuole realizzare ancora più radicale principi e valori ma guardando il futuro”, ha aggiunto.
Grillo dice di farci un altro simbolo? “Non esiste un Grillo depositario di un movimento politico alternativo, hanno fondato una forza politica che appartiene agli iscritti. Se una comunità deciderà di cambiare il simbolo lo faremo ma non è nella sua disponibilità”. Lo dice il leader del M5s Giuseppe Conte a Mattino Cinque. A chi gli chiede se il simbolo potrebbe essere portato via in Tribunale risponde: “E’ stato registrato da Di Maio a nome del M5s e per i partiti politici vale l’uso consolidato del simbolo. Non è di Grillo e non è di Conte”.
“Io capisco il tono risentito, ci sta”, ma “la comunità ha sempre visto” Beppe Grillo “e sempre lo vedrà come fondatore. Lui è venuto una sola volta in sede – ieri ha detto imprecisioni e vere e proprie falsità – e non è rimasto solo. C’ero io con 50-60 parlamentari che hanno abbandonato i lavori per stare due o tre ore con lui in un clima cordiale. Il problema è che poi non è più venuto e quando veniva a Roma si rinserrava all’hotel Forum. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte a Mattino Cinque
“Di quelle 50 proposte che lui dice – ed è un’iperbole perché qui non è arrivato assolutamente quel numero – molte sono già pdl depositate dai nostri parlamentari da tempo”, ha aggiunto. E poi “anche alle elezioni politiche, alle ultime europee, il nostro Gianluca Perilli – coordinatore del comitato progetti – ha lavorato con Grillo per raccogliere eventuali sue indicazioni”, ha concluso.
L’epiteto “il mago di Oz nasce da quel rapporto personale” di Grillo “con Draghi. Mi sfottevano insieme un po’ velenosamente. Io non ne ho fatto mai una questione personale e durante il governo Draghi ho” solo “difeso le battaglie politiche” del “partito di maggioranza relativa”. Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte a Mattino Cinque.
(da agenzie)
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